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-301-
Il segno del Natale è una stella, una luce nell’oscurità. Non vederla fuori di te, ma splendente nel Cielo interiore, e accettala come segno che il tempo di Cristo è venuto. Egli viene senza esigere nulla. Non chiede alcun sacrificio, di niente e di nessuno. Alla Sua Presenza l’intera idea di sacrificio perde ogni significato. Perché Egli è Colui Che ospita Dio. E tu non devi fare altro che invitare Colui Che è già lì, riconoscendo che il Suo Ospite è Uno, e nessun pensiero estraneo alla Sua Unità può dimorare lì con Lui.
(T-15.XI.2:1-7)
Nelle ultime due settimane abbiamo visto che il Corso dà una strana definizione del Natale: la fine del sacrificio. Per capirla correttamente dobbiamo ricordare che le parole hanno nel Corso un loro significato particolare, spesso ben diverso da quello che siamo abituati ad attribuire loro. Il termine “sacrificio” non fa eccezione, perché nel Corso significa l’aver negato la nostra natura spirituale, credendo erroneamente di essere separati da Dio. Alla luce di questo diverso significato, porre termine al sacrificio significa accettare che la separazione da Dio non è mai avvenuta, ossia- sempre usando i termini come li usa il Corso- accettare l’Espiazione per noi stessi (T-2.V.5:1), accettare la correzione (= l’Espiazione) proposta dallo Spirito Santo (Colui Che è già lì) invitandolo dentro la nostra mente.
Ma per farlo bisogna riconoscere che l’Ospite è Uno. In altri termini noi, menti che ospitano lo Spirito Santo, siamo unite.
La nostra costante dedizione al sentirci separati dagli altri è quanto ci impedisce dunque di percepire in noi la Presenza dello Spirito Santo. E il perdono, che ci permette di sperimentare la nostra intrinseca unione con gli altri, sarà il silenzioso invito che rivolgeremo allo Spirito Santo perché illumini la nostra mente, permettendoci così di accedere all’esperienza felice e liberatoria della fine del sacrificio.
Questa è la ragione per cui la celebre sezione dedicata al Natale termina con una delle più belle preghiere del Corso, finalizzata al perdono dei nostri fratelli.
Solo liberandoli dalla percezione colpevole che abbiamo proiettato su di loro (cioè perdonandoli) potremo accedere alla medesima, benedetta esperienza di liberazione della nostra mente dalle catene dell’ego.
Negli anni passati ho dedicato molti spunti a questa bellissima preghiera. Il lettore che desidera approfondirne la comprensione può andarli a rileggere (cliccare qui)
Ti do allo Spirito Santo come parte di me stesso.
So che sarai liberato, a meno che io non voglia usarti per imprigionare me stesso.
Nel nome della mia libertà scelgo la tua liberazione, perché riconosco che saremo liberati insieme.
(T-15.XI.10:5-7)
-302-
Questo è il tempo in cui un nuovo anno nascerà dal tempo di Cristo. Ho fede assoluta nel fatto che farai tutto ciò che vorrai compiere. Niente mancherà, e tu renderai completo e non distruggerai. Dì quindi a tuo fratello:
Ti do allo Spirito Santo come parte di me stesso.
So che sarai liberato a meno che io non voglia usarti per imprigionare me stesso.
Nel nome della mia libertà scelgo la tua liberazione,
perché riconosco che saremo liberati insieme.
Così l’anno inizierà con gioia e libertà…. Accetta l’istante santo mentre nasce quest’anno, e prendi il tuo posto, lasciato vacante così a lungo, nel Grande Risveglio. Fa che quest’anno sia differente rendendolo tutto uguale. E permetti a tutte le tue relazioni di essere fatte sante per te.
(T.15.XI.10:1-12)
Abbiamo trascorso la settimana del Natale cercando di dare ai nostri fratelli e sorelle il perdono che ha il potere di liberare la loro mente dal terribile sacrificio a cui credevano di essere stati condannati dal loro ego. E facendolo, abbiamo scelto la medesima liberazione anche per la nostra mente, perché abbiamo riconosciuto che dare e ricevere sono la stessa cosa: dato che la mente è unita, o ci liberiamo insieme, o rimarremo tutti imprigionati nella rete distruttiva dell’ego.
Questo è il significato della bellissima preghiera che conclude la sezione che il Corso dedica al Natale: liberando la loro e la nostra mente dalla prigionia dell’ego, cominciamo finalmente ad accettare la fine di quel sacrificio della nostra natura spirituale alla quale l’ego ci aveva condannati.
Forse, però, ci siamo accorti di aver escluso qualcuno: un parente che ci sembra veramente troppo colpevole, un amico che ha tradito la nostra fiducia, un conoscente che non avrebbe proprio dovuto dire ciò che ci ha detto, un personaggio pubblico che l’ha fatta troppo grossa e non merita alcun perdono, e così via….
È più che comprensibile! Il perdono è un processo lungo e profondo che ci chiede di mettere in discussione le nostre proiezioni sugli altri, e con esse anche la nostra identità egoica e tutto il valore che le diamo.
Tuttavia sta per iniziare un anno nuovo… un anno in cui possiamo continuare a fare il lavoro iniziato, rinnovando la gioia e la libertà che abbiamo sperimentato negli istanti santi dedicati al perdono nel periodo natalizio, istanti in cui siamo realmente riusciti a liberare la nostra mente dalla morsa dell’ego.
Il Corso ci propone di rendere l’anno che verrà differente dagli anni precedenti, rendendolo tutto uguale. Se accettiamo questo consiglio, cercheremo di rendere tutti uguali gli istanti di tempo, dedicandoli ad una percezione unificata degli altri, e liberandoli così dalle proiezioni malsane che avevamo fatto su di loro. Riconoscendo la loro e nostra unità intrinseca, nel prossimo anno potrebbe così avvenire qualcosa di diverso dagli anni passati: potremmo non trascorrere più il nostro tempo a cercare di sottolineare le nostre differenze attraverso i giudizi – di condanna o di idolatria- ma a provare a sperimentare il più possibile quegli istanti santi di liberazione dall’ego in cui ci scopriremo tutti uguali. Faremo del nostro meglio perché le nostre relazioni siano rese sante dalla Presenza dello Spirito Santo nella nostra mente.
E sarà un anno di pace.
È questo il nostro augurio per l’anno che verrà.
-303-
Ben ritrovati!
Riprendiamo l’indagine sulle definizioni che il Corso dà dello Spirito Santo.
Negli spunti dello scorso autunno (per rileggerli cliccare qui) abbiamo visto che secondo Un Corso in Miracoli lo Spirito Santo è la sola parte della Santa Trinità ad avere una funzione simbolica (T-5.I.4:1) e come questo gli permetta di svolgere un ruolo di collegamento fra la Realtà dell’Uno, la Conoscenza di Dio, e la dimensione illusoria nella quale le nostre menti credono di esistere. Per questa ragione il Corso Lo definisce con espressioni che evidenziano tale funzione: l’Anello di comunicazione, il Traduttore, la Voce Che parla per Dio, il Ponte.
Inoltre abbiamo visto che lo Spirito Santo svolge anche un altro ruolo: quello di rispondere correttamente all’errata e assurda affermazione dell’ego, secondo la quale noi siamo separati da Dio, nostra Fonte e Creatore. E non solo lo Spirito Santo rettifica tale errore primordiale (definito “minuscola folle idea” in un celebre passaggio: (T-27.VIII.6:2), ma risponde anche a tutte le forme che quell’errore primordiale ha assunto dentro la nostra mente. In sostanza reinterpreta in modo sistematico e costante tutto ciò che l’ego ha fatto: il mondo, il corpo, il tempo e lo spazio, le relazioni, e tutte le capacità inventate dall’ego e di cui andiamo così fieri. Reinterpretandolo, lo Spirito Santo lo trasforma: mentre l’ego lo usava per dimostrare la nostra presunta separazione da Dio, grazie al Suo intervento diviene un mezzo per ritornare a Lui.
Per questa ragione il Corso Lo definisce anche con altri due termini che evidenziano questo Suo secondo aspetto: la Risposta e l’Interprete.
Grazie a queste due funzioni congiunte, lo Spirito Santo traghetta la consapevolezza di chi si affida a Lui dalla versione sbagliata del dualismo (la cosiddetta mente sbagliata) alla versione corretta (la cosiddetta mente corretta), che riflette la realtà dell’Uno. Solo Lui può farlo, perché solo Lui è in grado di proporre e mantenere coerentemente all’interno dell’illusione il riflesso della realtà.
Noi non potremmo farlo, perché la nostra mente è scissa.
La nostra funzione è semplicemente quella di sceglierLo in ogni, singola circostanza della nostra vita. E la scelta che compiremo ci porrà in uno stato di dolore o di gioia.
Ogni giorno, ogni ora e ogni minuto, persino ogni secondo, tu decidi tra la crocifissione e la resurrezione: tra l’ego e lo Spirito Santo. L’ego è la scelta della colpa; lo Spirito Santo la scelta dell’assenza di colpa. Il potere di decidere è tutto ciò che è tuo. Le cose tra le quali puoi decidere sono stabilite, perché non ci sono alternative eccetto la verità e l’illusione. E non c’è sovrapposizione tra di loro perché sono opposti che non possono essere riconciliati e non possono essere entrambi veri. Sei colpevole o senza colpa, prigioniero o libero, infelice o felice.
(T-14.III.4)
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La percezione non è un attributo di Dio. Il Suo è il regno della conoscenza. Tuttavia Egli ha creato lo Spirito Santo quale Mediatore tra la percezione e la conoscenza. Senza questo legame con Dio, la percezione avrebbe sostituito per sempre la conoscenza nella tua mente.
Con questo legame con Dio la percezione cambierà e si purificherà a tal punto da portare alla conoscenza. Quella è la sua funzione, come la vede lo Spirito Santo, pertanto è questa in verità la sua funzione.
(L-pI.43:1)
In questa citazione troviamo un’altra delle definizioni che il Corso dà dello Spirito Santo: il Mediatore. In essa vengono riassunte le due funzioni – il Traduttore e l’Interprete- che abbiamo già visto in alcuni spunti precedenti (293, 294 e 298. Per rileggerli cliccare qui). In quanto Traduttore, lo Spirito Santo fa da tramite fra la percezione e la conoscenza, traducendo l‘una nell’altra. In quanto interprete traduce i simboli dell’ego nella correzione di essi basata sul principio dell’Espiazione. In altri termini lo Spirito Santo, che ispira la parte corretta della nostra mente dualistica, fa da ponte tra la parte sbagliata della stessa mente dualistica, che è dominio dell’ego, e la Mente Una, che è il regno della conoscenza.
Senza di Lui la percezione avrebbe sostituito per sempre la conoscenza nella nostra mente, ossia saremmo rimasti imprigionati nell’illusione dualistica e molteplice. Non perché tale illusione sia reale o abbia alcun potere su di noi, ma perché ciò che non è vero diviene reale per chi lo vuole credere.
Ciò in cui credi è vero per te
(T-2.VII.5:5)
Avremmo quindi impiegato il nostro libero arbitrio non per raggiungere la libertà, ma per rimanere catturati nel mondo delle illusioni come in un micidiale gioco di specchi.
Quando sei stato catturato nel mondo della percezione, sei catturato in un sogno. Non puoi sfuggirvi senza aiuto, poiché ogni cosa che i tuoi sensi ti mostrano testimonia semplicemente la realtà del sogno. Dio ha fornito la Risposta, la sola Via d’uscita, il vero Aiutante. La funzione della Sua Voce, il Suo Spirito Santo, è di mediare tra i due mondi. Egli può fare ciò perché, mentre da un lato conosce la verità, dall’altro riconosce anche le nostre illusioni, pur senza credere in esse.
(Prefaz, pag viii)
Grazie allo Spirito Santo, dunque, è possibile uscire dallo stato di allucinazione nel quale crediamo di essere precipitati. La nostra percezione fallace può essere purificata, cioè corretta, purché in noi ci sia l’intenzione di farlo. Portando i nostri pensieri egoici alla correzione dello Spirito Santo- correzione già presente nella nostra mente e basata sulla conoscenza- il nostro modo di pensare sarà purificato a tal punto che la nostra mente scissa potrà dapprima guarire e infine risvegliarsi alla conoscenza. Questa è la scelta che dovremmo compiere mediante il secondo passo del perdono.
Lo Spirito Santo è in quella parte della mente che sta tra l’ego e lo spirito, mediando tra loro sempre in favore dello spirito.
(T-7.IX.1:5)
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Lo Spirito Santo è il Mediatore tra le interpretazioni dell’ego e la conoscenza dello spirito. La Sua capacità di utilizzare i simboli lo mette in grado di lavorare con le credenze dell’ego nel suo stesso linguaggio. La Sua capacità di guardare oltre i simboli, nell’eternità, Lo mette in grado di capire le leggi di Dio, in nome delle quali parla. Può quindi adempiere la funzione di reinterpretare ciò che l’ego fa, non mediante la distruzione, ma mediante la comprensione. Comprendere è luce, e la luce porta alla conoscenza. Lo Spirito Santo è nella luce, perché è in te che sei luce, ma tu da solo non lo sai. E’ quindi compito dello Spirito Santo reinterpretarti in favore di Dio.
(T-5.III.7)
Anche in questa citazione vediamo che il Corso descrive la duplice mediazione dello Spirito Santo: tradurre le leggi di Dio in un linguaggio dualistico, e – alla luce di questa traduzione - reinterpretare gli errori dell’ego in modo tale da ispirare la percezione corretta. In altri termini lo Spirito Santo è in grado di comprendere sia il linguaggio dualistico che la conoscenza.
Se affidiamo il nostro modo di pensare alla Sua Guida vedremo realizzarsi, nella nostra mente, quel miracolo che da soli non possiamo compiere, perché la nostra mente è scissa e incapace di discernere -da sola- fra gli errori dell’ego e la loro correzione.
La reinterpretazione dello Spirito Santo non si basa sulla distruzione di ciò che l’ego ha fatto (il mondo illusorio della percezione), ma sulla reinterpretazione dei simboli del mondo alla luce della conoscenza. Può essere utile ricordare, a questo proposito, che il Corso considera il mondo totalmente illusorio e gli conferisce una valenza puramente simbolica. In altri termini la sua unica utilità è rappresentata dall’uso simbolico che ne fa la nostra mente. Così ci dice, per esempio:
Tu vivi di simboli
(L-pI.184.1:1-4)
Lo Spirito Santo li usa tutti, ma Egli non dimentica che la creazione ha un solo Nome, un solo significato e una sola Fonte che unifica in sé tutte le cose
(L-pI.184.11:3)
In sostanza lo Spirito Santo non ci porta via ciò che a noi sta così tanto a cuore (il nostro corpo, le nostre relazioni, il mondo nella sua interezza): lo trasforma nella nostra mente in modo da farlo diventare un simbolo di pace e felicità invece che un simbolo di dolore.
Ho detto ripetutamente che lo Spirito Santo non ti priverà delle tue relazioni speciali, ma le trasformerà. E tutto ciò che significa è che ripristinerà loro la funzione datagli da Dio.
(T-17.IV.2:3-4)
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Lo Spirito Santo è il Mediatore tra le illusioni e la verità. Dal momento che Egli deve essere come un ponte che colma il vuoto che separa la realtà dai sogni, la percezione conduce alla conoscenza attraverso la grazia che Dio Gli ha dato, perché fosse il Suo dono per tutti coloro che si rivolgono a Lui in cerca della verità. Attraverso il ponte che Egli mette a disposizione, tutti i sogni vengono portati alla verità, per essere dissipati al cospetto della luce della conoscenza. Lì, le immagini e i suoni vengono messi da parte per sempre. E dove essi venivano prima percepiti, il perdono ha reso possibile la tranquilla fine della percezione.
(L-pII.7.1)
Questa citazione definisce ancora una volta lo Spirito Santo come Mediatore. Egli media infatti tra le illusioni (il mondo dualistico della percezione) e la verità (la conoscenza di Dio, ossia lo stato della Mente Una).
Grazie alla Sua duplice funzione di traduttore della conoscenza in termini dualistici, e di interprete della percezione sbagliata così da trasformarla in percezione corretta, Egli è come un ponte che colma quel vuoto che da soli non riusciremmo più a superare.
Se tuttavia ci rivolgiamo a Lui per essere aiutati, cosa che il secondo passo del perdono ci invita a fare, potremo percorrere agevolmente il ponte che Lui rappresenta e insieme mette a nostra disposizione.
Le nostre errate percezioni molteplici verranno così corrette in base alla luce della conoscenza che unifica tutte le percezioni. Tutte le differenze, così care al sistema di pensiero dell’ego perché gli permettono di stabilire quelle gerarchie di valori che preludono all’attacco e all’idolatria, scompariranno di fronte alla luce potente dello scopo unificato dell’amore che le armonizza e le unifica. Le nostre relazioni speciali verranno rese sante per noi. E i nostri sogni di paura e dolore verranno trasformati in sogni di felicità. Poco alla volta tutto l’oscuro mondo dell’ego verrà integralmente trasformato dalla luce.
Questo è lo stato in cui la mente separata raggiunge la sua condizione più elevata, il mondo reale. Qui la percezione perde ogni valore e significato, e qui finisce.
La funzione dello Spirito Santo sarà compiuta, perché ci avrà portato alle porte del risveglio alla conoscenza, là dove Dio compirà il Suo passo finale.
L’obiettivo che l’insegnamento dello Spirito Santo si propone è proprio la fine dei sogni. Poiché le immagini e i suoni devono essere convertiti da testimonianze di paura a quelle d’amore. E quando questo sarà interamente raggiunto, l’apprendimento avrà ottenuto l’unico obiettivo che ha in verità. Poiché l’apprendimento, quando lo Spirito Santo lo avrà condotto al risultato che Egli percepisce per esso, diventerà il mezzo per andare oltre se stesso, per essere sostituito dalla verità eterna.
(L-pII.7.2)
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Lo Spirito Santo è la Mente dell’Espiazione. Egli rappresenta uno stato della mente abbastanza vicino all’essere nella Mente-Una da rendere finalmente possibile trasferirsi ad essa. La percezione non è conoscenza, ma può essere trasferita alla conoscenza, o si può passare attraverso di essa per raggiungere la conoscenza.
Potrebbe persino essere di maggiore aiuto qui usare il significato letterale di trasferire o “portare oltre”, dato che l’ultimo passo è intrapreso da Dio.
(T-5.I.6:3-6)
Ancora una citazione che sottolinea la funzione mediatrice dello Spirito Santo. Come abbiamo visto negli ultimi spunti (per rileggerli cliccare qui), lo Spirito Santo svolge per Sua stessa natura una duplice funzione: quella di traduttore della conoscenza in percezione, traducendo in forma ciò che è totalmente senza forma (L-pI.192.3:5) e quella di interprete della percezione sbagliata dell’ego, che viene da Lui trasformata in percezione corretta (T-30.VII.7:5). In questo modo Egli ricopre la funzione di Mediatore fra la mente sbagliata e la Mente Una, fra la percezione egoica e la conoscenza.
