Secondo gli insegnamenti di Kenneth Wapnick

Spunti 105 - 106 - 107 - 108 - 109 - 110 - 111 - 112 - 113

 

-105-

Questa è la “legge fondamentale della percezione”:

“…….Vedi ciò che credi ci sia, e credi che ci sia perché vuoi che ci sia.
La percezione non ha altra legge che questa.
Il resto non fa che derivare da ciò, per puntellarlo e offrirgli sostegno”
(T.25.III.1:3-5)

Questo paragrafo aggiunge un punto essenziale a tutti gli aspetti che abbiamo preso in considerazione negli spunti precedenti: ne chiarisce lo scopo. Non solo siamo noi a proiettare ciò che percepiamo, e quindi la percezione non è affatto oggettiva, ma proiettiamo contenuti inesistenti proprio perché vogliamo vederli. Non siamo dunque vittime dei nostri meccanismi mentali. Siamo noi a sceglierli e metterli in atto perché vogliamo vedere ciò che non c’è.

Questo è il significato delle due frasi “Io non sono la vittima del mondo che vedo." "Ho inventato io il mondo che vedo”(L.pI.31-32): Non siamo vittime del mondo che vediamo perché siamo noi a proiettare sul mondo il contenuto che vogliamo vedere in esso. Crediamo che ci sia perché vogliamo che ci sia.

Non ingannarti ulteriormente pensando di essere inerme di fronte a ciò che ti viene fatto.
Riconosci solo che ti sei sbagliato, e tutti gli effetti dei tuoi errori scompariranno.
(T.21.II.2:6-7)

 

-106-

“Questa è la nota dominante della salvezza:
ciò che vedo riflette un processo nella mia mente, che inizia con la mia idea di ciò che voglio. Da questo punto la mente forma un’immagine della cosa che desidera, la giudica di valore e quindi cerca di trovarla. Queste immagini sono poi proiettate all’esterno, prese in considerazione, stimate reali e custodite come proprie”.
(L.pII.325.1:1-3)

Questo brano, su cui ci siamo già soffermati qualche settimana fa (spunti 97-99), evidenzia un aspetto fondamentale del meccanismo di proiezione: prima di formare l’immagine della cosa desiderata la mente deve formulare l’idea di ciò che vuole. In altri termini il nostro DM, la parte della nostra mente che prende la decisione, stabilisce prima di tutto l’obiettivo che vuole raggiungere: rendere reale la paura o la pace, ascoltare le urla dell’ego o la correzione gentile dello Spirito Santo?

Questo è espresso molto chiaramente anche in un altro brano:

…. devi guardare dentro prima di guardare fuori. Mentre guardi dentro, scegli la guida per vedere. E poi guardi fuori e ne vedi le testimonianze. Questo è il motivo per cui trovi ciò che cerchi. Renderai manifesto ciò che vuoi dentro di te, e lo accetterai dal mondo perché, volendolo, ve lo hai messo.
(T.12.VII.7:1-5)

La chiave per comprendere il meccanismo della proiezione è comprenderne lo scopo.
“Lo scopo è il significato” (L.pI.25.1:1).
Questo è quanto cercheremo di studiare nei prossimi spunti.

 

-107-

La verifica per tutto ciò che c’è sulla terra è semplicemente questa: “A cosa serve?”. La risposta lo rende ciò che è per te.
Non ha significato in sé, tuttavia tu puoi dargli realtà, secondo lo scopo che servi.
(T.24.VII.6:1-3)

In altri termini, la chiave per comprendere le nostre esperienze interiori è domandarci “qual è lo scopo? “. Se la percezione è determinata dalla proiezione, se vedo ciò che voglio vedere e non ciò che è oggettivamente “là fuori”, perché voglio vederlo e –vedendolo- renderlo reale?

Tu vedi il mondo a cui dai valore
(T.16.VI.5:1)

 

-108-

Tu vedi il mondo a cui dai valore
(T.16.VI.5:1)

Questa è la motivazione che sta alla base dei nostri meccanismi di proiezione. Non vediamo ciò che c’è, ma ciò che vogliamo vedere. E vogliamo vederlo perché gli diamo valore.

