Secondo gli insegnamenti di Kenneth Wapnick

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Ognuno sulla terra ha formato relazioni speciali e, sebbene non sia così in Cielo, lo Spirito Santo sa come portare loro un tocco di Cielo qui. 
(T.15.V.8:1)

Le relazioni speciali sono la roccaforte dell’ego. Sono basate sulla specialezza, ossia sul credere che tra di noi esistano delle differenze sostanziali che ci separano gli uni dagli altri. Abbiamo tutti bisogno di credere nella oggettiva sostanzialità di queste differenze, perché senza di esse non potremmo nutrire l’aspettativa di soddisfare i molteplici bisogni che crediamo di avere in quanto corpi. Nel mondo dell’illusione la specialezza è semplicemente un dato di fatto, e il Corso non ci chiede certamente di negarne l’evidenza. Tuttavia ci dice anche che questa specialezza, invece di portarci gioia ed appagamento come l’ego ingannevolmente sostiene, di fatto stritola le relazioni in una morsa distruttiva ed autodistruttiva.
Come uscire da questa impasse?
La soluzione, che viene dallo Spirito Santo, trasforma le relazioni in modo tale da portare in esse un “tocco di Cielo”, e contempla un modo diverso di usare il tempo. L’istante santo rappresenta questo uso diverso del tempo, perché è l’attimo di benedizione (ossia privo di colpa, passato/futuro e investimento nella realtà del corpo) che trasforma ogni relazione speciale in una relazione santa. E la benedizione presente nell’istante santo non è limitata: non c’è relazione- per quanto dolorosa e angosciante possa sembrare- che non venga istantaneamente trasformata nel suo esatto opposto nel momento in cui la mente accetta per essa la correzione ed il tempo dello Spirito Santo invece dell’errore e del tempo dell’ego.

Tutte le tue relazioni sono benedette nell’istante santo, perché la benedizione non è limitata. 
(T.15.V.10:1)

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A causa della colpa, tutte le relazioni speciali hanno elementi di paura in esse.
Ecco perché cambiano e variano così frequentemente.
Non sono basate solo sull’amore immutabile. E dove la paura è entrata, non si può contare sull’amore perché non è perfetto. 
(T.15.V.4:1-4)

Le relazioni speciali, nonostante tutte le pretese e le promesse dell’ego, non hanno nulla a che fare con l’amore. Sono basate sulla specialezza, a sua volta basata sulla necessità di soddisfare dei bisogni, sull’investimento nel giudizio e sull’attaccamento al passato. A questo scopo la mente, che crede di avere dei bisogni, seleziona la percezione in modo da vedere negli altri solo dei corpi, ossia quelle componenti speciali che le permetteranno di soddisfare proprio quei bisogni speciali che percepisce in sé. Questa predazione genera colpa, e la colpa induce paura. Questo meccanismo percettivo, escogitato brillantemente dall’ego per soddisfare i nostri bisogni con la pretesa di difenderci dalla carenza e dalla solitudine, in realtà rafforza carenza e solitudine, perché – generando colpa e paura- esclude automaticamente l’amore dalla nostra consapevolezza. E senza amore non può che esserci isolamento e vuoto interiore.
Ecco perché due capitoli più avanti il Corso afferma:

È essenziale rendersi conto che tutte le difese fanno ciò da cui vorrebbero difendere. 
(T.17.IV.7:1)

Le difese, cioè i meccanismi percettivi dell’ego basati sul giudizio, focalizzati sul corpo e sul passato e volti a difenderci dalla solitudine e dal senso di carenza, di fatto rafforzano questa solitudine e questo senso di carenza, perché escludono dalla mente la presenza dell’amore.
L’amore può essere sperimentato solo nell’istante santo, che è il momento presente, privo di colpa/paura e della consapevolezza del corpo. In esso risiede la pace.

Nell’istante santo la condizione dell’amore è soddisfatta, perché le menti sono unite senza l’interferenza del corpo, e dove c’è comunicazione c’è pace. 
(T.15.XI.7:1)

-253-

Nella Sua funzione di Interprete di ciò che hai fatto, lo Spirito Santo usa le relazioni speciali, che hai scelto per sostenere l’ego, come esperienze di apprendimento per indicare la verità. Col Suo insegnamento ogni relazione diventa una lezione d’amore. 
(T.15.V.4:5-6)

Abbiamo visto negli ultimi tre spunti (per rileggerli cliccare qui) che l’ego nella nostra mente dirotta la percezione in modo tale da individuare negli altri solo ciò che gli permette di soddisfare egoisticamente i propri bisogni. Per farlo ha bisogno del giudizio, e ancor prima ha bisogno del passato, che gli fornisce la base su cui costruire ogni sorta di giudizio.
Su questi cardini (passato, giudizio e percezione) l’ego costruisce il suo schema di riferimento che gli permette di instaurare nella sua mente delle relazioni speciali con gli altri.
Questo è il modo in cui funziona il suo sistema difensivo, che nelle intenzioni dell’ego dovrebbe proteggere la mente dalla solitudine e dal vuoto interiore, ma- come ci informa puntualmente il Corso- di fatto li rafforza all’interno della mente stessa, perché i maneggi dell’ego escludono proprio quella consapevolezza dell’amore che rappresenta l’unica possibilità che la mente ha per uscire dal proprio stato di vuoto e solitudine.

È essenziale rendersi conto che tutte le difese fanno ciò da cui vorrebbero difendere. 
(T.17.IV.7:1)

Lo Spirito Santo risponde puntualmente a tutti i deliri dell’ego, annullandone l’impatto distruttivo e autodistruttivo. La Sua Risposta si trova nell’istante santo, risolutivo e guaritore perché riflette all’interno dell’illusione la conoscenza e l’amore di Dio. In esso, invece dei giudizi basati sul passato, potremo fare l’esperienza di condividere con gli altri gli stessi interessi e lo stesso obiettivo, un’esperienza che ci fa sperimentare l’amore all’interno della nostra mente.

L’istante santo riflette la Sua conoscenza portando via ogni percezione del passato, eliminando così lo schema di riferimento che hai costruito per giudicare i tuoi fratelli. Una volta che questo sarà svanito, lo Spirito Santo lo sostituirà con il Suo schema di riferimento…. Perché nell’istante santo, libero dal passato, vedi che l’amore è in te, e non hai bisogno di guardare fuori e strappare colpevolmente l’amore da dove pensavi che fosse. 
(T.15.V.9:3-4;7)

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Come abbiamo visto le scorse settimane (cliccare qui per rileggere gli spunti relativi) l’istante santo ripristina nella nostra mente quel contenuto d’amore che la relazione speciale aveva celato, seppellendolo sotto strati e strati di apparenti difese. Allo scopo di difendersi dall’angosciante solitudine conseguente alla minuscola folle idea ogni mente -sotto la guida dell’ego- aderisce ad un piano, che consiste nel cercare all’esterno di sé qualcuno o qualcosa con cui completarsi in modo speciale. Per farlo seleziona la percezione in modo da costruire un’immagine – in qualche modo paragonabile in positivo o in negativo ad una qualche ombra del passato- che possa soddisfare i suoi bisogni. E a questo punto si innamora di questa immagine virtuale, totalmente inventata. Questo schema difensivo in realtà non funziona, come il paragrafo seguente illustra chiaramente.

Non puoi amare parti della realtà e comprendere che cosa significhi l’amore. Se non ami come ama Dio, Che non conosce amore speciale, come puoi comprenderlo? Credere che le relazioni speciali, in cui c’è amore speciale, ti possano offrire la salvezza è credere che la separazione sia la salvezza. Perché è nella completa uguaglianza dell’Espiazione che si trova la salvezza. Come puoi decidere che alcuni aspetti speciali della Figliolanza possano darti più di altri? Il passato te lo ha insegnato. Ma l’istante santo ti insegna che non è così. 
(T.15.V.3)

Nell’istante santo, infatti, salta all’aria il sistema di pensiero dell’ego, basato sul passato/futuro, sulla colpa e sulla credenza nella realtà del corpo, e volto alla costante soddisfazione di un’innumerevole quantità di bisogni, spesso in conflitto tra di loro. Al suo posto compare un nuovo schema di riferimento, dove il bisogno da soddisfare è uno solo: sperimentare quella pace interiore che, riflettendo l’Amore di Dio, ci indica la strada per raggiungerLo.

Nell’istante santo non c’è conflitto di bisogni, perché ce n’è uno solo. Perché l’istante santo raggiunge l’eternità e la Mente di Dio. Ed è solo là che l’amore ha significato, e solo là può essere capito. 
(T.15.V.11:4-6)

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Nella quarta sezione del capitolo 17 del testo vengono affrontati alcuni dei grandi temi del Corso, che ho esposto a più riprese negli ultimi spunti (per rileggerli cliccare qui): la natura distruttiva del sistema difensivo dell’ego, la differenza fra forma e contenuto, la natura delle relazioni speciali e infine l’uso corretto o spirituale del tempo. Tuttavia questi temi non vengono trattati in modo astratto, come succede in altre parti del libro. Vengono collegati tra di loro mediante un’immagine di facile comprensione: quella di un quadro e della cornice che lo racchiude. Usando questa simbologia, il Corso cerca di farci riflettere prima di tutto sulla differenza tra la forma ed il contenuto. Ovviamente il quadro è il contenuto, mentre la cornice è la forma.
L’ego ci offre un quadro di morte circondato da una cornice estremamente imponente e vistosa, che ha lo scopo di attrarre tutta la nostra attenzione, in modo da distrarci dal contenuto che sta all’interno. In altri termini, l’ego ci spinge a portare tutta la nostra attenzione sulla forma (l’attrattiva che le relazioni speciali esercitano su di noi) perché non vediamo il contenuto distruttivo che contengono. E in questo modo ci offre morte e distruzione senza che ce ne accorgiamo.
Leggiamo insieme la descrizione di questo quadro:

La relazione speciale ha la cornice più imponente e ingannevole di tutte le difese che l’ego usa. Il suo sistema di pensiero è qui offerto circondato da una cornice così pesante ed elaborata che il quadro è quasi cancellato dalla sua struttura imponente. Nella cornice è intessuta ogni sorta di illusione d’amore chimerica e frammentata, intrecciata con sogni di sacrificio e vanagloria, e intessuta con fili dorati di autodistruzione. Il luccichio del sangue brilla come rubini, e le lacrime sono sfaccettate come diamanti e rilucono nella tenue luce nella quale viene fatta l’offerta. 
(T.17.IV.8)

Ma, di fronte alla trappola che l’ego ci tende, offrendoci un dono solo apparentemente gradevole e lusinghiero, il Corso ci rivolge l’invito accorato a non farci ingannare, e a guardare fino in fondo il contenuto che si cela dietro l’apparente attrattiva delle relazioni speciali.

Guarda il quadro. Non permettere alla cornice di distrarti. Questo dono ti viene dato per la tua dannazione, e se lo prendi crederai di essere dannato. Non puoi avere la cornice senza il quadro. Ciò a cui dai valore è la cornice, perché non vedi conflitto in essa. Tuttavia la cornice è solo l’involucro del dono del conflitto. La cornice non è il dono. Non farti ingannare dagli aspetti più superficiali di questo sistema di pensiero, perché questi aspetti racchiudono l’intero, completo in ogni aspetto. Nel regalo scintillante si nasconde la morte. Che il tuo sguardo non si soffermi sul luccichio ipnotico della cornice. Guarda il quadro, e renditi conto che è la morte che ti viene offerta. 
(T.17.IV.9)

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La scorsa settimana (cliccare qui per rileggere lo spunto) abbiamo visto come l’ego ci inganna spingendoci a portare tutta la nostra attenzione sulla forma – l’attraente soddisfacimento dei bisogni offerto dalla relazione speciale- allo scopo di farci accettare il dono di morte che essa contiene.
Abbiamo anche visto che per rendere più comprensibile questo concetto il Corso usa un simbolo molto chiaro: un quadro e la sua cornice. Ci spiega che – per farci accettare il quadro- l’ego lo circonda con una cornice estremamente attraente, e noi cadiamo nella sua trappola facendoci scioccamente soggiogare dalla cornice senza guardare il quadro e mettere in discussione il contenuto di morte al suo interno. Per questa ragione il Corso ci invita con molta enfasi a guardare attentamente cosa si nasconde dietro l’attrattiva delle relazioni speciali:

Guarda il quadro. Non permettere alla cornice di distrarti…..Non puoi avere la cornice senza il quadro. Ciò a cui dai valore è la cornice, perché non vedi conflitto in essa. Tuttavia la cornice è solo l’involucro del dono del conflitto. La cornice non è il dono. Non farti ingannare dagli aspetti più superficiali di questo sistema di pensiero, perché questi aspetti racchiudono l’intero, completo in ogni aspetto. Nel regalo scintillante si nasconde la morte. Che il tuo sguardo non si soffermi sul luccichio ipnotico della cornice. Guarda il quadro, e renditi conto che è la morte che ti viene offerta. 
(T.17.IV.9:1-2; 4-11)

Tuttavia nella stessa sezione, dopo un paio di paragrafi, il Corso ci presenta anche un altro quadro, con la sua brava cornice. Anch’esso è un dono, che questa volta ci viene offerto dallo Spirito Santo. È l’istante santo. La cornice di questo secondo quadro è appena visibile, perché il dono può essere accettato solo se portiamo la nostra piena attenzione al contenuto di vita che contiene, senza farci distrarre dalla forma che lo circonda.

L’istante santo è una miniatura del Cielo, mandata a te dal Cielo. È anch’esso un quadro racchiuso in una cornice. Tuttavia se accetti questo dono non vedrai affatto la cornice, perché il dono può essere accettato solo se sarai disposto a focalizzare tutta la tua attenzione sul quadro. L’istante santo è una miniatura dell’eternità. 
(T.17.IV.11:1-4)

Ci vengono offerti due doni: uno è un dono di morte, quasi invisibile, perché circondato dalla forte ed ingannevole lusinga della relazione speciale. L’altro è il dono di vita dell’istante santo, lievemente racchiuso all’interno della cornice delle relazioni sante.
Quale dei due vogliamo scegliere?

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Ti vengono offerti due doni. Ciascuno è completo e non può essere accettato parzialmente. Ciascuno è un quadro di tutto ciò che puoi avere, visto in modi molto differenti. 
(T.17.IV.12:1-3)

Usando la simbologia di due quadri circondati dalle rispettive cornici, il Corso mette a fuoco la natura dei due sistemi di pensiero che si trovano all’interno della mente di ognuno di noi.
Il primo quadro ci viene offerto dall’ego ed è un dono di morte. È circondato da una cornice estremamente elaborata e pesante che ha lo scopo di distogliere l’attenzione dal quadro stesso e quindi di proteggerlo e difenderlo. Perché? Perché è un quadro di morte, e nessuno lo sceglierebbe se lo vedesse veramente. Questo è lo scopo delle relazioni speciali: distrarci, obbligandoci a concentrarci sul mondo esterno e distogliendo la nostra attenzione dalla mente dell’ego e dal suo contenuto distruttivo e autodistruttivo. In questo modo l’ego ci imprigiona senza che ce ne accorgiamo.
Il secondo quadro ci viene invece offerto dallo Spirito Santo ed è un dono di vita. È circondato da una cornice leggera, che non ha lo scopo di mettere il quadro che sta all’interno in secondo piano, ma vuole esporlo pienamente alla luce perché possa essere visto il più chiaramente possibile. Questo è lo scopo delle relazioni sante: portarci gradualmente a riscoprire quella luce che si trova all’interno di noi, e che l’ego aveva coperto con i suoi meccanismi proiettivi.

Non puoi paragonare il loro valore paragonando un quadro a una cornice. Devono essere solo i quadri che paragoni, o il paragone sarà completamente privo di significato. Ricorda che il dono è il quadro. E solo su questa base sei veramente libero di scegliere. Guarda i quadri. Entrambi. Uno è un minuscolo quadro, difficile da vedere tra le pesanti ombre della sua cornice enorme e sproporzionata. L’altro ha una cornice leggera ed è appeso nella luce, bello da vedere per quello che è. 
(T.17.IV.12:4-11)

È interessante la precisazione che il Corso fa a questo punto: noi tendiamo a paragonare un quadro ad una cornice. In altri termini siamo propensi a mettere a confronto la grandiosità delle relazioni speciali (e l’apparente soddisfazione che ci procurano in termini di importanza personale, senso di trionfo, soddisfazione dei bisogni percepiti, ripristino dell’autostima ferita, e così via) alla calma interiore dell’istante santo, che – se pure ci offre la grandezza- certamente non ci offre alcuna speciale grandiosità. È qui che l’invito del Corso si fa più pressante ed accorato: non bisogna paragonare una cornice ad un quadro, ma mettere a confronto i due quadri fra di loro: la morte rispetto alla vita, l’oscurità rispetto alla luce, il dolore rispetto alla pace interiore, la colpa rispetto alla santità, i circoli viziosi del passato e del futuro rispetto alla liberazione del presente, la credenza di essere dei corpi separati e speciali all’esperienza di essere delle menti che condividono gli stessi interessi. Solo in questo modo potremo scegliere con cognizione di causa cosa vogliamo veramente scegliere.
Ma per paragonare i due quadri, bisogna prima vederli chiaramente. E questo implica la necessità di distogliere l’attenzione dalla imponente cornice del quadro dell’ego- i falsi vantaggi delle relazioni speciali- portando tutta la nostra attenzione al contenuto di morte che si cela al loro interno. Una volta che avremo visto chiaramente che razza di dono ci stava offrendo l’ego, sarà inevitabile scegliere il dono dello Spirito Santo ed il suo contenuto di vita. E per farlo basterà cambiare lo scopo della relazione. In questo modo la relazione diverrà santa.
Mentre prima- nel suo status di specialezza- lo scopo della relazione era di distrarci dal contenuto, adesso – nel suo status di santità- il suo scopo è quello di incorniciare leggermente la sfolgorante luminosità dell’istante santo, che riempie di luce la nostra vita.

