Secondo gli insegnamenti di Kenneth Wapnick

UN CORSO IN MIRACOLI: COSA DICE

Seconda parte : La risplendente unità del Cielo

Gloria e Kenneth Wapnick

 

La prima parte di questo articolo, che apparve nella newsletter di giugno del 1994, aveva come argomento l'unità del Cielo. Questa unità, che è il modo in cui Un corso in miracoli definisce la Realtà, consiste nella perfetta Unità di Dio e della Sua creazione Cristo, la nostra vera Identità. In quell'articolo abbiamo inoltre descritto il Cielo come uno stato non dualistico, il che significa che "non c'è alcun luogo dove il Padre finisca, e il Figlio cominci come qualcosa di separato da Lui" (Libro degli esercizi, p.246; L-pI.132.12:4), perché il Cielo "è semplicemente la consapevolezza di Unità perfetta e la conoscenza che non c'è niente altro: nulla al di fuori di questa Unità e niente altro all'interno" (Testo.p.410; T-18.VI.1:6). Solo questo fatto è vero, e soltanto questa verità è Realtà. 

Ma poi, come afferma Un corso in miracoli, sembrò accadere qualcosa: "nell'eternità, dove tutto è uno, si insinuò una minuscola, folle idea, della quale il Figlio di Dio si è dimenticato di ridere" (Testo, p.622; T-27.VIII.6:2). E tuttavia diciamo sembrò accadere perché la "minuscola, folle idea" che noi potessimo essere separati dalla nostra Fonte è solo un sogno. Come il Corso dice altrove di questa idea della separazione: "nel tempo ciò è accaduto moltissimo tempo fa. Nella realtà non è mai accaduto" (Manuale, p.7; M-2.2:7-8). 

Nella sua follia - nella quale la Realtà diventa illusione, e l'illusione diventa Realtà - il Figlio di Dio ha creduto che l'impossibile fosse realmente accaduto. Adesso egli esiste in uno stato dualistico di soggetto e oggetto, nel quale egli crede di essere separato e indipendente da Dio, la sua vera Fonte. Ciò ha messo in grado il Figlio di pensare di essere adesso il creatore di se stesso e causa prima, creatosi da sé e autonomo. In effetti una delle caratteristiche più salienti di questo stato separato è il pensiero, e ciò riflette chiaramente il dualismo di pensatore e pensiero, e quindi di pensiero e oggetto, anche se l'oggetto è la mente stessa del Figlio. E su tale pensiero è eretto il mondo di complessità dell'ego, un mondo dove le cose specifiche - l'effetto logico della dualità - governano come la sola "realtà." 

In questo stato è davvero quasi impossibile che una mente dissociata o divisa possa ricordarsi l'Unità astratta, non specifica della creazione, ancor meno l'istante della separazione che "va oltre qualsiasi ricordo e perfino al di là della possibilità di ricordare" (Manuale, p.7; M-2.4:1). L'unità di Dio - nostra Fonte e Creatore - con Cristo - la Sua creazione - è quasi insondabile a causa del processo tramite il quale le nostre menti percettive del dopo separazione categorizzano tutto il pensiero in percettore e percepito. Questo dualismo è la natura di tutto il pensiero nel mondo separato. Per esempio, se tentiamo di meditare sulla Unità, lo facciamo partendo da noi come soggetto con la nostra Fonte come oggetto. Questa esperienza fondamentalmente dualistica, perciò, in pratica assicura che la realtà non dualistica della nostra Fonte e della nostra unità con Essa rimanga quasi irraggiungibile, fino a che non lasceremo andare il processo del pensare e, oltre a ciò, il pensiero stesso. Tuttavia, se ci sforziamo nelle nostre meditazioni di lasciar andare ogni forma di pensiero, quello sforzo che stiamo attuando è già l'espressione di un pensiero, e perciò sarà inevitabilmente un blocco alla consapevolezza della nostra vera esperienza di un Pensiero non dualistico nella Mente di Dio. Come insegna Gesù, nel contesto di liberarsi da tutti i concetti di sé:

La salvezza può essere vista come nulla più che la liberazione dai concetti [cioè pensieri]. Non si occupa del contenuto della mente, ma della semplice constatazione che [la mente] pensa (Testo, p. 698; T-31.V.14:3-4).