E perché gli diamo valore? Perché definisce la nostra identità:

La percezione è una scelta di ciò che vuoi essere: il mondo in cui vuoi vivere e lo stato in cui pensi che la tua mente sarà appagata e soddisfatta. Sceglie, in base alla tua decisione, dove pensi di trovarti al sicuro. Ti rivela quel te stesso che vuoi essere.
Ed è sempre fedele al tuo scopo, dal quale non si separa mai, né dà la minima testimonianza di qualsiasi cosa che non sia sostenuta dallo scopo che hai in mente. (T.25.I.3:1-4)

Quel “te stesso che vuoi essere”, è la vittima innocente dei soprusi altrui. Questo è lo stato mentale in cui ci sembra di trovare sollievo dal devastante senso di colpa conseguente alla “piccola folle idea” (T.27.VIII.6:2).
Se gli altri sono colpevoli (e quindi noi ne siamo vittime), allora crediamo di ridiventare “innocenti”, spostando all’esterno di noi quella colpa interiore che proviamo a causa della piccola folle idea di esserci separati da Dio. E in questo modo pensiamo di trovarci al sicuro e al riparo dalla presunta collera divina.

Proiettiamo all’esterno la nostra colpa interna illudendoci così di trovare un po’ di pace. E in questo modo le colpe altrui diventano per noi estremamente attraenti. Questo è il mondo inesistente che rendiamo reale con le nostre proiezioni e a cui diamo così tanto valore.

 

-109-

La chiave che ci permette di comprendere il meccanismo che sta alla base dei nostri processi mentali di proiezione è individuarne lo scopo. Questo è un punto fondamentale, perché secondo il corso:

La verifica per tutto ciò che c’è sulla terra è semplicemente questa:
A cosa serve? La risposta lo rende ciò che è per te
(T.24.VII.6:1-2)

Dunque è basilare individuare la ragione per la quale il nostro DM attua tutto il processo proiettivo che abbiamo studiato negli ultimi mesi. Una frase del capitolo 13 ci svela il mistero:

Il fine ultimo della proiezione è sempre di liberarsi della colpa
(T.13.II.1:1)

Questa è la motivazione segreta che sta alla base del processo mentale di formazione delle immagini e del processo percettivo in base al quale vediamo tali immagini come se fossero esterne alla mente che le pensa: per liberarci di quel profondo e terribile senso di colpa che sperimentiamo a causa dell’errata e sciocca credenza di esserci separati da Dio, un errore che il corso definisce piccola folle idea” (T.27.VIII.6:2)

Potrai forse essere sorpreso nello scoprire come sia ben diversa la realtà da quello che vedi. Non ti rendi conto dell’enormità di quel solo errore.
E’ stato così vasto e così assolutamente incredibile che da esso ha dovuto emergere un mondo di totale irrealtà.
(T.18.I.5:1-3)

 

-110-

Il fine ultimo della proiezione è sempre di liberarsi della colpa
(T.13.II.1:1)

Da mesi approfondiamo un argomento chiave del corso: non vediamo ciò che c’è oggettivamente “là fuori”, ma ciò che vogliamo vedere. E di recente abbiamo anche visto che la ragione per cui attuiamo le nostre proiezioni è per liberarci dal senso di colpa.

Secondo il corso questo è vero sia sul piano metafisico collettivo (tutto il mondo non è altro che la proiezione della colpa derivata dalla “piccola folle idea”, la presunta credenza di esserci separati da Dio), che nello specifico delle nostre esperienze quotidiane individuali: ogni volta che la nostra percezione è guidata dall’ego, e quindi ci troviamo nella cosiddetta “mente sbagliata” e sperimentiamo una qualche forma di turbamento al posto della pace interiore, cercheremo di liberarci dalla morsa della colpa vedendola al di fuori di noi.