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Ti vengono offerti due doni. Ciascuno è completo e non può essere accettato parzialmente. Ciascuno è un quadro di tutto ciò che puoi avere, visto in modi molto differenti. 
(T.17.IV.12:1-3)

I due doni di cui il Corso sta parlando qui sono i due sistemi di pensiero dell’ego e dello Spirito Santo.
Uno - derivato dalla credenza nella minuscola folle idea di separazione da Dio - è un angosciante dono di morte. L’altro - basato sull’Espiazione, ossia la correzione proposta dallo Spirito Santo della minuscola folle idea - è un luminoso quadro di vita. Uno ci fa affondare nelle paludi delle colpe passate e delle aspettative future. L’altro ci ancora stabilmente alla luce guaritrice dell’istante santo.
Entrambi sono circondati da una cornice: le relazioni della nostra vita. Saranno relazioni basate sulle specialezza - e quindi definite relazioni speciali - quelle che incorniciano il quadro di morte dell’ego. E saranno relazioni basate sull’assenza di colpa - e quindi definite relazioni sante - quelle che incorniciano il quadro dell’istante santo offerto dallo Spirito Santo.
Le relazioni della nostra vita sono solo delle cornici, delle forme. Quello che conta è il contenuto che sta al loro interno. L’enorme importanza che siamo soliti dare alla forma delle nostre relazioni è una manovra precisa dell’ego per distoglierci dal vero obiettivo: il risveglio della mente. Tuttavia non possiamo nemmeno ignorarle, né il Corso ci chiede di farlo! La correzione che ci propone è di cambiarne lo scopo, passando così dal contenuto di morte proposto dall’ego al contenuto di vita proposto dallo Spirito Santo.
La cornice che circonda il quadro di morte dell’ego è imponente ed invadente perché obbedisce allo scopo di attrarre tutta la nostra attenzione ed impedirci di vedere cosa l’ego ci sta propinando veramente. In altri termini tutta l’attrattiva delle relazioni speciali è in realtà una manovra dell’ego volta a distrarci e farci perdere del tempo.
La cornice che circonda il quadro di vita dello Spirito Santo è leggera, e non distoglie l’attenzione dalla luce dell’istante santo che sta al suo interno. Lo scopo di questa cornice è di rendere perfettamente chiaro ciò che contiene senza interferire con alcuna distrazione.

Il quadro del Cielo e dell’eternità diventa sempre più convincente man mano che lo guardi. E ora, in un vero confronto, può finalmente avere luogo una trasformazione di entrambi i quadri. A ciascuno è assegnato il suo giusto posto quando entrambi vengono visti uno in relazione all’altro. Il quadro oscuro, portato alla luce, non viene percepito come spaventoso, ma ti rendi conto che è soltanto un quadro. E riconoscerai ciò che vedi in esso per ciò che è:un quadro di ciò che pensavi fosse reale, e niente di più. Perché al di là di questo quadro non vedrai nulla.
Il quadro della luce, in netto e inequivocabile contrasto, è trasformato in ciò che c’è al di là del quadro. Mentre lo guardi ti rendi conto che non è un quadro ma una realtà. Non è la rappresentazione figurata di un sistema di pensiero, ma il Pensiero stesso. Ciò che rappresenta è lì. La cornice svanisce dolcemente e Dio sorge alla tua memoria, offrendoti l’intera creazione in cambio del tuo piccolo quadro, totalmente senza valore e interamente privo di significato. 
(T.17.IV.14:3 - 15:5)

In sostanza, il quadro che raffigura il sistema di pensiero dell’ego perde tutta la sua componente spaventosa e appare per quello che è stato fin dall’inizio: un nulla senza significato né valore. Invece il quadro dello Spirito Santo, che raffigura il sistema di pensiero presente nell’istante santo, si rivela essere il riflesso del Pensiero di Dio, capace di divenire il Pensiero stesso.
Che magnifica descrizione del passaggio dal mondo reale al Cielo! L’istante santo è la via verso il Cielo, e sceglierlo è il modo per risvegliarci alla Conoscenza.
Chi può ancora esitare nella scelta fra i due quadri, di fronte ad una prospettiva del genere?

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Mancano pochi giorni al Natale, tradizionale tempo di doni…..
E di doni stiamo parlando da qualche settimana (per rileggere gli spunti cliccare qui) : i due doni che ci vengono offerti dall’ego e dallo Spirito Santo, i due sistemi di pensiero a cui ognuno di noi può accedere liberamente dentro alla sua mente. 
Abbiamo visto ripetutamente che questi doni sono descritti in una celebre sezione del capitolo 17 come se fossero due quadri, circondati dalla cornice delle relazioni della nostra vita. 
Con questa bella immagine il Corso ci dice che in ogni relazione – a seconda dello scopo che scegliamo di darle- troveremo i doni dell’ego o quelli dello Spirito Santo. L’ego ci regala un sistema di pensiero di morte, paura, angoscia, colpa, assoluta mancanza di speranza, costantemente orientato al passato e al futuro e assolutamente convinto della realtà del mondo dei corpi. Lo Spirito Santo invece ci regala un sistema di pensiero di gioiosa pace interiore, di forza, di libertà, di amore e di luce. L’ego ci offre la morte. Lo Spirito Santo ci offre la vita. 
Cosa vogliamo ricevere? 
La scelta è veramente nelle nostre mani, perché - come il Corso spiega in molti punti- dare e ricevere sono la stessa cosa . (Proprio a questo argomento ho dedicato una serie di spunti, dal 240 al 247. Per rileggerli cliccare qui)

In verità dare e ricevere sono una cosa sola 
(L.pI.108)

Dunque che dono vorremo offrire in questo periodo natalizio, per poterlo ricevere? Il dono di morte o il dono di vita? La pace o l’attacco? Il ricordo delle accuse passate o la quiete dell’istante santo? Le promesse future magari strappate con ricatti e lusinghe, o la calma certezza dell’istante presente privo di colpa? L’attacco o il perdono? Questi sono i doni- i soli doni - che possiamo offrirci reciprocamente. E di conseguenza sono i soli doni che possiamo ricevere. 
Cominciamo a pensarci…. 
…..È quasi Natale!......

-260-

Anche quest’anno celebriamo il Natale con la meravigliosa preghiera che conclude l’ultima sezione del capitolo 15, sul quale ci siamo soffermati nel corso dell’autunno per esaminare il rapporto che il Corso stabilisce fra l’istante santo e le relazioni speciali (per rileggere gli spunti, cliccare qui) È una sezione dedicata al Natale e- in linea con gli argomenti trattati nel capitolo- ci propone un meraviglioso dono natalizio da porgere a tutti i nostri fratelli e sorelle. 
È un dono di pace e di perdono, capace di portare anche nella nostra vita quella pace e quel perdono che rappresentano la nostra massima - anche se spesso negata - aspirazione. 
Scegliamo dunque un attimo nel quale sospendere - solo per un attimo!- tutto il giudizio, la colpa, e la credenza di essere veramente dei corpi… 
Un attimo - ancora e solo un attimo!- nel quale separare questo preciso secondo e sentirlo senza tempo … Un attimo -sempre e soltanto un attimo!- nel quale prendere coscienza del costo altissimo che stiamo pagando per mantenere nella nostra mente un sistema di pensiero di morte... 
Un attimo -alla fine si tratta solo di un attimo!- nel quale, dal profondo del cuore, chiedere allo Spirito Santo di aiutarci a sperimentare quella pace che non è di questo mondo……

Dì quindi a tuo fratello: 

Ti do allo Spirito Santo come parte di me stesso. 
So che sarai liberato a meno che io non voglia usarti per imprigionare me stesso. Nel nome della mia libertà scelgo la tua liberazione, perché riconosco che saremo liberati insieme. 
(T.15.XI.10:4-7)

-261-

Questo è il tempo in cui un nuovo anno nascerà presto dal tempo di Cristo. Ho fede assoluta nel fatto che farai tutto ciò che vorrai compiere. Niente mancherà e tu renderai completo e non distruggerai. Dì quindi a tuo fratello:

Ti do allo Spirito Santo come parte di me stesso.
So che sarai liberato a meno che io non voglia usarti per imprigionare me stesso.
Nel nome della mia libertà scelgo la tua liberazione, perché riconosco che saremo liberati insieme.

Così l’anno inizierà con gioia e libertà. C’è molto da fare e abbiamo procrastinato parecchio. Accetta l’istante santo mentre nasce quest’anno, e prendi il tuo posto, lasciato vacante così a lungo, nel Grande Risveglio. Fa che quest’anno sia differente rendendolo tutto uguale. E permetti a tutte le tue relazioni di essere fatte sante per te.
(T.15.XI.10)

-262-

Ben ritrovati!
Da molto tempo ci stiamo concentrando sul tema del perdono.
Abbiamo iniziato con lo spunto 73 (cliccare qui per rileggerlo) evidenziando il fatto che il significato del termine è diverso da quello usuale. Questo è proprio quanto sta scritto in un passaggio tratto dalla prefazione di Un Corso in Miracoli:

Il perdono è il grande aiuto nell’apprendimento offertoci dallo Spirito Santo per compiere questo capovolgimento del nostro sistema di pensiero. Tuttavia, il Corso ha la sua specifica definizione di cos’è in realtà il perdono, proprio come ha una propria definizione del mondo. 
(Pref. p. IX)

Negli spunti successivi (dal 74 al 79) ho cercato di evidenziare in cosa consista questa differenza sostanziale: mentre normalmente il perdono viene applicato ai fatti, alle situazioni, alle persone, il Corso ci propone invece di perdonare l’interpretazione che ne diamo, in base all’assunto che la nostra sofferenza non dipende dalle cose in sé, ma dal nostro modo di percepirle. In effetti le prime 3 lezioni del libro degli esercizi ci offrono proprio questo tipo di riflessione.
Nello spunto 80 ho proposto la lettura di un utilissimo brano di Kenneth Wapnick intitolato "Il processo del perdono: tre passi" tratto dal suo libro Forgiveness and Jesus non ancora tradotto in italiano. E’ un brano nel quale Kenneth sintetizza non solo il significato, ma anche il procedimento del perdono, descrivendo chiaramente i tre passi in cui il Corso lo articola, passi che Kenneth ricava da un’altra celebre citazione, tratta questa volta dalla lezione 23 del libro degli esercizi:

…tu non sei intrappolato nel mondo che vedi, perché se ne può cambiare la causa. Questo cambiamento richiede che la causa venga prima identificata e poi lasciata andare, in modo che possa essere sostituita. I primi due passi di questo procedimento richiedono la tua collaborazione. Quello finale no. Le tue immagini sono già state sostituite. Facendo i primi due passi vedrai che è così. 
(L-pI.23.5)

Negli spunti successivi ci siamo concentrati essenzialmente sul primo passo. Dalla prossima settimana vedremo come.

-263-

… tu non sei intrappolato nel mondo che vedi, perché se ne può cambiare la causa. Questo cambiamento richiede che la causa venga prima identificata…. 
(L-pI.23.5:1-2)

Il primo passo del perdono consiste nell’identificare la causa della nostra sofferenza: essa non risiede in quello che ci è stato fatto, ma nell’interpretazione che ne diamo. In altri termini il primo passo riconosce che il problema non è nel mondo esterno alla nostra mente, ma dentro la mente stessa. 
Ecco come Kenneth Wapnick descrive questo primo passo in un brano che ha dedicato al procedimento del perdono:

“Fintanto che sosteniamo che il problema non è in noi, ma in qualcun altro, la nostra attenzione sarà stata deviata con successo dalla fonte del problema. L’ego fissa la nostra attenzione lontano dalla colpa e, convincendoci che essa non è dentro di noi, dedichiamo la nostra attenzione a correggere il problema dove non è. Tutta la proiezione ha questo come proprio scopo: essere una distrazione o una cortina fumogena cosicché noi non si possa mai guardare all’interno, dove il problema è in realtà”. (estratto da Forgiveness and Jesus- Il processo del perdono: i tre passi . (Per rileggerlo cliccare qui)

Ho dedicato parecchi spunti a cercare di comprendere la dinamica della proiezione, come funziona e soprattutto perché la mettiamo in atto.
Abbiamo visto che serve alla mente separata per negare e allontanare da sé un’emozione dolorosissima e primordiale, il senso di colpa, che secondo il Corso ha una origine metafisica: è il risultato della cosiddetta “minuscola folle idea”, l’errata credenza nella separazione da Dio, nostro Padre e nostra Fonte.
Abbiamo visto inoltre una dinamica molto efficace dell’ego che gli permette di rendere reale e credibile la proiezione: il capovolgimento del principio di causa-effetto, in base al quale la mente, che è la vera causa delle nostre esperienze, sembra divenirne effetto, mentre il mondo, che in realtà è l’effetto della mente, sembra divenirne la causa. Grazie a questo capovolgimento una frase che il Corso considererebbe completamente priva di significato come “mi hai fatto arrabbiare”, sembrerà invece logica e sensata, perché corrisponde a quanto sperimentiamo con i nostri sensi. Mentre l’espressione “sono io ad aver scelto di essere arrabbiato per poter proiettare su di te un senso di colpa che ho negato ma che si trova dentro la mia mente e che non riesco a gestire” sembrerà inutilmente complicata e difficile da accettare.
Infine abbiamo visto come la dinamica della proiezione, invece di risolvere il problema della gestione della colpa, lo complica ulteriormente, perché stritola la mente in una catena ininterrotta di circoli viziosi.
Gli spunti in cui ho cercato di presentare sia questi tre aspetti (proiezione, principio di causa effetto, circoli viziosi) che la loro concatenazione, vanno dal numero 86 al numero 119. Per rileggerli cliccare qui.

Forse sarà utile ricordare che nessuno può arrabbiarsi nei confronti di un fatto. E’ sempre un’interpretazione che suscita emozioni negative, indipendentemente dalla loro apparente giustificazione da parte di ciò che si presenta come un fatto. Indipendentemente, anche, dall’intensità della rabbia che viene suscitata. 
(M-17.4:1-3)

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Nella nostra indagine sul primo passo del perdono ci siamo soffermati anche su un altro aspetto estremamente importante: il tema dell’identicità e della differenza, che ne è una componente inscindibile. 
Il primo passo non richiede solo che ci assumiamo la responsabilità delle nostre proiezioni – riconoscendo che la nostra sofferenza non è determinata da quanto ci viene fatto, ma dal modo in cui noi lo percepiamo- ma richiede anche che poco alla volta riconosciamo che il problema che sta alla base di tutte le nostre proiezioni è uno solo: la presunta separazione da Dio. Allo stesso modo è una e una sola la soluzione a quell’unico problema: il Corso chiama Espiazione questa soluzione proposta dallo Spirito Santo, spiegando più e più volte che tale termine significa “correzione”.

La tentazione di considerare i problemi come molteplici è la tentazione di mantenere irrisolto il problema della separazione. Il mondo sembra presentarti un vasto numero di problemi, ognuno dei quali richiede una risposta diversa. Questa percezione ti mette in una condizione in cui la tua capacità di risolvere i problemi deve essere inadeguata, ed il fallimento è inevitabile. 
Tutta questa complessità non è che un disperato tentativo di non riconoscere il problema, e quindi di non permettere che sia risolto. Se riuscissi a riconoscere che il tuo solo problema è la separazione, indipendentemente dalla forma che assume, potresti accettare la risposta perché vedresti che è pertinente. Percependo la costante che sta alla base di tutti i problemi con cui sembri trovarti a confronto, capiresti che hai il mezzo per risolverli tutti. E useresti il mezzo, perché riconosci il problema. 
(L-pI-79.4,6)

Senza questa importante precisazione, potremmo essere portati a credere che ogni proiezione sia il risultato di un problema diverso, e il perdono non potrà servire a disfare il senso di separazione, e favorire quell’esperienza di unità che ne costituisce il vero scopo. Senza la comprensione dell’identicità di tutte le proiezioni (e senza l’esperienza graduale di essa, che il Corso definisce “generalizzazione”), non potremo pertanto né comprendere né arrivare a sperimentare il primo principio dei miracoli, che sancisce l’indifferenziazione di tutti i miracoli.

Non c’è ordine di difficoltà nei miracoli. Uno non è “più difficile” o “più grande” di un altro. Sono tutti uguali. Tutte le espressioni d’amore sono massimali. 
(T-1-I-1)

A questo importantissimo tema abbiamo dedicato gli spunti 129-158.
Per rileggerli cliccare qui.