Lo Spirito Santo è il Mediatore tra le interpretazioni dell’ego e la conoscenza dello spirito.
(T-5.III.7:1)
Se ricordiamo che la parola Espiazione significa nel Corso “correzione”, ci sarà facile comprendere che lo Spirito Santo è quella Mente Che contiene la correzione dell’errore primordiale dell’ego, la cosiddetta “minuscola folle idea” di separazione da Dio. (T-27.VIII.6:2).
Dato che traduce nel mondo della percezione la realtà della creazione, perché ribadisce l’idea che la separazione da Dio non è mai avvenuta, l’Espiazione rappresenta dunque uno stato della mente abbastanza vicino alla Mente Una, ossia alla conoscenza.
Se noi accettiamo l’Espiazione per noi stessi, cosa che rappresenta la sola responsabilità di chi vuole accedere ad uno stato miracoloso della mente (T-2.V.5:1), faremo esperienza di un graduale modificarsi delle nostre percezioni. E quando tutte le nostre percezioni saranno trasformate, sarà finalmente possibile il trasferimento della nostra consapevolezza dallo stato illusorio della separazione a quello reale della conoscenza.
Grazie all’Espiazione saremo passati attraverso la percezione per raggiungere la conoscenza.
E’ questo il dono che riceviamo dalla presenza dello Spirito Santo dentro la nostra mente.
Un dono che il secondo passo del perdono ci invita a richiedere incessantemente, in ogni situazione della nostra vita quotidiana.
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Abbiamo visto più volte, negli ultimi spunti (per rileggerli cliccare qui), che lo Spirito Santo media tra l’ego e lo spirito, interpretando i simboli dell’ego alla luce del riflesso dello spirito, in modo tale da indurre una percezione corretta.
Ma quali sono le caratteristiche di questa percezione corretta?
Un passaggio del capitolo 5 ci aiuta a comprenderlo:
Lo Spirito Santo, l’Ispirazione condivisa di tutta la Figliolanza, induce un genere di percezione in cui molti elementi sono come quelli del Regno dei Cieli stesso: Primo, la sua universalità è perfettamente chiara e nessuno di coloro che la raggiungono potrebbe credere per un solo istante che condividerla implichi qualsiasi cosa che non sia un guadagno.
Secondo, è incapace di attacco ed è quindi sinceramente aperto. Questo vuol dire che nonostante non generi conoscenza, non la ostruisce in alcun modo.
Alla fine indica la via che va oltre la guarigione che porta con sé e conduce la mente oltre la sua integrazione verso i sentieri della creazione. E’ a questo punto che avviene un cambiamento quantitativo sufficiente da produrre un reale salto qualitativo.
(T-5.I.7)
Nella premessa contenuto nella prima frase, lo Spirito Santo viene definito l’Ispirazione condivisa di tutta la Figliolanza, espressione che ne definisce l’universalità. In altri termini tutte le menti indistintamente ne condividono la Presenza e- se desiderano sperimentarla- possono lasciarsi ispirare da essa. In effetti il secondo passo del perdono ci invita proprio a rivolgerci a questa Ispirazione condivisa per raggiungere lo stato guarito della mente, in cui facciamo esperienza di uno stato guarito della percezione.
Questa premessa determina le tre caratteristiche che vengono esposte subito dopo: l’universalità, la mancanza di attacco e la direzione.
Infatti l’universalità e l’apertura conseguente alla mancanza di attacco implicano la non esclusione, mentre la via che dalla guarigione conduce la mente al di là della sua integrazione comporta una direzione totalmente nuova rispetto alla direzione che l’ego ci ha proposto e alla quale noi abbiamo aderito facendoci catturare nel suo gioco di illusioni.
L’Ispirazione dello Spirito Santo, e le caratteristiche conseguenti, sono sottintese nelle due uniche regole generali da osservare per tutto il libro degli esercizi, come viene abbondantemente spiegato nella sua introduzione:
Allora le uniche regole generali da osservare sempre sono: primo, che gli esercizi siano messi in pratica in modo molto specifico, come sarà indicato. Questo ti aiuterà a generalizzare le idee implicate in ogni situazione in cui ti trovi e ad ogni persona e cosa che sono parte di questa situazione. Secondo, accertati di non decidere che ci sono, per te, alcune persone, situazioni o cose a cui queste idee non siano applicabili. Questo interferirebbe con il trasferimento dell’addestramento. L’essenza della vera percezione è che essa non ha limiti. E’ l’opposto del modo in cui vedi adesso.
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Lo Spirito Santo, l’Ispirazione condivisa di tutta la Figliolanza, induce un genere di percezione in cui molti elementi sono come quelli del Regno dei Cieli stesso:
Primo, la sua universalità è perfettamente chiara e nessuno di coloro che la raggiungono potrebbe credere per un solo istante che condividerla implichi qualsiasi cosa che non sia un guadagno.
(T-5.I.7:1-2)
Nell’ultimo spunto (per rileggerlo cliccare qui) abbiamo iniziato a vedere quali sono le caratteristiche della percezione corretta, ispirata nella nostra mente dallo Spirito Santo.
La prima delle tre caratteristiche viene ripetuta nel Corso più e più volte. Consiste nel fatto che la guarigione, per essere tale, deve essere condivisa. Come dice la lezione 137:
Quando sono guarito non sono guarito da solo.
Questo non significa che la guarigione di un individuo debba implicare la guarigione di altri individui nel mondo, ma che per raggiungere uno stato di guarigione una mente non deve escludere altre menti dal medesimo processo di guarigione. E quindi, indipendentemente da quanto un individuo possa fare o non fare nel mondo, la mente che decide di perdonare mantiene di lui o lei una percezione corretta.
Chiaramente non è facile, e chiaramente ci vuole un allenamento per riuscire a farlo. Il libro degli esercizi fornisce proprio l’addestramento mentale per raggiungere tale obiettivo elevato.
L’ego ci dice invece che se proiettiamo sul mondo la nostra angoscia conseguiremo il vantaggio di liberarcene. Ma non ci dice che le idee non lasciano la loro fonte, e che quindi l’angoscia che credevamo di avere brillantemente scaricato al di fuori continua imperterrita a dimorare nella nostra mente. Di conseguenza, il guadagno che ci aveva promesso non è affatto un guadagno, ma una perdita ulteriore, perché rafforza il nostro malessere.
In base allo stesso principio (le idee non lasciano la loro fonte) la percezione guarita indotta dallo Spirito Santo verrà mantenuta e incrementata nella nostra mente, e quindi costituirà un vantaggio perché aumenterà il nostro stato di benessere. La gioia e la felicità che proveremo allora ci confermerà di aver aderito al Suo invito. E raggiungendo un tale stato di benessere interiore, constateremo praticamente che condividere la guarigione non può implicare altro che un guadagno. Ma per raggiungere un tale obiettivo è necessario invitare lo Spirito Santo nella nostra mente, ossia praticare il secondo passo del perdono.
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Lo Spirito Santo, l’Ispirazione condivisa di tutta la Figliolanza, induce un genere di percezione in cui molti elementi sono come quelli del Regno dei Cieli stesso:
Primo, la sua universalità è perfettamente chiara e nessuno di coloro che la raggiungono potrebbe credere per un solo istante che condividerla implichi qualsiasi cosa che non sia un guadagno.
Secondo, è incapace di attacco ed è quindi sinceramente aperta. Questo vuol dire che nonostante non generi conoscenza, non la ostruisce in alcun modo.
(T-5.I.7:1-4)
Negli ultimi spunti (per rileggerli cliccare qui) abbiamo iniziato a esplorare le caratteristiche della percezione corretta, quello stato della mente che raggiungiamo quando siamo finalmente disposti a invitare in essa lo Spirito Santo, come ci insegna a fare il secondo passo del perdono.
La percezione corretta, come abbiamo visto ripetutamente, traduce in forma ciò che è senza forma, grazie alla funzione di traduttore svolta dallo Spirito Santo, Che è il ponte fra la conoscenza e la percezione (L-pI.192.3:5). Per questa ragione lo Spirito Santo induce una percezione che riflette il Regno dei Cieli, lo stato della Mente Una.
La prima caratteristica riflette infatti lo stato dell’Uno sotto forma di universalità condivisa. In altri termini, la mente che percepisce correttamente non vede differenze, anche se gli occhi fisici di cui si avvale continuano a rendere testimonianza dell’apparente realtà delle differenze.
La seconda caratteristica traduce lo stato dell’Uno in incapacità di attaccare. Infatti come può la mente- che è una anche nello stato di separazione- attaccare sé stessa? Sarebbe una contraddizione in termini!
La mente non può attaccare, ma può fare delle fantasie e dirigere il corpo ad agirle….
La mente non può attaccare, ma può ingannarsi.
(T-18.VI.3:5; 4:3)
L’attacco presume la credenza nella separazione, e quindi la credenza nella realtà del corpo, mentre il non attacco presume il riflesso dell’unione nelle menti. Questo è lo stato dell’apertura mentale, che costituisce anche uno degli attributi dell’insegnante di Dio avanzato, quello che forse viene acquisito per ultimo. Precisazione, questa, che ne definisce la difficoltà.
La centralità dell’apertura mentale, forse l’ultimo degli attributi che l’insegnante di Dio acquisisce, viene compresa facilmente quando viene riconosciuta la sua relazione col perdono. L’apertura mentale viene con la mancanza di giudizio.
(M-4.X.1:1-2)
Con il secondo passo del perdono decidiamo di invitare lo Spirito Santo, Che accetta immediatamente l’invito. La mente entra allora in uno stato di non giudizio, o di apertura mentale, che impedisce qualsivoglia attacco nei confronti degli altri. E la mancanza di attacco riflette la conoscenza, ossia lo stato della Mente Una, in quanto non ne ostruisce ulteriormente l’accesso, cosa che invece faceva l’attacco operato dalla mente sbagliata.
Tutto questo non genera conoscenza, perché la conoscenza attiene a un diverso livello della mente. Tuttavia promuove l’accesso alla conoscenza, e con esso il risveglio della mente.
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Interrompiamo per una settimana l’esplorazione dei significati che Un Corso in Miracoli attribuisce allo Spirito Santo, per soffermarci brevemente sul perdono dei nostri fratelli.
Questo – secondo il Corso- è quanto dovremmo cercare di fare nella settimana di Pasqua: perdonare le nostre proiezioni come ci ha insegnato a fare il primo passo del perdono, e chiedere aiuto allo Spirito Santo per vedere in un altro modo, cosa su cui ci stiamo concentrando da alcuni mesi con il secondo passo del perdono.
Smettendo di crocefiggere i nostri fratelli e sorelle, doniamo loro – con i nostri pensieri- il dono della resurrezione della mente, quel dono che anche noi vorremmo ricevere.
Perché il dono reciproco della redenzione rappresenta la fine di quel mondo di morte interiore al quale sembrava che l’ego ci avesse condannati.
Ecco il luogo santo della resurrezione al quale giungiamo di nuovo: al quale ritorneremo fintanto che la redenzione sarà compiuta e ricevuta. Pensa a chi è tuo fratello prima di condannarlo. E rendi grazie a Dio per il fatto che egli è santo e che gli è stato dato il dono della santità per te. Unisciti lietamente a lui ed elimina ogni traccia di colpa dalla sua mente disturbata e torturata. Aiutalo a sollevare il pesante fardello del peccato che hai posto su di lui e che egli ha accettato come suo, e gettalo lontano da lui allegramente e con una felice risata. Non premerlo come se fossero spine contro la sua fronte, e non inchiodarlo ad esso, irredento e senza speranza.
Dai fiducia a tuo fratello, poiché la fede, la speranza e la carità ti appartengono perché tu le dia. Il dono viene dato nelle mani che danno. Guarda tuo fratello e vedi in lui il dono di Dio che vuoi ricevere. E’ quasi Pasqua, il tempo della resurrezione. Diamoci reciprocamente la redenzione e condividiamola, affinché possiamo risorgere come una cosa sola nella resurrezione, non separati nella morte.
(T-19.IV.D.16:1-17:5)
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Lo Spirito Santo, l’Ispirazione condivisa di tutta la Figliolanza, induce un genere di percezione in cui molti elementi sono come quelli del Regno dei Cieli stesso: Primo, la sua universalità è perfettamente chiara e nessuno di coloro che la raggiungono potrebbe credere per un solo istante che condividerla implichi qualsiasi cosa che non sia un guadagno.
Secondo, è incapace di attacco ed è quindi sinceramente aperto. Questo vuol dire che nonostante non generi conoscenza, non la ostruisce in alcun modo.
Alla fine indica la via che va oltre la guarigione che porta con sé e conduce la mente oltre la sua integrazione verso i sentieri della creazione. E’ a questo punto che avviene un cambiamento quantitativo sufficiente da produrre un reale salto qualitativo.
(T-5.I.7)
Negli ultimi spunti (per rileggerli cliccare qui) abbiamo esplorato le prime due caratteristiche della percezione corretta, l’universalità e la mancanza di attacco, che sono presenti nella nostra mente quando chiediamo aiuto allo Spirito Santo e ci lasciamo ispirare dalla Sua presenza, come ci insegna a fare il secondo passo del perdono.
Questa settimana ci soffermiamo sulla terza caratteristica, che sottolinea la nuova direzione che siamo pronti ad intraprendere quando siamo finalmente disposti a lasciar andare le macchinazioni dell’ego. Il primo passo del perdono ci aveva insegnato proprio questo: a guardare senza veli i meccanismi egoici di proiezione e negazione, che pensavamo ci avrebbero liberati dalla nostra angoscia. Ma- dato che le idee non lasciano la loro fonte- abbiamo anche cominciato a vedere l’enorme dolore che comporta il mantenerli dentro la nostra mente.
Siamo dunque finalmente decisi a cambiare strada. Lo Spirito Santo ci indica la nuova via che porta alla guarigione della nostra mente – qui definita integrazione- e ci lascia intravedere addirittura ciò che va al di là di essa: i sentieri della creazione. Questo è il momento in cui la mente guarisce completamente ed entra nel mondo reale. Questo è il momento in cui tutti i perdoni attuati lungo il percorso permettono alla mente di raggiungere uno stato così avanzato da produrre un vero e proprio salto di qualità, grazie al quale la mente esce finalmente dalla condizione dualistica e ritorna all’Uno.
Lo Spirito Santo avrà così svolto la Sua funzione Ispiratrice, facendo da tramite o Mediatore tra la percezione sbagliata dell’ego e la conoscenza dell’Uno.
-313-
Lo Spirito Santo è la mia sola Guida. Egli cammina al mio fianco con amore. Ed io Gli rendo grazie perché mi mostra la via da percorrere.
(L-pII.215.1:2)
Da alcuni mesi ci stiamo concentrando sulle definizioni che - secondo Un Corso in Miracoli – sono proprie dello Spirito Santo (per rileggere gli spunti relativi, cliccare qui). Abbiamo visto che il Corso usa le seguenti definizioni: Anello di comunicazione, Traduttore, Interprete, Risposta, Ponte, Voce Che parla per Dio e Mediatore. In tutte queste espressioni viene evidenziata la funzione di collegamento che lo Spirito Santo svolge fra la dimensione non dualistica dell’Uno (la Mente Una) e la nostra esperienza dualistica (la mente separata): due stati mentali così lontani tra loro da essere letteralmente incompatibili.
Abbiamo visto inoltre che senza la funzione mediatrice dello Spirito Santo ci sarebbe del tutto impossibile varcare il ponte che sembra separarci dall’Uno, e la nostra esperienza illusoria ci imprigionerebbe senza speranza in uno stato di angosciante alienazione.
Non dovrebbe stupirci dunque se alla definizioni già viste il Corso aggiunga anche quella di Guida. Alla luce delle indicazioni che abbiamo già esplorato, solo Lui è in grado di indirizzare correttamente i nostri pensieri a favore di Dio e dell’Amore, permettendoci così di ritornare alla conoscenza dell’Uno. E’ Lui ad ispirare la scelta corretta che ognuno di noi deve imparare a compiere con il secondo passo del perdono. Da soli non potremmo che perdere la strada.
Quando sei stato catturato nel mondo della percezione, sei catturato in un sogno. Non puoi sfuggirvi senza aiuto, poiché ogni cosa che i tuoi sensi ti mostrano testimonia semplicemente la realtà del sogno. Dio ha fornito la Risposta, la sola Via d’uscita, il vero Aiutante.
(Prefazione-pag VIII- ultimo paragrafo)
-314-
Lo Spirito Santo è la tua Guida nello scegliere. E’ nella parte della tua mente che parla sempre per la scelta corretta, perché parla per Dio. E’ la comunicazione che ti rimane con Dio, che puoi interrompere ma che non puoi distruggere. Lo Spirito Santo è il modo in cui la Volontà di Dio è fatta sulla terra così come lo è in Cielo. Sia il Cielo che la terra sono in te, perché il richiamo di entrambi è nella tua mente.
(T-5.II.8:1-5)
Lo Spirito Santo mantiene la comunicazione con Dio, che noi crediamo di avere interrotto nel momento in cui abbiamo scelto di credere vera la minuscola folle idea di separazione da Dio (T-27.VIII.6:2). Non abbiamo potuto realmente distruggerla, perché ciò sarebbe contrario alla Volontà di Dio. Tuttavia ciò in cui credi è vero per te (T-2.VII.5:5) e quindi da quel momento, in cui è nata l’illusione dello spazio e del tempo, la nostra esperienza fallace ci ha portato a credere che la comunicazione fosse stata effettivamente interrotta. Senza l’intervento correttivo dello Spirito Santo dentro la parte corretta della nostra mente, saremmo precipitati ineluttabilmente nell’abisso della completa alienazione: l’inferno. Ma grazie al Suo intervento la nostra mente può nuovamente sperimentare che la Volontà di Dio è fatta ed è inalterata sia in Cielo che in terra. In Cielo perché nulla può cambiare la Creazione di Dio. In terra perché tale Volontà- la Creazione stessa dell’Uno- si traduce attraverso la mediazione dello Spirito Santo nella percezione degli interessi condivisi: indipendentemente dalle nostre apparenti differenze formali condividiamo tutti lo stesso identico errore, ma anche la stessa identica possibilità di tornare a Casa dal nostro Creatore e lo stesso interesse a farlo. Grazie a questa percezione corretta ci è dunque possibile vedere negli altri gli stessi errori, le stesse aspirazioni e lo stesso potenziale che vediamo in noi, riconoscendo quindi che siamo tutti uguali. Non nella forma, ma nel contenuto.
Ecco perché lo Spirito Santo è la nostra Guida nello scegliere il modo di percepire il mondo e i nostri fratelli e sorelle. Senza il Suo aiuto la nostra esperienza- anche se abilmente mascherata dall’ego in forme più o meno gradevoli- ci porterebbe a rendere reale la separazione in innumerevoli modi diversi, e non riusciremmo più a percepire la Volontà di Dio in terra, ossia la nostra sostanziale identicità di scopo e di interessi.
Per questa ragione dobbiamo imparare a chiedere il Suo aiuto, come il secondo passo del perdono ci invita a fare.