Possiamo quindi concludere che sono i nostri pensieri stessi l'interferenza alla nostra consapevolezza dell'Unità, poiché è stata la "minuscola, folle idea [pensiero]" che, Un corso in miracoli insegna, ci ha condotto giù lungo la scala della separazione. Le tre affermazioni che seguono, tratte dal libro degli esercizi, esemplificano l'irrealtà implicita del pensiero. La prima di queste proviene dal contesto del titolo della lezione: "I miei pensieri non significano nulla":

Quest'idea va applicata a tutti i pensieri dei quali sei consapevole…Il motivo per cui l'idea è applicabile a tutti i tuoi pensieri, è che essi non sono i tuoi veri pensieri…non avrai alcun dubbio che quelli che una volta credevi fossero i tuoi pensieri non avevano alcun significato…Adesso l'accento è sulla mancanza di realtà di quello che pensi di pensare… Adesso stiamo mettendo in evidenza il fatto che la presenza di questi "pensieri" significa che tu non stai pensando. Questo è semplicemente un altro modo di ripetere l'affermazione precedente che in realtà la tua mente è vuota (Libro degli esercizi, p.18; L-pI-10.1:1-2,5;2:4; 3:2-3).

È a causa del fatto che i pensieri che pensi di pensare appaiono come immagini che non li riconosci come nulla. Tu pensi di pensarli, dunque pensi di vederli. (Libro degli esercizi, p.27; L.pI.15.1:1-2). Nulla eccetto i tuoi pensieri possono attaccarti.

Nulla, tranne i tuoi pensieri, può farti credere di essere vulnerabile. Nulla, tranne i tuoi pensieri, può provarti che non è così (Libro degli esercizi, p.42; L-pI.26.4:3-4).

Rivediamo il modo in cui superiamo questo dilemma letteralmente auto-imposto. Noi crediamo di avere effettivamente cambiato la Realtà accettando nella nostra mente il pensiero di poter essere separati dalla nostra Fonte. Così, con l'interposizione di una mente divisa e del processo identificato come pensare, abbiamo creduto di aver mutato la nostra vera Identità di Pensiero uno con Dio. Quando il filosofo francese del diciassettesimo secolo Cartesio disse: "Penso, perciò sono," stava in realtà facendo una affermazione basata sull'ego secondo la quale un essere che può pensare esiste. Ora, in qualità di studenti di Un corso in miracoli, possiamo considerare l'assunto e renderci conto che una affermazione basata sulla mente corretta sarebbe: "penso, perciò non sono." È così perché, come abbiamo già visto, il pensiero stesso è la negazione della nostra vera Identità come Pensiero unificato nella Mente della Fonte di ogni Pensiero. Questa è un'unità che, nuovamente, non permette alcuna distinzione dualistica tra pensatore e pensato, ed anche tra Creatore e creato.

Una volta che prendiamo pienamente atto di ciò, possiamo procedere con il processo di disfacimento chiamato Espiazione, accettando il pensiero di correzione dello Spirito Santo per ogni pensiero errato dell'ego che dapprima avevamo accettato nella nostra mente. La riluttanza, se non l'aperto rifiuto, di avere accesso al pensiero dello Spirito Santo di correzione dei nostri pensieri errati dell'ego, viene dal fatto che noi non siamo gli autori del copione di correzione, ma siamo in verità gli autori del copione scritto dalla mente sbagliata dell'ego. 

Il paradigma risultante può così essere riassunto come segue:

1) Diventiamo consapevoli che siamo identificati con la nostra mente sbagliata; 

2) Decidiamo attivamente di cambiare la nostra mente e così abbiamo accesso alla correzione nella nostra mente corretta; e 

3) Accettiamo la correzione, nonostante il fatto che l'"io" che si è identificato con la mente sbagliata sperimenterà questo cambiamento come un'offesa personale, perché questo sé non è l'origine del pensiero di correzione della mente corretta. 

