Secondo gli insegnamenti di Kenneth Wapnick

D 753  Perché la Lezione 1 nel Libro degli esercizi sembra contraddirsi?

 

D #753: Questa è più che altro una domanda “grammaticale”, prima ho letto il passaggio nella traduzione in tedesco di Un Corso in Miracoli e ho pensato che potesse trattarsi di un errore di traduzione, ma poi ho controllato la versione originale inglese e il passaggio è ugualmente confuso. La Lezione 1 del Libro degli esercizi dice: “Questo è lo scopo dell’esercizio. L’affermazione deve semplicemente essere applicata a qualsiasi cosa vedi. Mentre pratichi l’idea di oggi, usala in maniera del tutto indiscriminata. Non cercare di applicarla a tutto ciò che vedi, poiché questi esercizi non devono diventare ritualistici” (L.pI.3:2,3,4,5). Potete spiegarmi la differenza tra l’applicarla a qualsiasi cosa si veda, ma non a tutto? In tedesco è chiaramente la stessa cosa... cosa “devo” fare: guardare le cose e dire che non sono nulla, ma non dovrei guardare tutto ciò che vedo e dire la stessa cosa? Si tratta forse di una sorta di punto di vista “rilassato” dove niente ha alcuna importanza, ma non bisogna applicare questa idea come fosse una dottrina (perché altrimenti avrebbe importanza)?

 

R: Nella frase 6 c’è la chiave di quanto intende dire Gesù: “Assicurati soltanto che nulla di ciò che vedi venga specificatamente escluso”. Egli è molto consapevole della scaltrezza dell’ego – di come tutti cerchiamo di scendere a compromessi e mercanteggiare con lui così da non dover cambiare troppo – di come cerchiamo di fargli accettare i nostri termini e condizioni nella relazione con lui quale nostro insegnante. Pertanto, nel contesto di questa lezione, ci mette in guardia nei confronti di questa tendenza a metterci in una posizione di controllo mentre lavoriamo con il suo corso. Egli sa che cercheremo di escludere l’applicazione a certe parti della nostra esperienza e quindi dice: “Non farlo. Il fare eccezioni alle mie istruzioni non ti aiuterà a raggiungere gli obiettivi di questo corso”. Questo è ciò che intende nelle sue affermazioni riguardanti il raggiungimento dell’istante santo: “La condizione necessaria per l’istante santo non richiede che tu non abbia pensieri che non siano puri. Ma richiede invero che tu non ne abbia alcuno che vorresti tenere per te.... Nella tua pratica, quindi, cerca solo di essere vigile contro l’inganno, e non cercare di proteggere i pensieri che hai intenzione di tenere per te” (T.15.IV.9:1,2,8).

Se da una parte Gesù vuole che siamo disciplinati nella nostra pratica – in quanto la nostra mente è normalmente così in disciplinata – dall’altra egli non vuole che arriviamo al rituale, solo perché trasformare una pratica in un rituale normalmente significa che non lo facciamo più in un modo significativo e tale da produrre gli effetti desiderati. Egli ci dice nel manuale per insegnanti: “Le abitudini, in quanto tali, sono pericolose poiché diventano facilmente veri e propri dèi, minacciando gli scopi stessi per cui erano state stabilite” (M.16.2:5). La nostra disponibilità a fare ciò che ci suggerisce, anche se ci dimentichiamo di farlo, è ciò che influisce sul nostro processo spirituale, in opposizione alla mera ripetizione di quanto ci dice di dire nei momenti precisi in cui ci dice di dirlo.