-315-
Lo Spirito Santo ti dirigerà solo per evitarti il dolore. Sicuramente nessuno obietterebbe a questo obiettivo se lo riconoscesse. Il problema non è se ciò che lo Spirito Santo dice sia vero, ma se tu vuoi ascoltare quello che dice. Tu non riconosci ciò che è doloroso più di quanto tu conosca cosa è gioioso, e sei, infatti, molto incline a confondere le due cose. La funzione principale dello Spirito Santo è di insegnarti a distinguerli. Ciò che è gioioso per te è doloroso per l’ego e, fintantoché hai dei dubbi in merito a ciò che sei, sarai confuso tra gioia e dolore. Questa confusione è la causa dell’intera idea di sacrificio. Obbedisci allo Spirito Santo e rinuncerai all’ego. Ma non sacrificherai nulla. Al contrario guadagnerai tutto. Se credessi questo, non vi sarebbe conflitto.
(T-7.X.3)
Come abbiamo visto nelle ultime settimane (per rileggere gli spunti relativi cliccare qui) lo Spirito Santo è la nostra Guida nello scegliere il corretto modo di percepire il mondo dei corpi nelle sue multiformi manifestazioni. Se seguiamo la Sua Guida- Che parla per Dio, cioè riflette nella dimensione dualistica l’unità della creazione della Mente Una- evitiamo ogni dolore.
Il problema, ci dice il paragrafo di questa settimana, è che noi siamo in uno stato confusionale perché confondiamo gioia e dolore: cerchiamo il dolore credendolo gioia e fuggiamo dalla gioia credendola dolore. Così, per esempio, corteggiamo colpa e attacco (cioè uno stato mentale di autentico dolore) credendo che ci diano la “gioia” di avere soddisfazioni e giustizia, mentre rifuggiamo dal perdono (uno stato mentale di autentica gioia) perché crediamo che comporti il sacrificio delle nostre giuste rivendicazioni e ragioni (cioè il “dolore”).
Questa strana confusione dipende dal fatto che siamo in confusione sulla nostra vera Identità. Dimentichi del fatto che siamo Figli di Dio, ci siamo autoindotti a credere di essere dei corpi separati che vivono in un mondo di corpi separati, una confusione di base che implica l’apparente sacrificio della nostra Identità spirituale di Figli di Dio. E crediamo che questa confusione ontologica, l’identificazione con il corpo, sia fonte di gioia mentre il Corso ci ripete più e più volte che è solamente causa di profondo dolore perché ci porta a percepirci separati da Dio e incapaci di comunicare con Lui. Quindi lasciare andare questa identità separata rinunciando all’ego e all’opinione che ha di noi, diventa il nostro più grande spauracchio perché crediamo che non possa procurarci altro che dolore, quando invece è l’unica fonte di un’autentica gioia.
La nostra quotidiana confusione interpretativa fra ciò che ci dà vera gioia (la pace che deriva da un’autentica comunione interiore) e ciò che mantiene il nostro dolore (la colpa), dipende insomma da una basilare confusione ontologica sulla nostra identità.
Entrambi questi stati confusionali possono essere disfatti in qualsiasi momento dallo Spirito Santo, perché Lui non è affatto in confusione su quale sia la vera Identità sia nostra che dei nostri fratelli, e su come dobbiamo percepire sia loro che noi. In quanto Voce Che parla per Dio, Egli sa Chi siamo in realtà, ed è pronto a ripetercelo ogni volta che siamo disposti ad ascoltarLo. Ma noi Lo vogliamo veramente ascoltare?
Questa è la domanda che ci pone il paragrafo odierno. Se non partiamo dal presupposto che siamo in confusione sia riguardo alla nostra identità che riguardo alle nostre percezioni, se insomma crediamo già di sapere tutto, potremmo mai rivolgerci allo Spirito Santo e sceglierLo come nostra Guida?
-316-
La Sua Voce (La Voce dello Spirito Santo, Che parla per Dio) ti insegnerà a distinguere tra dolore e gioia, e ti condurrà fuori dalla confusione che hai fatto. Non vi è confusione nella mente di un Figlio di Dio, la cui volontà deve essere la Volontà del Padre, poiché la Volontà del Padre è Suo Figlio.
(T-7.X.7:3-4)
La scorsa settimana abbiamo visto che lo Spirito Santo ci guida, insegnandoci a mettere ordine nella nostra mente (per rileggere lo spunto relativo, cliccare qui). Secondo il Corso siamo tutti preda di una sostanziale confusione, che trae le sue origini dalla basilare confusione ontologica su chi siamo realmente. Essendoci identificati con dei corpi crediamo di avere sacrificato la nostra natura spirituale di Figli di Dio. Ma credendo anche che questa errata identificazione sia bella e vantaggiosa, invece che fonte di costante dolore, siamo entrati in uno stato di profonda confusione interiore non riconosciuta, perché ci siamo addestrati a considerare gioioso e felice uno stato di dolore. Questa confusione ontologica- grazie alla quale il dolore è diventato gioia e la gioia dolore- ha generato nella nostra mente un basilare stato confusionale che sperimentiamo costantemente anche nella nostra vita quotidiana. E’ quello stato largamente condiviso che ci porta a gioire quando sperimentiamo rabbia, colpa, attacco, vendetta, sopraffazione, violenza, arroganza e importanza personale; e a sentirci sminuiti e sacrificanti quando scegliamo di sperimentare “soltanto” la pace interiore e il perdono che ci mette in comunione con tutti i nostri fratelli.
Guidandoci ora verso una diversa percezione di noi stessi e degli altri, lo Spirito Santo ci aiuta a distinguere gioia da dolore, e ci porta gradualmente a uscire dalla confusione che noi stessi abbiamo generato dentro la nostra mente.
Nella sua evoluzione spirituale lo studente di Un Corso in Miracoli attraversa una fase definita, nel Manuale degli insegnanti, “discernimento” (M-4.I-A.4). In essa lo studente impara a discernere la voce dell’Ego da quella dello Spirito Santo, ossia a riconoscere quali, tra i pensieri che crede di pensare, provengono dalla fonte sbagliata (l’ego) e quali dalla Fonte corretta (lo Spirito Santo). E’ una fase fondamentale, che deve essere sperimentata per poter accedere alla successiva fase della rinuncia.
Se non impariamo che rinunciare all’ego è la nostra più autentica fonte di gioia, allora non potremo mai scegliere di farlo. Dapprima quindi dobbiamo apprendere che la gioia non è rappresentata da quanto fino a quel momento abbiamo definito impropriamente tale: il senso di vittimismo o trionfo che deriva dal trattare arrogantemente i nostri fratelli o noi stessi.
Questo ci permette di uscire dalla confusione che proprio noi abbiamo fatto e di accettare finalmente l’Espiazione per noi stessi, quella correzione suggerita dallo Spirito Santo che ci ricorda che la nostra vera identità è quella di Figli di Dio. Non vi sarà più confusione nella nostra mente, e l’unica Volontà che vorremo sperimentare sarà la Volontà del Padre: la nostra perfetta Unità nello stato della Mente Una e – grazie alla “traduzione” compiuta dallo Spirito Santo dentro la mente separata- il nostro condividere senza eccezioni, in questa dimensione, lo stesso scopo, lo stesso interesse e lo stesso potenziale di tornare a Casa da nostro Padre.
-317-
Fatti da parte con fede e lascia che la verità guidi il cammino. Tu non sai dove vai. Ma Colui Che sa cammina con te. Lascia che Egli ti guidi assieme agli altri.
(L-pI.155.10:3-6)
Il Corso in Miracoli ci indica una Guida sicura che dobbiamo imparare a seguire per poter uscire dal labirinto in cui ci siamo erroneamente inoltrati, confondendo la gioia della nostra vera identità con il dolore del crederci dei corpi che vivono in un mondo di corpi. Un labirinto nel quale la confusione d’identità ci ha portati a confondere in continuazione la natura delle nostre esperienze più usuali e quotidiane fino al punto di giungere a delle vere e proprie distorsioni: siamo soddisfatti quando esplodiamo in un attacco di rabbia o quando ci vendichiamo di un sopruso, e ci sentiamo insoddisfatti e sminuiti quando scegliamo invece di perdonare e rinunciare alla ferma convinzione di aver ragione quando abbiamo torto.
Questa Guida sicura è lo Spirito Santo e cammina sempre con noi, perché è costantemente presente dentro la nostra mente.
Tuttavia altrove il Corso aggiunge un’interessante precisazione:
Nessuno obbedisce lietamente ad una guida della quale non ha fiducia, ma ciò non significa che la guida non sia degna di fiducia. In questo caso significa sempre che il seguace non lo è.
(T-7.X.5:8-9)
Questo significa proprio mettere il dito nella piaga! E’ evidente che il Corso ci conosce e sa molto bene che non sempre abbiamo intenzione di seguire la guida dello Spirito Santo. E ci spiega anche perché questo avvenga: non perché lo Spirito Santo non sia degno di fiducia, ma per la ragione diametralmente opposta, perché siamo noi a non essere degni di fiducia.
Anzi- precisa- perché crediamo di non essere degni di fiducia, in quanto crediamo di aver tradito Dio e noi stessi, negando la nostra vera Identità.
Ad ogni modo anche questo dipende semplicemente dalla sua credenza. Credendo di poter tradire, egli crede che tutto possa tradirlo.
(T-7.X.5:10-11)
Siamo insomma di fronte alla classica dinamica della proiezione. Credendoci inaffidabili, ma volendo negare questa dolorosa percezione di noi stessi, la proiettiamo sullo Spirito Santo sostenendo che è Lui a essere inaffidabile. Se cadiamo in questa trappola vuol solo dire che abbiamo scelto la guida sbagliata, ossia la paura dell’ego, e poi l’abbiamo associata allo Spirito Santo. E’ più che ovvio, a questo punto che ci rifiutiamo di seguirLo!
Comunque questo accade solo perché ha scelto di seguire una falsa guida. Incapace di seguire questa guida senza paura, associa la paura con la guida, e rifiuta del tutto di seguire qualsiasi guida. Se il risultato di questa decisione è la confusione, ciò non è affatto sorprendente.
(T-7.X.5:12-14)
Ecco un bell’esempio di confusione nel nostro vissuto quotidiano: la manifestazione nel molteplice di quella stessa confusione mentale in cui siamo precipitati quando abbiamo scelto di credere vera la minuscola folle idea di separazione da Dio (T-27.VIII.6:2), negando quindi la nostra vera Identità!
-318-
(Lo Spirito Santo) Sembra essere una Voce, poiché in quella forma ti porta la Parola di Dio. Sembra essere una Guida in un paese lontano, poiché tu hai bisogno di questa forma d’aiuto. Sembra essere qualunque cosa soddisfi il bisogno che credi di avere. Ma non è ingannato quando percepisci il tuo sé imprigionato da necessità che non hai. E’ da queste che ti vuole liberare. E’ da queste che vuole metterti al sicuro.
(C-6.4:5-10)
Lo Spirito Santo è la nostra Guida nel momento del bisogno, però non si fa ingannare da noi quando sosteniamo di avere dei bisogni che non sono tali. Quali sono questi ingannevoli bisogni? Quelli che servono a mantenere e rafforzare lo stato illusorio di separazione in cui siamo precipitati quando abbiamo creduto vera la minuscola folle idea di separazione da Dio (T-27.VIII.6:2): il bisogno di ferire, di attaccare, di trovare ragioni per difenderci, di decidere autonomamente che cosa è meglio per noi, di sentirci vittime e sostenere il vittimismo altrui, di supplire con grandiosità e specialezza al nostro debilitante senso di vulnerabilità, di mettere idoli di ogni tipo su ogni tipo di piedestallo, di mercanteggiare per strappare colpevolmente l’amore dal di fuori…
Questi sono i bisogni che ci permettono di mantenere nella nostra mente le dinamiche della relazione speciale d’odio e d’amore, che ci sono assolutamente necessarie per mantenere lo stato illusorio della separazione e quindi dell’identità separata, perché ci permettono di attribuire a qualcosa di esterno la colpa del dolore che ne consegue.
In quanto Voce Che parla per Dio lo Spirito Santo conosce la verità della nostra Identità, e quindi non è imprigionato come noi nello stato di allucinazione che ci porta a percepirci come ego/corpo. Quindi sa benissimo che tutti questi bisogni non sono i nostri veri bisogni.
Tuttavia, in quanto Mediatore fra la conoscenza e la percezione, è anche in grado di comprendere sia le nostre percezioni che i bisogni che noi crediamo di avere. Li comprende pur sapendo che non sono reali, e quindi senza farsi ingannare da essi. Lo Spirito Santo sa che siamo lontano da Casa e che il nostro desiderio più forte - anche se represso e mascherato in ogni modo - è di tornare a Casa da nostro Padre. Di conseguenza non soddisfa i bisogni che sostengono il nostro ego, ma quelli che ci aiutano effettivamente a ritornare a Casa. Questi bisogni sono tutti riconducibili a una funzione, il perdono, che non a caso è definito nel Libro degli esercizi “la sola funzione” (lezione 65), che Dio ci ha dato proprio attraverso la mediazione dello Spirito Santo.
Il perdono è il solo mezzo che ci permette di ritornare a Casa da nostro Padre e quindi rappresenta il solo bisogno che abbiamo.
Ma nell’estrema confusione in cui ci troviamo, abbiamo bisogno di una Guida Che ce lo ricordi e ci indichi la strada da percorrere per svolgere nel modo corretto la nostra funzione, mostrandoci le percezioni che abbiamo bisogno di lasciar andare e quelle che abbiamo bisogno di ospitare nella nostra mente.
Ecco perché lo Spirito Santo è la nostra Guida in quel “paese lontano” – lo stato illusorio della mente separata - nel quale crediamo di trovarci.
-319-
Tuo Padre sa che non hai bisogno di nulla. In Cielo è così, perché di cosa potresti aver bisogno nell’eternità? Nel tuo mondo hai davvero bisogno di cose. E’ un mondo di scarsità quello in cui ti trovi, perché senti la mancanza di qualcosa.
(T-13.VII.10:2-5)
Il passaggio odierno contrappone due stati mentali: lo stato di abbondanza nella Mente del Cielo/Uno e lo stato di scarsità nella mente che proietta il mondo/molteplice. E contrappone anche le nostre due identità: quella reale di Figlio di Dio e quella illusoria di ego-corpo. Nello stato di abbondanza del Cielo, noi -il Figlio di Dio- ovviamente non abbiamo bisogno di nulla. Ma nello stato illusorio di scarsità con cui siamo identificati, noi- i corpi- abbiamo costanti bisogni. Il mondo del molteplice è insomma uno stato di bisogno costante che riflette il bisogno costante di Dio, perché non è altro che la frammentazione di una minuscola, folle idea (T-27.VIII.6:2) di scarsità, ossia di separazione dall’abbondanza di Dio. Ed è veramente curioso il fatto che – indotti dall’ego- noi non cerchiamo di soddisfare l’unico reale bisogno che abbiamo, ma al contrario dedichiamo tutto il nostro tempo a cercare di soddisfare tutti i nostri bisogni illusori, nell’illusione che, facendolo, possiamo sperimentare quella pienezza interiore che invece deriva solo dalla presenza di Dio nel nostro cuore. Questo è proprio uno stato di allucinazione, perché come potremmo mai raggiungere tale obiettivo, quando il mondo è basato proprio sul bisogno di rendere reale la scarsità, e quindi per definizione non potrà mai fornirci quello stato di vera abbondanza che c’è solo in Cielo?
Non ci potrebbe essere dimostrazione migliore di quella che il Corso definisce
“la massima dell’ego”: cerca ma non trovare (T-16.V.6:5)!
Ma puoi trovare te stesso in un mondo simile? Senza lo Spirito Santo la risposta è no. Tuttavia, grazie a Lui, la risposta è un gioioso sì. Come Mediatore tra i due mondi, Egli sa di cosa hai bisogno e cosa non ti farà del male.
(T-13.VII.10:6-9)
Se seguiremo le indicazioni dell’ego, dunque, non potremo mai trovare la vera abbondanza, ossia riconoscere - nello stato di scarsità del mondo - la realtà della nostra Identità e pienezza. Ma se accetteremo la risposta dello Spirito Santo tutto cambierà. Perché, in qualità di Mediatore fra l’Uno ed il molteplice, Egli è in grado di ricordarci l’abbondanza del Cielo anche nell’alienante stato di scarsità in cui crediamo di essere sprofondati. E può insegnarci a discernere i falsi bisogni - quelle dinamiche di specialezza che possono solo farci del male perché rafforzano il nostro senso di scarsità e separazione - dal bisogno autentico di perdono, che ci permette di sperimentare pace, gioia e amore, cioè il riflesso dell’abbondanza del Cielo. Mentre l’unico bisogno che abbiamo è il perdono, che ci permette di accettare la nostra vera Identità e quindi di ricordare l’abbondanza di Dio, i falsi bisogni sono sempre basati sull’idea che possedere delle cose ci riempirà, rendendoci nuovamente interi. Sono basati sul confondere la forma (il possesso delle cose) con il contenuto (l’amore).
Il senso del possesso è un concetto pericoloso se lasciato a te. L’ego vuole avere cose per la salvezza, poiché il possesso è la sua legge. Il possesso per il gusto di avere, è il credo fondamentale dell’ego.
(T-13.VII.10:10-12)
-320-
Ogni cosa di cui l’ego ti dice che hai bisogno ti farà del male. Perché, sebbene l’ego ti spinga continuamente ad avere, non ti lascia nulla, poiché quello che ottieni te lo richiederà. E persino dalle stesse mani che l’hanno afferrata, essa verrà strappata via e scagliata nella polvere. Perché dove l’ego vede la salvezza, vede la separazione e così perdi qualsiasi cosa tu abbia ottenuto nel suo nome.
(T-13.VII.11:1-4)
Il mondo dell’ego è il mondo della scarsità, perché l’ego è sorto dalla minuscola folle idea (T-27.VIII.6:2) di separazione dal Tutto, e il suo sistema di pensiero è interamente basato su di essa. E’ ovvio quindi che ogni mente che s’identifica con l’ego sia in uno stato di scarsità cronico, e quindi si senta costantemente spinta dal bisogno di avere, per compensare tale senso di carenza e di vuoto. Tuttavia questo bisogno costante di avere viene altrettanto costantemente frustrato, perché – mantenendo fino in fondo la logica perversa della separazione- la mente dedita all’ego prima o poi deve separarsi da qualsiasi cosa abbia conseguito o acquisito, e quindi deve perderla. E’ il crudele destino di chi segue ciecamente la massima dell’ego “cerca ma non trovare” (T-16.V.6:5), cercando stoltamente nel possesso delle cose del mondo (la forma) la risposta al doloroso ma inesistente problema della solitudine e del vuoto interiore.
Ma se seguiamo la Guida dello Spirito Santo cambierà tutto. Perché la Sua promessa è sempre: “Cerca e troverai” (T-12.IV.4:5). Seguendo la Sua Guida, troveremo una cosa radicalmente diversa: quell’amore che- solo- può portarci a fare esperienza di pienezza e completezza (il contenuto) anche in questo “paese lontano da Casa”, lo stato della mente separata che crede nell’illusione dello spazio e del tempo.