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L’ultimo aspetto del primo passo del perdono che ho preso in considerazione negli spunti trattati in questa scuola del Corso è il tempo, un argomento molto importante a cui il Corso dedica ampio spazio. L’ego usa il tempo per rafforzare in noi il senso di colpa e impedirci di metterlo in discussione. Lo fa in modo molto sottili, per esempio trasformando il senso di colpa in aspettativa del cambiamento, in pianificazione, in desiderio di vendetta o risarcimento, ecc. Dato che – con la complicità del fattore tempo- il senso di colpa avrà assunto delle forme diverse e ingannevoli, non ci accorgeremo più di celarlo nella nostra mente, e quindi ci sarà difficile assumercene la responsabilità. Quindi un aspetto essenziale del primo passo del perdono del perdono è imparare a riconoscere la colpa celata nel nostro attaccamento al passato nelle varie forme che assume; imparare a vederne il costo in termini di perdita della pace interiore e infine metterla in discussione.
A questo tema importantissimo ho dedicato gli spunti 177-206, mentre gli spunti 207-248 sono stati dedicati all’uso, diametralmente opposto, che lo Spirito Santo fa del tempo.
Per rileggerli cliccare qui.

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Negli ultimi spunti (per rileggerli cliccare qui) ho riassunto gli aspetti chiave del primo passo del perdono, rimandando i lettori alle trattazioni che ho fatto negli anni passati, per poter compiere un ripasso più dettagliato. 
Per chiarire ulteriormente l’argomento, possiamo dire che il primo passo del perdono ci aiuta a riconoscere la vera natura dei nostri problemi. Secondo il Corso la causa reale della nostra sofferenza specifica in una determinata situazione non è mai rappresentata dalle cose in sé e dal modo in cui appaiono, ma dal modo in cui – seguendo il suggerimento nefasto del nostro ego- abbiamo impostato la percezione nella nostra mente allo scopo di auto ingannarci e permanere in uno stato di inconsapevolezza. Proprio come lo struzzo della storiella, nascondere la testa sotto la sabbia ci dà solo l’illusione di aver risolto il nostro dolore, mentre di fatto lo aumenta, perché aggiunge dolore a dolore: alla errata percezione di essere vittime si aggiunge infatti uno stato di cecità auto indotto, che riduce gradualmente la nostra consapevolezza e lucidità portandoci all’estremo ad un vero e proprio intorpidimento mentale in cui – come degli automi- possiamo ridurci a vivere come guidati da un devastante e auto distruttivo pilota automatico. 
Con la sua logica ferrea, il primo passo del perdono riaccende una scintilla di luce nella nostra mente addormentata, portandoci a riflettere in modo totalmente diverso sui nostri problemi: il dolore per un tradimento subito – per esempio- non è mai causato da qualcosa esterno a noi, ma dalla nostra mente, cioè dal modo in cui noi scegliamo di percepire tale tradimento; il problema è uno e uno soltanto ed è di natura metafisica, quindi non è rappresentato dal tradimento ma dalla nostra antichissima angoscia interiore che ci fa percepire in modo errato tale tradimento; e infine la nostra angoscia è sempre legata ad un attaccamento ad un passato che non vogliamo lasciare andare– anche se a volte tale attaccamento al passato assume la forma ingannevole del dolore nel momento presente o della speranza in un cambiamento futuro. 
C’è una bellissima frase nel capitolo 27, che riassume brillantemente gli enormi vantaggi che derivano dall’applicare il primo passo del perdono:

Adesso ti viene mostrato che puoi sfuggire. Tutto ciò di cui c’è bisogno è che tu veda il problema per quello che è, non per come lo hai impostato tu. 
(T-27.VII.2:1-2)

Ecco: il primo passo del perdono è il metodo che ci permette di reimpostare i problemi della nostra vita, vedendoli esattamente come sono. Non ne rappresenta la soluzione, ma semplicemente la corretta impostazione.

Come potrebbe esserci un altro modo di risolvere un problema che è molto semplice, ma che è stato oscurato da pesanti nubi di complicazioni, che sono state fatte per mantenere irrisolto il problema? Senza le nubi il problema emergerà nella sua semplicità primitiva. 
(T-27.VII.2:3-4)

Il primo passo del perdono permette quindi di disperdere le nubi delle complicazioni che l’ego aveva proditoriamente indotto nella nostra mente e che ci impedivano di vedere la semplicità del vero problema che ci faceva soffrire. 
Una volta che avremo finalmente reimpostato il problema con il primo passo del perdono, la soluzione sarà finalmente possibile.

La scelta non sarà difficile, perché il problema è assurdo quando viene visto chiaramente. Nessuno ha difficoltà nel decidere di permettere ad un problema di venire risolto, se esso viene visto come nocivo e anche molto facile da eliminare. 
(T-27.VII.2:5-6)

Se il compito del primo passo del perdono è stato quello di impostare correttamente il problema, compito del secondo passo del perdono è impostare correttamente la soluzione. Cominceremo a vederlo dal prossimo spunto.

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Da questo spunto iniziamo a riflettere sul secondo passo del perdono. Cominceremo dal rileggere un paragrafo scritto a tale proposito da Kenneth Wapnick nella sua brillante sintesi Il processo del perdono: tre passi, tratta dal libro Forgiveness and Jesus non ancora tradotto in italiano. (per rileggere tutto il brano cliccare qui)

Il secondo passo (del perdono) comporta la nostra comprensione che anche la colpa rappresenta una decisione, ed è una decisione che ora può essere cambiata. Il cambiamento non è qualcosa che possiamo fare da soli, ma deve essere qualcosa che vogliamo. Questa può essere una nostra scelta.

Dunque, con il primo passo abbiamo imparato ad impostare correttamente dentro la nostra mente il problema che sembrava farci soffrire, e in questo modo abbiamo visto che la sofferenza non era determinata da un qualche fatto esterno, ma dalla nostra interpretazione di esso. A questo punto – e seguendo attentamente le indicazioni fornite dal Corso - siamo entrati in contatto con la vera causa del nostro problema: un malessere interiore che il Corso definisce minuscola folle idea (T-27.VIII.6:2), che ci porta a percepire i fatti e le persone in modo distorto. Questa vera e propria malattia mentale (per inciso, è questo il significato che il Corso attribuisce alla parola “malattia”) fa sì che interpretiamo gli eventi come se indossassimo costantemente un paio di occhiali che ne altera la percezione. Non sarà possibile uscire da questo profondo malessere senza aiuto. Ma per fortuna, ci dice il Corso, l’aiuto è già presente dentro la nostra mente perché Dio stesso lo ha messo lì: è lo Spirito Santo.

Quando sei stato catturato nel mondo della percezione, sei catturato in un sogno. Non puoi sfuggirvi senza aiuto, poiché ogni cosa che i tuoi sensi ti mostrano testimonia semplicemente la realtà del sogno. Dio ha fornito la Risposta, la sola Via d’uscita, il vero Aiutante. 
(Prefazion- pag VIII- ultimo paragrafo)

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Dunque…. Il primo passo del perdono, che consiste nell’assumerci la responsabilità delle nostre percezioni, ci ha portato a un punto critico perché ci ha fatto vedere che il problema non è per nulla esterno a noi, ma si trova proprio dove meno vorremmo che fosse, dentro la nostra mente.
Tutto l’impegno che – seguendo il suggerimento dell’ego - avevamo messo nel cercare di sfuggire al nostro dolore vedendolo nel mondo esterno a noi, si è rivelato totalmente vano: abbiamo finalmente sperimentato che è un effetto allucinatorio, una vera e propria cortina di fumo capace di trascinarci in uno stato di confusione mentale ed impedirci di usare la mente a nostro vantaggio. Grazie al primo passo del perdono siamo riusciti a sventare questo brillante trucco dell’ego, preparandoci così alla basilare decisione di non voler più essere tratti in inganno.
Questo barlume di consapevolezza è quindi sicuramente positivo, perché rappresenta il primo spiraglio verso la luce interiore. Tuttavia contiene anche un aspetto veramente scomodo: la scoperta che siamo molto più insani di quanto avessimo mai immaginato. E con il tempo questa scoperta ci porta a domandarci con apprensione crescente come fare a uscire dalla nostra ostinata dipendenza dal sistema allucinatorio dell’ego.
In sostanza, una volta svelati i trucchi che l’ego ci aveva offerto per mascherare la causa interiore del nostro dolore rimaniamo per così dire scoperti e inermi di fronte ad esso, perché ci scopriamo incapaci di fronteggiarlo.
E tutto questo proprio nel momento in cui ci sembrava di essere finalmente determinati a non ricorrere più alle vecchie dinamiche della proiezione e della negazione!
Questo può essere un momento molto difficile, al quale non è possibile sfuggire da soli.
Tuttavia il Corso ci ripete in continuazione che l’aiuto dello Spirito Santo è lì, a nostra disposizione, pronto a traghettarci incolumi verso la parte sana della nostra mente, purché noi ci mostriamo disponibili a chiederGli aiuto.
Ecco, il secondo passo del perdono è proprio rappresentato da questa disponibilità interiore a essere aiutati.
Per sostenerci in questo momento difficile il Corso ricorre a immagini rassicuranti, come quelle di una mamma che aiuta il figlio a fronteggiare i suoi mostri interiori mostrandogli che il mostro di cui aveva così paura è soltanto una tenda.
Come non sorridere di gioia, di fronte ad una scoperta del genere?

I bambini percepiscono fantasmi, mostri e draghi spaventosi, e ne sono terrorizzati. Ma se chiedono a qualcuno di cui si fidano il significato di ciò che percepiscono, e sono disposti a lasciar andare le loro interpretazioni in favore della realtà, la loro paura se ne va con esse. Quando un bambino viene aiutato a tradurre il suo “fantasma” in una tendina, il suo “mostro” in un’ombra, e il suo “drago” in un sogno, non ha più paura, e ride felicemente della sua paura.
Tu, bambino mio, hai paura dei tuoi fratelli, di tuo Padre e di te stesso. Ma ti stai semplicemente ingannando su di loro. Chiedi cosa sono all’Insegnante della realtà, ed ascoltando la Sua risposta, anche tu riderai delle tue paure e le sostituirai con la pace.
(T-11.VIII.13-14:3)

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Tu pensi di essere la dimora del male, dell’oscurità e del peccato. Pensi che se qualcuno potesse vedere la verità su di te proverebbe repulsione, ritraendosi da te come se fossi un serpente velenoso. Pensi che se ciò che è vero su di te ti fosse rivelato, saresti colpito da un orrore così intenso che correresti a procurarti la morte con le tue stesse mani, essendo impossibile continuare a vivere dopo aver visto ciò. 
(L-pI.93.1)

Grazie al primo passo del perdono siamo entrati in contatto con la profonda malattia che si cela dentro di noi, e non è certamente un’esperienza divertente. Abbiamo visto insomma che la colpa che attribuivamo a qualcosa di esterno a noi si trova invece dentro la nostra mente.
Cominciamo a vedere con sempre maggiore lucidità che il nostro dolore non è provocato da un torto subito in ufficio, da una diagnosi infausta comunicataci dal medico, dal comportamento invadente di una persona che avevamo creduto amica o dalla calamità che ha improvvisamente colpito la nostra abitazione. Il nostro dolore è provocato dal modo in cui percepiamo tutte queste situazioni, e quindi è interno a noi, e non esterno.
In sostanza siamo noi la causa del nostro dolore.
Abbiamo anche cominciato a vedere che la nostra percezione distorta ha uno scopo potente: cercare di negare un malessere ancor più profondo e non riconosciuto che non ci abbandona praticamente mai: il senso di colpa per l’errata credenza di esserci separati da Dio.
Quindi stiamo cominciando a capire che assumerci la responsabilità delle nostre proiezioni ci porta inevitabilmente a fronteggiare direttamente proprio quel malessere sordo, quel senso di colpa primordiale e metafisico, che avevamo cercato di evitare in ogni modo possibile.
Intravediamo finalmente che è quella la causa di tutti i nostri problemi ed è essa che stritola la nostra mente costringendoci a pensare in modo distruttivo e autodistruttivo.
E’ un momento molto difficile dal quale non è possibile uscire senza aiuto. Ma l’aiuto c’è: è la Presenza amorevole dello Spirito Santo dentro la nostra mente, Che ci ricorda incessantemente che tutte le nostre paure più devastanti non sono altro che allucinazioni, e che al di là di esse c’è l’Amore immutato di nostro Padre.
Non ci è rimasta che una basilare responsabilità, il desiderare sopra ogni altra cosa questo aiuto. Senza questa decisione non ci sarà possibile farne esperienza.
Questo è il secondo passo del perdono.

Piccolo bimbo…. il tuo “segreto colpevole” non è nulla e se solo lo porterai alla luce, la luce lo dissolverà. E allora nessuna nube rimarrà tra te e il ricordo di tuo Padre, poiché ricorderai Suo Figlio senza colpa, che non è morto perché è immortale. E vedrai che sei stato redento con lui e non sei mai stato separato da lui. 
(T-13.II.9:1-4)

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Il secondo passo(del perdono) comporta la nostra comprensione che anche la colpa rappresenta una decisione, ed è una decisione che ora può essere cambiata. Il cambiamento non è qualcosa che possiamo fare da soli, ma deve essere qualcosa che vogliamo. Questa può essere una nostra scelta. (estratto da "Il processo del perdono: tre passi," tratto dal libro "Forgiveness and Jesus" di Kenneth Wapnick, non ancora tradotto in italiano. Per leggere l’intero articolo cliccare qui)

Il secondo passo del perdono comporta l’esercizio del libero arbitrio, proprio come già era avvenuto con il primo passo.
Tuttavia, c’è un’importante differenza fra i due usi: nel primo passo il libero arbitrio consisteva nella scelta di impostare correttamente il problema in modo da vederne la causa dentro la nostra mente invece che nel mondo esterno. Nel secondo passo consiste invece nella determinazione a voler vedere la pace invece della colpa interiore che proprio il primo passo aveva lasciato emergere e portato in evidenza.

Il cambiamento non è qualcosa che possiamo fare da soli, ma deve essere qualcosa che vogliamo,
scrive Kenneth Wapnick nel suo saggio. Questa frase mette in evidenza uno dei temi dominanti del Corso: il rapporto esistente fra il nostro libero arbitrio, che è sovrano, e l’impossibilità di uscire da soli dalla palude in cui l’ego ci ha cacciato con il nostro totale consenso.
C’è un paragrafo nel Corso che sottolinea magistralmente questo rapporto:

In una situazione impossibile puoi sviluppare le tue capacità fino al punto in cui puoi uscire da quella situazione. Hai una Guida che ti dice come svilupparle, ma non hai altro comandante che te stesso. Questo ti lascia la responsabilità del Regno, con una guida per trovarlo e il mezzo per conservarlo. Hai un modello da seguire che rafforzerà il tuo comando e non lo indebolirà in alcun modo. Quindi mantieni il posto centrale nella tua schiavitù immaginaria, cosa che di per sé dimostra che non sei uno schiavo.
(T.6.IV.9.3:7)

Le capacità della nostra mente (i meccanismi di proiezione e negazione) ci hanno portato in una situazione impossibile, cioè nel vederci vittime del mondo esterno quando invece ne siamo la causa, con le nostre percezioni distorte.
Tuttavia possiamo sviluppare tali capacità fino al punto di usarle proprio per uscire da questa situazione impossibile, e accedere alla dimensione corretta della mente e di lì alla conoscenza (il Regno). La Guida che ci insegna come svilupparle è lo Spirito Santo. Il modello che ci viene proposto è Gesù. Il mezzo è il perdono.
Ma i comandanti siamo noi.
Proprio come il comandante di una barca, che pure si avvale di una rotta minuziosa e di mezzi potenti, deve assumersi la responsabilità della partenza, così anche noi abbiamo a disposizione una Guida infallibile (lo Spirito Santo), dei mezzi potenti (il perdono) ed un modello pieno di amore e saggezza (Gesù), ma dobbiamo assumerci la piena responsabilità della scelta di seguire la nuova rotta all’interno della nostra mente.
Senza la nostra determinazione crescente, anche la migliore Guida possibile resterà per noi pura e semplice teoria.