Quando infine riusciamo a renderci conto che tutto il nostro pensare è costituito dal fare delle immagini, così come lo spiega Un corso in miracoli, abbiamo raggiunto un altro stadio del nostro viaggio verso casa. Successivamente, all'interno di questo processo dobbiamo tenere da qualche parte a mente l'idea che il tempo e l'intero mondo sono già finiti (Testo. p.625, T-28.I.1:6-7), e che stiamo semplicemente "rivedendo mentalmente ciò che è passato" (Libro degli esercizi, p. 300 L-pI.158.4:5). Questo è importante perché si possa comprendere che tutto il nostro pensare è semplicemente un meccanismo per avere accesso ad un copione che è già disfatto. Il risultato finale è che abbiamo una esperienza solo immaginata che sembra reale - tramite i trucchi magici dell'ego e i suoi colpi di mano - del mondo che è di per sé irreale e che è già finito molto tempo fa.

Infine, quando la correzione della mente corretta sarà stata totalmente accettata - l'accettazione dell'Espiazione - ed avremo lasciato andare tutta la colpa riguardo alla separazione che percepiamo, il sogno felice ci condurrà al mondo reale, nel quale comprenderemo finalmente che tutto ciò che abbiamo pensato o visto non è stato che un sogno di dualità e individualità. A questo punto accetteremo la verità che noi, come Gesù, siamo le manifestazioni dello Spirito Santo e così siamo "pensati", termine che descrive l'idea che noi non siamo l'origine dei nostri veri pensieri, ma che lo sono Gesù o lo Spirito Santo. Noi non cerchiamo più di interporre ciò che in precedenza abbiamo chiamato il nostro pensare, per bloccare questa consapevolezza. 

Si dovrebbe notare che insito in questo processo di disfacimento, cioè, l'essenza del perdono, c'è il requisito che si metta in dubbio ogni valore che possediamo (Testo, p.530; T-24.in.2:1). Nella sezione del testo, " La pratica dell'Istante Santo," Gesù ci sollecita così:

Nella tua pratica, quindi, cerca solo di essere vigile contro l'inganno e non cercare di proteggere i pensieri che hai intenzione di tenere per te. Lascia che la purezza dello Spirito Santo li dissolva col suo splendore, e porti tutta la tua consapevolezza ad essere pronta per la purezza che Egli ti offre. Così Egli ti preparerà a riconoscere che ospiti Dio e che non sei ostaggio di niente e di nessuno (Testo, p.335; T-15.IV.9:8-10; corsivo nostro).

Qui bisogna fare anche una importante puntualizzazione chiarificatrice. Gli studenti di Un corso in miracoli arriveranno a comprendere, in qualche stadio del loro viaggio, che se praticano veramente ciò che Gesù chiede loro, ed espongono al dubbio tutti i concetti che hanno su di sé - compreso il mondo e l'ambiente che hanno fatto per se stessi - sarà per loro evidente che ciò che hanno ospitato nella loro mente come pensieri necessariamente "svaniranno nel nulla dal quale sono venuti (Manuale, p.37; M-13.1:2). Questa comprensione, che può dare adito alla paura dell'annientamento del proprio sé inventato, viene espressa in questo modo vicino la fine del testo:

Non so che cosa sono e quindi non so cosa sto facendo, dove sono, o come vedere il mondo o me stesso. Tuttavia in questo apprendimento nasce la salvezza. E Ciò Che sei ti parlerà di Sé. (Testo, p. 699; T-31.V.17:7-9; corsivo omesso).

