Secondo gli insegnamenti di Kenneth Wapnick

D 274 Il suicidio non è mai una decisione accettabile?

D # 274: Pensi che nella visione di Un corso in miracoli ci possa essere un punto in alcune sceneggiature dove il suicidio verrebbe considerato in linea con il “gentile mettere da parte il corpo” quando il suo uso è completato?

 

R: Sembra improbabile che il suicidio possa essere lo strumento della “scelta tranquilla” (CdP.3.II.2:1) a favore della morte quando “è giunta la fine dell'utilità del funzionamento del corpo” (CdP.3.II.1:10), se per suicidio intendi dirigere deliberatamente un’azione contro il corpo allo scopo di causare quella che appare come morte. Se la “scelta” rappresenta il semplice riconoscimento della fine dello scopo del corpo nel mondo della forma, semplicemente il corpo non sembrerebbe più infuso di “vita” e tutta una varia gamma di cosiddette cause accidentali o naturali potrebbe essere vista nella prospettiva del mondo come causa della morte.

Ma qualsiasi azione presa apparentemente dal corpo contro se stesso allo scopo di causarne intenzionalmente la morte servirebbe soltanto a rinforzare la credenza che il corpo sia reale e sia una causa e non un effetto, non solo nella mente dell’individuo che commette il suicidio, ma anche nella mente degli altri che ne vengono a conoscenza. Non è presumibile che questa possa essere una lezione utile a chicchessia. Inoltre, se colui che commette il suicidio percepisce in qualsiasi modo la morte come fuga dai problemi e dai limiti fisici o emozionali, rimarrebbero nella mente delle lezioni non apprese che dovrebbero ancora essere affrontate in un’altra vita, dal momento che i limiti non hanno mai origine nel corpo o nel mondo.

Ora è anche vero che secondo il Corso tutto ciò che sembra accaderci, compresa la nostra morte apparente, è scelto dalla mente (es.: T.21.II.2:3,4,5; L.pI.152.1).

Ed ogni decisione può essere diretta o dall’ego o dallo Spirito Santo, o per rinforzare la colpa o per aiutarci a disfarla tramite l’abbandono dei pensieri di attacco e di giudizio. E così ci possono essere circostanze in cui una scelta di suicidio può riflettere una decisione della mente corretta – ma non si tratterebbe del semplice mettere da parte il corpo quando la sua utilità è finita. Dopotutto il suicidio è semplicemente un’altra forma di magia intesa a cambiare il sogno e portare via il dolore, simile nel contenuto, se non nella forma, al prendere un’aspirina per liberarsi di un mal di testa. Così, per esempio, uno che ancora crede nella realtà del corpo e del suo dolore, ed è torturato da una malattia fisica devastante, potrebbe scegliere senza giudizio né colpa di commettere suicidio per sfuggire all’apparente dolore del corpo in preda alla malattia. Questa non è la lezione finale che avrebbe potuto essere appresa, ma non c’è alcun peccato nello scegliere di posporre una lezione quando è troppo alto il livello di paura che l’intenso dolore fisico rifletterebbe. E se il suicidio fosse fatto con il riconoscimento che non è la Volontà di Dio che noi soffriamo e che la morte non è la fine, l’esperienza potrebbe riflettere ulteriori passi lungo il percorso di Espiazione. Lo scopo, dopotutto, è tutto ciò che importa in qualsiasi scelta facciamo (T.4.V.6:7,8,9).

Vedere anche la domanda # 135 per una discussione molto più approfondita sul suicidio dalla prospettiva di Un corso in miracoli.