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Devi guardare le tue illusioni e non tenerle nascoste, poiché non poggiamo sul loro fondamento. Finché rimangono nascoste sembra che lo facciano e così sembra che si sostengano da sole. Questa è l’illusione fondamentale su cui poggiano le altre. Poiché al di sotto delle illusioni c’è la mente amorevole che ha pensato di averle fatte con rabbia, e rimarrà nascosta fintanto che queste saranno celate. E in questa mente il dolore è così evidente, quando viene scoperto, che il suo bisogno di guarigione non può essere negato. Né tutti i trucchi ed i giochi che le offri possono guarirla, perché questa è la reale crocifissione del Figlio di Dio.
E tuttavia egli non è crocifisso. Qui c’è sia il suo dolore che la sua guarigione, perché la visione dello Spirito Santo è misericordiosa ed il Suo rimedio é veloce. 
(T-13.III.6:1/7:1-2)

Il primo passo del perdono, portandoci a vedere che i nostri problemi non sono generati dagli eventi della nostra vita, ma dalla nostra percezione di essi, ci ha anche messo in contatto con la profonda angoscia ontologica che è celata dentro la nostra mente. E’ a causa di questa angoscia, infatti, che ci sentiamo costantemente spinti dal nostro ego a proiettare sugli altri e sugli eventi quel primordiale senso di colpa che cerchiamo con tutte le nostre forze di negare, e che tuttavia permane indisturbato – anzi rafforzato ad ogni proiezione- nei recessi della nostra mente.
In altri termini siamo costantemente messi in croce dal nostro ego che ci fa credere dapprima di essere profondamente colpevoli, e poi ci spinge a proiettare fuori di noi la responsabilità per questa credenza.
Svelando l’uso simbolico che il Corso fa del linguaggio, il primo passo del perdono ci mette dunque in contatto con la nostra crocifissione. E- una volta che l’abbiamo finalmente individuata- non ci sarà trucco o gioco dell’ego che abbia il potere di guarirla. Ciò significa che ormai tutti i tentativi di proiettare la nostra angoscia sugli altri, nel tentativo di liberarcene., non funzioneranno più, perché avremo cominciato a comprendere e sperimentare che non leniscono il nostro dolore, ma lo aumentano. Infatti il nostro impegno nel guardare i meccanismi dell’ego dentro la nostra mente ci ha anche fatto vedere come la proiezione non risolve il problema ma lo peggiora, perché genera un circolo vizioso che imprigiona ancora di più la mente.
Siamo dunque arrivati ad un vero e proprio impasse: per uscire dalla nostra angoscia l’ego ci ha insegnato i suoi poderosi meccanismi di difesa: proiettare e negare. Ma ora sappiamo che negazione e proiezione non servono, perché aumentano ulteriormente la nostra angoscia. Come uscirne?
L’ego ci proporrà ancora una volta tutti i suoi trucchi, ma noi non vogliamo più dargli retta. Eppure la nostra determinazione a seguire l’insegnamento dello Spirito Santo non è ancora così forte e radicata.
In questi ultimi giorni di Quaresima, che preludono alla gioia della resurrezione, il Corso ci proporrebbe di riflettere sul modo in cui ognuno di noi sperimenta questa crocifissione nella propria mente, ogniqualvolta si sente preda dell’ego- un sistema di pensiero mortale e mortifero- dal quale sembra impossibile uscire.
Se non avremo avuto il coraggio di guardare fino in fondo la crocifissione cui ci sottopone costantemente il nostro ego, non sarà possibile gioire della sua scomparsa, quell’improvvisa resurrezione della nostra mente che – grazie allo Spirito Santo già presente in essa- darà un senso completamente nuovo alla nostra vita.

Lo Spirito Santo ha bisogno di uno studente felice nel quale la Sua missione possa essere felicemente compiuta. Tu che sei fermamente devoto alla sofferenza devi per prima cosa riconoscere che sei sofferente e non felice. Lo Spirito Santo non può insegnare senza questo contrasto, perché tu credi che la sofferenza sia felicità. 
(T-14-II.1:1-3)

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Non trascorriamo questa settimana santa rimuginando sulla crocifissione del Figlio di Dio, ma in gioiosa celebrazione della sua liberazione. Perché la Pasqua è il segno della pace, non del dolore. Un Cristo assassinato non ha alcun significato. Invece un Cristo risorto diventa il simbolo del Figlio di Dio che si è perdonato, il segno che Egli si vede guarito e intero. 
(T-20.I.1: 2-4)

Da qualche settimana stiamo riflettendo sullo stato mentale critico al quale ci ha portato il primo passo del perdono, perché ci ha fatto prendere contatto con una condizione di angoscia profonda che il Corso- forte del suo uso simbolico del linguaggio- non esita a definire “la crocifissione del Figlio di Dio “ (T-13-III.6:6).
E’ lo stato nel quale scopriamo che tutti i trucchi, i giochi e i piani tortuosi che l’ego ci ha insegnato (e che possono essere raggruppati nelle due fondamentali dinamiche della negazione e della proiezione) non possono servire a farci uscire dal nostro dolore, anzi lo intensificano.
C’è una sola via d’uscita: l’aiuto dello Spirito Santo, Cui dobbiamo imparare a rivolgerci per fare esperienza di uno stato mentale completamente diverso, uno stato che il Corso non esita a definire “resurrezione”.
Approfondiremo questo processo nei prossimi spunti, ma – per almeno una settimana, e proprio in questa settimana, che ci conduce alla Pasqua di Resurrezione- assaporiamo la gioia della speranza.
Continuando ad usare il linguaggio nel modo simbolico a cui il Corso ci sta abituando, non trascorriamo dunque questa settimana rimuginando sulla crocifissione che l’ego ha impostato dentro la nostra mente, insegnandoci a dare per scontata la separazione da Dio, e quindi ad essere tormentati dal devastante senso di colpa che non può non conseguirne.
Trascorriamola invece nella gioiosa speranza della liberazione della nostra mente, quella buona novella che lo Spirito Santo ci insegna incessantemente e che Gesù ha testimoniato con il suo esempio luminoso. La libertà interiore dall’ego, e la profonda pace che ne conseguirà, è l’esperienza a cui ci porterà l’impegno che ci assumeremo con il secondo passo del perdono.

Perché questo è il tempo della Pasqua della tua salvezza.
E tu risorgi da ciò che sembrava morte e disperazione.
Ora la luce della speranza è rinata in te, perché ora vieni senza difese, per imparare la parte riservata a te nel piano di Dio. ….
Oggi impara. E tutto il mondo farà questo passo gigantesco, e celebrerà con te la tua Pasqua. 
Per tutto il giorno, quando piccole sciocchezze si presenteranno per provocare in te un atteggiamento di difesa e ti tenteranno ad impegnarti in piani tortuosi, ricordati che questo è un giorno speciale per imparare, e riconoscilo con questo:

Questa è la mia Pasqua. E voglio mantenerla santa.
Non mi difenderò, perché il Figlio di Dio 
non ha bisogno di difese contro la verità della sua realtà. 
(L-pI.135.25:3-5, 26:3-8)

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Io sono determinato a vedere 
L-pI.20.tit

Nelle scorse settimane abbiamo visto che il secondo passo del perdono implica la determinazione a voler usare la mente in modo completamente diverso da quello a cui siamo abituati.
Infatti, seguendo l’insegnamento distruttivo dell’ego abbiamo imparato a usare la mente per negare e proiettare la colpa ontologica che si trova al suo interno, a causa dell’errata credenza di essere separati da Dio, e quindi dall’Amore.
Ma il primo passo del perdono ci ha insegnato che questa proiezione non risolve affatto il problema della colpa, anzi lo peggiora ulteriormente perché instaura nella mente dei circoli viziosi autodistruttivi che ci precipitano in uno stato di angoscia sempre maggiore.
Guardando con attenzione la devastazione che l’ego ha generato dentro la nostra mente, nasce ora finalmente in noi la determinazione a seguire un altro Insegnante e a farci guidare da Lui.
Questo è il tema che viene affrontato -per la prima volta nel libro degli esercizi- nella ventesima lezione. E’ interessante notare come l’invito alla determinazione compaia soltanto adesso. Perché ci viene proposto solo ora, e non nella prima lezione? In fin dei conti, proprio il Corso – nel capitolo 17 del testo - ci aveva informato che gli obiettivi vanno stabiliti all’inizio.

In ogni situazione in cui sei incerto, la prima cosa da considerare, molto semplicemente è: “Cosa voglio ottenere da questa cosa? Qual è il suo scopo?” La chiarificazione dell’obiettivo appartiene all’inizio, perché è questa che determinerà il risultato. 
(T-17.VI.2:1-3)

L’apparente contraddizione decade quando ci ricordiamo che la determinazione a vedere in un altro modo non appartiene al primo passo del perdono, ma al secondo. E quindi presume che lo studente abbia già iniziato a guardare il macchinoso sistema d’inganni che l’ego ha cercato di instaurare dentro la sua mente.
In altri termini, la determinazione nasce proprio dalla constatazione del fatto che non vediamo, perché l’ego ci ha accecato con le sue menzogne. E le prime 19 lezioni hanno svolto questa funzione, non solo insegnandoci come si osserva la mente, ma mostrandoci anche qualche barlume del delirante sistema di pensiero dell’ego che si trova al suo interno.
Ci sono volute 19 lezioni ( e quindi 19 giorni…. o forse 19 settimane?.... o 19 mesi?....) per prendere un contatto iniziale con quanto è celato nella nostra mente. E da questa raggelante constatazione inizia a sorgere in noi il desiderio di vedere in un altro modo.
Inizia in sostanza la pratica del secondo passo del perdono.

-274-

Io sono determinato a vedere

Questo è il nostro primo tentativo d’introdurre una struttura. Non interpretarlo male, vedendolo come un modo per esercitare su di te forza o pressione. Tu vuoi la salvezza. Vuoi essere felice. Vuoi la pace. Non hai queste cose ora, perché la tua mente è totalmente indisciplinata e non sei in grado di distinguere tra gioia e tristezza, piacere e sofferenza, amore e paura. Ora stai imparando a distinguerle. E la tua ricompensa sarà davvero grande. 
L-pI.20.tit; 5

La lezione 20 presenta per la prima volta nel libro degli esercizi il tema della determinazione, proponendoci un allenamento completamente diverso da quello richiesto nelle prime 19 lezioni. Infatti introduce per la prima volta una struttura e una disciplina alla quale non eravamo abituati.
Nelle lezioni precedenti ci veniva richiesto un impegno veramente piccolo: da un minimo di 2 minuti al giorno nelle prime tre lezioni ad un massimo di 4-5 minuti al giorno nella lezione 16. Adesso improvvisamente dovremmo praticare due volte all’ora, cercando di farlo ogni mezz’ora (L-pI.20.5:1). Dunque, non solo la quantità di esercitazioni quotidiane aumenta vertiginosamente (calcolando 16 ore di veglia, infatti, passiamo di colpo a 32 ripetizioni al giorno) ma il tentativo di praticare con una cadenza regolare ci costringe a pensare molto frequentemente alla lezione del giorno. Siamo quindi invitati a riflettere sulla determinazione che abbiamo effettivamente maturato come conseguenza dell’osservazione della nostra mente richiesta dalle precedenti 19 lezioni.

E’ commovente notare con quanta delicatezza il Corso ci solleciti a non fraintendere le sue intenzioni, e a non scambiare il suo invito al rigore con un tentativo di esercitare su di noi forza o pressione. Il fatto è che siamo talmente abituati all’insolenza dell’ego dentro la nostra mente, che in una fase iniziale dell’addestramento potremmo erroneamente credere che anche lo Spirito Santo sia un insegnante esigente e crudele. Questo errore potrebbe addirittura portarci a una strana pratica- a dire la verità molto frequente tra gli studenti- ossia usare un timer per ricordare di praticare la lezione. Tale forzatura è in verità esattamente l’opposto dell’atteggiamento che questa lezione ci chiede di avere. Il desiderio di vedere in modo diverso dovrebbe nascere dalla sconcertante osservazione di cosa combina l’ego dentro la nostra mente, e non dall’obbligo di seguire una prassi ritualistica imposta dal Corso o autoimposta con l’uso del timer. In sostanza la lezione 20 ci invita a iniziare a riflettere sulla vera natura delle nostre motivazioni interiori, piuttosto che esigere da noi obbedienza e rigore. Una riflessione accurata- e un’attenta osservazione dei nostri pensieri a tale riguardo- getterà sicuramente luce sulla differenza che esiste tra una disciplina necessaria e un errato atteggiamento impositivo o auto-impositivo.
In sintesi, la determinazione a voler vedere in modo diverso dovrebbe nascere dal desiderio di salvezza, felicità e pace interiore. E tale desiderio non potrà mai sorgere nella nostra mente se prima non avremo imparato a vedere – grazie al primo passo del perdono- che tutta la nostra angoscia era auto generata. Ora stiamo imparando a farlo. E la nostra ricompensa- la profonda pace interiore che sperimenteremo con il terzo passo del perdono- sarà davvero grande.

-275-

Io sono determinato a vedere

Nei periodi di pratica inizia le esercitazioni ripetendo l’idea a te stesso. Poi chiudi gli occhi e cerca attentamene nella tua mente situazioni passate, presenti o che puoi prevedere, che ti provocano rabbia. La rabbia può assumere forme differenti, che variano da una lieve irritazione alla furia più scatenata. L’intensità delle emozioni che provi non ha importanza. 
(L-pI.21.tit; 2:1-4)

Le lezioni 20 e 21 sono dedicate al medesimo argomento: la determinazione a vedere in modo diverso, ossia a lasciar andare la percezione nefasta indotta dall’ego dentro la nostra mente, a favore di una percezione più amorevole, in linea con gli insegnamenti dello Spirito Santo.
Questa intenzione è il nocciolo del secondo passo del perdono e in quanto tale non può che seguire il primo, basato sull’osservazione accurata del contenuto della nostra mente e sulla piena responsabilità delle nostre proiezioni/ percezioni.

Come abbiamo visto nello spunto della scorsa settimana, la lezione 20 ci proponeva una pratica più strutturata per abituarci ad una diversa disciplina. La lezione 21 ritorna invece alla pratica che avevamo appreso nelle precedenti 19 lezioni: l’osservazione accurata del nostro attuale modo di vedere. Tuttavia è interessante che il Corso ci proponga un solo obiettivo di osservazione: la rabbia nelle sue varie forme. Perché? Perché la rabbia – termine che il Corso utilizza come sinonimo di attacco- è la quintessenza del meccanismo di proiezione. Se siamo arrabbiati con qualcuno o per qualcosa, vuol dire che stiamo proiettando su tale elemento percepito come esterno a noi il nostro malessere interno, di cui non vogliamo assumerci la responsabilità.
Il primo passo del perdono infatti ci aveva insegnato proprio quello che sostiene la lezione 5: che non siamo mai turbati ( e quindi arrabbiati) per la ragione che pensiamo noi, cioè per una causa esterna. Il nostro turbamento, e quindi la nostra rabbia, dipende invece dall’interno, da un modo di vedere errato. Ma ora siamo finalmente stanchi di continuare a vedere questo caos dentro la nostra mente, e siamo determinati a lasciarlo andare.

In sostanza, mettendo in discussione la nostra rabbia mettiamo in discussione l’intero meccanismo di attacco (proiezione e negazione) che rappresenta la cittadella fortificata dell’ego.
E siamo finalmente pronti a dire – non con un senso di dovere, ma con la ferma determinazione di chi vuole pace nel proprio cuore- che vogliamo vedere le cose in un modo diverso.

-276-

Ma devi scegliere ciò che vuoi vedere. Questo è un corso sulla causa e non sull’effetto. 
(T-21.VII.7:7-8)

Non si può dire che il Corso non sia molto esplicito nelle sue affermazioni. Le due frasi qui sopra ne sono un esempio.
Ciò che vediamo non è indipendente dalla nostra volontà di vederlo. Le nostre percezioni non sono determinate da fatti o eventi oggettivi ma dalle nostre proiezioni, e quindi dal nostro libero arbitrio usato malamente, cioè per vedere all’esterno di noi quello di cui non vogliamo affatto prendere coscienza all’interno.

Se vogliamo vedere qualcosa di diverso, dobbiamo scegliere di modificare la nostra percezione, e non gli eventi esterni. Questa è la via del Corso, perché questo è un Corso sulla causa, ossia sull’uso che facciamo della mente, e non sull’effetto, ossia sul mondo che vediamo. Beninteso… il Corso non giudica affatto i nostri costanti tentativi di modificare il mondo esterno per raggiungere un maggior benessere. Semplicemente ribadisce che questa non è la sua strada, perché sa che tutti i nostri tentativi di miglioramenti esteriori- che a volte possono anche essere brillantemente efficaci- purtroppo non durano, e quindi non possono fornirci quella costante pace interiore che è il vero obiettivo del Corso e dei suoi studenti.

Se vogliamo la pace non possiamo ottenerla cambiando il mondo ma soltanto cambiandone la percezione, cioè imparando a vedere le cose in modo diverso.
Ma questo implica un grosso esercizio preliminare: l’esserci accorti che il nostro modo di vedere è errato, distruttivo e autodistruttivo.
Grazie a questo esercizio- definito nel Corso “primo passo del perdono”- costatiamo la follia delle nostre percezioni, e maturiamo una determinazione crescente a voler vedere in un modo diverso, un modo basato sull’insegnamento dello Spirito Santo.

-277-

…quando guardi gli effetti del peccato, qualunque ne sia la forma, tutto ciò che devi fare è semplicemente chiederti: 
“E’ questo ciò che voglio vedere? E’ questo ciò che voglio?”
Questa è la tua unica decisione: questa è la condizione di ciò che succede. Il modo in cui accade è irrilevante, ma non il perché. Tu ne hai il controllo. E se scegli di vedere un mondo senza nemici, nel quale non sei impotente, i mezzi per vederlo ti saranno dati. 
(T-21.VII.8:3-5,9:1-4)

Il primo passo del perdono ci ha insegnato a vedere gli effetti del peccato presenti nella nostra mente: la rabbia per i “peccati” commessi dagli altri, il senso di colpa per i “peccati” da noi commessi, il senso di depressione e impotenza per le sciagure dovute alle “colpe” di un mondo crudele, la paura per le “colpe” del corpo che si ammala contro la nostra volontà… 
E ci ha anche insegnato a vedere che tutti questi effetti (rabbia, colpa, paura, senso d’impotenza, ecc.) non sono affatto determinati da cause esterne- e quindi dai “peccati” nostri o altrui- ma da un madornale errore percettivo rigidamente radicato nei recessi della nostra mente (la cosiddetta “minuscola folle idea”- T-27.VIII.6:2), che ci porta a distorcere continuamente la percezione degli eventi e delle persone, in modo da vederli come fonte della nostra paura e della nostra rabbia. 
In sostanza, il primo passo del perdono è una pratica da apprendere accuratamente e da praticare con costanza, per prendere coscienza delle nostre proiezioni, e di come siano dovute a un solo, stupido errore che si trova all’interno della nostra mente, una presunta ma inesistente separazione dalla Fonte del Tutto, dell’Amore, della Pace, della Luce, della Forza: da Dio. 

