L’origine di questo libro risale a molti anni fa, al 1996 per l’esattezza.
Mi trovavo per la prima volta a Roscoe, nel nord dello stato di New York, dove all’epoca c’era la sede della Foundation for A Course in Miracles, la prestigiosa istituzione diretta da Kenneth e Gloria Wapnick finalizzata allo studio di Un Corso in Miracoli.
Avevo assistito a una lezione tenuta da Kenneth e sedevo pensierosa ai bordi del magnifico lago prospiciente la scuola. Benché studiassi il Corso da più di cinque anni, le entusiasmanti lezioni di Ken continuavano a sbalordirmi. Il Corso che lui descriveva mi sembrava molto più radicale di quello che tanto mi affascinava e che cercavo di sviscerare in Italia con il mio gruppetto di amici. E talvolta, dopo aver udito le sue parole, domandavo: “Ma questo dove sta scritto?”. Quando poi qualche assistente mi mostrava il riferimento nel libro, mi stupivo ancora di più perché mi accorgevo che, pur avendo letto quella pagina molte volte, la frase mi era sfuggita. Stavo cominciando a rendermi conto del fatto che la percezione è selettiva ed evitiamo accuratamente di portare l’attenzione a quello che ci fa troppa paura.
Nonostante queste innegabili evidenze, le lezioni di Ken continuavano a sconcertarmi. Come la stragrande maggioranza degli studenti ero semplicemente frastornata e confusa.
Il modo più semplice per uscire dall’impasse sarebbe stato scaricarne la responsabilità sullo stesso Kenneth, accusandolo di poca chiarezza o di travisare il contenuto. Ma non feci mai quest’errore, perché intuivo chiaramente come la sua visione fosse molto acuta e chiarificatrice. E poi, più convincente di qualunque parola, c’era il suo atteggiamento: una pace interiore profonda che lasciava trasparire una fermezza di acciaio, una bontà disarmante e una capacità di scherzare e di gioire che non sembravano scosse dalla severità dei concetti che pure continuava implacabilmente a ripetere.
A tutto questo pensavo in quella radiosa mattina di giugno del 1996. E anche a una frase del Corso che l’atteggiamento di Ken sembrava manifestare in modo esemplare:
Non potrà mai essere messo abbastanza in evidenza che questo corso
ha come scopo il completo capovolgimento del pensiero (M.24.4:1).
Fu a quel punto che mi folgorò un’idea: “Ma cos’altro dice di sé il Corso?”
Forse – mi venne in mente – il modo migliore per uscire dalla confusione è cercare le dichiarazioni di intenti che sono contenute all’interno del libro, ricavando proprio dalle sue autodefinizioni quello che lo studente dovrebbe effettivamente imparare.
Nel pomeriggio mi recai nella biblioteca della Foundation per consultare il libro delle Concordanze, che all’epoca non avevo ancora acquistato. Cercai la voce A Course in Miracles e mi apparvero 125 citazioni. Le copiai diligentemente (Internet era ancora di là da venire!) ripromettendomi di studiarle al mio rientro in Italia.
E così ho fatto.
Questo libro è il risultato della mia ricerca più che ventennale su quest’argomento.
Cercherò dunque di elencare e commentare i principali brani in cui il Corso cita se stesso, allo scopo di chiarire alcuni punti fondamentali della teoria e della pratica: quali metodi propone e come si sviluppa il percorso dello studente.
Tutto quello che scriverò è basato sulla mia esperienza, che in questi anni si è spostata sempre di più dal mondo alla mente. È stata proprio quest’evoluzione ad avermi portato a definire il Corso come un viaggio dentro la mente e lo studente del Corso come un viaggiatore della mente.
Nel corso della mia pratica ho constatato la tendenza a inciampare in una serie di errori molto frequenti e ripetuti. In questo libro cercherò di evidenziarne alcuni allo scopo di aiutare i viaggiatori più stanchi e sfiduciati, ma anche i principianti inesperti che rischiano di precipitarsi da soli nelle fauci virtuali del proprio ego famelico.
Attingerò di quando in quando dallo straordinario lavoro compiuto dal mio amato maestro e mentore, che ha insegnato il Corso in modo esemplare e negli ultimi sette anni della sua vita ha supervisionato giorno dopo giorno il mio lavoro con pazienza e amorevolezza infinita.
Kenneth è una luce apparsa nel sogno per indicare quale sia veramente la via del Corso. Lo ha fatto per tutta la vita e ancora adesso continua a camminare insieme a tutti noi, rischiarando la notte di tutti quegli studenti che non vedono bene e che a volte perdono la strada*.
Possa il mio contributo allinearsi al suo impegno magistrale. E insieme aiutare almeno un poco tutti coloro che credevano di essersi persi nell’oscurità, affinché possiamo tornare tutti finalmente, gioiosamente, congiuntamente, a Casa.