D # 587: Ho problemi nel comprendere l’attacco come richiesta d’amore. Se un attacco è inteso allontanare l’amore perché si stava avvicinando troppo, come può allo stesso tempo esserne una richiesta?
R: L’attacco in ultima analisi è una reazione alla colpa e alla paura di venir distrutti da un Dio vendicativo. Nessuno attaccherebbe se non ci fosse al di sotto un’autoaccusa di peccato (aver dapprima attaccato Dio). Questo considerarsi peccatori porta ad una colpa insostenibile che viene proiettata e poi vista e attaccata (giudicata) negli altri. Ma abbinata a questa dinamica c’è una disperata supplica affinché ci venga detto che Dio non vuole il nostro sangue come rappresaglia per il peccato e inoltre che lo stecco attacco a Dio – da noi percepito – non è mai avvenuto.
In tal senso l’attacco è una richiesta d’amore e una richiesta che ci venga detto che ci siamo sbagliati. Stiamo tutti cercando una qualche prova convincente che dimostri che non siamo: "la dimora del male, dell’oscurità e del peccato" come tutti crediamo di essere (L.pI.93.1:1). Ecco perché in Un Corso in Miracoli veniamo addestrati a chiedere aiuto per percepire "in modo diverso": "C’è soltanto un’interpretazione delle motivazioni che abbia senso. E dal momento che è il giudizio dello Spirito Santo, non richiede assolutamente alcuno sforzo da parte tua. Ogni pensiero d’amore è vero. Tutto il resto è una richiesta di guarigione e di aiuto, indipendentemente dalla forma che assume" (T.12.I.3:1,2,3,4). Ci innalziamo a questo livello di percezione attraverso la nostra pratica del perdono.