Secondo gli insegnamenti di Kenneth Wapnick

D 807 Cosa direbbe Un corso in miracoli dell’uragano Katrina?

 

D # 807 Verrà data risposta congiunta a tre domande che sono arrivate in merito al recente uragano sulla costa del Golfo:

  1. Cosa direbbe Un corso in miracoli dell’uragano che ha devastato, e sta tuttora devastando, New Orleans e l’area circostante? Come persona che vive qui nel “sogno” vedo competizione e classismo come se si trattasse di problemi giganteschi che è meglio non affrontare direttamente. Provo anche tristezza e paura.
  2. Potete offrirci qualche parola di saggezza su come reagire all’uragano Katrina, particolarmente al livello del mondo che crediamo reale? Inizialmente mi sono unito al coro di condanna, ma poi mi è venuto in mente che nessuno sembrava accettare alcuna responsabilità, a livello personale o ufficiale. E poi mi sono ricordato che non c’è nulla fuori dalla mia mente e tutto ciò che vedo in qualcun altro l’ho proiettato io su di lui o lei perché volevo liberarmene, così che l’altra persona fosse colpevole ed io potessi essere innocente. Ma stiamo facendo tutti la stessa cosa, le “vittime” di Katrina e tutti gli organi ufficiali dal primo all’ultimo. Forse la cosa più amorevole che possiamo fare è unirci a tutti i nostri fratelli e sorelle di New Orleans e della Costa del Golfo – vittime e carnefici, salvati e salvatori, ufficiali di governo e privati cittadini – nelle nostre menti corrette ed abbracciarci reciprocamente nell’ amore incondizionato, ricordando che siamo tutti uniti in Cristo.
  3. Con tutto il dolore e la sofferenza che avvengono negli stati del Golfo colpiti da Katrina, come si decide in quale “sogno” o “illusione” entrare? Alcuni sono nati re e regine, altri – come chi sta in Sudan – vivono una vita orribile, ed ora le vittime dell’uragano. C’è una risposta da qualche parte nel Corso?

 

R: Può essere molto difficile ricordare che c’è un altro modo di guardare il mondo, quando ci identifichiamo così fortemente con “persone che vivono qui nel sogno” e quando gli occhi del nostro corpo si trovano a fronteggiare – e continueranno a fronteggiare nei giorni e nelle settimane a venire – immagini così potenti di devastazione e morte sia nei quotidiani, nelle  riviste, alla TV e sugli schermi dei computer, sia – per quelli di noi che si trovano a vivere o ad aver vissuto vicino all’area dell’impatto – proprio davanti ai propri occhi.

 E l’insistenza dell’ego che ci sia una gerarchia di distruzione sembra difficile da argomentare, dato che molti parlano degli effetti di questo disastro naturale come di “proporzioni bibliche” (il Corso suggerisce un significato e una fonte più profondi per quel modo comune di descrivere eventi catastrofici!). E così le nostre reazioni collettive spaziano dall’incredulità e dall’orrore alla tristezza e alla paura, come pure alla frustrazione e alla rabbia. Il fatto che Gesù sia pienamente consapevole di come noi ci inganniamo, fintanto che ci focalizziamo sugli effetti nel mondo senza comprendere veramente la loro causa illusoria nella mente, è evidente da queste sue parole: “Non è facile percepire lo scherzo quando, tutto intorno a te, i tuoi occhi ne vedono le gravi conseguenze, ma senza la loro causa insignificante. Senza la causa gli effetti sembrano davvero seri e tristi. Tuttavia non sono che una conseguenza.  Ed è la loro causa che viene dal nulla e non è che uno scherzo” (T.27.VIII.8:4,5,6,7).

