Secondo gli insegnamenti di Kenneth Wapnick

Il principio di causa - effetto dal 114 al 117

Spunti 114115116 - 117

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Riprendiamo i nostri spunti dove li avevamo interrotti. Ma prima facciamo un rapido riassunto di quanto abbiamo cercato di studiare da inizio anno: il primo passo del perdono.

Rileggendo ancora una volta la bellissima sintesi compiuta da Kenneth Wapnick (cliccare qui) abbiamo visto che il primo passo consiste nell’assumerci la responsabilità delle nostre percezioni, ossia dell’uso che facciamo della nostra mente.

Partendo dalla celebre descrizione che si trova in L.pI.23.5, abbiamo cercato di identificare la causa del mondo che vediamo, affinché possa essere cambiata. Abbiamo visto che tale causa è rappresentata dai nostri meccanismi mentali di proiezione, che ci fanno percepire come oggettivo quanto sta all’interno della nostra mente e “non ha mai lasciato la sua fonte” (L.pI.132.5:3-4), ossia continua a rimanere dentro di essa.(spunti 86-104)

Abbiamo cercato di individuare lo scopo di tale meccanismo di proiezione e abbiamo visto che consiste nel cercare di liberarci dal senso di colpa che sperimentiamo a causa dell’errata credenza di esserci separati da Dio, la cosiddetta “piccola folle idea”. (spunti 105-110)

E infine abbiamo cominciato a vedere che questo ci porta alla costante necessità di accusare ed incolpare il mondo esterno a noi, che riteniamo colpevole delle nostre angosce, e “causa” di quanto sta avvenendo nella nostra mente. In questo modo abbiamo capovolto la causa e l’effetto: il mondo sembra essere divenuto la causa di quanto ci avviene, e la nostra mente sembra esserne divenuta l’effetto. (spunti 111-112)

Il “ragionamento” che ha dato origine al mondo, sul quale si basa e dal quale è mantenuto, è semplicemente questo: “Tu sei la causa di quello che faccio. La tua presenza giustifica la mia collera, tu esisti e pensi separatamente da me. Finché tu attacchi, io non posso che essere innocente. E ciò per cui soffro è il tuo attacco” (T.27.VII.3:1-4)

La chiave che ci permette di uscire da tali trappole è l’osservazione attenta dei nostri pensieri, guardandoli “senza giudizio né colpa”, ossia senza la guida del nostro ego.

E’ quanto cercheremo di fare nelle prossime settimane. Ma prima cercheremo di delineare brevemente alcuni aspetti del principio di causa-effetto.

 

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Il “ragionamento” che ha dato origine al mondo, sul quale si basa e dal quale è mantenuto, è semplicemente questo: “Tu sei la causa di quello che faccio.
La tua presenza giustifica la mia collera, tu esisti e pensi separatamente da me.
Finché attacchi, io non posso che essere innocente. E ciò per cui soffro è il tuo attacco”
(T.27.VII.3:1-4)

La nostra percezione sbagliata si basa interamente sul meccanismo della proiezione, che consiste nel vedere al di fuori della nostra mente il profondo e devastante senso di colpa che sperimentiamo a causa dell’errata credenza incredibile” (T.7.VIII) di essere separati da Dio. Per l’ego è imperativo che noi crediamo una tale “credenza incredibile” ma non ne diventiamo consapevoli, perché se la vedessimo vorremmo sicuramente metterla in discussione e liberarcene.

Per impedirci dunque di prendere contatto con essa l’ego la nasconde proiettandola all’esterno della mente, su cose, persone e situazioni che sembrano esserne diventate la causa. In questo modo non saremo più consapevoli di ospitare tale devastante senso di colpa, ma lo sperimenteremo in tante forme diverse: per esempio come rabbia nei confronti di quanto ci viene fatto da altri, o come paura del futuro, o come dolore per una malattia. A questo punto un’altra persona sembrerà essere diventata la causa della nostra rabbia, il futuro la causa della nostra paura, e la malattia la causa del nostro dolore. E’ una sorta di allucinazione che ci fa vedere fuori di noi – ed in forma distorta - quanto invece sta avvenendo dentro la nostra mente.

