Secondo gli insegnamenti di Kenneth Wapnick

D 1045 Sapere che siamo noi a creare le nostre malattie non crea semplicemente maggiore colpa?

 

D #1045: Ho un enorme problema con l’insegnamento che afferma che siamo noi a crearci le nostre malattie. Se un giorno dovessi morire di una malattia terminale, sapendo che sono io ad aver creato questo, mi sentirei terribilmente, terribilmente COLPEVOLE. Sapere che ho fatto tutto il possibile per liberarmi da essa - perdonando lo schema che l’ha creata, vedendola come il sistema di pensiero dell’ego – e che essa è ancora lì, mi metterebbe in una situazione impossibile. Mi apre a ogni tipo di odio per me stesso. “Avrei dovuto avere pensieri diversi da quelli che ho”.

E una seconda domanda: quando c’è dolore, non dovrei relazionarmi con questi pensieri  con amore e misericordia e cura, perché questo li renderebbe reali per me? Per favore aiutatemi!

 

R: La tua confusione e la tua paura sono comuni tra gli studenti di Un corso in miracoli perché noi vogliamo leggerne le parole dalla prospettiva del sé che pensiamo di essere: un corpo vulnerabile, con la sua specifica personalità e storia personale, che fanno sì che le scelte influenzino la qualità della sua vita qui in questo mondo spazio temporale (T.27.VIII). Ma quando lo leggiamo in questo modo, le parole del Corso possono essere trasformate in uno strumento dell’ego, e rafforzare la colpa invece di disfarla. E fino a  quando lo faremo non comprenderemo cosa intende il Corso per malattia, perché non c’è gerarchia tra le illusioni, comprese le malattie fisiche, qual è la causa vera di tutta la nostra sofferenza e il nostro dolore, dove facciamo effettivamente esperienza di sofferenza e dolore, o semplicemente chi è responsabile per aver scelto ciò che sembra accadere al corpo, comprese le malattie.

Identificati con il nostro corpo, arriviamo al Corso con una varietà di intenzioni per rendere migliore la nostra vita qui, forse migliorando e mantenendo la nostra salute ed evitando o almeno minimizzando malattie, malesseri futuri e declino, risolvendo le nostre preoccupazioni finanziarie e guarendo le nostre relazioni con le nostre famiglie, le persone che amiamo e gli amici, così da poter essere più felici nel mondo. E alcune di queste cose possono effettivamente verificarsi nella nostra vita nel momento in cui incominciamo a praticare il Corso a qualsiasi livello ne comprendiamo il messaggio di perdono.

Ma Gesù e il suo Corso  non si occupano del mondo, della nostra vita e dei nostri corpi o della relazione dei nostri corpi con altri corpi. Gesù si occupa soltanto della nostra mente e dei pensieri che essa contiene, e di quali insegnanti invitiamo a guardare con noi quei pensieri. Dalla sua prospettiva la malattia, come anche la morte, non è niente più di un pensiero di separazione e colpa nella mente che non ha nulla a che fare con il corpo (M.5.II.3). Con l’ego come nostro insegnante cercheremo di nascondere la colpa da noi stessi, la maschereremo proiettando un mondo inventato o in forma di malattia nel nostro corpo o di conflitto con altri corpi, e sia l’una che l’altra cosa sembreranno poi essere la causa della nostra sofferenza e del nostro dolore. Ma il dolore e la sofferenza, proprio come il pensiero di colpa, restano nella mente che continua ad identificarsi con l’ego, cosa che, di nuovo, è la sola malattia (T.28.II.11:7). E così dalla prospettiva dell’ego lo specifico problema corporeo e la sua gravità in realtà non hanno importanza – può trattarsi semplicemente della paura di una malattia futura – fintanto che il focus non è nella mente dove può avvenire la vera guarigione, ma rimane fuori dalla mente sul corpo e sul mondo, dove non si può avere alcun cambiamento significativo.

Fintanto che continuiamo ad identificarci con il corpo e prendiamo seriamente i suoi bisogni siamo malati. Non perché ci sia qualcosa di sbagliato o peccaminoso riguardo al corpo, ma solo perché è ovvio che abbiamo ancora bisogno di una difesa nei confronti del pensiero di colpa e separazione nella mente, altrimenti sapremmo che siamo una mente e non un corpo. Nel momento in cui incominciamo a spostare l’identificazione sulla mente, con lo Spirito Santo o Gesù come nostro insegnante – processo che per la maggior parte di noi sarà graduale – diventeremo sempre meno preoccupati per ciò che specificamente avviene con il nostro corpo e maggiormente focalizzati su come possiamo usare qualsiasi cosa sembri accadere come mezzo per ritornare in contatto con il pensiero soggiacente nella mente che sta dietro la proiezione. Sentirci in colpa in merito a qualsiasi cosa che sembra accadere al corpo semplicemente significa che ci siamo ancora una volta allontanati dallo Spirito Santo e cerchiamo la guida dell’ego (T.13.X.6). E questo può non essere molto intelligente, ma è probabile che accada e di certo non è nulla per cui ci si debba sentire in colpa.

A questo punto sarà molto più utile notare qualsiasi preoccupazione tu abbia proprio ora riguardo a qualsiasi problema relativo al tuo corpo e riconoscerlo come un’aula scolastica per guardare, proprio ora la colpa sotterrata, anziché preoccuparti per uno stato immaginato ed immaginario del corpo ad un certo momento futuro verso la fine della tua vita. Perché più sei in grado di praticare i principi del Corso nel presente, meno paura avrai per ciò che sembra accadere al tuo corpo in futuro. E se il tuo obiettivo diventa sempre più non di avere un corpo sano, ma avere una mente guarita, sarai in grado di riposare con la sicurezza di stare bene, indipendentemente da ciò che sembra accadere al corpo. Tale pace mentale può sembrare ancora essere da qualche parte in un lontano futuro, ma i passi per farla diventare realtà solo disponibili per tutti noi proprio ora.

Per quanto concerne la tua seconda domanda, il punto non è se relazionarti al tuo dolore e alla tua sofferenza con misericordia, amore e cura, ma piuttosto se puoi relazionarti con te stesso con misericordia, amore e cura per aver follemente scelto il dolore e la sofferenza. Cerca di comprendere che una volta che fai esperienza del dolore hai già reso reale il dolore. Quindi decidere a quel punto di evitare di guardarlo e di affrontarlo per paura di renderlo reale è semplicemente una forma dia negazione che non ha alcuno scopo utile. E ricorda, il nostro dolore e la nostra sofferenza non hanno nulla a che fare con ciò che avviene nel nostro corpo e ha totalmente a che fare con l’insegnante della separazione, della colpa e della paura che abbiamo scelto nella nostra mente. Gesù non ci giudicherà né condannerà mai per aver fatto la scelta sbagliata quindi perché dovremmo farlo noi? E’ solo l’ego che ci condanna per aver scelto l’ego, perché non c’è nulla che serva meglio il suo scopo del convincerci che l’ego deve essere preso sul serio. L’insegnamento di Gesù è molto più gentile e così saremmo saggi se chiedessimo il suo aiuto per apprendere come essere gentili con noi stessi.