Questa graduale consapevolezza provoca in noi una determinazione che con il tempo cresce sempre di più: la determinazione a voler vedere le cose in un modo diverso, non più basato su questo errore basilare ma su una altrettanto basilare correzione- l’Espiazione proposta dallo Spirito Santo. 
Questa è l’unica decisione che ci viene richiesta. 
Questa è la decisione da prendere con il secondo passo del perdono.

-278-

…quando guardi gli effetti del peccato, qualunque ne sia la forma, tutto ciò che devi fare è semplicemente chiederti: 
“E’ questo ciò che voglio vedere? E’ questo ciò che voglio?”
Questa è la tua unica decisione: questa è la condizione di ciò che succede. Il modo in cui accade è irrilevante, ma non il perché. Tu ne hai il controllo. E se scegli di vedere un mondo senza nemici, nel quale non sei impotente, i mezzi per vederlo ti saranno dati. 
(T-21.VII.8:3-5,9:1-4)

La scorsa settimana abbiamo visto nuovamente che ci viene richiesta una sola decisione (per rileggere lo spunto relativo cliccare qui). 
Ma questa decisione si basa su un profondo processo preliminare di osservazione della nostra mente, che il Corso definisce “primo passo del perdono”. 
Grazie ad esso dovremmo gradualmente fare esperienza della teoria che il Corso espone dettagliatamente in più di 1.000 pagine e che afferma che tutti i nostri apparenti problemi non dipendono da fatti esterni, ma dalla nostra percezione di essi. Il Corso ripete più e più volte che questi problemi sono tutti, senza eccezioni, riconducibili a un’unica credenza errata, profondamente negata e nascosta dentro la nostra mente: la cosiddetta minuscola folle idea (T-27.VIII.6:2), espressione con cui viene definita la presunta separazione da Dio. 

Quest’unica decisione – vedere in modo diverso- è la condizione di ciò che succede in seguito, cioè del nostro mutato modo di percepire gli stessi eventi e le stesse persone. 
Il decidere di modificare la nostra percezione è la condizione di ciò che succederà in seguito nella nostra mente, perché proprio com’era stata la nostra percezione a determinare la presenza dei problemi, così sarà la nostra percezione a determinarne la scomparsa. 
Perché i problemi – qualunque problema senza eccezione- non sono oggettivi, ma percepiti. 
I problemi sono dei contenuti, non delle forme. Sono l’interpretazione che diamo di un evento o di una persona, non l’evento o la persona in sé. 
Modificando la percezione svanisce quindi il problema, anche se l’evento o la persona permangono immutati. 

Il modo in cui avviene questa trasformazione è irrilevante, aggiunge la nostra citazione. 
Ma non è per niente irrilevante il perché: la trasformazione avviene perché la vogliamo, perché siamo determinati a vederla. 
Il controllo di questo mutamento è in noi, nella nostra scelta di vedere un mondo senza nemici, perché l’idea dell’inimicizia non sta nel mondo esterno ma nella nostra mente. 

Potrebbe sembrarci un compito troppo difficile, di fronte al quale ci sentiamo impotenti e inadeguati. Ma l’ultima frase sostiene il contrario: verremo aiutati, i mezzi per vedere in modo diverso ci vengono dati, l’aiuto è vivo e presente dentro la nostra mente. 
La sola cosa necessaria è la disponibilità a riceverlo.

-279-

La visione che ti viene data dipende dalla tua determinazione a vedere. 
(L-pI.20.3:8)

Da alcuni spunti (per rileggerli cliccare qui) ci stiamo concentrando sulla determinazione a vedere il mondo in un altro modo, l’intenzione che costituisce il nocciolo del secondo passo del perdono. 
A volte ci domandiamo come sia mai possibile riuscire a cambiare la percezione di certi eventi estremamente dolorosi: un grave torto subito, la morte di una persona cara, il fallimento di importanti obiettivi su cui avevamo riposto tutte le nostre speranze, un passato di cui ci colpevolizziamo. Ci sembra che il peso delle cose sia tale da imprigionarci in una percezione fissa e immutabile, e che ogni tentativo di perdonare non possa che essere destinato a un inesorabile fallimento. 
In verità, secondo il Corso, la nostra impotenza non è oggettiva, ma solamente percepita. In sostanza, se dopo aver praticato correttamente il primo passo del perdono ci sembra impossibile cambiare la nostra percezione, ciò significa semplicemente che vogliamo continuare a vederci inermi e incapaci perché ci sembra di trarne un vantaggio potente: il mantenimento del sistema di pensiero dell’ego – e quindi della nostra identità di corpo - dentro la nostra mente. 
Dunque non è affatto vero che siamo inermi. Vogliamo continuare a credere di esserlo soltanto perché ci sembra in qualche misura vantaggioso, in quanto sembra esentarci dall’assumerci la responsabilità delle nostre proiezioni. 
E’ questa la natura profonda della nostra malattia interiore. E il riconoscimento del non volere più il falso guadagno di mantenere l’ego dentro la nostra mente - ossia la determinazione a voler vedere in modo diverso - è ciò che ci guarirà.

La guarigione deve accadere nell’esatta proporzione in cui viene riconosciuta la mancanza di valore della malattia. Non si deve dire altro che: “Io non ho alcun guadagno in tutto questo” e si è guariti. 
(M-5.II.1-2)

Un’osservazione accurata e spassionata dei nostri pensieri ci porterà a farne esperienza diretta. Perché se saremo effettivamente determinati a vedere in un modo diverso la stessa situazione o persona della cui percezione ci siamo assunti la responsabilità con il primo passo, allora ci verrà data la possibilità di farlo. Ci verrà data la visione. 
Nella nostra determinazione a vedere sono contenuti i semi della visione.

-280-

La tua decisione di vedere è tutto ciò che la visione richiede. 
(L-pI.20.3:1)

La determinazione a vedere è tutto ciò di cui abbiamo bisogno per avere la visione, cioè per riuscire a percepire cose e persone con gli occhi interiori dell’amore invece che con gli occhi esteriori dell’odio. 
Ecco perché il Corso mette così tanta enfasi su di essa e le dedica un numero così elevato di lezioni: perché la determinazione è la chiave per accettare dentro la nostra mente il miracolo della percezione corretta. Senza la determinazione non raggiungeremo mai la pace interiore. 

La scorsa settimana abbiamo visto che l’ego cerca di opporsi a questa nostra determinazione con un trucco sottile: insinuando nella nostra mente che non possiamo farcela, perché siamo deboli e impotenti. Ma abbiamo anche visto che quest’opposizione non può avere nessuna influenza su di noi, a meno che non decidiamo di sostenerla perché ci pare vantaggiosa. 
In altri termini, il nostro senso d’impotenza non è altro se non un’interferenza, frapposta dall’ego nel tentativo di farci desistere, alla quale diamo il nostro pieno consenso. 
E’ opportuno ricordare a questo proposito che non riusciremo a lasciar andare l’ego se ci opporremo con spirito bellicoso alle sue manovre, perché ciò non farebbe che aumentare il nostro conflitto interiore, dando realtà a quello che non è altro se non uno stato di allucinazione. L’unica via d’uscita è esercitare una gentile pazienza nei nostri confronti, guardando le nostre resistenze senza giudizio né colpa, cioè avvalendoci dell’aiuto amorevole e privo di condanna di Gesù e dello Spirito Santo. 

Ma se – dopo aver esercitato un diverso guardare in compagnia di un diverso Insegnante- saremo infine determinati a scegliere con Lui un diverso modo di percepire, allora faremo esperienza di un altro sé all’interno di noi: una mente saggia invece di un corpo impaurito, una mente libera invece di un corpo prigioniero, una mente invulnerabile invece di un corpo vulnerabile. E i miracoli della percezione corretta appaiono a questa mente semplicemente naturali.

C’è un’altra visione e un’altra Voce nella quale si trova la tua libertà, che non aspetta che la tua scelta. E se tu poni la tua fede in Loro, percepirai in te un altro sé. Questo altro sé vede i miracoli come naturali. 
(T-21.V.3:1-3)

-281-

Più di ogni altra cosa io voglio vedere.
L’idea di oggi esprime qualcosa di più della semplice determinazione. Essa dà alla visione la priorità su tutti i tuoi desideri. Puoi sentirti esitante a usare questa idea perché non sei sicuro che questo è veramente quello che vuoi dire. Ciò non ha alcuna importanza. Lo scopo degli esercizi di oggi è di avvicinare un pochino il momento in cui l’idea sarà completamente vera. 
(L-pI.27.tit,1)

Nel libro degli esercizi molte lezioni sono dedicate all’esercizio della determinazione, una capacità che – ci dice la lezione 20- dobbiamo imparare ad allenare con disciplina e discernimento, perché all’inizio del nostro percorso spirituale siamo totalmente irretiti dal caos e dalla esperta ma ingannevole confusione dell’ego. 
Abbiamo visto che le prime due lezioni dedicate a questo argomento sono la 20 e la 21. La lezione 27 riprende lo stesso tema, invitandoci a fare un significativo passo avanti. Qui non ci viene richiesta soltanto la “semplice” determinazione, ma ci viene addirittura proposto di dare alla visione priorità su tutti i nostri obiettivi.
E’ un passo veramente importante.
Con questa decisione, infatti, affermiamo che per noi modificare la percezione degli eventi è più importante della modifica degli eventi stessi. Sosteniamo insomma che la mente è più importante del mondo. E che intendiamo darle la priorità.

Non è possibile assumerci un impegno del genere se non avremo imparato a praticare il primo passo del perdono, cioè a guardare il disastro che l’ego combina dentro la nostra mente.
Solo attraverso il primo passo, infatti, sperimentiamo che i nostri problemi non sono determinati dagli eventi esterni, ma dalla nostra percezione di essi. E scopriamo che per uscire dai problemi non dobbiamo cambiare gli eventi, ma la nostra interpretazione errata. Per aiutarci in questo processo le prime 19 lezioni del libro degli esercizi ci hanno guidati passo dopo passo, insegnandoci l’osservazione accurata e spassionata della mente.
Dopo aver affermato per la prima volta -con la lezione 20- la nostra determinazione a vedere, nelle 6 lezioni successive abbiamo ricominciato a guardare l’inganno dell’ego, soffermandoci questa volta sulla componente autodistruttiva del suo sistema di pensiero. In questo modo ne abbiamo ulteriormente consapevolizzato l’intento mortale e mortifero.
Arrivati dunque alla lezione 27 la nostra determinazione a vedere dovrebbe essere cresciuta ulteriormente e potremmo già essere in grado di affermare che la nostra priorità più alta è vedere le cose in modo diverso.

Potremmo essere esitanti di fronte ad un impegno così importante, e la nostra esitazione potrebbe assumere una forma apparentemente responsabile. Potremmo sostenere, per esempio, che non ce la sentiamo di ripetere una frase del genere perché non ci crediamo veramente.
Il Corso lo sa.
E dice che non importa.
Lo scopo dell’esercizio non è quello di avere fin da subito una determinazione incrollabile, ma di avvicinarci al momento in cui- credendo completamente all’idea- saremo in grado di accoglierla senza riserve.
Il modo per avvicinarci a quel momento sarà continuare a osservare l’ego dentro la nostra mente, vedendone le aberranti implicazioni. Perché solo questo ci renderà veramente determinati a scegliere un diverso Insegnante e a dare a Lui la priorità.

-282-

Più di ogni altra cosa io voglio vedere. 
Mentre dici che più di ogni altra cosa desideri vedere, potrai essere tentato di credere che ti si stia chiedendo un qualche tipo di sacrificio. Se usare questa affermazione senza riserve ti crea del disagio, aggiungi: 
La visione non costa niente a nessuno. 
Se la paura della perdita persiste, aggiungi ancora: 
Può solo essere una benedizione. 
(L-pI.27.tit,2)

Come abbiamo visto nello spunto della scorsa settimana (per rileggerlo cliccare qui), con questa lezione il Corso ci chiede qualcosa di più della “semplice” determinazione a vedere. Ci chiede di dare priorità alla visione rispetto a tutti gli altri desideri che possiamo avere.
Non può esserci modo più chiaro per dire che la nostra percezione corretta (la visione) è molto più importante di tutti gli altri obiettivi che abbiamo impostato per noi stessi, e che questo è un Corso per raggiungere la pace interiore, non per cambiare il mondo esterno in cui crediamo di vivere. Come sostiene una celebre affermazione:

Quindi non cercare di cambiare il mondo, 
ma scegli di cambiare la tua mente riguardo al mondo. 
(T-21.In.1:7)

Tuttavia il Corso è ben consapevole del fatto che potremmo ritenere quest’impegno superiore alle nostre forze, e che la nostra paura potrebbe assumere la forma del senso di sacrificio. Infatti, se la visione diviene prioritaria, allora vuol dire che dobbiamo mettere in secondo piano quelli che abbiamo finora considerato “i nostri diritti”, anteponendo a essi un “semplice” cambio di percezione.
E che dire di un furto? Dovremmo cambiare il nostro punto di vista, prima di esigere la restituzione di quanto ci è stato sottratto? E un tradimento? Dovremmo cercare la visione prima di qualunque azione, come per esempio spiegare chiaramente al traditore che cosa pensiamo di lui? E che dire di un abbandono, di un lutto, di un atto colpevole, di un rimorso?
E se poi, dopo aver cambiato il nostro punto di vista, decadesse in noi il desiderio di chiarificazione, risarcimento o addirittura di vendetta? In tal caso dare la priorità alla visione non andrebbe contro i nostri migliori interessi? Chi ci proteggerà allora dal male, se tutto quello che ci viene richiesto è dare la priorità ad un “banalissimo” cambio di percezione?

Una lezione come la 27 può dunque provocare in noi delle forti reazioni. Ecco perché al suo interno sono contenuti degli antidoti potenti per fronteggiare il veleno delle interferenze dell’ego.
Gli antidoti proposti sono due: la visione non ha costo, e può solo benedire. Perché? Perché – come ci avevano spiegato le lezioni 24 e 25 - noi non percepiamo i nostri migliori interessi e non conosciamo lo scopo di nulla. L’unica cosa di cui abbiamo veramente bisogno, in quanto mente, è di vedere in modo diverso, e sarà proprio questa visione a proteggerci dal presunto male del mondo. Questa è la ragione per cui dobbiamo imparare a darle la priorità. Questo è il motivo per cui la visione non può che essere una benedizione.

-283-

C’è un altro modo di guardare il mondo.
Potrei vedere pace anziché questo. 
(L-33-34.tit.)

Da qualche spunto (per rileggere i numeri precedenti,cliccare qui), ci stiamo concentrando sulla determinazione a vedere le cose in modo diverso. E abbiamo anche notato come il Corso ci aiuta a fronteggiare le profonde resistenze che sorgono in noi nel momento in cui cerchiamo di allenare la nostra mente in tale direzione, con quella disciplina e fermezza che la lezione 20 ci ha proposto.
Questa determinazione è la chiave per comprendere e praticare il secondo passo del perdono, che consiste nel desiderio di mutare rotta dopo aver visto – con il primo passo- in quali paludi ci aveva condotto l’ego. Proprio il consapevolizzare dove ci siamo cacciati ci porta a decidere che ci deve essere un modo diverso di vedere le cose.

Abbiamo visto inoltre che non basta essere determinati a vedere le cose in modo diverso. Bisogna imparare, con il tempo, a dare a questa determinazione a vedere priorità su tutte le nostre decisioni. Questo era il tema delle lezioni 27 e 28. E abbiamo visto che ci vuole un allenamento rigoroso per giungere a un risultato del genere. Un allenamento basato sul guardare le resistenze che l’ego farà sorgere nella nostra mente, in modo da farci desistere: l’idea di essere inermi di fronte ad un impegno così gravoso, e il senso di sacrificio. Nelle lezioni precedenti a quelle che prendiamo in considerazione oggi ci sono stati forniti vari antidoti per contrastare le interferenze dell’ego.

Dopo queste premesse, con le lezioni 33 e 34 dovremmo essere finalmente pronti ad assumerci il terzo impegno che ci viene richiesto nelle prime 50 lezioni del libro degli esercizi: scegliere di vedere la pace invece di quello che vediamo abitualmente, quando siamo catturati dall’ego e irretiti nel suo sistema di pensiero.
Una decisione del genere ci permette di accedere allo stato mentale in cui si trova la visione, termine con cui il Corso definisce il modo corretto o sano di vedere le cose.

