Secondo gli insegnamenti di Kenneth Wapnick

D 239 Come possiamo uccidere gli altri e tuttavia essere amorevoli e perdonare?

 

D # 239: Ho una domanda riguardo all’articolo di The Lighthouse del marzo 2003. L’inizio, riguardante il “cambiamento di regime”, aveva senso per me e mi ha fatto ridere. Ma alla fine ero frustrato – non sapevo come formulare il modo di agire, o quale azione sostenere. Se la sola risposta sana è il perdono, questo significa forse che non dovremmo cercare di fermare le persone che stanno facendo del male ad altri? Possiamo fermarle amorevolmente? E se dovessimo ucciderle per fermarle? Questo può essere amorevole?

 

R: La risposta alle tue domande sta nella comprensione degli insegnamenti di Un corso in miracoli sul perdono, che non è uguale alla versione egoica di perdono. Il perdono, secondo l’ego, si basa sul vedere il peccato per poi perdonarlo. Quindi valuta alcuni “peccatori” come meritevoli di perdono, e alcuni come non meritevoli.

La cosa importante per l’ego è rendere l’errore reale credendo che una parte della Figliolanza abbia fatto del male ad un’altra, e che il suo effetto sia reale. Queste credenze sono pienamente in funzione in una situazione quale la guerra in Iraq. E’ una perfetta opportunità per vedere in azione il sistema di pensiero dell’ego – non sul campo di battaglia del deserto iracheno, ma nella nostra mente, là dove c’è bisogno di perdono. E’ anche una perfetta opportunità per perdonare, come affermato nell’articolo di The Lighthouse. Il perdono, come insegnato dal Corso, incomincia col guardare al mondo, e agli eventi come la guerra in Iraq, prestando attenzione a tutti i giudizi e le sensazioni che sorgono in noi, e riconoscendo la loro fonte che è la mente:[Il mondo] è il testimone del tuo stato mentale, l’immagine esterna di una condizione interna” (T.21.in.1:5). La guerra reale, quindi, è nella nostra mente.

I giudizi e le sensazioni sono proiezioni della colpa nella nostra mente, che è causata dalla nostra scelta di identificarci con il credere dell’ego nella separazione. La mente diventa allora un campo di battaglia e la guerra nel mondo riflette semplicemente il conflitto della mente. Dal momento che questa è un’attività della mente, necessita di correzione al livello della mente, non al livello della forma. Come studenti del Corso la nostra parte nel “porre fine alla guerra” sta in questo processo di perdono.

Il passo successivo nel processo di perdono del Corso è il riconoscimento che nessun male reale è fatto dalla guerra. “Non c’è nulla da perdonare. Nessuno può far del male al Figlio di Dio” (T.14.III.7:5,6). Qualsiasi danno che percepiamo si basa sul credere che la separazione ed il corpo siano reali. Sebbene in verità non lo siano, la nostra credenza li rende reali nella nostra consapevolezza.

Quando guardiamo la devastazione della guerra in televisione ci rendiamo conto di quanto effettivamente percepiamo il danno e di quanto effettivamente crediamo che il corpo sia reale.

Tutte le nostre reazioni alla guerra vengono da questa credenza, insieme a molte altre credenze sul come dovrebbe funzionare il mondo, chi è responsabile della guerra, chi sono le vittime e così via.

La lista di errate percezioni è molto lunga, in particolare in un esempio estremo come la guerra. È questo sistema di credenze a causare il nostro turbamento, non gli eventi della guerra. Ed è innanzitutto questo sistema di credenze a provocare la guerra nel mondo. Ecco perché la reale soluzione alla guerra è il perdono, non la negoziazione o qualsiasi azione specifica.

Tuttavia, mentre ci rivolgiamo all’interno per vedere il tumulto che c’è nella nostra mente e cercare aiuto per disfare le nostre errate percezioni, è anche possibile intraprendere azioni nel mondo. Proprio come continuiamo a prenderci cura del nostro corpo mentre impariamo a disfare il nostro credere in esso, allo stesso modo possiamo fare qualsiasi cosa pensiamo possa essere utile per risolvere i conflitti nel mondo. La decisione non è se agire oppure no, o quale azione intraprendere, ma con chi prendiamo la decisione: “E non fare errori; da nessuna parte in Un Corso in Miracoli Gesù suggerisce di non agire nel mondo, dice solo di non agire da soli." (The Lighthouse, vol 14. No. 1).

Lo scopo dell’agire è rinforzare la credenza dell’ego nelle vittime e nei carnefici, prendendo la parte di chi è “buono” contro chi è “malvagio”, oppure siamo disposti a chiedere allo Spirito Santo che ci aiuti a vedere che tutti coloro che sono in guerra sono fratelli che chiedono aiuto, anziché dei peccatori, e che la loro verità resta inviolata indipendentemente da quanto sia folle il loro comportamento egoico?

Qualsiasi forma assuma, l’azione rifletterà allora il sistema di credenze dell’insegnante che abbiamo scelto: l’ego o lo Spirito Santo. Scegliere di accettare la percezione dello Spirito Santo è la sola risposta amorevole in ogni situazione, compresa la guerra. Quando vengono intrapresi questi passi è davvero possibile fermare - senza attaccare - un aggressore per impedirgli di fare fisicamente del male a qualcun altro. Se il solo modo per farlo è uccidere un altro, e se - evidenzio il se - una persona ha chiaramente scelto di identificarsi con lo Spirito Santo e non con l’ego, in linea di principio l’uccisione può anche essere fatta senza attacco, senza giudizio, e senza colpa. Ci sono probabilmente ben poche persone che rientrerebbero in questa categoria. Può essere davvero più amorevole impedire a qualcuno di uccidere un altro (sebbene non necessariamente), ma questo sarebbe chiaro solo se tu fossi nella mente corretta, avendo scelto lo Spirito Santo, e non nella paura. Nell’applicare i principi del Corso a qualsiasi situazione nel mondo la sola cosa importante da ricordare è il contenuto della mente, non la forma. La mente è ciò di cui veniamo addestrati ad essere consapevoli, ed è la mente che ha bisogno di guarigione.

Un’ultima considerazione, ma certamente non la meno importante, è l’insegnamento del Corso in merito al fatto che non c’è morte: “Non c’è morte perché ciò che Dio ha creato condivide la Sua vita. Non c’è morte perché non esiste un opposto di Dio. Non c’è morte perché il Padre e il Figlio sono Uno” (L.167.1:5,6,7). E’ quando percepiamo noi stessi e gli altri come separati che il Figlio di Dio viene “assassinato”. Ne consegue che una persona che afferma di sostenere la pace e la fratellanza, ma è pieno di giudizio contro i leader politici responsabili della guerra, infligge una pena di morte al Figlio di Dio, mentre un soldato che si identifica pienamente con la percezione dello Spirito Santo e conosce la sua unità con tutti i fratelli, può compiere il suo dovere, che include l’uccidere, con l’amore dello Spirito Santo che fluisce attraverso di lui. E’ possibile solo unendosi allo Spirito Santo nella mente: “Egli porta sogni di perdono, nei quali la scelta non è tra chi è l'assassino e chi sarà la vittima. Nei sogni che Egli porta non c'è assassinio e non c'è morte” (T.27.VII.14:4,5).