Secondo gli insegnamenti di Kenneth Wapnick

D 1251 Se I nostri pensieri creano la realtà, come possono coesistere tutti i nostri pensieri in conflitto?

 

D # 1251: Ho difficoltà a comprendere come possano coesistere e non interferire l’una con l’altra le mie interazioni con le altre persone che stanno attraversando lo stesso processo per apprendere che sono i loro pensieri a creare la realtà. Se credo e comprendo che la realtà è la manifestazione del pensiero, questo non ha un effetto sulle altre persone? Cosa accade se ho pensieri su un’altra persona? Com’è possibile che la mia realtà possa mettere insieme le nostre due realtà? Se la situazione è stata decisa anticipatamente da tutte le persone coinvolte, allora mi sento come se fossi in una grande illusione che non è più uno spazio buono in cui stare. Sarebbe bello avere una qualche conferma che io non sono una marionetta i cui fili sono mossi da qualcun altro. Sto impegnandomi al 100% per imparare a riapprendere che il mondo, e questa e-mail del resto, è solo un pensiero e niente più di questo. Ho colto il concetto che siamo tutti la stessa energia, ma non lo comprendo quando ha a che fare con l’individualità.

 

R: No, non sei una “marionetta i cui fili sono mossi da qualcun altro”, e la teoria di Un corso in miracoli non implica la predestinazione. Di fatto, uno degli obiettivi principali dell’insegnamento di Gesù è fare sì che ci rendiamo conto che la nostra decisione di scegliere o lui o l’ego come nostro insegnante determina quale sarà in ogni istante la nostra esperienza. Ma non sarebbe totalmente accurato dire che noi, pertanto, “creiamo la nostra realtà”

Se scelgo l’ego come mio insegnante, allora i miei pensieri emaneranno dal sistema di pensiero di separazione e qualunque cosa avvenga esteriormente sarà interpretata da me (la mia parte decisionale) conseguentemente. Il sistema di pensiero dell’ego sarà una sorta di modello e in base a questi termini sarà “creata” la mia esperienza interiore di ciò che è esterno. Quando interagisco con te, per esempio, i bisogni del mio ego determineranno come farò esperienza di te. Io non creo la tua realtà: io “creo” la mia percezione di te in base alla mia precedente scelta di ascoltare l’ego anziché Gesù o lo Spirito Santo. E la mia percezione di te può persino non quadrare con la realtà oggettiva, perché i bisogni del mio ego potrebbero avere come risultato una errata percezione, come è frequentemente il caso.

E’ pressoché impossibile per noi saltare dalla nostra esperienza di noi stessi come individui fisici/psicologici ad un’esperienza di noi come menti non legate dal tempo o dallo spazio. Persino la comprensione intellettuale di mente non è facile per noi, come hai scoperto. Una delle ragioni di questa difficoltà è che investiamo nel sistema di pensiero dell’ego molto più di quanto ci rendiamo conto, e siccome il nucleo centrale della strategia dell’ego è mantenerci senza mente, il cercare di percepire un regno oltre il corpo e le cose specifiche (il regno dell’assenza di mente) sembrerebbe piuttosto innaturale e frustrante per noi, e quasi impossibile da raggiungere. Staremmo combattendo contro noi stessi per percepire tutto come mente quando, allo stesso tempo, stiamo sostenendo una decisione di negare la nostra identità di mente.

Pertanto, ciò che potrebbe aiutare a allentare la pressione e la confusione di cui fai esperienza è approcciare questa tematica da una direttiva differente: spostare la tua attenzione allo scopo o al modo in cui usi il mondo, il tuo corpo e le tue relazioni, anziché cercare di relazionarti così duramente al mondo e a tutti come pensiero. E’ vero che c’è solo la mente e i pensieri nella mente, ma la tua esperienza di questo arriverà in modo più naturale se ti focalizzerai prima sul sentirti a tuo agio nel riconoscere lo scopo nella tua mente che sta motivando il modo in cui ti relazioni al mondo ed interagisci con esso. La pratica di ciò alla fine ti condurrà a vedere, oltre le apparenze dell’individualità, la mente decisionale che è “responsabile”. Allora vedrai che nessuno è sotto il controllo di nessun altro, a meno che quel tipo di esperienza sia voluta, ma allora quella scelta potrebbe essere cambiata in qualsiasi momento.

Per esempio, fintanto che ci identifichiamo con il sistema di pensiero di separazione dell’ego, è un dato di fatto che ci relazioneremo gli uni agli altri nel contesto della specialezza, il che significa che giudicheremo alcune persone come meritevoli del nostro amore, della nostra compassione e del nostro perdono: persino noi stessi talvolta. La specialezza e l’esclusione viaggiano mano nella mano. Possiamo così imparare a riconoscere come usiamo le persone per mantenerci nel particolare stato di specialezza che desideriamo: per ottenere quello che vogliamo. Andando ancora oltre: le radici della specialezza sono nascoste nella compulsione della mente a vedere e giudicare le differenze, e così possiamo imparare a riconoscere quella dimensione anche nelle nostre relazioni.

Man mano che continueremo questo processo di guardare ed osservare, sposteremo la nostra attenzione sempre più lontano dalla forma verso il contenuto nelle nostre menti. E alla fine ci relazioneremo a noi stessi e a chiunque altro principalmente su quel livello, mentre allo stesso tempo funzioneremo normalmente nelle nostre attività quotidiane (forma). Così, quando ci renderemo conto di come rendiamo importanti le differenze, e allora cercheremo di correggere ciò (cambieremo insegnante nella nostra mente), la nostra percezione si sposterà verso gli interessi che tutti condividiamo: che stiamo tutti soffrendo la terribile angoscia e la colpa per il fatto di credere che ci siamo egoisticamente separati della nostra Fonte e che tutti desideriamo tornare a casa in Cielo. Quando questa diventa la nostra percezione stabile, il nostro investimento nell’individualità incomincerà ad indebolirsi, persino senza che noi ci lavoriamo direttamente.

La transizione verso l’esperienza in cui tutto è mente, così, sarà più naturale e certamente più dolce del cercare di fare pressione su noi stessi per andare totalmente al di là del corpo e della forma. Questo è il motivo per cui Gesù ci ricorda spesso che siamo coinvolti in un processo di disfacimento di ciò che abbiamo fatto per errore. In prossimità della fine del testo, Gesù ci dice: “La salvezza non chiede che tu veda lo Spirito e non percepisca il corpo. Semplicemente chiede che questa sia la tua scelta” (T.31.VI.3:1,2). Così, la nostra disponibilità a cambiare dallo scopo dell’ego allo scopo dello Spirito Santo per il mondo ed il corpo è ciò che faciliterà la dolce transizione alla vera percezione e alla visione che condividiamo con Gesù.