Ma il solo modo per imparare che c’è un altro modo di guardare il mondo è riconoscere dapprima che stiamo vedendo il mondo – e questo particolare angolo di mondo lungo la costa del Golfo – nel modo in cui ora lo vediamo, perché vogliamo vederlo in questo modo. Perché il modo in cui lo stiamo vedendo serve una funzione molto importante nel piano dell’ego per mantenere la separazione. Questi eventi e tutte le successive immagini e  i successivi assestamenti, con la loro moltitudine di riverberi geografici, economici, medici, politici e sociali, continuano a convincerci che la separazione è reale e molto, molto seria. E come fa l’ego a provare le sue ragioni? Gli eventi sembrano dimostrare così chiaramente che il dolore e la sofferenza vengono da cause al di là del nostro controllo, al di fuori di noi. E nonostante il fatto che l’evento stesso fosse un “atto della natura” che ha prodotto delle vittime, per la soddisfazione di molti sembra che vi siano dei potenziali responsabili che non sono riusciti a rispondere in modo tale da poter migliorare le conseguenze distruttive e mortali dell’uragano e dei suoi postumi. In altre parole ci sono chiaramente delle vittime povere, disperate e senza casa e dei carnefici incuranti, senza cuore, insensibili e incompetenti.

Il focalizzarsi sulle differenze è la linfa vitale dell’ego fintanto che le differenze rendono reale la colpa e rendono della massima importanza l’attribuzione della colpa a qualcuno, che sia a causa di differenze di razza, di classe sociale, di partito politico, o di qualunque altra cosa che funzioni. E così dobbiamo incominciare col riconoscere che questo è quello che vogliamo moltissimo vedere, perché non serve solo lo scopo dell’ego, ma anche il nostro. Non c’è dubbio che man mano che vengono in superficie dei fatti ulteriori- con il defluire delle acque nei giorni e nelle settimane a venire- continuerà a presentarsi più e più volte l’opportunità di proiettare la colpa e di attribuirla all’esterno per tutto l’apparente dolore, la perdita e la morte.

E la sola domanda che dobbiamo porci è: ci piace davvero come ci sentiamo nel momento in cui guardiamo con gli occhi del giudizio, della paura e dell’attacco? Come osserva colui che ha posto la seconda domanda facciamo tutti tutto il possibile per dimostrare la nostra innocenza puntando altrove il dito accusatorio e colpevolizzante. Ma se potessimo cominciare a riconoscere quel profondo senso di vergogna e colpa che tutti collettivamente condividiamo per le nostre credenze inconsce sul tradimento dell’amore, scegliendo deliberatamente di vederci senza casa e privi dell’Amore di nostro Padre, saremmo allora in grado di aver un po’ più di compassione per tutti gli attori sulla scena, ciascuno dei quali recita la parte che ha volutamente scelto, indipendentemente da quale possa essere il suo ruolo nel dispiegarsi della tragedia.

Per inciso il Corso non offre alcuna spiegazione sul perché abbiamo scelto le vite e i ruoli specifici di cui ci troviamo a fare esperienza, se non che continuiamo a voler rendere reali le differenze fra noi e gli altri – indipendentemente dalla forma – e di conseguenza la separazione e la colpa. Talvolta questo può implicare il recitare nel ruolo della vittima, altre volte nel ruolo del carnefice, ma queste sono le sole scelte reali nel sogno dell’ego. (T.27.VII.14:4). Occuparci del motivo per cui esistono le differenze nel mondo di forma è fare proprio il gioco dell’ego di rendere importanti e reali tutte quelle differenze. E l’errore più grande sarebbe credere che questa apparente gerarchia al livello della forma rifletta davvero delle differenze nel grado di dolore e colpa di cui ogni mente sta facendo esperienza. Perché chiunque creda che questo mondo sia la sua casa prova grande dolore, indipendentemente da quali difese possa impiegare per mantenere fuori dalla propria consapevolezza quel riconoscimento (L.pI.182.1,2,3). Perché dolore e colpa non vengono mai dal mondo – l’effetto – ma solo dalla nostra interpretazione del mondo, che è determinata dall’insegnante che abbiamo scelto di ascoltare nella nostra mente: l’ego o lo Spirito Santo. E nulla nel mondo può liberarci dal dolore e dalla colpa della mente: solo il perdono può farlo.