E allora ci sentiremo vittime di qualche cosa esterna a noi che sembra influire negativamente sul nostro stato mentale: potrebbe essere il tempo che rovina una passeggiata o una malattia fisica che ci spaventa; un problema economico che ci deprime o un partner che ci fa arrabbiare; un progetto che non si conclude felicemente o un luogo di vacanza che ci delude. In tutti questi casi sembra che ci sia qualcosa al di fuori della nostra mente che ci impedisce di essere felici e gioiosamente in pace.

E’ proprio così, o siamo noi che stiamo proiettando su tali eventi un nostro disagio interiore preesistente - disagio che il corso identifica chiaramente definendolo “piccola folle idea” (T.27.VIII.6:2)- in modo da poterlo scaricare all’esterno senza assumercene la responsabilità? Ricordiamoci che il corso precisa che

Non sono mai turbato per la ragione che penso io
(L.pI.5)

Solo diventando vigili osservatori dei nostri pensieri possiamo rispondere a questa domanda con la nostra esperienza. E questo ci permetterà di non cadere nella trappola che il nostro ego ci tende in continuazione, facendoci credere nell’esistenza oggettiva della colpa.

E capirai che i miracoli riflettono la semplice affermazione:
Io ho fatto questa cosa, ed è questa che voglio disfare.
(T.27.VIII.11:6)

 

-111-

Un fratello separato da te, un antico nemico, un assassino che ti si avvicina di soppiatto nella notte e trama la tua morte, ma vuole che sia lenta e centellinata: questo è il tuo sogno.
Tuttavia sotto questo sogno ce n’è un altro ancora, nel quale tu diventi l’assassino, il nemico segreto, il predatore e il distruttore di tuo fratello e del mondo allo stesso modo.
Questa è la causa della sofferenza, lo spazio tra i tuoi piccoli sogni e la realtà.
(T.27.VII.12:1-3)

Questa è la cruda descrizione del meccanismo di proiezione che attuiamo costantemente quando siamo sotto il dominio dell’ego e sperimentiamo la colpa che deriva dall’errata credenza nella separazione: devastati dalla sofferenza perché crediamo di aver ucciso l’Amore, proiettiamo tale insopportabile sofferenza al di fuori di noi, vedendo negli altri lo stesso intento assassino di cui ci accusiamo.

Tuttavia, ci conforta il corso, queste due percezioni dolorose sono due sogni sovrapposti, non due realtà. E’ stato un sogno (o meglio un incubo) la credenza nella separazione, ed è un altro sogno il credere di vedere tale colpa negli altri. Un sogno dentro un sogno. Un incubo che nasconde un altro incubo.

Solo assumendoci la responsabilità di tali proiezioni potremo uscire dalla morsa dell’ego, che ci imprigiona in esse come in un labirinto senza via d’uscita. Ma per assumercene la responsabilità dobbiamo guardarle, osservando con attenzione i nostri pensieri ogni volta che stiamo accusando qualcuno, o siamo tentati di farlo. Riusciamo ad individuare, prima che parta l’accusa, un pensiero di paura, di colpa, di disagio, qualcosa che riguarda solo noi e che non ha nulla a che fare con la situazione che stiamo vivendo? Se non diventiamo osservatori della nostra mente, “sognatori del sogno”(T.27.VII) per usare l’espressione del corso, sarà assolutamente impossibile accorgercene.

Ma per fortuna le lezioni del libro degli esercizi ci allenano a questa pratica basilare, senza la quale è impossibile praticare correttamente il perdono nei termini del corso.