Questa è la motivazione che dà così tanto valore alla percezione di noi stessi come vittime di un mondo ostile: il fatto che se siamo delle vittime vuol dire che c’è un carnefice esterno a noi, e se c’è un carnefice esterno a noi vuol dire che la sua colpa diventa il punto focale della nostra percezione e la colpa che sperimentiamo dentro di noi viene messa in secondo piano e non viene più guardata, ossia percepita e consapevolizzata. E se non viene più consapevolizzata, non può più essere messa in discussione.

Il capovolgimento di causa-effetto è dunque una precisa strategia dell’ego per impedirci di risolvere l’unico problema che abbiamo: l’angoscia derivante dalla presunta credenza nella separazione da Dio.

Ed in questo modo l’ego mantiene la sua presa su di noi.

 

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E’ essenziale tenere a mente che ogni percezione è ancora capovolta finché non ne sia stato compreso lo scopo.
La percezione non sembra essere un mezzo. Ed è questo che rende difficile afferrare completamente fino a che punto essa debba dipendere dallo scopo per cui la vedi.
La percezione sembra insegnarti ciò che vedi. Tuttavia essa non fa che rendere testimonianza di ciò che hai insegnato.
E’ l’immagine esterna di un desiderio: un’immagine che volevi fosse vera (T.24.VII.8:5-10)

La percezione capovolta è credere di essere l’effetto di quanto il mondo fa alla nostra mente: per esempio credere di essere arrabbiati a causa di un’offesa ricevuta, o tristi a causa di una perdita subita, o vergognosi a causa di un’azione sbagliata che abbiamo compiuto.

Non potremo “raddrizzarla”, ossia rimettere nella loro giusta prospettiva causa ed effetto, in base al principio che la mente è causa ed il mondo è effetto, fino a che non comprenderemo qual è lo scopo per cui vogliamo percepire le cose in modo distorto.

Dunque, la vera domanda che dovremmo chiederci è: qual è lo scopo per cui scelgo di sperimentare la rabbia invece della comprensione, quando mi viene fatta un’offesa? Qual è lo scopo per cui metto l’enfasi sulla voce dell’ego, che mi parla di tristezza, invece che sulla Voce dello Spirito Santo, che mi parla della mancanza di valore del mondo, quando subisco una perdita? Qual è lo scopo per cui decido di rimanere nella mente sbagliata, dove si trova la vergogna, invece che nella mente corretta, dove si trova l’assenza di condanna, quando ho compiuto un errore?

La risposta è semplice: per poter trovare qualcuno o qualcosa da accusare all’esterno di me (una persona che mi offende, una situazione che mi depriva di qualcosa, il mio cervello che continua a fare errori), ed in questo modo liberarmi dalla devastante e colpevole “credenza incredibile” (T.7.VIII) che è sepolta nei meandri più oscuri della mia mente!

“Il fine ultimo della proiezione è sempre di liberarsi della colpa”
(T.13.II.1:1)

 

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Il miracolo stabilisce che stai facendo un sogno e che il suo contenuto non è vero. Questo è un passo cruciale nel rapportarsi con le illusioni.
Nessuno ne ha paura quando percepisce di averle fatte lui.
(T.28.II.7:1-3)

Questo brano è tratto da una sezione molto importante che si focalizza sulla necessità di invertire effetto e causa. L’effetto è il mondo, mentre la causa è la nostra mente che lo sta sognando. Sembra essere l’esatto contrario: sembra che il mondo sia la causa e noi siamo l’effetto del mondo. Eppure -come il corso ci ripete in continuazione- il mondo è solo il prodotto dei nostri pensieri: la proiezione fa la percezione (T.21.In.1:1).