Lo Spirito Santo sa di cosa abbiamo bisogno, mentre noi- nello stato di confusione in cui ci troviamo- da soli non potremmo riconoscerlo. Seguendo la Sua guida possiamo imparare a riconoscere il contenuto d’amore anche in ciò che sembra riflettere proprio l’opposto dell’amore. Perché solo di questo abbiamo bisogno: del perdono che ci permette di modificare la percezione delle cose, trasformandole da possessi dell’ego a strumenti per disfare l’ego stesso ed il suo senso di carenza e di vuoto. E nello stesso tempo lo Spirito Santo ci insegnerà a non avere alcun investimento nelle cose, perché il loro valore non è rappresentato da quello che sono in sé, ma dal fatto che, quando sono date allo Spirito Santo, divengono il mezzo per ritornare a casa.
Solo lo Spirito Santo sa di cosa hai bisogno. Poiché Egli ti darà tutte le cose che non bloccano il cammino verso la luce. E di cos’altro potresti avere bisogno? Nel tempo, Egli ti darà tutte le cose che hai bisogno di avere e le rinnoverà fintanto che ne avrai bisogno. Non ti porterà via nulla fintanto che ne avrai bisogno. E tuttavia Egli sa che tutto ciò di cui hai bisogno è temporaneo e durerà solo fino a che ti distaccherai da tutti i bisogni e ti renderai conto che sono stati tutti soddisfatti. Perciò Egli non ha alcun investimento nelle cose che fornisce, salvo accertarsi che non le userai per indugiare nel tempo. Egli sa che lì non sei a casa, e non vuole che alcun ritardo rimandi il tuo gioioso ritorno a casa.
(T-13.VII.12)
-321-
Solo lo Spirito Santo sa di cosa hai bisogno… Affida quindi i tuoi bisogni a Lui. Egli li soddisferà senza porre alcuna enfasi su di essi. Ciò che ti viene da Lui arriva senza pericoli, perché Egli si assicurerà che non possa mai diventare un luogo oscuro, nascosto nella tua mente e conservato per farti del male. Sotto la Sua guida viaggerai leggero e proseguirai agilmente, poiché il Suo sguardo è sempre sulla fine del viaggio, che è il Suo obiettivo. Il Figlio di Dio non è un viaggiatore di mondi esterni. Per quanto santa possa diventare la sua percezione, nessun mondo al di fuori di lui ha in serbo la sua eredità. Dentro di sé egli non ha bisogni, perché la luce non ha bisogno di altro se non di splendere in pace, e lasciare che da essa stessa i raggi si estendano quietamente all’infinito.
(T-13.VII.12:1,13)
Anche questa settimana ci concentriamo sul senso di bisogno che l’ego genera e mantiene dentro la nostra mente, e sul modo in cui lo Spirito Santo ci insegna a guarirlo, guidandoci verso una diversa percezione della nostra identità. Negli ultimi spunti (per rileggerli cliccare qui) abbiamo visto che questo bisogno ci spinge costantemente a cercare di possedere delle cose per compensare il vuoto interiore, ma abbiamo anche visto che tale ricerca si rivela infruttuosa, perché non è nella forma esteriore che possiamo trovare quell’amore e quella gioia che ci manca (il nostro unico bisogno) ma solo nella presenza viva di Dio dentro la nostra mente, di Cui possiamo imparare a fare esperienza accettando l’Espiazione per noi stessi.
Lo Spirito Santo, a causa della sua funzione duale, conosce la nostra vera Identità e insieme percepisce la nostra condizione illusoria, quindi sa che il nostro bisogno più profondo non potrà mai essere soddisfatto dal possesso delle cose, ma soltanto da quella pace interiore che viene dal perdono, e che riflette la Presenza di Dio nel nostro cuore.
Purtroppo il nostro stato di confusione interiore- dovuto all’identificazione con l’ego- ci impedisce di percepire i nostri migliori interessi (L-pI.24), che hanno il potere di portarci a tale pace. Abbiamo bisogno di una Guida Che ce lo mostri aiutandoci a viaggiare incolumi dentro i mondi interiori in cui l’ego spadroneggia e mette muri su muri per impedirci di arrivare alla meta. Dobbiamo allora imparare ad affidare a questa Guida i nostri bisogni, ossia dobbiamo spogliarli delle aspettative che avevamo caricato su di essi, e lasciare che questa Guida ne cambi lo scopo. SeguendoLa, i nostri bisogni apparenti si trasformeranno da strumenti per rafforzare l’ego a mezzi per trovare quello che cerchiamo realmente: il nostro completamento e la nostra gioia. Lo Spirito Santo non ci priverà dei nostri bisogni, anzi li soddisferà nel modo più autentico, mostrandoci in cosa consiste la vera soddisfazione: nel togliere da essi ogni investimento.
In questo modo arriveremo finalmente al punto di sperimentare che non abbiamo alcun bisogno, perché la luce all’interno di noi già splende in pace e saranno i suoi raggi a riportarci all’infinito.
-322-
Lascia dunque che sia Lui la sola Guida che seguirai per la salvezza. Egli conosce la via e ti conduce lietamente su di essa. Con Lui non mancherai di imparare che ciò che Dio vuole per te è la tua volontà. Senza la Sua guida penserai di conoscerla da solo e deciderai contro la tua pace esattamente come hai deciso che la salvezza si trovava in te solo. La salvezza viene da Colui al Quale Dio l’ha data per te. Egli non l’ha dimenticata. Non dimenticarLo ed Egli prenderà ogni decisione per te, per la tua salvezza e per la pace di Dio in te.
(T-14.III.14)
Da qualche settimana ci stiamo concentrando su una delle definizioni che Un Corso in Miracoli dà dello Spirito Santo: la Guida (per rileggere gli spunti relativi cliccare qui).
Abbiamo visto che seguendoLo possiamo sfuggire allo stato confusionale nel quale siamo precipitati in seguito alla credenza nella minuscola folle idea (T-27.VIII.6:2), uno stato che ci ha portati inizialmente a dubitare della nostra reale Identità, e poi a confondere l’idea stessa di dolore con quella di piacere nelle scelte più diverse della nostra vita quotidiana. Grazie a Lui possiamo dunque rimettere ordine nei nostri pensieri e accedere a uno stato mentale più sano. Abbiamo visto inoltre che lo Spirito Santo ci guida in modo da soddisfare il vero e unico bisogno che abbiamo tutti indistintamente: ritornare alla casa del Padre. Egli infatti non si fa ingannare dall’ego –come invece facciamo noi- tutte le volte che l’ego ci prospetta un nuovo bisogno allo scopo di trascinarci in un’ulteriore, vana ricerca della felicità in base alla sua massima crudele
“cerca ma non trovare” (T-16.V.6:5).
Anche in questo caso la Guida dello Spirito Santo ci permette di uscire dalla confusione nella quale crediamo di essere precipitati e di seguire la sola via che ci conduce lietamente alla salvezza dalla nostra angoscia.
Se non ci rivolgiamo a Lui per essere aiutati crederemo di sapere da soli come si fa a uscire dal caos. È un errore, perché non ci renderemo conto che, cercando di “fare da soli”, ripeteremo ancora una volta l’errore ontologico iniziale e primario: quella credenza errata nella realtà della minuscola folle idea di separazione da Dio che la mente ha preso “da sola”, ossia percependosi sola e separata dal Padre.
Dunque, cercare “da soli” la salvezza dall’ego è soltanto un’inutile e dolorosa perdita di tempo.
-323-
Come scivola via semplicemente e facilmente il tempo per l’insegnante di Dio che ha accettato la Sua protezione! Tutto ciò che ha fatto in precedenza nel nome della sicurezza non lo interessa più. Poiché è al sicuro e sa che è così. Ha una Guida Che non fallirà. Non deve fare distinzioni tra i problemi che percepisce, perché Colui al Quale si rivolge per ciascuno di essi riconosce che non c’è alcun ordine di difficoltà nel risolverli. E’ altrettanto sicuro nel presente quanto lo era prima che le illusioni venissero accettate nella sua mente, e quanto lo sarà quando le avrà lasciate andare. Non c’è differenza nel suo stato in momenti diversi e in luoghi diversi, perché per Dio sono tutti la stessa cosa. Questa è la sua sicurezza. Non ha bisogno di niente altro.
(M-16.7)
Se seguiamo la guida dell’ego, che imperversa dentro la nostra mente, perdiamo la strada e perdiamo tempo.
L’ego infatti non fa che proporre innumerevoli diverse idee di attacco e specialezza, che riproducono in forme ingannevoli la medesima minuscola folle idea di separazione da Dio (T-27.VIII.6:2), allo scopo di rendere reale tale separazione. E noi non ci accorgiamo di quanto fuorvianti siano le sue proposte, e di quanto ci allontanino dall’unico reale bisogno che tutti quanti abbiamo indistintamente: tornare alla Casa del Padre.
Eppure continuiamo a seguire l’ego, perché ci ha convinti che ci protegge. Com’è possibile cadere in un errore così madornale? Perché siamo in uno stato mentale di estrema confusione, e crediamo che lasciarlo andare sia doloroso, quando invece è l’unico vero piacere che possiamo sperimentare. Abbiamo dedicato alcuni spunti a quest’argomento.
(per rileggerli cliccare qui)
Per essere realmente protetti dobbiamo imparare a seguire un’altra Guida, Che non può fallire perché viene direttamente da Dio.
Lo Spirito Santo, la Guida reale che ci viene offerta dal Corso, sa che tutte le forme proposte dall’ego non fanno altro che simboleggiare un unico contenuto distruttivo, e che a quest’unico contenuto è possibile rispondere con un’unica risposta salvifica. Ecco perché il Corso usa per questa Guida anche la definizione di “Risposta”. (T-9.VIII.11.2:9). Anche a quest’argomento abbiamo dedicato uno spunto (per rileggerlo cliccare qui)
Essa non fa distinzioni fra problemi apparentemente diversi, né fra le soluzioni da adottare per risolverli. Non distingue fra momenti diversi, luoghi diversi o individui diversi.
Per questa Guida c’è un solo problema ed una sola soluzione, l’Espiazione (L-pI.79-80). Molto semplice.
-324-
Lo Spirito Santo è la mia sola Guida. Egli cammina al mio fianco con amore. Ed io Gli rendo grazie perché mi mostra la via da percorrere.
(L-pII.215. 1:2-4)
Lo Spirito Santo è la nostra sola Guida perché - pur essendo stato creato da Dio e quindi conoscendo la Realtà- svolge una funzione duale e pertanto è in grado di percepire le nostre illusioni. In altri termini parla il nostro stesso linguaggio e può comprendere l’estrema confusione in cui siamo precipitati, allo scopo di correggerla. Rappresenta la Voce Che parla per Dio anche all’interno dell’illusione che abbiamo fatto proprio per scappare da Dio.
E’ il Ponte Che ci permette di ritornare alla nostra vera Realtà, sfuggendo alle illusioni che – nello stato di caos in cui crediamo di trovarci- a noi sembrano essere la realtà.
Nella sua funzione di Traduttore, traduce in forma ciò che è totalmente senza forma e ci permette di ritrovare il riflesso della realtà astratta anche nelle forme concrete che a noi sembrano così reali, e che hanno il solo scopo di trascinarci nel caos e nell’oscurità più profonda.
In quanto Interprete delle forme concrete alla luce della correzione astratta che viene da Dio, rappresenta l’Anello di comunicazione con Dio Che ci permette di approdare gradualmente alla parte corretta della nostra mente, e di lì a tornare gradualmente alla conoscenza che sembrava perduta per sempre.
Costituisce la Risposta all’errore della separazione, e proprio come l’errore sembra essersi frantumato in innumerevoli forme, così anche la Risposta può apparire a ognuno di noi nelle forme che ci permettono di comprenderla. Perché noi crediamo di pensare per immagini, e se la Risposta non ci arrivasse sotto forma d’immagine, non riusciremmo più a coglierla.
La Sua risposta è l’Espiazione, o correzione, che afferma che la separazione da Dio non è mai avvenuta. E’ un principio astratto, quindi difficilmente applicabile. Ma il mezzo per accettarla e sperimentarla è il perdono, e questo la riporta immediatamente alle nostre esperienze quotidiane, là dove ci è assolutamente possibile comprenderla.
Ecco dove la funzione mediatrice dello Spirito Santo appare chiaramente: il principio astratto di cui è portatore – l’Espiazione- appare nella nostra vita quotidiana sotto forma di perdono.
E scegliendo il perdono, noi accettiamo- al di là della nostra esperienza cosciente- l’Espiazione per noi stessi.
L’Espiazione è stata stabilita come mezzo per ripristinare l’assenza di colpa nelle menti che l’hanno negata ed hanno così negato il Cielo a se stessi. L’Espiazione ti insegna la vera condizione del Figlio di Dio. Non ti insegna cosa sei o cos’è tuo Padre. Lo Spirito Santo, Che lo ricorda per te, ti insegna semplicemente come eliminare i blocchi che stanno fra te e ciò che sai. La Sua memoria è la tua. Se ricordi ciò che hai fatto non ricordi nulla. Il ricordo della realtà è in Lui, perciò in te.
(T-14.IV.9:2-8)
-325-
L’unica responsabilità di colui che opera il miracolo è
accettare l’Espiazione per se stesso
(T-2.V.5:1)
L’indagine sulle definizioni che il Corso dà dello Spirito Santo, che stiamo portando avanti dallo spunto 288 (per rileggere tutti gli spunti relativi cliccare qui), ci ha condotti ad una delle frasi più celebri del Corso, che definisce la responsabilità del suo studente.
Ci sono alcuni punti che vale la pena sottolineare, a questo proposito.
Prima di tutto è interessante vedere come tutta la frase sia in corsivo, cosa che dovrebbe farci riflettere sulla sua importanza.
In secondo luogo la frase evidenzia che lo studente del Corso (colui che aspira appunto ad operare nella sua mente il miracolo della modifica della percezione e del raggiungimento della pace interiore) ha la seguente responsabilità: accettare l’Espiazione per se stesso. Dato che secondo il Corso noi non siamo un corpo, ma una mente che compie in continuazione la sola decisione di ascoltare la voce dell’ego o quella dello Spirito Santo, l’espressione “per se stesso” definisce appunto la nostra identità in termini di mente, precisando che è dentro la propria mente che ognuno di noi può accettare l’Espiazione, e che ognuno deve farlo per sé, e non per altri. In altri termini il libero arbitrio di ognuno di noi è sovrano.
In terzo luogo, dato che In quanto luce del mondo la mia funzione è il perdono (L-pI.62.tit) e La mia sola funzione è quella che Dio mi ha dato. Non ne voglio altre e non ne ho altre (L-pI.66.8:2-3), è facile collegare l’accettazione dell’Espiazione per se stessi all’idea del perdono. E infatti il perdono è proprio il mezzo attraverso il quale noi accettiamo l’Espiazione per noi stessi.
Inoltre vale ancora la pena di sottolineare l’aggettivo che si trova all’inizio della frase: l’unica.
Forse leggendo e studiando il Corso ci eravamo erroneamente convinti del fatto che ci venissero richieste molte funzioni e molti esercizi. Ma questo aggettivo sostiene il contrario. La nostra responsabilità è una sola, proprio come una sola è la Risposta dello Spirito Santo (T-5.II.2:5), uno solo il nostro problema e una sola la soluzione di tutti i nostri problemi apparenti (L-pI.80.1:5). Tutti gli esercizi del Corso e le sue belle preghiere non sono altro che forme diverse che ci aiutano ad assumerci gradualmente e pienamente quest’unica responsabilità.
E infine notiamo il verbo “accettare”. La nostra responsabilità consiste nell’accettare l’Espiazione, non nel farla o determinarla o provocarla in un modo qualsiasi. L’Espiazione – così come viene definita nel Corso- è un principio portato avanti dallo Spirito Santo dentro la nostra mente. La nostra funzione non consiste nello stabilirlo, perché è stato stabilito da Dio stesso, ma nel prenderne atto e nell’accettarlo.
È a questo che serve il secondo passo del perdono: a fare appello al principio dell’Espiazione, chiedendo aiuto allo Spirito Santo. Ma è una decisione che prenderemo solo quando avremo visto che cosa l’ego sta combinando dentro la nostra mente. Ed è a questo che serve il primo passo del perdono: a guardare i nostri pensieri e a vederne il costo.
(per rileggere i due passi del perdono, cliccare qui)
-326-
L’unica responsabilità di colui che opera il miracolo è
accettare l’Espiazione per se stesso
(T-2.V.5:1)
La scorsa settimana abbiamo visto in dettaglio alcuni aspetti di questa importante frase che si trova all’inizio del testo. (per rileggere il commento cliccare qui) Ma cosa è esattamente l’Espiazione?
Come sappiamo, le parole nel Corso hanno spesso un significato completamente diverso da quello a cui siamo abituati. A quest’argomento fondamentale ho dedicato alcuni spunti della Scuola del Corso (per rileggerli cliccare qui) oltre al secondo capitolo del mio libro “Un Corso in miracoli parla di sé” (per informazioni cliccare qui). La parola “Espiazione” offre uno degli esempi più eclatanti di questo cambiamento di significato. Infatti, mentre il vocabolario italiano ci dice che “espiazione” significa “pagamento di una colpa subendone la punizione”, il Corso ci dice che per lui il significato di “Espiazione” è “correzione”. Troviamo questa definizione nell’introduzione alla Chiarificazione dei termini, dove viene precisato che il suo interesse (cioè l’interesse del Corso) è solamente l’Espiazione, o correzione della percezione. (C-In-1:2)
Dunque l’Espiazione è il principio che corregge la nostra percezione egoica, che è interamente sbagliata perché è interamente basata su un errore di tipo metafisico: la credenza che la nostra mente sia separata da quella di Dio.
La piena consapevolezza dell’Espiazione è, quindi, il riconoscimento che la separazione non è mai avvenuta
(T-6.II.10:7)
Dunque l’Espiazione è il principio che corregge la nostra percezione egoica, che è interamente sbagliata perché è interamente basata su un errore di tipo metafisico: la credenza che la nostra mente sia separata da quella di Dio.
La piena consapevolezza dell’Espiazione è, quindi, il riconoscimento che la separazione non è mai avvenuta (T-6.II.10:7).
Tutti i pensieri che derivano da questa credenza errata e incredibile (T-7.VIII) sono errati, perché ne rappresentano un’ulteriore suddivisione. Correggendo il pensiero di base, l’Espiazione ne corregge anche tutte le ramificazioni, qualunque forma assumano.
L’Espiazione non è qualcosa che possiamo fare noi o che possiamo fare da soli, perché dopo aver creduto vera la separazione la mente è precipitata in una tale confusione da non poter più discernere da sola ciò che è vero da ciò che è falso. Tuttavia è un principio che è stato dato da Dio Stesso allo Spirito Santo (T-5.II.3:1-2) affinché Lui lo mantenesse nella parte corretta della nostra mente.
Il nostro compito è semplicemente quello di accettarla dallo Spirito Santo, applicandola in tutte le forme che l’errore della separazione ha assunto nella nostra mente e in quella che noi crediamo essere la nostra vita.