L’idea di oggi incomincia a descrivere le condizioni che prevalgono nell’altro modo di vedere. La pace mentale è chiaramente una questione interiore. Deve iniziare dai tuoi stessi pensieri e poi estendersi all’esterno. E’ dalla tua pace mentale che nasce una percezione pacifica del mondo. 
(L-pI.34.1)

-284-

L’istante santo è il risultato della tua determinazione ad essere santo. E’ la risposta. Il desiderio e la disponibilità a farlo arrivare precedono la sua venuta. Prepari la tua mente per esso soltanto fino al punto di riconoscere che lo vuoi sopra ogni altra cosa. 
(T-18.IV.1:1-4)

Queste frasi mettono in relazione la nostra determinazione a vedere in un modo diverso con l’esperienza dell’istante santo.
La determinazione- come abbiamo visto negli spunti precedenti- deve essere allenata. E le prime lezioni del libro degli esercizi mettono l’accento su tale allenamento, aiutandoci anche a fronteggiare le interferenze dell’ego, che sorgeranno inevitabilmente quando cominceremo a voler fare sul serio.

Inoltre la determinazione a voler avere la visione (ossia a raggiungere un diverso e più sano modo di percepire il mondo) deve essere allenata fino al punto di darle priorità su tutti gli altri obiettivi che mai possiamo avere. Non è un impegno da poco: comporta la decisione di guardare senza giudizio né colpa due potenti veleni che l’ego instilla dentro la nostra mente: il senso d’impotenza e il senso di sacrificio. Tuttavia il Corso ci promette che riusciremo a raggiungere l’istante santo se – nonostante tutte le manovre e i maneggi dell’ego- manterremo ferma la nostra determinazione alla santità.

Ho dedicato molti spunti all’argomento dell’istante santo (chi vuole rileggerli può cliccare qui) E la sintesi di tutto quel lavoro era che l’istante santo è l’attimo nel tempo in cui si esce dal tempo, cioè si usa la mente- per definizione, secondo il Corso, fuori dal tempo e dallo spazio- per compiere una diversa decisione. L’istante santo è l’attimo della decisione. E’ l’istante in cui la parte decisionale della nostra mente, il DM, sceglie un diverso modo di percepire.
L’istante santo è un risultato. Ne facciamo esperienza solo dopo aver esercitato la nostra determinazione. In altri termini non dobbiamo allenarci all’istante santo, ma alla determinazione, perché l’istante santo è la risposta alla domanda che abbiamo posto.

…quando guardi gli effetti del peccato, qualunque ne sia la forma, tutto ciò che devi fare è semplicemente chiederti:
“E’ questo ciò che voglio vedere? E’ questo ciò che voglio?”
Questa è la tua unica decisione: questa è la condizione di ciò che succede. 
(T-21.VII.8:3-5,9:1)

La determinazione a vedere in modo diverso è la preparazione che ci viene richiesta per sperimentare l’istante santo, l’attimo in cui- identificati con il DM e non con il corpo- ci è possibile accedere ad un modo santo di pensare.
In questa determinazione c’è la chiave del secondo passo del perdono.

-285-

L’istante santo è il risultato della tua determinazione ad essere santo. E’ la risposta. Il desiderio e la disponibilità a farlo arrivare precedono la sua venuta. Prepari la tua mente per esso soltanto fino al punto di riconoscere che lo vuoi sopra ogni altra cosa. Non è necessario che tu faccia di più: invero è necessario che tu ti renda conto che non puoi fare di più. Non tentare di dare allo Spirito Santo quello che non chiede o aggiungerai l’ego a Lui e confonderai i due. Egli non chiede che poco. E’ Lui Che aggiunge la grandezza e la potenza. Si unisce a te per rendere l’istante santo molto più grande di ciò che puoi comprendere. E’ la tua realizzazione del fatto che devi fare pochissimo per metterLo in grado di dare tantissimo. 
(T-18.IV.1)

Questo paragrafo stabilisce un importante collegamento fra la determinazione e la disponibilità. Potremmo erroneamente credere che la determinazione a vedere le cose in modo diverso- e soprattutto l’idea di darle priorità assoluta, come ci suggeriscono le lezioni 27 e 28- comporti un atteggiamento di rigore estremo.
In realtà la determinazione di cui parla il Corso è un atteggiamento di disponibilità interiore. E’, in sostanza, la determinazione a essere disponibili.
Può sembrare una contraddizione in termini, ma se daremo a quest’idea la dovuta attenzione, ne coglieremo le implicazioni sottili.
Il Corso sembra invitarci a riflettere sui tanti modi in cui è possibile essere determinati: con rigidità, con l’assoluta convinzione di essere nel giusto e voler avere ragione, o –all’opposto- con l’umiltà interiore di chi sa di non sapere ed è disponibile ad essere istruito, perché il suo obiettivo non è più quello di voler aver ragione a tutti i costi, ma quello di voler essere felice. 

Il nostro tentativo di dare allo Spirito Santo un rigore che Lui non ci chiede, ci porterà proprio a confonderLo con l’ego, confondendo nella nostra mente quello che noi pensiamo sia la determinazione, con quello che il Corso invece intende con essa.
La determinazione è l’inflessibile ma dolce decisione di lasciare che un’altra Voce, diversa da quella cui siamo abituati e con la quale siamo solitamente identificati, prenda il sopravvento nella nostra mente. E’ la disponibilità a fare un passo indietro perché ci venga indicata la strada.

Mi farò da parte e lascerò che Egli guidi il cammino, poiché voglio procedere lungo la strada che porta a Lui. 
(L-pI.155.14:3)

-286-

Non fidarti delle tue buone intenzioni. Non sono abbastanza. Ma abbi fiducia implicitamente nella tua disponibilità, qualsiasi altra cosa possa intromettersi. Concentrati soltanto su questa e non essere disturbato dal fatto che le ombre la circondano. Questo è il motivo per cui sei venuto. Se avessi potuto venire senza di loro non avresti avuto bisogno dell’istante santo. Vieni ad esso non con arroganza, presumendo di dover raggiungere lo stato che la sua venuta porta con sé. Il miracolo dell’istante santo sta nella sua disponibilità a lasciare che esso sia ciò che è. E nella tua disponibilità per ciò sta anche la tua accettazione di te stesso come era inteso che fossi. 
(T-18.IV.2)

Le nostre buone intenzioni potrebbero portarci a credere- tra le altre cose- di sapere che cosa sia la determinazione che il Corso ci chiede di avere: quella determinazione a vedere in modo diverso che le prime lezioni del libro degli esercizi ci chiedevano di allenare con disciplina crescente, in modo da imparare a darle assoluta priorità su tutte le altre decisioni che potremmo voler prendere nel corso della nostra vita.

Questo paragrafo ci invita a non fidarci delle nostre buone intenzioni. Esse potrebbero erroneamente portarci a credere di dover aggiungere qualcosa alla nostra determinazione. In tal caso non faremmo altro che aggiungere l’ego a quanto ci viene richiesto dallo Spirito Santo, e – come abbiamo visto nello spunto della settimana scorsa ( per rileggerlo cliccare qui)- ci troveremmo a confondere i due.
E’ l’arroganza a spingerci in questa direzione: il credere di sapere cosa è meglio per noi, quali sono le vie da seguire, e come si raggiunge l’obiettivo della santità.
E’ dunque parte del processo del perdono imparare a intercettare la nostra arroganza, non appena fa capolino nel nostro spazio mentale, e ricordare che la nostra ferrea determinazione si deve unire alla consapevolezza di non sapere né quali sono i nostri migliori interessi né quale sia lo scopo delle cose- come suggerivano le lezioni 24 e 25.
Il guardare con pazienza e apertura mentale la nostra arroganza ci porterà a sperimentare una diversa qualità di determinazione: non un rigore rigido e inflessibile, ma un’umile disponibilità ad accogliere nella nostra mente un diverso modo di vedere.
Questo è il miracolo dell’istante santo: il non presumere di sapere che cosa sia.
Nella disponibilità a essere educati da una Voce diversa da quella a cui siamo solitamente abituati sta anche la disponibilità ad accettare di non essere un piccolo corpo, ma una mente illimitata. Questo è il “me stesso” con cui l’ego non vorrà mai farci prendere contatto, e che invece rappresenta il nostro vero sé. Questo è il nostro libero arbitrio e in esso sta la nostra grandezza di Figli di Dio.

L’umiltà non ti chiederà mai di accontentarti della piccolezza. Ti chiede invece di non accontentarti con meno della grandezza che non proviene da te. 
(T-18.IV.3:1-2)

-287-

Poni semplicemente la domanda. La risposta viene data. Non cercare di rispondere, cerca semplicemente di ricevere la risposta così come viene data. Mentre ti prepari all’istante santo non tentare di renderti santo per essere pronto a riceverlo. Ciò non è altro che confondere il tuo ruolo con quello di Dio. L’Espiazione non può giungere per quelli che pensano che devono dapprima espiare, ma soltanto a quelli che non le offrono altro che la semplice disponibilità a farle spazio. 
(T-18.IV.5:1-6)

La domanda che noi dobbiamo imparare a porci, e che nel capitolo 21 viene espressamente

…quando guardi gli effetti del peccato, qualunque ne sia la forma, tutto ciò che devi fare è semplicemente chiederti: 
“E’ questo ciò che voglio vedere? E’ questo ciò che voglio?” 
Questa è la tua unica decisione: questa è la condizione di ciò che succede. 
(T-21.VII.8:4-5,9:1)

Questa domanda è l’inevitabile conseguenza del primo passo del perdono, che ci ha portato a guardare “gli effetti del peccato, qualunque ne sia la forma”. Solo vedendo lo stato di angoscia presente nella nostra mente e le sue manifestazioni nel mondo - questi sono gli “effetti del peccato” - e solo vedendo che il loro contenuto è sempre lo stesso - “qualunque ne sia la forma” - matura in noi la domanda che ci porterà con il tempo a mettere in discussione tutto il sistema di pensiero dell’ego. “E’ questo ciò che voglio vedere? E’ questo ciò che voglio?” 
Questa è l’unica decisione da prendere, ed è la sintesi del secondo passo del perdono. Perché da essa scaturisce quella determinazione a voler vedere le cose in modo diverso che il Corso definisce “ visione”. 
Non sta a noi determinare la risposta, perché ci è già stata data: il Corso la chiama “Espiazione”, e non è null’altro se non la correzione dell’errata credenza di essere separati da Dio. Il piano non è nostro. Non siamo noi a stabilirlo, e non dobbiamo interferire con esso. Il nostro ruolo non consiste in altro se non nella disponibilità ad accettare l’Espiazione per noi stessi.

Piuttosto che cercare di prepararti per Lui, cerca di pensare così: 
Io, che sono colui che ospita Dio, sono degno di Lui. 
Colui Che ha stabilito la Sua dimora in me l’ha creata come voleva che fosse. 
Non c’è bisogno che la renda pronta per Lui, ma soltanto che io non interferisca con il Suo piano di ripristinare in me la mia consapevolezza di essere pronto, che è eterna. 
Non ho bisogno di aggiungere nulla al Suo piano. 
Ma per riceverlo devo essere disposto a non sostituire il mio al posto del Suo

(T-18.IV.5:8-13)

-288-

Ben ritrovati!
Dopo la pausa estiva, continuiamo a concentrarci su un tema che ho iniziato a trattare alcuni mesi fa con lo spunto 267: il secondo passo del perdono.
Cercherò di riassumere quanto già detto fin qui.
Come dice il suo stesso nome, il secondo passo viene dopo il primo. Questa considerazione è meno banale di quanto non sembri a una prima considerazione. Infatti se non pratichiamo correttamente il primo passo è impossibile applicare il secondo. Per essere ancora più precisi: il primo passo è la porta obbligata che permette di accedere al secondo.
Rivediamo dunque ancora una volta il primo passo, a cui ho già dedicato molti spunti (dal 73 al 171- per rileggerli cliccare qui) . Esso consiste nell’impostare correttamente il problema che sembra farci soffrire e che vorremmo appunto perdonare.
L’ego cerca di convincerci con ogni mezzo che il nostro dolore - in qualsiasi forma - è effetto di circostanze esterne che ne sono la causa. Per esempio siamo tristi perché è morto un amico, abbiamo paura perché certi sintomi fisici sembrano riferirsi a una grave malattia, siamo arrabbiati perché siamo stati derubati, e così via.
In questi casi la causa del nostro dolore (sotto forma di tristezza, paura e rabbia) sembra essere rappresentata da circostanze esterne alla nostra mente: la morte, una condizione fisica, un furto. Il Corso ci spiega invece che il dolore è una nostra scelta. Siamo noi che abbiamo voluto interpretare gli eventi in modo tale da provare dolore. Nelle stesse identiche circostanze avremmo potuto sperimentare la pace, come ci suggeriscono le lezioni 34 e 35.

C’è un altro modo di guardare il mondo.
Potrei vedere pace anziché questo. 
(L-33-34.tit)

Dunque il nostro dolore è causato da una scelta che noi stessi abbiamo compiuto, e non dalle circostanze esterne. Le lezioni 5, 6 e 7 propongono tre affermazioni lapidarie e concatenate che ci avviano proprio in questa direzione:

Non sono mai turbato per la ragione che penso io.
Io sono turbato perché vedo qualcosa che non c’è.
Io vedo solo il passato. 
(L-5-6-7 tit.)

In queste tre semplici frasi è contenuta tutta la metafisica del Corso, inclusa la sua complessa teoria relativa al tempo (che ho introdotto negli spunti 177-259. Per rileggerli cliccare qui). Esse ci dicono che tutto il nostro dolore è causato dalla scelta, che compiamo in continuazione, di rimanere attaccati a un passato inesistente (altrove definito “separazione da Dio”, o “minuscola folle idea”) che genera nella nostra mente un’angoscia perenne: uno stato così doloroso da dover essere continuamente negato e proiettato su circostanze esterne che a questo punto sembreranno esserne la causa.
In sostanza la nostra esperienza sensibile è ben lungi dall’essere reale e oggettiva: è di fatto uno stato di allucinazione, abilmente provocato dall’ego -con il nostro pieno consenso- allo scopo di mantenere nella nostra mente l’esperienza della separazione.
Il trucco dell’ego è così ben congegnato e appare talmente reale, che sembra impossibile sfuggirvi. Ma proprio a questo serve il primo passo del perdono: ad impostare correttamente la nostra percezione in modo da trovare una via d’uscita dal labirinto che l’ego ha costruito nella nostra mente.

Adesso ti viene mostrato che puoi sfuggire. Tutto ciò di cui c’è bisogno è che tu veda il problema per quello che è, non per come lo hai impostato tu. Come potrebbe esserci un altro modo di risolvere un problema che è molto semplice, ma che è stato oscurato da pesanti nubi di complicazioni, che sono state fatte per mantenere irrisolto il problema? Senza le nubi il problema emergerà nella sua semplicità primitiva. La scelta non sarà difficile, perché il problema è assurdo quando viene visto chiaramente. 
(T-27.VII.2:1-4)

Vedere il problema per quello che è, e non per come lo abbiamo impostato noi seguendo il suggerimento del nostro ego, è tutto quello di cui c’è bisogno per sfuggire alla nostra angoscia. Senza le nubi il problema emergerà nella sua semplicità primitiva e potrà essere finalmente risolto.
Ma questo è il compito del secondo passo del perdono.

-289-

Adesso ti viene mostrato che puoi sfuggire. Tutto ciò di cui c’è bisogno è che tu veda il problema per quello che è, non per come lo hai impostato tu. Come potrebbe esserci un altro modo di risolvere un problema che è molto semplice, ma che è stato oscurato da pesanti nubi di complicazioni, che sono state fatte per mantenere irrisolto il problema? Senza le nubi il problema emergerà nella sua semplicità primitiva. La scelta non sarà difficile, perché il problema è assurdo quando viene visto chiaramente. 
(T-27.VII.2:1-4)

Come abbiamo visto nello spunto della settimana scorsa (per rileggerlo cliccare qui), una volta che il problema è stato impostato nel modo corretto con il primo passo del perdono ed è quindi stato liberato dalle pesanti nubi di complicazioni che avevano lo scopo di mantenerlo irrisolto, ecco che diviene chiaro ed evidente. 
Per essere ancora più espliciti, ecco che cosa sostiene questa frase: quando abbiamo impostato qualunque problema (per fare un esempio: la paura di avere una qualche malattia fisica) nel modo corretto (vedendo cioè che il nostro dolore non è causato dal fatto in sé – la malattia - ma dall’interpretazione che ne diamo), e quindi il problema è stato liberato dalle pesanti nubi di complicazioni che lo mantenevano irrisolto (tutti i tentativi di risolvere il nostro dolore nel mondo esterno - dove non può essere risolto - invece che nella nostra mente), esso emergerà finalmente nella sua semplicità primitiva.
Cos’è la “semplicità primitiva”? Qui il Corso allude al problema metafisico originario (“primitivo”), che è alla radice di tutti i nostri problemi, anzi che costituisce –a detta del Corso- il nostro unico e solo problema: la presunta separazione da Dio.