L'impatto e l'importanza della affermazione citata, dal punto di vista di questo articolo, è il fatto puro e semplice che l'ingresso nel mondo reale richiede l'abbandono di tutti i concetti di individualità e dell'importanza che avevamo precedentemente dato ai nostri pensieri. Un'altra chiarissima affermazione di questo principio la troviamo nel libro degli esercizi:

Fa semplicemente questo: resta quieto, e metti da parte tutti i pensieri di ciò che sei e di ciò che è Dio, tutti i concetti che hai imparato sul mondo, tutte le immagini che hai di te stesso. Svuota la tua mente da tutto quello che essa ritiene vero o falso, buono o cattivo, da ogni pensiero che essa giudica degno e da tutte le idee di cui ha vergogna. Non restare aggrappato a nulla. Non portare con te un solo pensiero che il passato ti abbia insegnato, né una sola credenza che tu abbia mai imparato in precedenza da qualsiasi cosa. Dimentica questo mondo, dimentica questo corso, e vieni con le mani completamente vuote al tuo Dio. (Libro degli esercizi, p.362; L-pI.189.7).

Il culmine di questo processo di disfacimento è sottolineato nella riga finale della succitata affermazione del testo: "E Ciò Che sei te lo dirà da Sé," che implica direttamente che siamo entrati nel regno dell' "assenza di pensiero" e perciò del "assenza del sé". Ciò permette l'albeggiare nella nostra mente del ricordo del nostro vero Sé come Pensiero: un'Idea di Amore illimitata e infinita, eternamente unita nella Mente del Creatore d'Amore. 

Come abbiamo già detto, catturare un barlume di questa Realtà unificata è impossibile nello stato di mente sbagliata, perché questa è la condizione dualistica delle cose specifiche e dell'essere speciali, è così non possiamo avere a che fare con l'astrazione totale, "la condizione naturale della mente" (Libro degli esercizi, p. 306;L.pI.161-2:1). Proprio a causa di questo dilemma, il punto adatto per cominciare sarebbe chiedere aiuto a Gesù o allo Spirito Santo per spostarsi nella mente corretta. Una "esperienza arriverà per porre fine al tuo dubitare" (Libro degli esercizi, p.300; L-pI.158.4:4) è il modo in cui Gesù ci assicura nel Corso che l'Unità di Creatore e creato, Fonte e Effetto, perverrà ad ogni mente quando sarà pronta a riceverla; ossia, quando la mente non avrà più paura della sua natura non specifica o astratta, e potrà perciò lasciare andare la credenza di essere qualcosa di specifico, di unico e individualizzato. 

L'essenza di questo processo - che ripeto è quello che Un corso in miracoli intende con perdono - che si compie scegliendo il miracolo, è imparare a distaccarsi dalla identificazione con il sé psicologico e fisico. Gesù reitera questo importante principio ai suoi studenti: "Questo è un periodo cruciale in questo corso, perché qui la separazione tra te [la mente] e l'ego deve essere completata" (Testo, p.501: T-22.II.6:1). Questo sé-ego è il personaggio del sogno che pensiamo di essere. Il miracolo ci permette di fare un passo indietro, unendoci a Gesù accanto a noi, così da poter guardare alla nostra vita - il sogno - con la sua visione non giudicante, dolce e di perdono, che abbiamo fatta nostra. Facendo così impariamo che colui che guarda il personaggio del sogno non può essere il personaggio del sogno che chiamiamo noi stessi. Come Gesù chiede retoricamente nel testo: "Chi è il "tu" che vive in questo mondo?" ( Testo, p.75; T-4.II.11:8). Quel "tu" è, naturalmente, il personaggio del sogno, mentre il vero e proprio "tu" è il sognatore, il simbolo del Corso che rappresenta il potere insito nella mente di inventare il suo mondo e tutti i personaggi che ne fanno parte. 