Il miracolo è il mezzo, l’Espiazione è il principio, e la guarigione è il risultato
(T-2.IV.1:2)
-327-
L’unica responsabilità di colui che opera il miracolo è
accettare l’Espiazione per se stesso
(T-2.V.5:1)
Abbiamo visto negli ultimi due spunti (per rileggerli cliccare qui) che cosa intende il Corso con la parola Espiazione, e come essa costituisca il principio di correzione, che annulla l’errore primordiale compiuto dall’unica mente scissa e che è ispirato dallo Spirito Santo nella mente separata di ognuno di noi.
Nel quinto capitolo del testo leggiamo infatti che lo Spirito Santo
“… cominciò ad esistere come protezione contestualmente alla separazione, ispirando allo stesso tempo il principio dell’Espiazione. Prima di allora non c’era alcun bisogno di guarigione, perché non c’era nessuno privo di consolazione. La Voce dello Spirito Santo è il Richiamo all’Espiazione, o la restaurazione dell’integrità della mente. Quando l’Espiazione sarà completa e l’intera Figliolanza sarà guarita, non ci sarà alcun Richiamo a ritornare”.
(T-5.I.5:2-5)
Dunque non c’è alcun significato punitivo nel concetto di Espiazione proposto dal Corso. L’Espiazione corregge semplicemente l’illusione di separazione, e così facendo ripristina l’integrità della mente, che apparentemente era stata scissa dalla presunta separazione in una miriade di frammenti disuniti e conflittuali.
Non a caso “Espiazione senza sacrificio” è proprio il titolo della prima sezione del terzo capitolo del testo. Dato che nel sistema di pensiero del Corso si tratta di una prospettiva errata della mente, e non di una colpa commessa, la separazione non va punita come se fosse un misfatto realmente compiuto, ma va semplicemente messa in discussione accettando al suo posto la correzione proposta dallo Spirito Santo. Ché anzi, qualunque intento punitivo non farebbe alto che confermarne la realtà, e quindi otterrebbe soltanto l’effetto di rafforzarla ulteriormente nella mente che l’ha erroneamente creduta vera, invece di disfarne la presunta consistenza.
Come si accetta l’Espiazione? In altri termini come si può correggere un errore così atavico e radicato, e soprattutto così lontano dalla nostra esperienza cosciente di corpi che vivono in un mondo di corpi? La soluzione è semplice e viene prospettata chiaramente in due passaggi. In T-2.IV.1:2 leggiamo che “Il miracolo è il mezzo, l’Espiazione è il principio, e la guarigione è il risultato”. E nell’introduzione alla Chiarificazione dei termini, leggiamo “Il perdono è il mezzo dell’Espiazione” (C.-In.1:3). Se ricordiamo che nel Corso il miracolo non è altro se non un cambio di percezione proprio come il perdono, allora comprendiamo che i due brani sostengono la stessa cosa: l’Espiazione viene accettata cambiando le nostre percezioni.
E’ una soluzione semplice basata su un assunto teorico altrettanto semplice: dato che l’unico pensiero di separazione appare nella nostra mente separata sotto forma di immagini, e queste immagini sono proiettate all’esterno della mente dando origine all’apparenza di un mondo, perdonando – cioè correggendo- la percezione di queste immagini esterne accettiamo di fatto l’Espiazione, ossia correggiamo il pensiero di separazione.
Questo significa che in ogni situazione di non perdono, in ogni percezione di vittimismo, di colpa, di turbamento, in ogni accesso di rabbia, abbiamo la possibilità di perdonare, ossia di assumerci la responsabilità delle nostre proiezioni, vedendo che la nostra mancanza di pace non dipende dalle circostanze in cui ci troviamo, ma da un antico falso problema profondamente radicato in noi e che avvelena la nostra mente: la separazione da Dio.
Questo è il primo passo del processo e consiste nell’assumerci la responsabilità del ruolo che svolgiamo nella sofferenza che stiamo sperimentando. Il secondo passo consiste nell’essere disponibili a cambiare, accettando al suo posto la correzione (l’Espiazione appunto) di questo antico problema, che ci viene proposta nella nostra mente dallo Spirito Santo.
In ogni, singolo non perdono della nostra vita possiamo attuare questo importante cambio di percezione. L’Espiazione è un processo graduale che ci porta da una vita di dolore più o meno riconosciuto ad una profonda esperienza di pace.
Quindi l’intero processo di correzione diventa niente altro che una serie di passi pragmatici nel più ampio processo di accettazione dell’Espiazione come rimedio
(T-2.VI.7:3)
-328-
Essendo semplicemente ciò che è, la verità ti libera davvero da tutto ciò che non è. L’Espiazione è così dolce che non hai bisogno d’altro che di sussurrarla e tutto il suo potere si precipiterà ad assisterti e sostenerti. Non sei fragile con Dio al tuo fianco. Tuttavia senza di Lui non sei nulla. L’Espiazione ti offre Dio. Il dono che hai rifiutato è custodito in te da Lui. Lo Spirito Santo lo custodisce lì per te. Dio non ha disertato il Suo altare, sebbene i Suoi fedeli vi abbiano posto sopra altri dei. Il tempio è ancora santo, perché la Presenza che vi dimora dentro è la santità.
(T-14.IX.3)
Come il Corso sostiene più e più volte, la mente non si è ricordata di ridere via una menzogna assurda (la minuscola folle idea di separazione da Dio, T-27.VIII.6:2), e l’ha creduta reale, facendola così diventare tale nella sua esperienza allucinata. Tale minuscolo e insignificante errore si è frantumato poi in una miriade di percezioni disunite, assumendo delle proporzioni cosmiche che hanno trasformato la mente in un caos primordiale e l’hanno sprofondata in uno stato di angoscia indicibile. A questo punto, l’unica soluzione possibile per liberarsi dall’angoscia è sembrata essere quella di proiettare all’esterno della mente non solo la minuscola, insignificante idea di separazione, ma anche tutto il caotico sistema di pensiero che ne è derivato.
E questo, secondo il Corso, è ciò che ha causato la presunta esistenza del mondo. Alla domanda “Cos’è il mondo?” le prime due frasi dell’omonima sezione rispondono infatti
“Il mondo è falsa percezione. E’ nato dall’errore e non ha lasciato la sua fonte”
(L-pII.3.1:1):
un pensiero menzognero ha dato origine ad un presunto mondo di menzogna.
La verità – leggiamo nel paragrafo odierno- ha il potere di liberare la nostra mente da tutto ciò che non è, in altri termini dalla separazione. La verità della Presenza di Dio nella nostra Mente libera la mente dalla minuscola folle idea, e da tutte le conseguenze terribili ma irreali che essa sembra aver provocato. La verità è che la separazione da Dio non è mai avvenuta. E quindi tutto il sistema di pensiero che ne è derivato non c’è. E quindi il mondo non c’è.
L’Espiazione, o correzione, sostiene esattamente questo principio in tutte le apparenti mistificazioni della nostra vita. È un principio che scuote alle fondamenta tutte le nostre credenze più radicate, e per questa ragione accettarlo può farci paura.
Ma in realtà - così continua il brano odierno- l’Espiazione è un principio dolce perché noi non abbiamo bisogno di sostenerla a voce alta. Possiamo anche solo sussurrarla, con l’esitazione ed il tremore di chi teme di perdere tutto quello che ha in cambio di nulla. E anche se ci limitiamo a sussurrarla, il potere dell’Espiazione, il Potere dello Spirito Santo che la ispira, verrà in nostro soccorso e si precipiterà a assisterci e sostenerci. Perché l’Espiazione ci offre Dio, il ricordo della Sua presenza nel Suo altare (la nostra mente corretta), nonostante noi Gli avessimo scioccamente anteposto degli idoli.
Ora possiamo cambiare la nostra mente. Possiamo accettare l’Espiazione per noi stessi, perdonando tutti i nostri errori percettivi. E la luce della verità risplenderà, dandoci quella pace cui aneliamo profondamente.
È questo l’augurio che vi porgiamo con tutto il nostro cuore per questa pausa estiva.
-329-
Riprendiamo i nostri spunti di riflessione dall’argomento iniziato prima delle vacanze (per rileggere gli ultimi spunti cliccare qui).
Avevamo visto che l’Espiazione è il termine con cui Un Corso in Miracoli definisce la correzione della credenza nella minuscola folle idea (T-27.VIII.6:2), correzione che si trova nella nostra mente grazie alla Presenza dello Spirito Santo. E abbiamo anche visto che l’Espiazione è un principio (T-2.IV.1:2), un processo (T-2.VI.7:3) e un potere
(T-14.IX.3).
Ma non sono soltanto queste le sue caratteristiche. Oggi ne vedremo un’altra.
Lo Spirito Santo è descritto in tutto il corso come Colui che ci dà la risposta alla separazione e che ci porta il piano dell’Espiazione, assegnandoci la nostra parte particolare in esso e mostrandoci esattamente in cosa consiste.
(C-6.2:1)
Dunque l’Espiazione è anche un piano.
Un piano che viene descritto fin dall’inizio del testo:
L’Espiazione è lo strumento attraverso il quale puoi liberarti dal passato man mano che vai avanti. Disfa i tuoi errori passati rendendo così non necessario per te continuare a ritornare sui tuoi passi senza avanzare verso il tuo ritorno. In questo senso l’Espiazione risparmia tempo, ma come il miracolo al quale serve, non lo abolisce. Fintanto che c’è bisogno di Espiazione, c’è bisogno del tempo. Ma l’Espiazione, in quanto piano completato, ha una relazione unica con il tempo. Fino a che l’Espiazione non è completa, le sue varie fasi procederanno nel tempo, ma l’intera Espiazione si trova alla fine del tempo.
(T-2.II.6:4-9)
Come abbiamo visto negli spunti precedenti, il miracolo è il mezzo dell’Espiazione. In altri termini, ogni volta che scegliamo un perdono e sperimentiamo un miracolo accettiamo il principio dell’Espiazione e lo rendiamo reale nella nostra mente. Quest’accettazione disfa l’ego almeno in parte e quindi annulla nello specifico la nostra tendenza a reiterare gli errori passati, come invece vorrebbero imporci i crudeli circoli viziosi impostici dell’ego. Il futuro viene liberato, e ci avviciniamo gradualmente al mondo reale: lo stato della mente totalmente e definitivamente libero dall’ego, in cui l’illusione del tempo scompare definitivamente e che quindi si trova alla fine del tempo. Nel mondo reale l’Espiazione viene completata, perché il suo principio viene accettato integralmente e senza eccezioni. Ma perché ciò avvenga dobbiamo imparare a sperimentarla nella varie situazioni della nostra vita, scegliendo sistematicamente il perdono invece di separazione, peccato, colpa e paura nelle loro varie forme.
-330-
Il potere di Dio e tutto il Suo Amore, senza limiti, ti sosterranno mentre cerchi solo il tuo posto nel piano dell’Espiazione che scaturisce dal Suo Amore.
(T-16.VII.10:2)
Come abbiamo visto nello spunto della scorsa settimana, l’Espiazione – oltre ad essere un principio, un processo e un potere- è anche un piano.
In quanto principio l’Espiazione, ossia la correzione della credenza nella minuscola folle idea (T-27.VIII.6:2), viene integralmente accettata da ognuno di noi solo al raggiungimento del mondo reale, cioè quando l’ego scompare integralmente dalla mente separata e si raggiunge la visione.
In quanto processo costituisce il contenuto del perdono, il metodo per correggere l’errore ontologico della separazione. Guarisce così la mente dalla malattia di cui soffre e che la spinge a proiettare continuamente all’esterno il proprio malessere, costruendo un inesistente mondo virtuale.
In quanto potere ci assiste e ci sostiene nel momento in cui decidiamo di fronteggiare l’ego e di sottrarci alla sua morsa crudele quando attacca in modo ora diretto, ora subdolo, per catturarci.
In quanto piano l’Espiazione rappresenta il graduale disfacimento dell’ego all’interno di tutte le situazioni della nostra vita che sembrano turbare la nostra pace interiore, e che richiedono da parte nostra la decisione di perdonare, cambiando la nostra percezione.
La citazione odierna sostiene che ognuno di noi ha un posto nel piano dell’Espiazione, e deve cercarlo. Ciò non significa che dobbiamo cercare una qualche funzione o ruolo speciale nella nostra vita (una forma), perché ovviamente questo contrasterebbe con tutta la teoria del Corso che sostiene – come dobbiamo praticare fin dalle prime lezioni del libro degli esercizi- la non significanza di qualsiasi cosa o situazione, e la sua assoluta identicità di contenuto.
Significa invece che all’interno delle nostre diversità e specialezze (le forme) dobbiamo imparare ad accettare la funzione del perdono che ci accomuna indistintamente (il contenuto), e attraverso il quale ognuno di noi impara gradualmente ad accettare l’Espiazione dentro la sua mente.
Il posto che ognuno di noi deve cercare nel piano dell’Espiazione è il riconoscimento della nostra sostanziale uguaglianza di contenuto all’interno delle nostre apparenti divergenze di forma. E lo dobbiamo cercare proprio in quelle situazioni di vita che sembrano renderci diversi dagli altri.
Questo è il nostro posto nel piano dell’Espiazione: sperimentare praticamente, attraverso il perdono, che condividiamo con tutti il medesimo interesse di tornare alla Casa del Padre, e al Suo Amore, che non abbiamo mai realmente lasciato. (sulla teoria dell’identicità e della differenza, si possono rileggere gli spunti 129-141 e 144-158. Cliccare qui )
-331-
Tutte le paure sono alla fine riconducibili all’errata percezione di base secondo la quale hai la capacità di usurpare il potere di Dio. Naturalmente non puoi, né sei stato capace di farlo. Ecco la base reale perché tu possa fuggire dalla paura. Questa fuga ti è portata dall’accettazione da parte tua dell’Espiazione, che ti mette in grado di renderti conto che i tuoi errori non sono mai realmente avvenuti.
(T-2.I.4:1-4)
La citazione odierna mette in evidenza un’altra componente dell’Espiazione, argomento su cui ci stiamo concentrando da alcuni spunti (per rileggerli cliccare qui): la liberazione dalla paura.
Tutte le paure di cui soffriamo nella nostra vita (di ammalarci; di morire; di non poter vivere in modo sereno; di essere privi di aiuto, amicizia e amore; e così via) sono forme diverse di un’unica paura basilare, totalmente repressa e quindi non riconosciuta, la paura di Dio. A questo importantissimo argomento è dedicata una delle sezioni più belle e complesse del Corso, che si trova nel 19° capitolo del testo: gli ostacoli alla pace.
Non è certamente questa la nostra esperienza quotidiana. A noi sembra di essere tormentati da paure molto concrete. Ma – come le lezioni 5,6 e 7 ci insegnano a praticare- non siamo mai turbati per la ragione che pensiamo noi (lezione 5), ossia non abbiamo mai paura a causa dei motivi che sembrano avvelenare la nostra vita. Siamo turbati- e quindi abbiamo paura- perché vediamo qualcosa che non c’è (lezione 6), in quanto vediamo solo il passato (lezione 7).
Il passato che ci turba così tanto è proprio quella presunta separazione da Dio, che – una volta accettata dalla mente- genera in essa un profondo senso di peccato, di colpa e di paura nei confronti di Dio.
Tali sensazioni sono così devastanti, ci dice il Corso, da indurci a elaborare delle strategie per cercare di difenderci. E in ossequio a queste strategie, la negazione e la proiezione, abbiamo imparato a proiettare su tutto e su tutti quel peccato, quella colpa e quella paura presenti nella nostra mente, illudendoci di potercene liberare.
A dire la verità la proiezione avrebbe potuto rivelarsi - almeno nelle intenzioni dell’ego- una soluzione brillante. Ma purtroppo ha trasformato il mondo esterno in un luogo di terrore, da cui difenderci in continuazione in molti modi diversi. E inoltre, dato che le idee non lasciano la loro fonte (T-26.VII.4:7), cioè la paura proiettata non lascia veramente la mente che l’ha generata, la paura di Dio è stata semplicemente negata e nascosta nei meandri oscuri della mente sbagliata. E da lì continua a essere proiettata sugli eventi del mondo.
In sostanza, le nostre mille e mille paure quotidiane non sono altro che proiezioni di una basilare e repressa paura di Dio, conseguente all’errata credenza di esserci separati da Lui.
E che cosa può fare l’Espiazione a questo punto?
Se l’Espiazione è la messa in discussione – o correzione- di questa presunta separazione, sarà anche la messa in discussione- o correzione- della paura conseguente. Accettandola nella nostra mente, quindi, non ci liberiamo soltanto dalla nostra profonda paura ontologica, ma impariamo anche a mettere in discussione tutte le paure quotidiane che avvelenano la nostra esistenza.
-332-
La correzione della paura è una tua responsabilità. Quando chiedi la liberazione dalla paura, stai implicitamente dicendo che non è così. Dovresti chiedere, invece, aiuto in merito alle condizioni che hanno generato la paura. Queste condizioni implicano sempre la disponibilità ad essere separato. A quel livello puoi fare qualcosa. Sei troppo tollerante nel lasciar andare le divagazioni della mente e condoni passivamente le malcreazioni della tua mente. Il risultato specifico non importa, ma l’errore di base sì. La correzione è sempre la stessa.
(T-2.VI.4:1-8)
La scorsa settimana abbiamo visto che uno dei vantaggi derivanti dall’accettazione dell’Espiazione per noi stessi è la liberazione dalla paura.
Nella nostra esperienza quotidiana la paura è invece generata da situazioni esterne. Noi crediamo, per esempio, di avere paura perché incombe su di noi un certo evento, o perché corriamo un certo rischio, o perché potrebbe succedere o non succedere una certa cosa.
Il primo passo del perdono (per rileggere gli spunti relativi cliccare qui) ci ha insegnato ad assumerci la responsabilità delle nostre proiezioni, riconoscendo che le nostre paure non sono generate da fatti esterni, ma da aspettative interiori basate su una presunta separazione da Dio.
In sostanza la nostra paura non dipende da quando succede nel mondo esterno a noi, ma da quanto succede all’interno, dentro la nostra mente.
E’ questa la ragione – come ci dice la citazione odierna- per cui la correzione della paura è una nostra responsabilità. Siamo noi a dover prendere atto del fatto che la paura è una nostra scelta percettiva conseguente alla disponibilità ad essere separato (ossia al voler credere nella minuscola folle idea. (T-27.VIII.6:2). Ed è a quel livello- ossia a livello della correzione della minuscola folle idea- che possiamo fare qualcosa.
La citazione prosegue rilevando che non guardiamo a sufficienza questa nostra abitudine atavica a proiettare la paura sulle situazioni esterne. A questo proposito è utile ricordare che nei primi capitoli del testo la parola “malcrezioni” definisce proprio quei meccanismi di difesa che in seguito saranno definiti “proiezioni”: sono queste le divagazioni della mente che tolleriamo in continuazione.
E conclude dicendo che il risultato specifico non importa, ossia le paure specifiche di cui facciamo esperienza nella nostra vita non hanno alcuna importanza, non sono il problema vero, perché in sé- come le lezioni 4 e 10 del libro degli esercizi ci insegnano- non significano assolutamente nulla.