Tutta questa complessità non è che un disperato tentativo di non riconoscere il problema, e quindi di non permettere che sia risolto. Se riuscissi a riconoscere che il tuo solo problema è la separazione, indipendentemente dalla forma che assume, potresti accettare la risposta perché vedresti che è pertinente. Percependo la costante che sta alla base di tutti i problemi con cui sembri trovarti a confronto, capiresti che hai il mezzo per risolverli tutti. E useresti il mezzo, perché riconosci il problema. 
(L-pI.79.6)

Una volta, dunque, che ci rendiamo conto di quale sia il vero problema che si cela dietro tutte le nostre proiezioni (cioè gli apparenti problemi con cui sembriamo trovarci a confronto), potremo finalmente compiere la scelta del secondo passo del perdono: accettare l’Espiazione - ossia la correzione della credenza nella separazione - che ci è offerta dallo Spirito Santo.
La scelta, ci viene spiegato, non sarà difficile perché si tratta di un problema assurdo: la presunta separazione da Dio infatti non è mai avvenuta, e il nostro compito consiste solo nel prenderne atto.
Ma non potremo compiere questa scelta se continueremo a credere che i nostri problemi siano ben altri, cioè se continueremo a cadere nella trappola dell’ego che ci fa vedere sempre fuori di noi – e mai dentro - la causa della nostra angoscia.
Una volta compiuto brillantemente il lavoro proposto dal primo passo, ci affacciamo dunque finalmente al secondo passo del perdono: la messa in discussione della presunta separazione. E’ la scelta fondamentale, ci dice il Corso, e siamo noi a doverla compiere.
Ma da soli non potremo farcela.

-290-

Ho iniziato a trattare il secondo passo del perdono nel marzo di quest’anno (spunto 267. Per rileggerlo cliccare qui), partendo dalla sua definizione: il secondo passo è la disponibilità interiore a essere aiutati dallo Spirito Santo per sperimentare l’inesistenza della separazione da Dio, quella credenza “primitiva” che attanaglia la nostra mente facendoci sperimentare uno stato d’angoscia perenne, più o meno negato e proiettato sul mondo esterno. 
Negli spunti successivi ho cercato di mettere in luce alcuni degli aspetti preliminari di questa disponibilità interiore a essere aiutati. 
Prima di tutto ho visto che fanno parte di questo secondo passo due atteggiamenti apparentemente contradditori: l’assoluta sovranità del nostro libero arbitrio e l’impossibilità di farcela senza l’aiuto dello Spirito Santo. Ho evidenziato che a ben vedere questi due aspetti non si contraddicono, anzi collaborano nel raggiungimento dell’obiettivo di pace che il Corso vuole farci raggiungere. (per ripassare tutto questo, rileggere gli spunti 267-270).

In una situazione impossibile puoi sviluppare le tue capacità fino al punto in cui puoi uscire da quella situazione. Hai una Guida che ti dice come svilupparle, ma non hai altro comandante che te stesso….. Quindi mantieni il posto centrale nella tua schiavitù immaginaria, cosa che di per sé dimostra che non sei uno schiavo. 
(T.6.IV.9:3-4,7)

Poi mi sono soffermata sul bisogno che tutti noi abbiamo di allenare la nostra determinazione, come premessa indispensabile per raggiungere la visione, ossia la percezione corretta. E ho brevemente accennato sia alle resistenze che potrebbero sorgere in noi di fronte alla determinazione richiesta , sia al modo di fronteggiarle(per ripassare questo argomento, rileggere gli spunti 273- 283).

La visione che ti viene data dipende dalla tua determinazione a vedere. 
(L-pI.20.3:8)

Infine ho visto come la determinazione è strettamente collegata all’istante santo, cioè all’uso che lo Spirito Santo fa del tempo (spunto 284) ed è proporzionale alla disponibilità all’insegnamento dello Spirito Santo che ognuno di noi è in grado di maturare (spunti 285-287).

L’istante santo è il risultato della tua determinazione ad essere santo. E’ la risposta. Il desiderio e la disponibilità a farlo arrivare precedono la sua venuta. Prepari la tua mente per esso soltanto fino al punto di riconoscere che lo vuoi sopra ogni altra cosa. 
(T-18.IV.1:1-4)

Siamo dunque pronti ad affrontare gli argomenti principe del secondo passo del perdono: la richiesta d’aiuto allo Spirito Santo e la nostra disponibilità a udirNe la Voce. Ma per farlo seriamente dobbiamo prima chiarire che cosa intende Un Corso in Miracoli con il termine “Spirito Santo”. E’ quanto cercherò di fare nei prossimi spunti.

-291-

La Terza Persona della Trinità, Che viene metaforicamente descritta nel Corso come Risposta di Dio alla separazione; l’Anello di Comunicazione tra Dio ed i Suoi Figli separati, che colma lo spazio vuoto tra la Mente di Cristo e la nostra mente separata; il ricordo di Dio e di Suo Figlio che abbiamo portato con noi nel nostro sogno; Colui Che vede le nostre illusioni (percezione), conducendoci attraverso di esse fino a raggiungere la verità (conoscenza); la Voce per Dio Che parla per Lui e per il nostro Sé reale, ricordandoci dell’Identità che abbiamo dimenticato; ci si riferisce a Lui anche come Ponte, Consolatore, Guida, Mediatore, Insegnante e Traduttore.

Questa definizione dello Spirito Santo si trova nel Glossary Index for A Course in Miracles elaborato da Kenneth Wapnick, e parzialmente tradotto in italiano sia sul sito UCIM (per consultarlo cliccare qui) che al termine del volume di Kenneth Introduzione a Un Corso in Miracoli, edizioni Macro.
Come già ho messo in evidenza all’inizio di questi spunti, il Corso usa il linguaggio in modo del tutto particolare con un suo preciso intento didattico. (spunto n. 13 - per rileggerlo cliccare qui). Per inciso, ho dedicato a questo argomento il secondo capitolo del mio libro Un Corso in miracoli parla di sé, a cui rimando il lettore che desidera approfondire l’argomento( per informazioni cliccare qui)
Diviene quindi molto importante accertarsi di avere ben compreso il significato dei termini, altrimenti si rischia di fraintendere completamente il senso di una frase, perché potremmo attribuire alle parole un contenuto che ci è più famigliare, ma che differisce da quello inteso dal Corso.
Il termine “Spirito Santo” ci offre proprio un esempio lampante di questo uso peculiare.
Nel Corso lo Spirito Santo è Colui Che porta il principio di correzione (anche definito “Espiazione”. C-In.1:2) presente dentro la nostra mente. E che cosa corregge questo principio? Corregge il basilare errore metafisico che inquina la mente separata distorcendone la percezione, la presunta separazione da Dio, la cosiddetta “minuscola folle idea” (T-27.VIII.6:1). In questo senso vanno lette tutte le definizioni che il Corso dà dello Spirito Santo e che sono riassunte nella voce del glossario citata qui sopra.
Le vedremo in dettaglio a cominciare dal prossimo spunto.

-292-

Lo Spirito Santo è la sola parte della Santa Trinità ad avere una funzione simbolica. Si fa riferimento a Lui come al Guaritore, al Consolatore e alla Guida. Viene anche descritto come qualcosa di “separato”, indipendente dal Padre e dal Figlio…. La Sua funzione simbolica rende lo Spirito Santo difficile da capire perché il simbolismo è aperto a diverse interpretazioni. 
(T-5.I.4:1-3, 5)

Un Corso in Miracoli usa il linguaggio in un suo modo particolare. Le parole “Spirito Santo” non sono esenti da ciò ed è per questo - come dice la citazione- che sono difficili da capire. Ho accennato a questo uso nello spunto n. 13 (per rileggerlo cliccare qui . Per approfondire ulteriormente l’argomento il lettore potrebbe trovare utile il secondo capitolo del mio libro Un Corso in miracoli parla di sé: cliccare qui per informazioni) 
Dunque lo Spirito Santo, pur essendo stato creato da Dio ed essendo quindi parte della Conoscenza (lo stato non dualistico della Mente Una), riveste anche la funzione simbolica caratteristica della mente separata. In altri termini, nel Corso non è solo parte dell’Uno, ma ha anche una funzione duale. Grazie a questa Sua duplice natura Egli rappresenta l’Anello di Comunicazione fra Dio e i Suoi Figli separati.

Lo Spirito Santo viene descritto come l’ultimo Anello di Comunicazione tra Dio e i Suoi Figli separati. Allo scopo di poter portare a termine questa funzione speciale, lo Spirito Santo ha assunto una funzione duale. Conosce perché è parte di Dio; percepisce perché fu mandato a salvare l’umanità. 
(C-6.3:1-3)

Lo Spirito Santo è pertanto il solo in grado di parlare due linguaggi: quello della conoscenza (Mente Una) e quello della percezione (mente separata). Dio è la Realtà dell’Uno, e in quanto tale non percepisce l’illusione che per definizione non c’è. Noi crediamo nell’illusione della separazione e ci sentiamo identificati con essa, e in quanto tali ci percepiamo esclusi dalla Realtà dell’Uno Che non riusciamo più a conoscere. Lo Spirito Santo svolge dunque questa indispensabile funzione di collegamento fra la Realtà e l’illusione, l’Unità e la separazione, la Conoscenza e la percezione, l’Essere e il non essere, la Mente di Cristo e la mente che crede di essersi separata da Dio, Dio e noi. 
Prima di concludere questo spunto, in cui abbiamo iniziato ad esplorare il significato che il Corso conferisce al termine “Spirito Santo”, leggiamo insieme alcune delle citazioni che Lo definiscono proprio come l’Anello di Comunicazione.

(Lo Spirito Santo) E' la comunicazione che ti rimane con Dio, che puoi interrompere ma che non puoi distruggere. 
(T-5.II.8:3) 
Ricorda che lo Spirito Santo è l’Anello di Comunicazione tra Dio e i Suoi Figli separati. 
(T-6.I.19:1) 
Essendo l’Anello di Comunicazione tra Dio e i Suoi Figli separati, lo Spirito Santo interpreta ogni cosa che hai fatto alla luce di ciò che Egli è 
(T-8.VII.2:2) 
L’Anello di Comunicazione che Dio ha posto dentro di te, unendo la tua mente con la Sua, non può essere interrotto. Puoi credere che vuoi che venga infranto e credere in ciò interferisce con la pace profonda in cui viene conosciuta la comunicazione dolce e costante che Dio vuole condividere con te…. Dio ha voluto il Cielo per te e per te vorrà sempre solo questo. Lo Spirito Santo conosce soltanto la Sua Volontà. 
(T-13.XI.8:1-2, 7-8)

-293-

 

La scorsa settimana abbiamo visto che nel Corso lo Spirito Santo è la sola parte della Santa Trinità ad avere un uso simbolico. In altre parole, oltre a conoscere - perché è parte di Dio - percepisce. E in quanto percettore, rappresenta una delle due opzioni percettive della mente separata. Per indicare questa Sua funzione simbolica il Corso usa molte definizioni. Abbiamo già visto la prima, quella di “Anello di Comunicazione”(per rileggere lo spunto relativo cliccare qui). Vediamo questa settimana una seconda definizione o uso simbolico: il Traduttore.

…Dio ha creato Colui Che ha il potere di tradurre in forma ciò che è totalmente senza forma. Ciò che Egli fa sono sogni, ma di un tipo così vicino al risveglio che la luce del giorno già splende in essi, e gli occhi che già si stanno aprendo vedono i panorami felici che le loro offerte contengono 
(L-pI.192.3:5-6)

La percezione indotta dallo Spirito Santo è un sogno, e pertanto è illusoria come quella dell’ego. Tuttavia è un sogno vicino al risveglio perché riflette la Volontà di Dio. È dunque un sogno capace di essere compreso da noi che crediamo di vivere dentro il sogno, e pur tuttavia – a differenza degli incubi indotti dall’ego - non ci fa sprofondare sempre di più nel sogno, ma ci invita dolcemente al risveglio.

Come Dio comunica allo Spirito Santo in te, così lo Spirito Santo traduce le Sue comunicazioni attraverso di te affinché tu possa comprenderle 
(T-14.X.11:1)

Il Corso ci spiega anche che la funzione simbolica di traduttore, esercitata dallo Spirito Santo, avviene nei due sensi: Egli traduce in forma illusoria la conoscenza della Mente Una che è astratta e totalmente senza forma, e traduce a ritroso anche la percezione in conoscenza. Questo significa che, oltre a simboleggiare nel mondo dell’illusione la Realtà eterna e immutevole di Dio, in ultima istanza ci “riporterà a Casa”, ossia ci permetterà di traghettare la nostra consapevolezza dallo stato percettivo dualistico alla conoscenza dell’Uno.

Lo Spirito Santo, Che conduce a Dio, traduce la comunicazione nell’essere, così come in ultima istanza traduce la percezione in conoscenza. 
(T-6.V.A.5:1)

-294-

Da qualche settimana ci stiamo focalizzando sul significato che il Corso conferisce al termine “Spirito Santo” (per leggere gli spunti relativi, cliccare qui). Abbiamo visto che è parte della Santa Trinità, in quanto creato da Dio, ma è anche parte dell’illusione dualistica, in quanto ha il potere di tradurre in forma ciò che è totalmente senza forma, cioè la conoscenza astratta, eterna e immutevole di Dio.
La Sua funzione illusoria è definita nel Corso in vario modo. Abbiamo già visto due definizioni: l’Anello di Comunicazione e il Traduttore. Soffermiamoci ancora su quest’ultima funzione simbolica.

..un buon traduttore, sebbene debba modificare la forma di ciò che traduce, non ne cambia mai il significato. Infatti il suo solo scopo consiste nel cambiare la forma in modo tale che venga conservato il significato originale. Lo Spirito Santo è il Traduttore delle leggi di Dio per chi non le comprende. Non potresti fare questo tu stesso, perché una mente in conflitto non può essere fedele ad un solo significato e perciò cambierà il significato per preservare la forma.
Lo scopo dello Spirito Santo, nel tradurre, è esattamente l’opposto. Egli traduce soltanto per preservare il significato originale in tutti gli aspetti e in tutte le lingue. Perciò si oppone all’idea che le differenze di forma abbiano significato, sottolineando sempre che queste differenze non hanno importanza. Il significato del Suo messaggio è sempre lo stesso: solo il significato conta. 
(T-7.II.4:3-6,5:1-4)

Dunque lo Spirito Santo traduce le leggi di Dio immutevoli ed eterne (la Creazione o Estensione dell’Unico Figlio, e quindi la Conoscenza dell’Uno) in una forma che possa risultare comprensibile alle menti separate che non riescono più a conoscere e comprendere l’Uno. Questa traduzione consiste nel non dare alcun valore né significato alle differenze formali presenti nel mondo dell’illusione. In questo modo- ricordandoci l’unità di contenuto all’interno delle differenze formali- lo Spirito Santo traduce l’astrazione dell’Uno, troppo lontana dalla nostra mente separata, in un concetto, e soprattutto in un’esperienza, accessibili anche a noi. Questo - sostiene il Corso- è il modo in cui le leggi di Dio possono essere comprese, sperimentate e manifestate all’interno dell’illusione.
Noi non potremmo farlo, perché siamo in costante conflitto a causa della dualità presente nella nostra mente separata. E inoltre- sempre a causa della dualità - non potremo ascoltare questa meravigliosa traduzione attuata dallo Spirito Santo se la interpreteremo con l’ego. La condicio sine qua non per poterla percepire è rappresentata dalla disponibilità interiore a lasciar andare l’ego- anche solo per un istante- dentro la nostra mente.

Non comprenderai le Sue traduzioni mentre ascolti due modi di interpretarle. Per cui devi dimenticare o lasciarne andare una per capire l’altra. 
(T-7.II.6:6-7)

Che cosa significa tutto questo? Che le indicazioni fornite dallo Spirito Santo non metteranno mai l’enfasi sulle differenze, ma solo su una sostanziale unità di contenuto che va al di là di tutte le forme dell’illusione. Se enfatizzassero le differenze, sarebbero chiaramente dettate dall’ego, che si serve delle differenze per sostenere la realtà della separazione.
Questa è un’indicazione veramente preziosa per comprendere quando le idee che ci passano per la mente sono guidate dall’ego o dallo Spirito Santo. Se danno importanza e significato alle differenze fra noi e gli altri vengono dall’ego. In caso contrario vengono dallo Spirito Santo.
Ma se non guardiamo con attenzione il contenuto dei nostri pensieri- come ci insegna il primo passo del perdono- non potremo mai accorgercene!

-295-

I miracoli sono naturali per Colui Che parla per Dio. Perché il Suo compito è di tradurre il miracolo nella conoscenza che rappresenta e che ti è nascosta. 
(T-16.II.5:4-5)

In questa citazione troviamo una nuova definizione della funzione simbolica dello Spirito Santo: la Voce Che parla per Dio.
Negli spunti delle ultime settimane (per rileggerli cliccare qui) abbiamo visto come nel Corso lo Spirito Santo - Che pure è stato creato da Dio e in quanto tale è parte della Santa Trinità - riveste anche una funzione simbolica all’interno dell’illusione: rappresenta la versione corretta della dualità in cui sembra che sia precipitata la mente separata. Per descrivere questa Sua funzione abbiamo visto che il Corso usa molte espressioni: l’Anello di Collegamento fra Dio e i Suoi Figli separati; il Traduttore delle leggi di Dio (la Conoscenza dell’Uno) nella percezione corretta (che vede in tutte le forme il riflesso dell’Uno, cioè un contenuto indifferenziato); e – come abbiamo appena letto - la Voce Che parla per Dio. E’ un simbolo decisamente trasparente. Rappresenta la possibilità di mantenere la comunicazione con Dio sperimentando all’interno della dimensione duale il riflesso dell’Uno. L’illusione nella quale siamo precipitati in seguito alla decisione di credere nella minuscola folle idea (T-27.VIII.6:1) ci avrebbe escluso totalmente dalla Sua Conoscenza. Ma la presenza miracolosa dello Spirito Santo all’interno della mente separata ci permette di accedere, anche nell’illusione, se non all’Uno almeno alla forma riflessa dell’Uno.