Il distacco da questa figura del sogno che noi sperimentiamo come noi stessi è l'inizio del processo di ricordare che in effetti siamo solo mente. Inoltre ci rendiamo conto che è stata soltanto una nostra scelta quella di rimanere nel sogno che ha causato gli eventi del sogno che abbiamo erroneamente chiamato nostra vita. Così apprendiamo che la causa del nostro dolore e della nostra sofferenza è la scelta dell'ego da parte della nostra mente, e le nostre infelici ( o "felici") vite sono l'effetto, non il contrario:

Restituiamo il sogno al sognatore che lo ha fatto, che percepisce il sogno come qualcosa di separato da se stesso e che gli viene fatto (Testo, p.622; T-27.VIII.6:1).

E questo viene più avanti amplificato in una discussione sul ruolo del miracolo:

Il miracolo non ti sveglia, ma ti mostra semplicemente chi è il sognatore. Ti insegna che c'è una scelta di sogni mentre sei ancora addormentato…Il miracolo stabilisce che stai facendo un sogno e che il suo contenuto non è vero. Questo è un passo cruciale nel rapportarsi con le illusioni. Nessuno ne ha paura quando percepisce di averle fatte lui. La paura era mantenuta perché non vedeva che era l'autore del sogno e non un personaggio nel sogno (Testo, p.630; T-28.II.4:2-3; 7:1-4; corsivo nostro).

Perciò, l'unico approccio al Dio vivente è permettere che le interferenze che abbiamo frapposto al ricordo di questa splendida Unità vengano eliminate da Gesù, che conosce questa Unità come la nostra sola Realtà condivisa. Come Un corso in miracoli dice di lui, e di tutti coloro i quali hanno accettato l'Espiazione per se stessi:

Ha riconosciuto se stesso come Dio lo ha creato e così facendo ha riconosciuto tutte le cose viventi come parte di lui. Non c'è limite al suo potere poiché è il potere di Dio. Così il suo nome è diventato il Nome di Dio, perché non si vede più separato da Lui. 

Cosa significa questo per te? Significa che ricordando Gesù ricordi Dio. In lui si trova l'intera relazione del Figlio con il Padre…Quindi rivolgiti a colui che ha messo da parte tutti i limiti ed è andato oltre il limite estremo dell'apprendimento. Egli ti porterà con sé, poiché non è andato da solo. E tu eri ora con lui allora, così come lo sei adesso. (Manuale, pp.62-63; M-23.2:6-8; 3:1-3; 6:8-10).

In verità, la nostra Identità è sempre stata presente nella nostra mente, attendendo di essere ricordata. Con l'aiuto di Gesù, queste interferenze al nostro ricordare possono essere trascese - anche se solo per un momento - e la nostra vera Realtà come Cristo, un perfetto Pensiero d'Amore senza limiti, può tornare alla consapevolezza della nostra mente. Questo ponte verso il Cielo giunge a noi tramite colui che non ha mai accettato alcun limite nel Sé che Dio creò come puro Pensiero. Ecco perché "l'intera relazione del Figlio con il Padre" è in Gesù e con Gesù. Il sentiero spirituale di Un corso in miracoli, così, non può essere fatto da soli e conto proprio, poiché tale assunto è ciò che in prima istanza ha causato la credenza nella separazione. Perciò il "me" che abbiamo inventato, con la sua miriade e moltitudine di concetti riguardo se stesso, è il vero e proprio blocco al Sé che è la vera creazione di Dio. 

All'interno del sogno, Gesù è per noi il riflesso della Realtà del Sé del Cristo che è interamente al di là del sogno. Perciò, tentare di ignorarlo o di tenerlo fuori dalla consapevolezza - espressione sottile del non perdono nei suoi confronti - sono i modi per assicurarsi il non riconoscimento del Cristo, il perfetto Pensiero d'Amore come Dio lo ha creato. Guarda la tua vita e afferma onestamente, senza inganno o colpa, come hai tentato di chiudere la porta a questo essere di Amore che è il vero ponte al Sé Che è Uno con la Sua Fonte. E poi chiedi il suo aiuto per accettare l'Espiazione ora, perché questo è il mezzo per disfare il sogno dualistico della separazione, e ripristinare al fine il ricordo di Chi siamo in qualità di unico Figlio di Dio.