La correzione è sempre la stessa. Qualunque paura, indipendentemente dalla forma concreta che assume, si corregge nello stesso modo: mettendo in discussione la nostra presunta separazione da Dio attraverso l’accettazione dell’Espiazione. Perché qualunque paura non è altro se non la proiezione della paura occulta e repressa che abbiamo di Dio.
Questo ci fa uscire dal buio interiore in cui le paure potevano liberamente proliferare e libera quella luce che lo Spirito Santo continuamente ci invita a riconoscere in noi.
L’Espiazione può essere accettata dentro di te soltanto liberando la luce interiore.
(T-2.III.1:1)
-333-
Il primo passo correttivo nel disfare l’errore è sapere innanzitutto che il conflitto è un’espressione di paura. Di’ a te stesso che devi in qualche modo aver scelto di non amare, altrimenti la paura non avrebbe potuto emergere. Quindi l’intero processo di correzione diventa niente altro che una serie di passi pragmatici nel più ampio processo di accettazione dell’Espiazione come rimedio.
Questi passi possono essere riassunti in questo modo:
Sappi prima di tutto che questa è paura.
La paura nasce dalla mancanza d’amore.
L’unico rimedio per la mancanza d’amore è l’amore perfetto.
L’amore perfetto è l’Espiazione.
(T-2.VI.7)
All’inizio del testo il perdono viene definito “passo correttivo” o “procedura di correzione”. E viene presentato in modo sommario. Ma bisogna tenere conto del fatto che tutto il resto del testo, per non parlare del libro degli esercizi e del manuale degli insegnanti, svilupperà proprio il tema del perdono trattandolo nei minimi dettagli e in ogni possibile sfaccettatura.
Quindi la citazione odierna ne rappresenta solo una delle formulazioni iniziali. Tuttavia possiamo apprezzarne la sinteticità, sapendo che si rivolge a un lettore che ancora non ha imparato a decifrare le macchinazioni dell’ego e a riconoscerle dentro la propria mente mediante l’osservazione accurata dei propri pensieri
. Il primo passo nel disfare il solo e unico errore che abbiamo accolto nella nostra mente (la minuscola folle idea- T-27.VIII.6:2) consiste nel rendersi conto del fatto che qualsiasi conflitto noi sperimentiamo nella nostra vita esprime, simboleggia e rappresenta la nostra atavica paura di Dio. Solo a causa della decisione di autoescludersi dall’Amore di Dio, scegliendo di credere vera la separazione da Lui, è potuta emergere nella nostra mente la paura dell’Amore e la paura di Dio.
Questo è l’unico problema che abbiamo (Lezione 79) e il solo che debba essere corretto accettando il fatto che è già stato corretto dallo Spirito Santo mediante il principio dell’Espiazione (lezione 80).
In sostanza l’intero processo di correzione non è altro se non l’accettazione di quell’Espiazione che è già presente dentro la nostra mente grazie alla Presenza dello Spirito Santo.
-334-
Il primo passo correttivo nel disfare l’errore è sapere innanzitutto che il conflitto è un’espressione di paura. Di’ a te stesso che devi in qualche modo aver scelto di non amare, altrimenti la paura non avrebbe potuto emergere. Quindi l’intero processo di correzione diventa niente altro che una serie di passi pragmatici nel più ampio processo di accettazione dell’Espiazione come rimedio.
Questi passi possono essere riassunti in questo modo:
Sappi prima di tutto che questa è paura.
La paura nasce dalla mancanza d’amore.
L’unico rimedio per la mancanza d’amore è l’amore perfetto.
L’amore perfetto è l’Espiazione.
(T-2.VI.7)
La scorsa settimana abbiamo visto che -proprio all’inizio del Testo- il Corso ci presenta il processo del perdono, definendolo processo di correzione. Se leggiamo con attenzione i quattro passi pragmatici che lo riassumono, possiamo accorgerci che corrispondono pienamente a quei “tre passi del perdono” che verranno poi descritti nella lezione 23 (L-pI.23.5:2-6) con parole molto diverse.
I due passi iniziali del processo di correzione (Sappi prima di tutto che questa è paura e La paura nasce dalla mancanza d’amore) descrivono il processo- a volte lungo e doloroso- grazie al quale riconosciamo che tutti i problemi che attanagliano la nostra vita non sono altro se non proiezioni di un unico problema represso e non riconosciuto: una presunta separazione da Dio che ognuno di noi ha pienamente accolto nella sua mente come se fosse una verità assoluta (T-27.VIII.6:2). Dato che Dio è non solo Amore, ma anche la Fonte dell’Amore in noi (lezione 67), se ci separiamo da Lui- anche solo nella nostra immaginazione- ci separiamo automaticamente dall’amore, e questo genera in noi una terribile e incolmabile mancanza.
In sostanza, tutti i problemi che abbiamo non sono altro che forme di paura generata dalla mancanza d’amore.
Gli ultimi due passi del processo di correzione (L’unico rimedio per la mancanza d’amore è l’amore perfetto e L’amore perfetto è l’Espiazione) propongono la soluzione al problema (mancanza d’amore) identificato nei primi due passi. Accettare l’Espiazione (cioè la correzione di una presunta separazione da Dio) non è altro se non il modo per cancellare nella nostra mente tutto il dolore conseguente- mancanza d’amore e paura che proiettiamo su tutte le situazioni della nostra vita- che ci imprigiona in un mondo di dolore.
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L’idea di oggi introduce il pensiero che tu non sei intrappolato nel mondo che vedi, poiché se ne può cambiare la causa. Questo cambiamento richiede che la causa venga prima identificata e poi lasciata andare, in modo che possa essere sostituita. I primi due passi di questo procedimento richiedono la tua collaborazione. Quello finale no. Le tue immagini sono già state sostituite. Facendo i primi due passi vedrai che è così.
(L-pI.23.5)
La scorsa settimana ho proposto un parallelo fra questa celebre citazione che descrive i tre passi del perdono, e un paragrafo del capitolo 2 del Testo che descrive quanto viene là definito procedura di correzione.
Rileggiamo anche questa seconda citazione:
Il primo passo correttivo nel disfare l’errore è sapere innanzitutto che il conflitto è un’espressione di paura. Di’ a te stesso che devi in qualche modo aver scelto di non amare, altrimenti la paura non avrebbe potuto emergere. Quindi l’intero processo di correzione diventa niente altro che una serie di passi pragmatici nel più ampio processo di accettazione dell’Espiazione come rimedio.
Questi passi possono essere riassunti in questo modo:
Sappi prima di tutto che questa è paura.
La paura nasce dalla mancanza d’amore.
L’unico rimedio per la mancanza d’amore è l’amore perfetto.
L’amore perfetto è l’Espiazione.
(T-2.VI.7)
Perché questi due brani descrivono lo stesso procedimento? Perché la causa che deve essere identificata e che ci intrappola nel mondo che vediamo (L-pI-23.5:1-2) non è altro se non quella presunta separazione da Dio (T-27.VIII.6:2), che genera nella nostra mente una bruciante mancanza d’amore e una terribile paura di Dio(T-2.VI.7:5-6). In altri termini, ogni conflitto che sperimentiamo nella nostra vita quotidiana, ogni dolore, ogni problema, non sono altro se non la proiezione sul mondo di un problema ontologico negato e non riconosciuto. E’ fondamentale, ci dice il Corso, riconoscere la vera causa dei nostri problemi (tale presunto problema ontologico), perché l’ego invece ci fa costantemente credere che i nostri problemi siano generati dalle situazioni esterne.
Questo riconoscimento, questa assunzione di responsabilità sulla vera causa dei nostri problemi è quel primo passo del perdono su cui ci siamo concentrati per molto tempo nei nostri spunti di riflessione (per rileggerli cliccare qui)
Quando finalmente siamo pronti ad assumerci questa responsabilità- e questo è un processo che può comportare un lavoro molto, molto profondo- siamo pronti ad affrontare il secondo passo del perdono, ossia lasciar andare la causa (L-pI.23.5:2). In sostanza il Corso non ci chiede di lasciar andare l’apparente problema esterno, ma la causa ontologica soggiacente: la presunta separazione da Dio. E questo si fa mediante l’accettazione dell’Espiazione, quell’amore perfetto che continua a essere presente nella nostra mente, anche se noi lo abbiamo completamente negato:
L’unico rimedio per la mancanza d’amore è l’amore perfetto.
L’amore perfetto è l’Espiazione
(T-2.VI.7:7-8)
Come sottolinea la citazione della lezione 23, praticare questi passi (i primi due della citazione L-pI.23.5:1-3, e tutti quelli della citazione T-2.VI.7:5-8) è una nostra responsabilità, mentre la conclusione del procedimento è già stata attuata dallo Spirito Santo, perché è stato Lui a porre nella nostra mente la correzione a cui possiamo attingere in qualsiasi momento :
I primi due passi di questo procedimento richiedono la tua collaborazione.
Quello finale no. Le tue immagini sono già state sostituite.
Facendo i primi due passi vedrai che è così.
(L-pI.23.5:3-6)
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La procedura di correzione iniziale è riconoscere temporaneamente che esiste un problema, ma solo come indicazione che è necessaria una correzione immediata. Questo stabilisce uno stato mentale nel quale l’Espiazione può essere accettata senza indugio.
(T-2.VII.5:8-9)
Negli ultimi spunti (per rileggerli cliccare qui) abbiamo visto due modalità che il Corso ci propone per provare ad accettare l’Espiazione per noi stessi. Si trovano in T-2.VI.7 e in L-pI.23.5. E abbiamo anche visto che la prima delle due modalità viene definita “procedura di correzione”.
Questa definizione è la stessa che compare nella citazione odierna.
Come nelle precedenti citazioni, l’obiettivo è quello di offrirci un modo per correggere l’errore percettivo che sta alla base di tutto il nostro sistema di pensiero sbagliato o egoico. Dato che la parola Espiazione nel Corso significa “correzione della percezione “ (M-in.1:2), la procedura di correzione non è null’altro se non un metodo per accettare tale Espiazione nella nostra mente. Anche nella procedura di correzione della citazione odierna è facile riconoscere i tre passi del perdono. Leggiamo infatti che inizialmente dobbiamo riconoscere temporaneamente che esiste un problema. Quale problema? La separazione, ovviamente: l’unico contenuto inerente a tutti gli apparenti problemi che tormentano le nostre vite.
Se riuscissi a riconoscere che il tuo solo problema è la separazione, indipendentemente dalla forma che assume, potresti accettare la risposta perché vedresti che è pertinente. Percependo la costante che sta alla base di tutti i problemi con cui sembri trovarti a confronto, capiresti che hai il mezzo per risolverli tutti.
(L-pI.79.6:2-3)
Una volta riconosciuta la costante (il contenuto) che accomuna tutti i nostri problemi (le forme), dobbiamo percepirla come indicazione che è necessaria una correzione immediata. E questo è il secondo passo del perdono: la disponibilità ad aprirci a una diversa percezione. Questo secondo passo è il mezzo che siamo finalmente disposti a usare, perché finalmente siamo riusciti a riconoscere il problema.
E useresti il mezzo, perché riconosci il problema.
(L-pI.79.6:4)
La citazione odierna aggiunge tuttavia un elemento importante a quelli che abbiamo considerato nelle scorse settimane: il tempo. Sia l’avverbio “temporaneamente” che l’aggettivo “immediata” evidenziano infatti la necessità di attuare il procedimento al più presto, prima che l’ego guadagni nuovamente impulso e si precipiti a recuperare la posizione persa. In sostanza, una volta completato il primo passo non dobbiamo indugiare, ma- avendo finalmente compreso che qualcosa non funziona nella nostra mente, e non fuori di noi- dobbiamo immediatamente rivolgerci allo Spirito Santo per essere aiutati.
La presenza simultanea del temporaneo riconoscimento iniziale che il problema è in noi e non fuori di noi, e della necessità immediata di risolverlo, stabilisce uno stato mentale completamente nuovo. Uno stato nel quale l’Espiazione, la correzione, può essere accettata senza indugio.
Per un commento più dettagliato di questa importantissima citazione, rimando alle pagine 85-86 del mio libro Un Corso in miracoli parla di sé (cliccare qui)
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Il perdono è il mezzo dell’Espiazione
(C-in.1:3)
Da alcuni mesi ci stiamo concentrando sul significato dell’Espiazione e sulle procedure che il Corso ci propone per accettarla nella nostra vita. (Per rileggere gli spunti relativi cliccare qui)
Cercheremo ora di mettere in pratica quanto appreso.
Partiamo da un’importante citazione che si trova nella Chiarificazione dei termini e che chiarisce quale sia il mezzo da adottare nella nostra vita quotidiana per poter accettare felicemente l’Espiazione: il perdono. Proprio quel perdono che il Corso ci dice essere il vero dono che offriamo ai nostri fratelli e sorelle in occasione del Natale.
Approfittiamo dunque del periodo dell’Avvento per provare nuovamente a perdonare così come ci suggerisce il Corso, vedendo che le accuse che rivolgiamo agli altri non sono altro se non proiezioni di quel basilare errore metafisico- la separazione- che obnubila la nostra mente precipitandoci in continuazione in molti e diversi stati di turbamento.
Una volta praticato questo primo passo, e preso contatto con l’alto prezzo che stiamo pagando per mantenere l’ego nella nostra mente, sorgerà in noi la disponibilità necessaria a volere un altro Insegnante. Saremo quindi pronti a chiedere aiuto allo Spirito Santo per vedere in un altro modo sia gli altri che noi stessi, senza l’oscura e angosciante percezione della colpa che avvelena la nostra mente. Faremo così il secondo passo.
La libertà dalle nostre accuse infondate sarà il dono che faremo agli altri, e donandolo lo riceveremo, perché in verità dare e ricevere sono una cosa sola (L-pI.108). E la pace interiore che riceveremo, avendola donata, sarà il terzo passo che libererà insieme noi e loro dalla tormentosa presenza dell’ego dentro la nostra mente, permettendoci così di sperimentare quell’Espiazione (cioè la correzione dell’idea ontologica di separazione d Dio) che avremo finalmente accettato. Nel prossimo mese, tradizionalmente dedicato alla preparazione dei doni natalizi (le forme), proviamo dunque a offrire i nostri doni materiali con quel contenuto di perdono che li trasformerà da potenziali glorificazioni dell’ego a momenti di autentica comunione con gli altri. Sarà questo il modo in cui impareremo a integrare forma e contenuto. E sarà meraviglioso sperimentare quella lievità, quella libertà e quella gioia che solo il perdono sa offrire.
Dì quindi a tuo fratello:
Ti do allo Spirito Santo come parte di me stesso.
So che sarai liberato, a meno che io non voglia usarti per imprigionare me stesso.
Nel nome della mia libertà scelgo la tua liberazione, perché riconosco che saremo liberati insieme.
(T-15.XI.10:4-7)
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Non usare alcuna relazione per restare attaccato al passato, ma rinasci con ciascuna di esse ogni giorno. Un minuto, anche meno, sarà sufficiente per liberarti dal passato e dare la tua mente in pace all’Espiazione. Quando ognuno sarà per te il benvenuto come tu stesso vorresti essere il benvenuto da tuo Padre, non vedrai alcuna colpa in te. Poiché avrai accettato l’Espiazione, che ha sempre continuato a risplendere dentro di te per tutto il tempo in cui sognavi la colpa e non volevi guardare dentro per vederla.
(T-13.X.5:2-5)
In questi giorni che precedono il Natale cerchiamo di fare pratica di perdono, in modo da applicare tutta la teoria che abbiamo affrontato negli ultimi mesi, relativa all’accettazione dell’Espiazione per sé stessi (per rileggere gli spunti relativi, cliccare qui) Abbiamo visto che il mezzo dell’Espiazione è il perdono (C-in.1:3) E abbiamo anche visto che la parola perdono ha nel Corso un significato diverso da quello che normalmente viene attribuito a questo termine, perché perdonare significa, nel Corso, riconoscere che quello che pensavamo ci fosse stato fatto dagli altri, in realtà non è accaduto (L-pI.1.1:1). Per perdonare, il Corso ci insegna varie procedure che sono sintetizzate nella lezione 23 con tre passi successivi (L-pI-23.5):
1- il primo passo consiste nel riconoscere che le accuse che facciamo agli altri non sono altro se non proiezioni di un nostro problema interiore, la credenza nella separazione, che avvelena la nostra mente. Questo veleno appare sotto forma di un devastante senso di colpa dal quale cerchiamo continuamente di liberarci proiettandolo sugli altri. Il nostro continuo e dolorosissimo “sognare la colpa” (perché di sogno si tratta, in quanto non ha nulla a che fare con la nostra realtà di innocente Figlio di Dio) ci ha impedito di guardare dentro di noi, spingendoci a vedere la colpa sempre fuori di noi, e mai all’interno della nostra mente, allo scopo di negare o almeno ridurre l’intensità della nostra angoscia.
2- Se finalmente ci decidiamo a guardare al nostro interno, liberando gli altri delle colpe che avevamo proiettato su di loro, in una fase iniziale prenderemo proprio contatto con quella colpa che avevamo negato cercando di proiettarla all’esterno, ma grazie all’aiuto dello Spirito Santo, Che invocheremo prontamente con il secondo passo del perdono, ci apriremo finalmente alla possibilità di vedere miracolosamente scomparire quell’illusione di colpa dalla nostra mente.
3- Lo Spirito Santo sostituirà prontamente le nostre immagini malate (le percezioni di colpa) con immagini guarite (le percezioni dettate dalla pace interiore) e noi avremo così accettato l’Espiazione per noi stessi, come il terzo passo ci promette. Potremo a questo punto riconoscere che la pace era già presente, e che da sempre ha continuato a risplendere in noi, perché le immagini erano già state sostituite. Eravamo semplicemente noi coloro che non volevano prenderne atto.
Proviamo dunque, in questi giorni, a sperimentare la gioia e la libertà dall’angoscia interiore della colpa che il Corso ci promette.
Pensiamo a quelle relazioni che ancora sembrano farci soffrire, e focalizziamoci su di esse. Basterà un minuto, anche meno. Sarà sufficiente per liberarci dal passato e dare la nostra mente in pace all’Espiazione. Sarà sufficiente per dare il benvenuto al fratello che proprio oggi scegliamo di perdonare.
Dì quindi a tuo fratello:
Ti do allo Spirito Santo come parte di me stesso.
So che sarai liberato, a meno che io non voglia usarti per imprigionare me stesso.
Nel nome della mia libertà scelgo la tua liberazione, perché riconosco che saremo liberati insieme.
(T-15.XI.10:4-7)
Sarà questo il più ben dono di Natale che potremo fare a lui e a noi.
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Quindi non vedere nessuno colpevole ed affermerai per te stesso la verità dell’assenza di colpa. In ogni condanna che offri al Figlio di Dio c’è la convinzione della tua colpevolezza. Se vuoi che lo Spirito Santo ti renda libero da essa, accetta la Sua offerta dell’Espiazione per tutti i tuoi fratelli. Perché così imparerai che è vera per te. Ricorda sempre che è impossibile condannare parzialmente il Figlio di Dio. Coloro che consideri colpevoli diventano i testimoni della tua colpa e tu la vedrai lì poiché sarà lì fino a che non verrà disfatta. La colpa è sempre nella tua mente che ha condannato se stessa. Non proiettarla, poiché finché lo farai non potrà essere disfatta. Per ognuno che liberi dalla colpa, grande è la gioia in Cielo ….