Il miracolo è il primo passo nel restituire alla causa, e non all’effetto, la funzione causativa. Perché questo ha prodotto il sogno e, finché questo perdura, si avrà paura del risveglio.
(T.28.II.3-5)

Il miracolo è quel cambio di percezione che ci permette -come il primo passo del perdono- di riconoscere che la mente è la causa ed il mondo è l’effetto. Restituisce dunque alla causa (la mente) la sua funzione causativa. Il credere che la mente sia effetto ha prodotto il sogno, cioè lo stato di allucinazione nel quale siamo immersi quando seguiamo la stridente voce dell’ego. E finché manterremo tale allucinazione avremo paura di udire l’amorevole Voce dello Spirito Santo che ci invita al risveglio.

In pratica, che cosa significa tutto questo? Significa che il miracolo ci insegna che la causa dei nostri problemi è nella nostra mente, e non nel mondo. Potrei pensare di non essere felice perché qualcuno mi ha maltrattato, o perché c’è qualcosa di sbagliato nel mio carattere, o perché lo spread continua ad oscillare, o perché è successo qualcosa di terribile ad una persona a me cara, o per qualunque ragione esterna a me. Il miracolo ripristina il giusto rapporto causa-effetto, dicendo che la causa della mia infelicità è nella mia mente, ossia nel fatto che io (cioè il DM che ha il potere di scegliere la percezione) ho scelto di ascoltare la voce dell’ego, l’insegnante dell’infelicità, invece della Voce dello Spirito Santo, l’Insegnante della felicità.

Questa è la vera causa della mia infelicità. Non quello che il mondo fa o non fa

Il miracolo stabilisce che stai facendo un sogno e che il suo contenuto non è vero. Questo è un passo cruciale nel rapportarsi con le illusioni.
Nessuno ne ha paura quando percepisce di averle fatte lui.
(T.28.II.7:1-3)

Questo brano è tratto da una sezione molto importante che si focalizza sulla necessità di invertire effetto e causa. L’effetto è il mondo, mentre la causa è la nostra mente che lo sta sognando. Sembra essere l’esatto contrario: sembra che il mondo sia la causa e noi siamo l’effetto del mondo. Eppure -come il corso ci ripete in continuazione- il mondo è solo il prodotto dei nostri pensieri: la proiezione fa la percezione (T.21.In.1:1).

Il miracolo è il primo passo nel restituire alla causa, e non all’effetto, la funzione causativa. Perché questo ha prodotto il sogno e, finché questo perdura, si avrà paura del risveglio.
(T.28.II.3-5)

Il miracolo è quel cambio di percezione che ci permette -come il primo passo del perdono- di riconoscere che la mente è la causa ed il mondo è l’effetto. Restituisce dunque alla causa (la mente) la sua funzione causativa. Il credere che la mente sia effetto ha prodotto il sogno, cioè lo stato di allucinazione nel quale siamo immersi quando seguiamo la stridente voce dell’ego. E finché manterremo tale allucinazione avremo paura di udire l’amorevole Voce dello Spirito Santo che ci invita al risveglio.

In pratica, che cosa significa tutto questo? Significa che il miracolo ci insegna che la causa dei nostri problemi è nella nostra mente, e non nel mondo. Potrei pensare di non essere felice perché qualcuno mi ha maltrattato, o perché c’è qualcosa di sbagliato nel mio carattere, o perché lo spread continua ad oscillare, o perché è successo qualcosa di terribile ad una persona a me cara, o per qualunque ragione esterna a me. Il miracolo ripristina il giusto rapporto causa-effetto, dicendo che la causa della mia infelicità è nella mia mente, ossia nel fatto che io (cioè il DM che ha il potere di scegliere la percezione) ho scelto di ascoltare la voce dell’ego, l’insegnante dell’infelicità, invece della Voce dello Spirito Santo, l’Insegnante della felicità.

Questa è la vera causa della mia infelicità. Non quello che il mondo fa o non fa