 

-112-

Il desiderio di essere trattato ingiustamente è un tentativo di compromesso
che vuole combinare attacco ed innocenza
(T.27.I.1:1)

Quando proiettiamo sul mondo esterno il nostro problema di base, la “piccola folle idea” con tutte le sue implicazioni di peccato e di colpa, vediamo tale colpa come se fosse all’esterno della nostra mente. La vediamo proiettata sugli altri o sul nostro corpo. La vediamo come colpa altrui o come nostra malattia. Come abbiamo visto negli ultimi spunti di riflessione lo facciamo per alleviare il nostro profondo senso di colpa inconscio, ossia per conquistare nuovamente l’innocenza che credevamo di avere perduto. “Il fine ultimo della proiezione è sempre liberarsi dalla colpa” (T.13.II.1:1)

Ma tale compromesso che ”vuole combinare” insieme la nostra innocenza e l’attacco al mondo esterno ci porta ad un risultato veramente autodistruttivo, il desiderio di essere trattati ingiustamente. In altri termini allo scopo di liberarci del nostro senso di colpa barattiamo il nostro sé colpevole con un altro sé apparentemente migliore: la vittima innocente dei soprusi altrui. Questo è il meccanismo che sta alla base di tutte le nostre proiezioni.

Tuttavia l’affascinante logica del corso non ci servirà a nulla se non impareremo ad osservare tali meccanismi mentre sono in azione all’interno della nostra mente, e per farlo dobbiamo imparare a guardare i nostri pensieri, ossia quel “mondo interiore” che siamo invitati ad esplorare accuratamente nelle prime lezioni. Solo così riusciremo, arrivati alla lezione 134, a porre una domanda fondamentale:

Mi accuserei forse per questo?
(L.pI.134.17:4)

Al di sotto all’accusa che rivolgo agli altri, non è forse celata una più profonda accusa che sto rivolgendo a me stesso?

 

-113-

Questo è l’ultimo spunto di riflessione prima della pausa estiva. Per alcuni mesi abbiamo cercato di comprendere la teoria del corso relativa al meccanismo e allo scopo della proiezione. Abbiamo visto come lo scopo delle nostre proiezioni è sempre quello di liberarci dal nostro devastante senso di colpa, conseguente all’errata credenza di esserci separati da Dio, Fonte di ogni Amore e Completezza. E abbiamo visto che la proiezione porta ognuno di noi verso un insano desiderio, ossia quello di essere trattato ingiustamente, di essere “la vittima di un attacco che non ha scelto” (T.27.VII.4:8).

In autunno continueremo ad approfondire queste tematiche, ma prima di partire per le vacanze leggiamo ancora le meravigliose parole di conforto del corso, volte a rasserenare la nostra “mente malata e torturata” (L.pI.192.6:2):

Adesso ti viene mostrato che puoi fuggire. Tutto ciò di cui c’è bisogno è che tu veda il problema per quello che è, non per come lo hai impostato tu. Come potrebbe esserci un altro modo di risolvere un problema che è molto semplice, ma che è stato oscurato da pesanti nubi di complicazioni, che sono state fatte per mantenere irrisolto il problema?
(T.27.VII.2:1-3)

Possiamo dunque sfuggire al sistema di pensiero dell’ego che devasta le nostre menti stritolandole in una morsa di ossessioni e paure. Per farlo dobbiamo guardare la “piccola folle idea” ed i nostri tentativi di negarla proiettandola fuori dalla mente (“il problema per quello che è”), senza farci sviare dall’ego che vuole farci credere nell’apparenza oggettiva delle nostre proiezioni (il problema “per come lo hai impostato tu”). In questo modo riusciremo a passare oltre le “pesanti nubi di complicazioni” delle nostre proiezioni, “fatte per mantenere irrisolto il problema” della “piccola folle idea”, la credenza di esserci separati da Dio (T.27.VIII.6:2). Le lezioni ci condurranno verso questa meta a piccoli passi, insegnandoci giorno dopo giorno a diventare spettatori della nostra mente, “sognatori del sogno” che stiamo sognando. E allora:

Senza le nubi il problema emergerà nella sua semplicità primitiva. La scelta non sarà difficile, perché il problema è assurdo quando viene visto chiaramente. Nessuno ha difficoltà nel decidere di permettere ad un problema di venire risolto, se esso viene visto come nocivo e anche molto facile da eliminare”
(T.27.VII.2:4-6)