Scegliere lo Spirito Santo è scegliere Dio. .. Quando hai scelto di lasciarLo, Lui ti ha dato una Voce che parla per Lui, perché non poteva più condividere liberamente con te la Sua conoscenza. La comunicazione diretta era interrotta perché tu avevi fatto un’altra voce. 
(T-5.II.5:4,6-7)

L’espressione usata dal Corso sottolinea il fatto che nell’illusione è impossibile udire la Voce di Dio, a causa della struttura conflittuale della mente duale in cui è presente anche l’altra voce, quella dell’ego. L’espressione “Voce Che parla per Dio” descrive in modo semplice e figurato che noi possiamo tuttavia ad accedere al Suo riflesso - la forma riflessa della Conoscenza - proprio come si può vedere l’immagine del sole riflessa in uno stagno. E in questo modo possiamo mantenere la comunicazione con Lui.

Lo Spirito Santo, essendo una creazione dell’unico Creatore, che crea con Lui e a Sua somiglianza ovvero come spirito, è eterno e non è mai cambiato. Egli fu “fatto discendere sulla terra” nel senso che era ora possibile accettarLo e udire la Sua Voce. La Sua è la Voce Che parla per Dio ed ha pertanto preso forma. Questa forma non è la Sua realtà, che solo Dio conosce assieme con Cristo, il Suo vero Figlio, Che è parte di Lui. 
(C-6.1:2-5)

-296-

Ho già detto che lo Spirito Santo è il Ponte per trasferire la percezione alla conoscenza, così che possiamo usare i termini come se fossero correlati, perché nella Sua Mente lo sono. Questa relazione deve essere nella Sua Mente, perché, se non fosse così, la separazione fra i due modi di pensare non sarebbe aperta alla guarigione. Egli è parte della Santa Trinità, perché la Sua Mente è in parte tua e in parte di Dio. Questo deve essere chiarito, non a parole ma nell’esperienza. 
(T-5.III.1:2-5)

Continuiamo, anche in questo spunto, a studiare le varie definizioni che troviamo nel Corso a proposito dell’espressione “Spirito Santo”. Negli ultimi spunti ci siamo soffermati su “Anello di Comunicazione”, “Traduttore” e “Voce Che parla per Dio” (per rileggerli cliccare qui). E in tutti abbiamo visto che lo Spirito Santo, pur essendo creato da Dio e quindi parte della Trinità, condivide anche la percezione illusoria della nostra mente separata, e quindi può essere da noi percepito (nel linguaggio metaforico del Corso, possiamo “udirNe la Voce”).
Naturalmente la Sua percezione sarà ben diversa da quella dell’ego, anzi ne sarà diametralmente opposta. Infatti l’ego è il principio di separazione da Dio, mentre lo Spirito Santo riflette all’interno dell’illusione la Volontà di Dio, le leggi della Creazione, la conoscenza dell’Uno. Grazie alla Sua presenza, la nostra mente separata è adesso aperta alla guarigione.
In quanto tale, lo Spirito Santo rappresenta dunque il ponte – o Anello di Collegamento- fra la Mente Una e la mente separata, fra Dio e i Suoi figli separati. Un ponte che permette il trasferimento della percezione nella conoscenza, ossia il nostro ritorno alla nostra vera Casa.
E’ l’esperienza quanto renderà chiaro tutto questo.
Quale esperienza? Lo leggiamo in un’altra citazione:

La perfetta eguaglianza della percezione dello Spirito Santo è il riflesso della perfetta eguaglianza della conoscenza di Dio. La percezione dell’ego non ha alcuna controparte in Dio, ma lo Spirito Santo rimane il Ponte tra percezione e conoscenza. Mettendoti in grado di usare la percezione in un modo che rifletta la conoscenza, alla fine la ricorderai. 
(T-6.II.7:1-3)

Lo Spirito Santo ci aiuta dunque a percepire in un modo che rifletta la conoscenza. Se la conoscenza è la Mente Una perfettamente uguale in Sé, il riflesso dell’Uno nell’illusione è il principio dell’uguaglianza di tutte le menti apparentemente separate. Mentre l’ego ci spinge continuamente a dare importanza e valore ai corpi, perché essi sono tutti diversi e quindi negano per definizione l’uguaglianza, lo Spirito Santo ci insegnerà a portare la nostra attenzione alle menti, che sono tutte uguali perché dotate del medesimo libero arbitrio in grado di scegliere fra l’ego e lo Spirito Santo.
Udire la Voce Che parla per Dio significa dunque imparare a percepire il contenuto indifferenziato che sta all’interno di tutte le menti (costituito dalla parte decisionale o DM, la cui unica funzione è di decidere fra l’ego e lo Spirito Santo), non dando significato o valore all’inerente differenza di tutti i corpi.

LA RISPOSTA

-297-

Lo Spirito Santo è la Risposta di Dio alla separazione: il mezzo col quale l’Espiazione guarisce finché l’intera mente non ritorna a creare. 
(T-5.II.2:5)

Negli ultimi spunti abbiamo iniziato ad esplorare il significato che il Corso conferisce al termine “Spirito Santo”. (per rileggerli cliccare qui) Abbiamo visto che - secondo il Corso - lo Spirito Santo è stato creato da Dio, e quindi è indissolubile parte della Realtà dell’Uno. Tuttavia abbiamo visto che svolge anche una funzione duale all’interno dell’illusione, funzione che Gli permette di relazionarsi con noi che, identificati con uno stato mentale totalmente illusorio e irreale, crediamo erroneamente di essere separati da Dio e di vivere in una dimensione molteplice che di fatto è inesistente.
Egli rappresenta quindi l’ultimo Anello di Comunicazione tra la Realtà di Dio e l’illusione nella quale crediamo -per nostra scelta- di essere precipitati. In altri termini è il Ponte fra la percezione e la Conoscenza. È il Traduttore all’interno dell’illusione delle leggi di Dio. È la Voce Che parla per Dio ricordandoci anche nel mondo delle differenze la perfetta uguaglianza della conoscenza.
In cosa consiste questa Sua “funzione duale”? Nel “rispondere” -dentro alla nostra mente- ad ogni interferenza dell’ego basata sulla credenza nella separazione, in modo da riflettere la Volontà di Dio Che è invece basata sull’Unità. In questo modo lo Spirito Santo corregge sistematicamente l’ego in tutte le sue forme, e guarisce poco alla volta la mente separata ripristinandola alla sua funzione creativa originale di Uno.
Per questa ragione il Corso utilizza molto spesso la parola “Risposta”, per definire la funzione dello Spirito Santo e lo Spirito Santo Stesso. In quanto “Risposta”, Egli risponde alle menzogne dell’ego in un modo che - benché illusorio - riflette la Realtà del Cielo. Leggiamo insieme un altro riferimento che troviamo all’interno del testo e della Chiarificazione dei termini, ricordando che la parola “Espiazione” nel Corso significa “correzione”:

Lo Spirito Santo è descritto in tutto il Corso come Colui che ci dà la risposta alla separazione e che ci porta il piano dell’Espiazione, assegnandoci la nostra parte particolare in esso e mostrandoci esattamente in cosa consiste. 
(C-6.2:1)

Nella prossima citazione vedremo che la Risposta dello Spirito Santo - la Cui Fonte è Dio Stesso - ripristina gradualmente la nostra Identità di Figlio di Dio, e con essa il nostro pieno valore, sostituendo così all’interno della nostra mente la credenza dell’ego nella piccolezza, ossia la credenza dell’ego - a cui abbiamo aderito appieno - di essere dei corpi che vivono in un mondo di corpi.

Tu non hai stabilito il tuo valore ed esso non ha bisogno di alcuna difesa. Nulla lo può attaccare né può prevalere su di esso. E’ immutabile. Semplicemente è. Chiedi allo Spirito Santo che cos’è e te lo dirà, ma non avere paura della Sua risposta, perché proviene da Dio. E’ una risposta eminente a causa della Sua Fonte, ma la Fonte è vera e così lo è la Sua risposta. Ascolta e non mettere in dubbio ciò che senti, perché Dio non inganna. Vuole che tu sostituisca la credenza dell’ego nella piccolezza con la Sua eminente Risposta a ciò che sei, cosicché tu possa smettere di dubitarne e la conosca per ciò che è. 
(T-9.VIII.11:2-9)

 

-298-

Lo Spirito Santo, come sempre, prende ciò che hai fatto e lo traduce in uno strumento di apprendimento. Ancora, come sempre, reinterpreta ciò che l’ego usa come prova della separazione in una dimostrazione contro di essa. 
(T-6.V.A.2:4-5)

Da qualche settimana stiamo esplorando il significato che il Corso attribuisce all’espressione “Spirito Santo”. (per rileggere gli spunti relativi cliccare qui)
Abbiamo visto che lo Spirito Santo è parte della Realtà dell’Uno, in quanto creato da Dio, eppure svolge anche una funzione duale all’interno dell’illusione con la quale noi siamo identificati. Conoscendo da un lato soltanto la Volontà di Dio, e d’altro lato svolgendo la Sua funzione duale, lo Spirito Santo agisce quindi da Anello di Comunicazione fra Dio e i Suoi Figli separati, da Ponte fra la percezione e la Conoscenza, da Traduttore delle leggi di Dio nel mondo dell’illusione. Pur essendo precipitati in una condizione mentale duale che ci impedisce di comunicare direttamente con Dio, grazie allo Spirito Santo, Che è la Voce Che parla per Dio, abbiamo ancora la possibilità di accedere ad una dimensione duale corretta che riflette le leggi di Dio e quindi di ripristinare la nostra comunicazione con Lui.
Abbiamo anche visto che la funzione duale dello Spirito Santo consiste nel rispondere – all’interno della nostra mente- all’errore dell’ego, la credenza nella separazione, qualunque forma assuma. Per questa ragione viene spesso definito nel Corso “la Risposta” alla separazione.
Ma troviamo anche un’altra definizione che Ne manifesta la funzione duale: quella di “Interprete”. In base ad essa, lo Spirito Santo reinterpreta ogni errore del sistema di pensiero dell’ego, volto all’attacco, dandogli uno scopo diverso, scopo che indirizza la nostra mente nella direzione della pace interiore. Così reinterpreta il giudizio, il tempo, le relazioni, il corpo, l’empatia, la giustizia, e tutte le capacità inventate dall’ego per separarci da Dio, trasformandole in un mezzo per ritornare a Dio. Quindi usa tutto ciò che l’ego ha fatto per disfare l’ego stesso e ristabilire la nostra comunicazione con Dio.
All’inizio del testo troviamo una chiara spiegazione di come lo Spirito Santo svolge questa sua funzione di Interprete: proprio come un’alta corte di giustizia ha il potere di capovolgere le decisioni di un tribunale inferiore.

L’ego detta sentenze e lo Spirito Santo capovolge le sue decisioni, allo stesso modo in cui in questo mondo un’alta corte ha il potere di capovolgere le decisioni di un tribunale inferiore. Le decisioni dell’ego sono sempre sbagliate, perché sono basate sull’errore per la cui difesa sono state prese. …. Ci sono molti esempi di come le interpretazioni dell’ego sono fuorvianti, ma alcuni saranno sufficienti a mostrarti come lo Spirito Santo possa reinterpretarle nella Sua Luce. 
(T.5.VI.4:1-2; 5:1)

Proprio come la Risposta, anche l’interpretazione dello Spirito Santo riflette la Volontà di Dio, in base alla quale siamo stati creati come Uno. Dunque non potrà mai essere un’interpretazione che separa e divide (come quelle fornite dall’ego), ma userà i molteplici simboli del mondo per riconoscere la nostra unità sostanziale e il fatto che non siamo assolutamente separati nello scegliere di attribuire al mondo un unico significato di pace e di perdono.
Questo ci permetterà di percepire, al di là dei mille linguaggi del mondo, un contenuto comune e la nostra comunicazione- gravemente impedita dall’ego- potrà essere nuovamente ripristinata.

Abbiamo un solo Interprete. E attraverso il Suo uso dei simboli siamo uniti, così che essi significano la stessa cosa per tutti noi. Il nostro linguaggio comune ci permette di parlare a tutti i nostri fratelli e di comprendere con loro che il perdono è stato dato a tutti noi, e così possiamo comunicare nuovamente. 
(T-30.VII.7:6-8)

-299-

Non aver paura di riconoscere che l’intera idea di sacrificio è solamente di tua invenzione 
(T-15.XI.1:1)

L’imminenza del Natale mi induce ad interrompere brevemente l’argomento che sto trattando dallo spunto 291, ossia il significato che il Corso dà all’espressione “Spirito Santo”. Anche se in realtà non ce ne discostiamo troppo.
Infatti abbiamo visto negli ultimissimi spunti (per rileggerli cliccare qui) due modi in cui il Corso definisce l’aspetto illusorio o duale dello Spirito Santo: la Risposta e l’Interprete, termini con i quali il Corso ci insegna che lo Spirito Santo risponde correttamente all’errore dell’ego, reinterpretando punto per punto – forma dopo forma- le molteplici frammentazioni di quell’errore.
Quale errore? La minuscola folle idea, naturalmente (T-27.VIII.6:1), l’unico errore presente nella nostra mente, la credenza errata che la nostra mente sia separata da quella di Dio. Facendo un piccolo passo avanti nella comprensione dei termini, leggiamo nella tredicesima sezione del Manuale degli Insegnanti che lo Spirito Santo definisce “sacrificio” la nostra folle credenza in tale errore. Perché? Perché credendo nella separazione, il Figlio di Dio ha “sacrificato” la conoscenza del Suo Sé superiore, precipitando in una condizione oscura ed obnubilata in cui si è autoconvinto di essere un sé separato, privo di Dio, di innocenza e di amore, e condannato a sopportare come il mitico Sisifo l’eterno peso della sua colpa per il terribile peccato commesso.

Qual è il vero significato di sacrificio? È il costo del credere nelle illusioni. È il prezzo che deve essere pagato per la negazione della verità. 
(M-13.5:1-3)

Questo è il sacrificio che il Corso ci chiede di mettere in discussione in occasione del Natale:
il sacrificio dell’identificazione con l’ego a cui abbiamo condannato noi stessi, e con noi tutti i nostri fratelli. E il modo per metterlo in discussione è rappresentato dall’accettare nella nostra mente la Presenza gioiosa e luminosa dello Spirito Santo e il Suo insegnamento di pace che dissolve tutte le ferite dell’ego proprio come la luce dissolve l’oscurità.

Questo Natale dai allo Spirito Santo tutto ciò che ti ferisce. Permettiti di essere completamente guarito così che ti possa unire a Lui nella guarigione, e celebriamo insieme la nostra liberazione liberando tutti con noi. 
(T-15.XI.3:1-2)

-300-

Nello spunto della scorsa settimana (per rileggerlo cliccare qui) abbiamo visto che il Corso vede nel Natale la fine del sacrificio, e abbiamo anche visto che per comprendere bene questa frase dobbiamo prima comprendere cosa intende il Corso con la parola “sacrificio”.

Qual è il vero significato di sacrificio? È il costo del credere nelle illusioni. È il prezzo che deve essere pagato per la negazione della verità. 
(M-13.5:1-3)

Come si può ben leggere, ci troviamo di fronte all’ennesima prova che le parole nel Corso hanno un significato diverso da quello a cui siamo abituati.
Il sacrificio per il Corso è semplicemente il prezzo che la nostra mente apparentemente separata deve pagare per aver creduto e continuare a credere nella minuscola folle idea di separazione da Dio negando la verità, ossia il fatto di non essere affatto separata. E il prezzo consiste nell’autocondannarsi ad un’esperienza di sofferenza indicibile (non c’è sofferenza maggiore della lontananza da Dio), in cui la nostra mente cerca di strappare qualche momento di appagamento concedendosi piaceri che non danno un vero piacere, gratificazioni che non gratificano realmente, e attimi di pseudo pace conquistata mediante l’attacco costante rivolto all’esterno.
Un quadro veramente desolante che obbedisce alla massima dell’ego cerca ma non trovare (T-12.IV.1:4): cerca pace interiore e felicità ma non trovarle mai!
Ma una soluzione esiste. È rappresentata dalla determinazione ad accettare finalmente la Risposta dello Spirito Santo, l’Espiazione (ossia la correzione) della minuscola folle idea, e quindi del sacrificio.
Ecco, questo è l’invito che il Corso ci rivolge in occasione del Natale: provare a vivere il Natale come fine del terribile sacrificio che la mente ha compiuto credendo in una separazione impossibile per definizione e mai realmente avvenuta. Invitare lo Spirito Santo dentro la nostra mente, accettando in essa la nascita del bambino di Betlemme, il Principe della Pace, significa così togliere ogni significato all’intera idea di sacrificio!

Il segno del Natale è una stella, una luce nell’oscurità. Non vederla fuori di te, ma splendente nel Cielo interiore, e accettala come segno che il tempo di Cristo è venuto. Egli viene senza esigere nulla. Non chiede alcun sacrificio, di niente e di nessuno. Alla Sua Presenza l’intera idea di sacrificio perde ogni significato. Perché Egli è Colui Che ospita Dio. E tu non devi fare altro che invitare Colui Che è già lì, riconoscendo che il Suo Ospite è Uno, e nessun pensiero estraneo alla Sua Unità può dimorare lì con Lui. 
(T-15.XI.2:1-7)