D # 793: Esco con uno che ha perso la moglie in un incidente vent’anni fa. Si è poi risposato ed ha divorziato dopo quindici (infelici) anni di matrimonio. Dice che non ha amato un’altra donna da quando è morta la sua prima moglie. Lo voglio moltissimo, ma mi sento molto a disagio nello stare con qualcuno che non mi ama. Secondo Un corso in miracoli o c’è l’amore o la paura. Dal momento che non c’è amore, deduco ci sia paura. Posso comprendere da dove venga questa paura. La mia domanda è: Cosa mi consiglia il Corso? Come posso star bene in questa situazione e non prendermela a livello personale? Dovrei amare incondizionatamente senza aspettarmi nulla? Come posso farlo senza la paura di essere lasciata? Emozionalmente mi sento peggio ora rispetto a prima di incontrarlo, quando non ero in nessuna relazione.
R: E’ possibile amare qualcuno che non ricambia il nostro amore e che non ci dà le cose che pensiamo di cercare in una relazione? Dalla prospettiva del mondo no, almeno non senza una sensazione di sacrificio e perdita, con rabbia e risentimento sotterrate al di sotto e che ritornano in superficie di tanto in tanto. E sebbene il Corso ci conduca verso la possibilità di quel tipo di amore senza condizioni, non ce lo sta chiedendo ora in quanto suoi studenti. Se fossimo capaci di quel tipo di amore non avremmo bisogno del Corso, perché la nostra mente sarebbe già guarita e non staremmo cercando nessuno fuori di noi che soddisfi i nostri bisogni, compreso il bisogno di essere amati. Sapremmo con certezza che l’amore è già lì, presente nella nostra mente.
Gesù sa che non siamo ancora capaci di quel tipo di amore e così tramite il suo Corso ci invita ad imparare le lezioni di perdono che ci condurranno a questo tipo di amore. Le lezioni ci arrivano nel contesto delle nostre relazioni speciali e non dipendono, comunque, dal rimanere fisicamente in una relazione oppure no. Il Corso non si preoccupa di cosa facciamo, ma del modo in cui guardiamo quello che facciamo. Le relazioni ci portano di fronte ai limiti auto imposti che abbiamo accettato per restringere la nostra esperienza dell’amore. Ma per qualsiasi mancanza proviamo, noi cerchiamo di porre la colpa sui nostri partner relazionali e questo è di fatto lo scopo che l’ego ha per ogni nostra relazione. Tuttavia non sono gli altri a farci sentire deprivati, noi lo siamo (T.4.IV.3:3).
E così ogni relazione nella quale mi trovo pronto a giudicare l’altro per come mi sento, o per ciò che mi sembra sia mancante in me, può essere usata per uno scopo diverso. Con l’aiuto dello Spirito Santo può diventare lo specchio che mi permette di guardare nel profondo della mia mente per vedere l’accusa che ho nei miei confronti: che sono io colui che ha limitato l’amore mettendo i miei bisogni sopra a tutto e a tutti. Finché voglio vedere la colpa nell’altro non c’è nulla che io possa fare al riguardo. Ma quando la vedo dentro di me, ho una scelta se voler continuare a renderla reale tenendo lontano l’amore. Se sono disposto a lasciar entrare l’amore unendomi a Gesù nel guardare la mia colpa, l’auto accusa scompare, automaticamente sostituita dall’esperienza d’amore. E da questo luogo di unione perfetta riconoscerò nella paura dell’amore del mio partner lo stesso bisogno di guarigione che ho appena riconosciuto in me. E da quel luogo di interezza interiore non c’è nulla che debba essere fatto per permettere all’amore di fluire attraverso di me e abbracciare entrambi, me ed il mio partner, nell’amore di cui siamo già davvero parte. Non sarà mia cura che egli sia disposto ad accettare subito quell’amore, poiché vedrò entrambi nella stessa luce del perdono e saprò che il risultato è certo, indipendentemente da ciò che i nostri corpi possano fare.
Un bel passaggio del testo descrive questo processo:
“Fa' posto all'amore, che non hai creato tu, ma che puoi estendere. Sulla terra questo significa perdona tuo fratello, così che l'oscurità possa essere sollevata dalla tua mente. Quando la luce sarà venuta a lui tramite il tuo perdono, egli non si dimenticherà del suo salvatore, lasciandolo non salvato. Poiché è stato nel tuo volto che ha visto la luce che vorrebbe tenere al suo fianco, mentre cammina attraverso l'oscurità verso la luce eterna” (T.29:III.4; corsivo aggiunto).