(T-13.IX.6)
Ogni volta che proiettiamo su qualcuno la nostra colpa ontologica, la rafforziamo dentro di noi perché - contrariamente a quanto l’ego vuole farci credere - le idee non lasciano la loro fonte (T-19.IV.C.2:14), e quindi l’idea della colpa proiettata all’esterno continua a permanere immutata dentro la nostra mente.
Allo stesso modo, tuttavia, se accettiamo la Sua offerta di Espiazione per gli altri (ossia se riconosciamo negli altri la stessa assenza di colpa che vorremmo fosse riconosciuta a noi), impareremo a riconoscerla e sperimentarla anche in noi. Ecco perché il perdono degli altri è il mezzo che il Corso ci insegna per accettare l’Espiazione per noi stessi. Perché, perdonando, possiamo fare praticamente l’esperienza di non aver peccato di quella colpa che l’ego ci attribuisce in continuazione: la separazione da Dio.
La colpa non abbandona la mente che la pensa, anche se questa crede erroneamente di essere riuscita a proiettarla felicemente all’esterno. Ma anche il perdono non lascia la mente che lo pensa, e quindi la mente disposta al perdono riceve proprio il perdono che è finalmente disposta a dare.
Ecco perché il Corso dice che è impossibile condannare parzialmente il Figlio di Dio: se condanniamo gli altri condanneremo anche noi stessi. Tuttavia dare agli altri la libertà dalla colpa, perdonandoli, è proprio il mezzo attraverso il quale possiamo sperimentare anche in noi la libertà dalla colpa.
Come vedrai lui, così vedrai te stesso. Come tratterai lui, così tratterai te stesso. Come penserai di lui, così penserai di te stesso. Non dimenticarlo mai, poiché in lui troverai o perderai te stesso.
(T-8.III.4:2-5)
In questo periodo prenatalizio, dedichiamo un po’ del nostro tempo a questo bellissimo modo di fare i regali di Natale: donando a quei fratelli, verso i quali proviamo dei rancori, quella liberazione dalla colpa che vorremmo ricevere a nostra volta.
Dì quindi a tuo fratello:
Ti do allo Spirito Santo come parte di me stesso.
So che sarai liberato, a meno che io non voglia usarti per imprigionare me stesso.
Nel nome della mia libertà scelgo la tua liberazione, perché riconosco che saremo liberati insieme.
(T-15.XI.10:4-7)
Sarà un meraviglioso dono di Natale sia per loro che per noi.
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Fintanto che crederai che in qualsiasi persona, qualsiasi cosa possa fare, la colpa sia in qualche modo giustificata, non guarderai dentro, dove troverai sempre l’Espiazione. La fine della colpa non arriverà mai fintanto che crederai che sia giustificata. Perché devi imparare che la colpa è sempre totalmente folle e non ha alcuna ragione d’essere. Lo Spirito Santo non cerca di far disperdere la realtà. Se la colpa fosse reale, l’Espiazione non ci sarebbe. Lo scopo dell’Espiazione è disperdere le illusioni, non stabilirle come reali per poi perdonarle.
(T-13.X.6)
Se pensiamo che la colpa sia giustificata, allora riterremo gli altri colpevoli di colpe oggettive, e non riconosceremo che siamo stati noi a proiettare su di loro – e sui loro errori - una nostra percezione di colpevolezza. In sostanza non avremo guardato dentro la nostra mente, là dove si trova quella colpa ontologica (conseguente a una presunta separazione da Dio) che cerchiamo continuamente di negare, proiettandola all’esterno.
Questa vera e propria dipendenza dal bisogno di proiettare all’esterno quello che non vogliamo riconoscere in noi, è quanto ci impedisce letteralmente di essere liberati dalla colpa che tormenta e tortura la nostra mente. Dobbiamo quindi apprendere- poco alla volta, relazione dopo relazione- che la colpa è totalmente ingiustificata e irreale, e che l’Espiazione può disperderne l’illusorietà con la semplice constatazione della sua irrealtà.
Il Figlio di Dio crede di essersi perso nella colpa, di essere solo in un mondo oscuro dove il dolore lo schiaccia ovunque dall’esterno. Quando avrà guardato al proprio interno e vi avrà visto la radiosità che vi si trova, ricorderà quanto suo Padre lo ami. E sembrerà incredibile di aver mai voluto pensare che suo Padre non lo amasse e lo considerasse condannato. Nel momento in cui ti renderai conto che la colpa è folle, interamente ingiustificata e interamente senza ragione non avrai paura di vedere l’Espiazione e di accettarla interamente.
(T-13.X.8:3-6)
Di fronte ai tormenti della schiacciante colpa interiore che – proiettandola in continuazione- continuiamo a vedere negli altri, la soluzione che il Corso ci propone è guardare al nostro interno, vedendo che lì si trova l’origine della colpa che vediamo all’esterno: dentro la nostra mente.
Solo in questo modo avremo la possibilità di assumercene la responsabilità e di scegliere di metterla in discussione chiedendo allo Spirito Santo di fare l’esperienza del miracolo della pace interiore.
Allora – grazie al Suo aiuto - ci renderemo conto che la colpa è interamente folle, e potremo accettare senza paura la libertà dell’Espiazione.
Il procedimento che il Corso ci insegna - il perdono - consiste proprio nel liberare gli altri dalle colpe che vediamo in loro, riconoscendo le nostre proiezioni (primo passo) e poi nel chiedere aiuto allo Spirito Santo (II passo) per accedere a quella visione guaritrice che Lui ha già tenuto in serbo per noi (III passo)
Nel brano del Corso dedicato al Natale (T-15.XI) il Corso ci propone di dedicare il periodo natalizio a questo modo meraviglioso di fare i regali di Natale: offrendo agli altri quella libertà dalla colpa che avevamo precedentemente negato loro con le nostre accuse. Sarà il modo per ricevere lo stesso dono.
Dì quindi a tuo fratello:
Ti do allo Spirito Santo come parte di me stesso.
So che sarai liberato, a meno che io non voglia usarti per imprigionare me stesso.
Nel nome della mia libertà scelgo la tua liberazione, perché riconosco che saremo liberati insieme.
(T-15.XI.10:4-7)
La gioia che riscalderà il nostro cuore sarà veramente un meraviglioso dono natalizio!
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Questo è il tempo in cui un nuovo anno nascerà presto dal tempo di Cristo. Ho fede assoluta nel fatto che farai tutto ciò che vorrai compiere. Niente mancherà, e tu renderai completo e non distruggerai. Di’ quindi a tuo fratello:
Ti do allo Spirito Santo come parte di me stesso.
So che sarai liberato, a meno che io non voglia usarti per imprigionare me stesso. Nel nome della mia libertà scelgo la tua liberazione, perché riconosco che saremo liberati insieme.
Così l’anno inizierà con gioia e libertà. C’è molto da fare, ed abbiamo procrastinato parecchio. Accetta l’istante santo mentre nasce quest’anno, e prendi il tuo posto, lasciato vacante così a lungo, nel Grande Risveglio. Fa che quest’anno sia differente rendendolo tutto uguale. E permetti a tutte le tue relazioni di essere fatte sante per te. Questa è la nostra volontà. Amen.
(T-15.XI.10)
Ora il Natale è trascorso.
Abbiamo approfittato del periodo dell’Avvento - in cui di solito ci si sente tutti un poco più buoni o almeno più disponibili agli altr i- per mettere in pratica l’insegnamento del Corso, offrendo ai nostri fratelli e sorelle dei doni natalizi diversi dal solito. Insieme ai giocattoli per i bambini, e ai doni più o meno utili, più o meno obbligati per gli adulti, abbiamo cercato di offrire il dono più importante di tutti: quel perdono che - ci dice il Corso - libera non solo noi ma anche i nostri fratelli dalla prigione dell’ego dentro la nostra mente.
Avendo provato una meravigliosa pace interiore ogni volta che offrivamo a un altro - nella nostra mente - il dono della pace, abbiamo sperimentato praticamente una delle idee più importanti del Corso: che in verità dare e ricevere sono una cosa sola. E quindi non abbiamo solo fatto dei meravigliosi doni di Natale, ma li abbiamo anche ricevuti.
Quando Helen Schucman ricevette la meravigliosa preghiera che ci ha accompagnato nel corso di questo mese di dicembre, ricevette anche alcune parole dedicate all’anno nuovo:
Fa che quest’anno sia differente rendendolo tutto uguale.
(T-15.XI.10:11)
Che cosa significa?
Che - a differenza degli anni passati - ora continueremo in ogni giorno dell’anno a praticare la nostra preghiera di perdono, e a offrire il dono natalizio di gioia e libertà, a tutti coloro a cui penseremo. Beh, certo… a volte ce ne dimenticheremo… a volte l’ego riprenderà il sopravvento e ci trascinerà nei suoi deliri di colpa e vittimismo, di paura e rabbia, di angoscia e disperazione…. Ma forse ci ricorderemo della gioiosa libertà sperimentata in questo periodo natalizio, e questo ricordo ci spingerà ad applicare nuovamente la stessa meravigliosa preghiera a tutte le nostre relazioni.
In questo modo l’anno diverrà tutto uguale in contenuto, anche se ogni giorno porterà con sé delle forme diverse in cui praticare quest’unico contenuto di perdono. E in tutto l’anno la nostra vita quotidiana potrà diventare un unico istante di pace sempre uguale, senza essere scossa dalle alterne vicende della vita che sembrano trascinarci in mille e mille emozioni diverse.
Potrà veramente essere un anno diverso, non credete?
Questo è il nostro augurio per tutti voi, cari compagni di viaggio.
Vi giungano dal profondo del nostro cuore i nostri migliori auguri per un anno veramente differente, perché tutto uguale!
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Il Figlio di Dio crede di essersi perso nella colpa, di essere solo in un mondo oscuro dove il dolore lo schiaccia ovunque dall’esterno. Quando avrà guardato al proprio interno e vi avrà visto la radiosità che vi si trova, ricorderà quanto suo Padre lo ami. E sembrerà incredibile di aver mai potuto pensare che suo Padre non lo amasse e lo considerasse condannato. Nel momento in cui ti renderai conto che la colpa è folle, interamente ingiustificata e interamente senza ragione non avrai paura di vedere l’Espiazione e di accettarla interamente.
(T-13.X.8:3-6)
Ben ritrovati!
Negli ultimi due anni questi spunti sono stati dedicati al secondo passo del perdono: cosa è, e come si compie.
Abbiamo visto che consiste essenzialmente nella disposizione interiore a chiedere aiuto allo Spirito Santo, la Voce dentro la nostra mente separata che corregge ininterrottamente il basilare errore che l’ego continua altrettanto incessantemente a ripetere. L’errore insinuato dall’ego è la presunta separazione da Dio, e la correzione dello Spirito Santo - che il Corso definisce Espiazione - consiste nel metterla in discussione nello specifico della nostra vita quotidiana e in ogni forma possibile.
Abbiamo visto che la premessa basilare per compiere efficacemente questo secondo passo sta nel portare a compimento il passo precedente, che è sia il riconoscimento della nostra responsabilità a fronte di qualsiasi problema sembri complicare o avvelenare la nostra esistenza, sia il riconoscimento che qualunque problema non è altro se non una forma della presunta separazione da Dio. Ho dedicato al primo passo gli spunti 73-259 e al secondo passo gli spunti 267- 340.
Ad essi rimando il lettore che volesse rivederli clicca qui.
Nella trattazione del secondo passo, ho dedicato ampio spazio a tre temi fondamentali: la determinazione a sceglierlo (spunti 267-290), la definizione di Spirito Santo e la funzione che il Corso Gli attribuisce (spunti 291- 324) e infine la nostra accettazione dell’Espiazione (spunti 325- 340).
La citazione che propongo questa settimana riassume meravigliosamente tutti i temi trattati in questi anni. Ci dice che tutti i nostri dolori - spesso non riconosciuti e nascosti dietro false lusinghe - dipendono dall’altrettanto profondo senso di colpa conseguente alla presunta separazione da Dio. Solo guardando i nostri pensieri come il primo passo del perdono ci insegna a fare potremo prenderne atto e assumercene la responsabilità. Ma proprio assumendocene la responsabilità troveremo la radiosità che si trova celata al di sotto di essi, perché lì ci sono sia il nostro dolore che la nostra guarigione.
Qui c’è sia il suo dolore che la sua guarigione, perché la visione dello Spirito Santo è misericordiosa ed il Suo rimedio è veloce. Non nascondere la sofferenza alla Sua vista, ma portala a Lui. Poni davanti alla Sua eterna santità mentale tutte le tue ferite e lascia che Lui ti guarisca. Non lasciare alcuna traccia di dolore nascosta alla Sua luce e ricerca attentamente nella tua mente qualsiasi pensiero tu possa temere di scoprire. Poiché Egli guarirà ogni piccolo pensiero che hai serbato per ferirti e lo pulirà della sua piccolezza, ripristinandolo alla grandezza di Dio. Al di sotto della grandiosità che ti sta a cuore c’è la tua reale richiesta di aiuto. Perché invochi l’amore di tuo Padre esattamente come tuo Padre ti chiama a Se stesso. In quel luogo che hai nascosto vuoi soltanto unirti al Padre, nel Suo amorevole ricordo.
(T-13.III.7:2-8:3)
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Il Figlio di Dio crede di essersi perso nella colpa, di essere solo in un mondo oscuro dove il dolore lo schiaccia ovunque dall’esterno.
(T-13.X.8:3)
Da dove derivano il nostro profondo senso di solitudine, e l’altrettanto profonda sensazione di essere schiacciati da forze oscure e minacciose? Secondo il Corso, derivano dalla nostra alleanza segreta con l’ego, termine con cui il Corso definisce la credenza nella separazione da Dio. Non provengono da situazioni oggettive di vita, perché la proiezione fa la percezione (T-21.in.1:1) e quindi noi percepiamo le situazioni alla luce di quanto proiettiamo su di esse. Proiettando su di esse il nostro senso di separazione, le vediamo come se fossero la causa della nostra solitudine.
In base a questa premessa, allora, non sono le situazioni della nostra vita a farci sentire soli, ma il modo in cui le interpretiamo.
E’ sempre un’interpretazione che suscita emozioni negative, indipendentemente dalla loro apparente giustificazione da parte di ciò che si presenta come un fatto.
(M-17.4:2)
L’idea della proiezione non è un’invenzione del Corso. Anche altri sistemi di pensiero vi ricorrono per descrivere la non oggettività delle nostre esperienze. Quello che tuttavia differenzia il Corso da altri sistemi è che per il Corso qualsiasi proiezione è sempre riconducibile a un errore metafisico totalmente represso, la presunta separazione da Dio. Leggiamo quanto scritto nella lezione 79:
Se riuscissi a riconoscere che il tuo solo problema è la separazione, indipendentemente dalla forma che assume, potresti accettare la risposta perché vedresti che è pertinente. Percependo la costante che sta alla base di tutti i problemi con cui sembri trovarti a confronto, capiresti che hai il mezzo per risolverli tutti. E useresti il mezzo, perché riconosci il problema.
(L-pI.79.6:2-4)
Riconoscere questa costante è proprio il compito del primo passo del perdono. Compito che siamo invitati a svolgere nella già citata lezione 79, imparando a riconoscere la costante che sta alla base di tutti i nostri problemi apparenti, il contenuto che si cela dietro tutte le forme molteplici.
Solo svolgendo il compito che ci viene richiesto (Che io riconosca il problema affinché possa essere risolto, come recita appunto il titolo della lezione 79) potremo sperimentarne la soluzione, la correzione proposta dallo Spirito Santo, che il Corso definisce Espiazione. E’ questo il mezzo che ci permette di risolvere il problema della separazione, e tutte le forme conseguenti – tra cui la solitudine - che esso assume quando viene proiettato nella nostra vita quotidiana.
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L’intero scopo di questo corso è insegnarti che l’ego non è credibile e non lo sarà mai. Tu che hai fatto l’ego credendo in ciò che non è credibile non puoi emettere questo giudizio da solo. Accettando l’Espiazione per te stesso, stai decidendo contro la credenza che puoi essere solo, dissipando così l’idea della separazione ed affermando la tua vera identificazione con l’intero Regno in quanto letteralmente parte di te. Questa identificazione è al di là di ogni dubbio tanto quanto al di là della credenza. La tua interezza non ha limiti perché essere è infinità.
(T-7.VIII.7)
La citazione odierna collega l’accettazione dell’Espiazione per sé stessi al disfacimento della credenza nella solitudine.
L’ego è la credenza nella separazione, e se lo accettiamo nella nostra mente non potremo fare a meno di sentirci separati, soli e isolati. Potremmo dire che l’idea stessa di solitudine e isolamento sia l’ego. Si potrebbe obiettare che scegliere l’ego significa almeno unirsi a lui, e che questo annulla automaticamente l’idea della separazione. Ma non è così, perché l’ego nella realtà non c’è. La sua è solo una parvenza di essere. Unendoci all’ego, dunque, ci uniamo ad un’illusione e rimaniamo inesorabilmente soli.
Dato che siamo stati noi a fare l’illusione dell’esistenza dell’ego dando credito a quanto era incredibile (la separazione da Dio) e siamo ancora stati noi a permettere a questa illusione - dopo averla fatta- di spadroneggiare nella nostra mente, ora non riusciamo più a disfare da soli quella credenza nella solitudine che abbiamo voluto e che manteniamo ostinatamente, credendo che da essa venga la nostra salvezza.
In alternativa all’ego lo Spirito Santo ci propone l’Espiazione, termine che nel Corso ha il significato di “correzione della percezione” (C-in.1:2). Correggendo l’illusione della separazione- ossia il nostro basilare errore percettivo - l’Espiazione correggerà dunque anche quel senso di solitudine e isolamento che spesso attanaglia la nostra vita. Accettandola nella mente riusciremo a sperimentare quanto da soli non potremmo più sperimentare: l’appartenenza all’infinità del Tutto.
Il Corso ci dice che Lo Spirito Santo è la Mente dell’Espiazione. (T-5.I.6:3).
E precisa che La Voce dello Spirito Santo è il richiamo all’Espiazione, o la restaurazione dell’integrità della mente. (T-5.I.5:4)
Per accettare nuovamente la correzione dell’Espiazione dentro la nostra mente dobbiamo dunque fare appello allo Spirito Santo, un Amico certamente migliore dell’ego, un Amico Che è stato creato da Dio e quindi- anche nell’illusione- riflette la realtà dell’essere. Unendoci a Lui non ci uniamo a un’illusione ma al riflesso della Realtà. Unendoci a Lui e al Suo giudizio- l’Espiazione, ossia la non credibilità della separazione- annulliamo automaticamente l’idea della solitudine in noi.