Il dolore nella mente associato con la colpa per il nostro tradimento e attacco all’amore è al di là della comprensione, e noi tutti lottiamo con i nostri modi inadeguati e disfunzionali di gestirlo senza mai metterne in dubbio la realtà. E scegliere di vederci come vittime, indipendentemente dalla forma che questo assume, è semplicemente uno dei modi in cui tentiamo di espiare quella colpa immaginaria. E così, prima di poter abbracciare chiunque con amore incondizionato, avremo bisogno di essere in grado di imparare a guardare chiunque, cominciando da noi stessi, con compassione per continuare a fare la scelta sbagliata, per continuare a voler credere che la distruzione, il non avere una casa e la morte siano reali, per credere che la nostra salvezza dipenda dal vedere qualcos’altro o qualcun altro responsabili di tutto il dolore e la sofferenza: vale a dire per il bisogno di vedere la causa fuori di noi, fuori dalla nostra mente.

E così di fronte a tanta evidente sofferenza, perdita e bisogno, quale dovrebbe essere la nostra reazione? Gesù chiede solo che impariamo a perdonare e tutto il resto di cui c’è bisogno seguirà. La nostra responsabilità non è cambiare il mondo, ma solo cambiare l’insegnante che guida la nostra percezione di ciò che i nostri occhi vedono nel mondo (T.21.in:7,8,9,10,11,12). Ovviamente ci sono molti modi differenti in cui possiamo esprimere il nostro sostegno e il nostro interessamento a tutti quelli direttamente colpiti dall’uragano, che abbiano perso la famiglia, la casa, i mezzi di sussistenza, o le proprietà. Gesù tuttavia non si occupa della forma particolare con cui reagiamo agli eventi di cui siamo testimoni, ma del contenuto con cui facciamo qualsiasi cosa possiamo sentirci portati a fare nel mondo per offrire aiuto. La cosa essenziale da tenere a mente è che, indipendentemente da quello che facciamo, se viene dalla prospettiva dell’ego che continua in particolare a vedere vittime e, quindi, forze e persone che vittimizzano, sarà un attacco che mantiene vivo il pensiero di separazione. Ma se agiamo dalla prospettiva della mente corretta qualsiasi cosa pensiamo o diciamo o facciamo avrà un effetto guaritore, perché avremo messo da parte il nostro bisogno di essere separati, speciali e “innocenti”.

Attingendo al bell’immaginario del Corso può essere utile ricordare quale sia il nostro ruolo dalla prospettiva di Gesù e dove si trovi la nostra sicurezza, concludendo con qualche rilevante passaggio da varie sezioni del libro, e tenendo in mente che il nostro fratello è chiunque e non solo le apparenti vittime:

“La tua casa è costruita sulla salute di tuo fratello, sulla sua felicità, sulla sua assenza di peccato e su ogni cosa che suo Padre gli ha promesso. Nessuna promessa segreta che hai fatto al suo posto ha scosso le Fondamenta della sua casa. I venti soffieranno su di essa, la pioggia la martellerà, ma senza effetto. Il mondo verrà spazzato via e tuttavia questa casa resisterà per sempre, perché la sua forza non risiede solo in se stessa. È l'arca della sicurezza, che si basa sulla promessa di Dio che Suo Figlio è per sempre al sicuro in Lui.” ” (T-28.VII.7:1-5).

“Non sono in pericolo in nessun luogo del  mondo. Tuo Figlio è al sicuro ovunque possa trovarsi, poiché Tu sei lì con lui. Basta solo che Egli invochi il Tuo Nome per ritrovare la sua sicurezza ed il Tuo Amore, giacché sono una cosa sola.  … Nel rifugio consacrato della nostra dimora non possono entrare tempeste. In Dio siamo al sicuro.” (L-pII.244.titolo.1:1-2; 2:2-3)

“‘Io riposo in Dio’. Assolutamente impavido questo pensiero ti porterà attraverso tempeste e conflitti, oltre miserie e dolori, oltre perdite e morti, avanti verso la certezza di Dio. Non c’è sofferenza che non possa guarire. Non c’è problema che non possa risolvere. … Tu riposi in Dio, e mentre il mondo è dilaniato da venti di odio, il tuo riposo resta del tutto indisturbato.” (L-pI.109.3:1-4; 4:2)

“Ci sarà sempre questo luogo di riposo a cui puoi ritornare. E sarai più consapevole di questo quieto centro della tempesta piuttosto che di tutta la sua furiosa attività. Questo centro quieto in cui non fai nulla rimarrà con te dandoti riposo nel mezzo dell’impegno di ogni faccenda a cui vieni mandato” (T-18.VII.8:1-3).