Non condurre la tua piccola vita in solitudine, con un’illusione come tua sola amica. Questa non è un’amicizia degna del Figlio di Dio, né una della quale egli si possa accontentare. Tuttavia Dio gli ha dato un Amico migliore, nel Quale si trova tutto il potere in terra e in Cielo.
(T-26.VI.2:1-3)
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Non condurre la tua piccola vita in solitudine, con un’illusione come tua sola amica. Questa non è un’amicizia degna del Figlio di Dio, né una della quale egli si possa accontentare. Tuttavia Dio gli ha dato un Amico migliore, nel Quale si trova tutto il potere in terra e in Cielo. L’unica illusione che tu pensi sia amica oscura la Sua grazia e la Sua maestà, e tiene lontana la Sua amicizia e il Suo perdono dal tuo abbraccio accogliente. Senza di Lui sei senza amici. Non cercare un altro amico che prenda il Suo posto. Non c’è un altro amico. Ciò che Dio ha designato non ha sostituti, perché quale illusione può rimpiazzare la verità?
(T-26.VI.2)
Conduciamo la nostra piccola vita in solitudine quando accettiamo nella nostra mente un’illusione (la minuscola folle idea di separazione da Dio- T-27.VIII.6:2) come nostra sola amica.
Una lettura affrettata e superficiale della prima frase della citazione odierna, estrapolata dal contesto generale, ci potrebbe far pensare che il Corso ci solleciti a intrattenere delle relazioni nel mondo, invitandoci a ricercare la compagnia degli altri esseri – umani e non - per non sperimentare la solitudine. In realtà ci viene spiegato in più punti che non è così.
Leggiamo per esempio nel capitolo 18:
Le menti sono unite, i corpi no. Solo assegnando alla mente le proprietà del corpo sembra possibile la separazione.
(T-18.VI.3:1-2)
Queste due affermazioni lapidarie non sostengono soltanto che i corpi non sono uniti, e quindi non possono risolvere il problema della solitudine, ma anche che la mente cade nella trappola della separazione proprio quando si attribuisce le proprietà del corpo, cioè si identifica con il corpo. In sostanza le menti, che sono unite per definizione, si percepiscono come separate proprio identificandosi con i corpi. L’identificazione della mente con il corpo è la strategia che l’ego propone alla mente per impedirle di sperimentare l’unione. E’ questo il modo in cui l’ego ci inganna: proponendoci di risolvere il problema della solitudine unendoci a un altro corpo.
Altrove il Corso ci spiega anche che i corpi non possono comunicare. Come possono dunque risolvere il problema della solitudine?
Solo la mente comunica. Poiché l’ego non può distruggere l’impulso a comunicare perché è anche l’impulso a creare, può solo insegnarti che il corpo può sia comunicare che creare e perciò non ha bisogno della mente.
(T-7.V.2:1-2)
Pertanto, come la citazione iniziale di questo spunto ci suggerisce, l’unico modo in cui possiamo risolvere il problema della solitudine è accettando nella nostra mente l’Espiazione, la correzione della separazione proposta dallo Spirito Santo. E’ Lui l’Amico Che Dio ci ha dato per sconfiggere l’illusione di solitudine nella quale crediamo di essere sprofondati.
Ma questo argomento merita un’indagine più approfondita. Cercherò di portarla avanti nei prossimi spunti.
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Solo la mente comunica. Poiché l’ego non può distruggere l’impulso a comunicare perché è anche l’impulso a creare, può solo insegnarti che il corpo può sia comunicare che creare e perciò non ha bisogno della mente.
(T-7.V.2:1-2)
Da qualche spunto ci occupiamo dell’argomento della solitudine, e di come il Corso propone di risolverla mediante l’accettazione dell’Espiazione per noi stessi. Abbiamo visto che l’ego, invece, ci propone di risolverla mediante l’unione con un altro corpo. Il Corso ci mette in guardia da questo tipo di strategia fin dal capitolo 15 del Testo. Leggiamo a questo proposito un’interessante frase che si trova nella VII sezione:
L’illusione di autonomia del corpo e la sua capacità di vincere la solitudine non sono che lo stratagemma del piano dell’ego per stabilire la propria autonomia.
(T-15.VII.12:1)
Per impostare correttamente la comprensione di questa frase dobbiamo ricordare che nel Corso la parola corpo non designa solamente il corpo fisico, ma anche la personalità individuale (clicca qui per leggere la definizione nel glossario). Il corpo, ci dice in sostanza il Corso, è quell’identità fisico-psicologica (ma anche sociale, professionale, familiare, geografica, storica, e così via) che attribuiamo a noi stessi e agli altri.
La frase citata ci informa che l’ego ha un piano per sostenere la sua autonomia. Deve farlo perché non è affatto autonomo, essendo un costrutto mentale totalmente illusorio che può mantenere l’illusione della sua esistenza solo a patto che la mente continui a pensarlo e a crederlo vero. Questo piano, elaborato da un costrutto illusorio, non può dunque che prevedere un’ulteriore illusione ad esso coerente: che il corpo esista e la mente si identifichi con esso. E per metterlo in atto l’ego usa il brillante stratagemma di farci credere nell’autonomia del corpo.
L’ego costruisce dunque un vero e proprio castello d’illusioni: dapprima l’illusione della separazione e delle sue conseguenze nella mente, poi l’illusione dell’esistenza di un mondo di corpi e della loro autonomia, e poi l’illusione che la mente sia identificata con il corpo. E infine, con la lusinga della specialezza e insinuando proditoriamente una devastante paura di Dio, l’ego spinge la mente a credere a tutte queste illusioni. Catturata dall’obiettivo della specialezza e dalla paura, a questo punto la mente si incatena volontariamente identificandosi con esse.
Il risultato descritto nel Corso è che noi- delle menti- finiamo per crederci un corpo e, così facendo, accettiamo pienamente il castello di illusioni dell’ego, allineandoci ai suoi obiettivi e facendoli nostri. Da qui deriva tutto il nostro investimento nel corpo: salute, malattia, efficienza fisica, invecchiamento e morte in primo luogo, ma anche status sociale e professionale, identità geografica e identificazione culturale, appartenenza politica, rivendicazioni e senso di appartenenza, competizione e strenua difesa delle proprie caratteristiche specifiche, e così via. E da qui deriva anche la nostra piena accettazione degli stratagemmi dell’ego per rendere autonomo il corpo: l’illusione che il corpo sia capace di vincere la solitudine ne è parte.
E’ un argomento che l’ego ha reso molto complesso, e ne parleremo ancora nei prossimi spunti.
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L’illusione di autonomia del corpo e la sua capacità di vincere la solitudine non sono che lo stratagemma del piano dell’ego per stabilire la propria autonomia. Finché crederai che essere con un corpo significa avere compagnia, sarai costretto a cercare di tenere tuo fratello nel corpo, per mezzo della colpa.
(T-15.VII.12:1-2)
Abbiamo visto nello spunto della scorsa settimana che l’ego – la credenza di essere effettivamente separati da Dio - ha un piano per mantenere nella nostra mente l’illusione della sua esistenza. Il piano dell’ego consiste nell’offrire alla mente l’identificazione con il corpo fisico-psicologico, perché il corpo -per definizione- simboleggia l’idea della separazione. Grazie a questa identificazione la mente crede dunque che la separazione non sia un’idea, ma un fatto reale.
Secondo il Corso è questa la ragione per cui ognuno di noi - una mente - è invece convinta di essere un corpo: per aderire al piano dell’ego e autoconvincersi della realtà della separazione.
Le menti sono unite, i corpi no. Solo assegnando alla mente le proprietà del corpo sembra possibile la separazione.
(T-18.VI.3:1-2)
Per stabilire in pieno l’illusione della sua autonomia dentro la nostra mente, l’ego adotta poi vari stratagemmi che il Corso elenca in più punti. Tra gli altri, leggiamo nella prima frase della citazione iniziale, troviamo la presunta capacità del corpo di vincere la solitudine. In altri termini l’ego ci fa credere che essere con un altro corpo sia avere compagnia. E sostiene questa illusione al solo scopo di ribadire che il corpo è abile in sé, perché è in grado di risolvere autonomamente dei problemi, nel caso specifico il problema della solitudine.
Ma la seconda frase della citazione smentisce questa illusione. Essere con un altro corpo non significa avere compagnia. Lo stato di compagnia o unione è uno stato mentale, non una condizione fisica.
Per mantenere questa illusione dobbiamo dunque adottare un’ulteriore strategia: cercare di mantenere la nostra percezione degli altri al loro corpo. Non dobbiamo riconoscere che gli altri sono una mente, ma dobbiamo identificarli al corpo proprio come abbiamo fatto con noi stessi. Perché se gli altri non fossero dei corpi ma delle menti, come potremmo accompagnarci a loro e risolvere il nostro doloroso senso di solitudine?
Il modo vincente per tenere gli altri nel corpo è la colpa. Perché la colpa incatena, e ogni volta che accusiamo qualcuno di una qualche colpa vuol dire che lo percepiamo come corpo, invece che come mente. E’ questa una delle ragioni per cui troviamo la colpa così attraente. Perché ci permette di identificare sia noi stessi che gli altri con il corpo, e ci illude in questo modo di trovare compagnia, risolvendo uno dei più dolorosi fra i nostri presunti drammi personali: il senso di isolamento e solitudine.
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L’illusione di autonomia del corpo e la sua capacità di vincere la solitudine non sono che lo stratagemma del piano dell’ego per stabilire la propria autonomia. Finché crederai che essere con un corpo significa avere compagnia, sarai costretto a cercare di tenere tuo fratello nel corpo, per mezzo della colpa. E vedrai sicurezza nella colpa e pericolo nella comunicazione. Perché l’ego insegnerà sempre che la solitudine è risolta dalla colpa e che la comunicazione è la causa della solitudine. E nonostante l’evidente follia di questa lezione, molti l’hanno imparata.
(T-15.VII.12)
L’argomento della solitudine e del modo in cui l’ego propone di risolverla - attraverso l’unione dei corpi - ci porta ad affrontare anche un altro importante tema del Corso: la comunicazione.
Abbiamo già visto che l’unione è uno stato della mente, non del corpo, perché il corpo è per definizione separato.
Le menti sono unite, i corpi no. Solo assegnando alla mente le proprietà del corpo sembra possibile la separazione.
(T-18.VI.3:1-2)
Allo stesso modo possiamo dire che la comunicazione è uno stato della mente, e non del corpo.
Solo la mente comunica. Poiché l’ego non può distruggere l’impulso a comunicare perché è anche l’impulso a creare, può solo insegnarti che il corpo può sia comunicare che creare e perciò non ha bisogno della mente.
(T-7.V.2:1-2)
Abbiamo anche visto che l’ego porta la mente a identificarsi con il corpo, perché in questo modo la separazione sembra una realtà, un fatto concreto, e non un’idea assurda. Una volta che è identificata con il corpo, la mente non può più risolvere il problema della separazione là dove può essere risolto - nella mente stessa - e cercherà sollievo al suo dolore proprio in quella dimensione che ormai crede essere diventata la sua realtà. Da qui proviene la vera e propria ossessione nella ricerca di compagnia per vincere la solitudine. Da qui deriva tutto l’investimento che abbiamo nelle relazioni speciali d’amore.
Ma è un’illusione, perché il corpo non può risolvere il problema della solitudine. Solo la mente può farlo accettando l’Espiazione per se stessa (la Parola salvatrice di Dio), ossia accettando di correggere la minuscola folle idea di separazione che avvelena la mente impedendole di trovare riposo e pace.
Non andiamo da soli. E siamo grati del fatto che nella nostra solitudine un Amico è venuto a dirci la Parola salvatrice di Dio. E grazie a te perché Lo ascolti. La Sua Parola è senza suono se non viene ascoltata. Nel ringraziare Lui ringrazi anche te stesso. Un messaggio inascoltato non salverà il mondo, nonostante la potenza della Voce che parla e per quanto amorevole possa essere il messaggio.
(L-pI.123.5)
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Il corpo è la casa dell’ego per sua propria scelta. E’ l’unica identificazione con la quale l’ego si sente al sicuro, dato che la vulnerabilità del corpo è la sua migliore argomentazione a favore della tesi secondo la quale non puoi essere di Dio.
(T-4.V.4:1-2)
Negli ultimi spunti abbiamo visto che l’ego si identifica con il corpo e la citazione odierna ne spiega una delle molte ragioni: perché è l’unica identificazione con cui si sente al sicuro. Poi l’ego spinge la nostra mente a identificarsi a sua volta con il corpo. Lo deve fare, perché la sua sopravvivenza dipende dal fatto che noi continuiamo a ospitarlo e crederlo vero. E solo se si identifica con il corpo la nostra mente può credere nella presunta realtà dell’ego - la separazione da Dio - perché è diventata anche la sua presunta realtà.
Tuttavia questa identificazione non risolve il profondo dolore conseguente alla separazione, in primis il terribile morso della solitudine. Allora la mente - ormai pienamente identificata con l’ego e con la sua casa, il corpo - cerca di risolverla sul piano nel quale è discesa, ossia nel mondo dei corpi. Da qui deriva quella che secondo il Corso è una vera e propria assurdità: la risoluzione del problema della solitudine attraverso un’unione con un altro corpo.
Per mettere in atto questa difesa bisogna vedere dei corpi intorno a sé, altrimenti la ricerca diviene vana. E quindi bisogna vedere negli altri solo la dimensione corporea, ignorandone la mente. Questo è il significato dell’espressione “tenere nel corpo tuo fratello”, che troviamo nella seguente citazione:
Finché crederai che essere con un corpo significa avere compagnia, sarai costretto a cercare di tenere tuo fratello nel corpo, per mezzo della colpa.
(T-15.VII.12:2)
Proseguendo nella lettura:
E vedrai sicurezza nella colpa e pericolo nella comunicazione. Perché l’ego insegnerà sempre che la solitudine è risolta dalla colpa e che la comunicazione è la causa della solitudine. E nonostante l’evidente follia di questa lezione, molti l’hanno imparata.
(T-15.VII.12:3-5)
Questa angosciante conclusione spiega il nostro investimento nella colpa e la paura della vera comunicazione, che può avvenire solo a livello della mente. Nel capitolo 19 c’è un’intera sezione (T-19.IV.A) dedicata all’attrattiva che la colpa esercita su di noi per molte diverse ragioni. Qui ne cita una: la colpa mantiene nella nostra mente la percezione che noi e gli altri siamo dei corpi invece che delle menti, e quindi ci offre l’illusione di risolvere il problema della solitudine attraverso il corpo. Questo è il grande sacrificio a cui condanniamo sia noi stessi che gli altri: il sacrificio del nostro vero Sé, che si compie riducendo noi stessi e gli altri all’identificazione con il corpo.
Finché percepirai il corpo come tua realtà, ti percepirai solo e deprivato. E ti percepirai anche come la vittima del sacrificio, giustificato nel sacrificio degli altri.
(T-15.XI.5:1-2)
A questo punto la comunicazione diventa un pericolo, e la colpa una sicurezza. Ma l’ego si guarda bene dal dirci che l’unione dei corpi non risolve nulla, perché la comunicazione appartiene solo alla mente. E ci condanna quindi a vagare incessantemente alla ricerca di qualcosa che non potremo mai trovare, in base alla sua crudele massima “cerca ma non trovare”.
... l’ego, sebbene incoraggi molto attivamente la ricerca dell’amore, pone una condizione: non trovarlo. I suoi dettami, allora, possono essere riassunti semplicemente come: “Cerca ma non trovare”. Questa è la sola premessa che l’ego ti fa, e la sola premessa che manterrà. Perché l’ego persegue il suo obiettivo con insistenza fanatica, e il suo giudizio, sebbene gravemente menomato, è del tutto coerente.
(T-12.IV.1:3-6)
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Finché percepirai il corpo come tua realtà, ti percepirai solo e deprivato. E ti percepirai anche come la vittima del sacrificio, giustificato nel sacrificio degli altri.
(T-15.XI.5:1-2)
Ho dedicato i nostri spunti delle ultime settimane al drammatico problema della solitudine, che attanaglia la mente in una morsa di disperazione e che solitamente cerchiamo di risolvere unendoci ad altri corpi. E’ questo il grande sacrificio percettivo di cui tutti ci sentiamo vittime (il sacrificio del nostro vero Sé) e a cui condanniamo gli altri (il sacrificio del loro vero Sé), allo scopo di trovare compagnia nella nostra solitaria disperazione. Un sacrificio a cui, come abbiamo letto la scorsa settimana, leghiamo noi stessi e gli altri attraverso la colpa. Tuttavia, come abbiamo visto, il Corso ci spiega che l’unione appartiene soltanto al livello della mente in quanto il corpo, per sua propria natura, rende reale l’idea della separazione trasformandola in un fatto concreto. Il corpo non può dunque risolvere il problema della separazione, ma la mente può farlo nell’istante santo, quell’attimo di perdono in cui accettiamo l’Espiazione per noi stessi, ossia la correzione dell’idea di separazione da Dio. E in quell’istante decade l’interferenza del corpo, perché riconosciamo di essere delle menti e in quanto tali di essere costantemente uniti e in comunicazione.
Nell’istante santo la condizione dell’amore è soddisfatta, perché le menti sono unite senza l’interferenza del corpo, e dove c’è comunicazione c’è pace.
(T-15.XI.7:1)
Il paragrafo prosegue descrivendo la funzione che il Corso attribuisce a Gesù nel piano dell’Espiazione dello Spirito Santo, funzione volta a ristabilire la comunicazione della mente in un mondo devastato dal dolore dell’incomunicabilità e dell’alienazione, perché totalmente identificato con l’ego.
Il Principe della Pace è nato per ristabilire la condizione dell’amore insegnando che la comunicazione rimane ininterrotta anche se il corpo viene distrutto, a condizione che tu non veda il corpo come mezzo necessario alla comunicazione. E se capirai questa lezione, ti renderai conto che sacrificare il corpo è sacrificare il nulla, e che la comunicazione, che deve essere della mente, non può essere sacrificata. Dov’è dunque il sacrificio?
(T-15.XI.7:2-4)
C’è dunque una condizione perché sia possibile rimanere consapevoli del fatto che la comunicazione appartiene alla mente: lasciare andare la credenza che il corpo sia il mezzo necessario di comunicazione. Questa condizione spiega perché a volte sentiamo in noi la presenza di Gesù, mentre altre volte lui ci sembri lontanissimo.
L’identificazione con il corpo – il massimo sacrificio che possiamo fare, in quanto menti - ci porta a ignorare in noi la presenza vera, vitale e vivificante di Gesù nella nostra mente. Sacrificare il corpo - ossia mettere in discussione la credenza di essere un corpo - non è nulla, se paragonato al grande sacrificio che abbiamo già tutti compiuto identificandoci con esso.
E allora, ci domanda il Corso, dove è veramente il sacrificio? Nel lasciare andare l’identificazione con il corpo, o nel credersi un corpo?
Forse potremmo dedicare la settimana santa a queste riflessioni e alla nostra determinazione a vivere la presenza vitale di Gesù risorto dentro la nostra mente, accettando pienamente la sua e nostra resurrezione dal sogno di morte dell’ego. Sia questo l’augurio che vi giunga, cari amici, dal profondo del nostro cuore