Secondo gli insegnamenti di Kenneth Wapnick

D 207 E’ sbagliato avere domande ed aver bisogno di risposte riguardo al Corso?

 

D # 207: Il fatto stesso di avere domande ed aver bisogno di risposte è semplicemente un gioco nelle mani dell’ego e lo perpetua? Ma non è anche irrealistico vivere secondo la premessa di Un corso in miracoli secondo cui non conosciamo il significato di nulla e non abbiamo bisogno di fare nulla, quando tutto quello che facciamo è far domande e voler fare qualcosa?

 

R: Sì, è vero che il nostro far domande ed aver bisogno di risposte perpetua l’ego. C’è una potente sezione del testo che discute questo: “La quieta risposta” (T.27.IV). Qui Gesù spiega perché è così. “Tutte le domande poste in questo mondo non sono che un modo di vedere, non una domanda che viene posta... Il mondo non pone che una domanda. È questa: Di queste illusioni, quale è vera? … Così all'interno del mondo ogni interrogativo è una forma di propaganda per il mondo stesso” (T.27.IV.4:1;4:5;5:3).

Ma egli non dice di non fare domande; vuole semplicemente che poniamo una domanda onesta, il che può avvenire soltanto quando, per un istante, abbiamo messo da parte la nostra arrogante presunzione di sapere quali siano i nostri problemi, ad esempio i nostri risparmi che diminuiscono, il nostro corpo malato, la nostra macchina che non funziona, il nostro ambiente devastato, ecc.

Praticare il Corso non significa che non dovremmo prenderci cura di queste aree della nostra vita. Significa piuttosto che dovremmo renderci conto che non siamo turbati o in difficoltà per queste ragioni.

La nostra difficoltà – il nostro unico problema – è la nostra disponibilità a continuare a credere di essere veramente separati dall’Amore di Dio; e la nostra difesa contro l’eventualità di cambiare mente al riguardo – per paura di dover rinunciare alle nostre identità speciali come individui – è vedere una moltitudine di problemi al di fuori della nostra mente e poi chiedere a Gesù o allo Spirito Santo di unirsi a noi nel fare qualsiasi cosa possibile per risolvere quei problemi anziché chiedere a Loro di aiutarci a cambiare la nostra mente in merito al sistema di pensiero che abbiamo scelto come nostra guida.

In questo contesto, quindi, non è irrealistico vivere secondo le premesse del Corso. Di fatto staremmo molto meglio e saremmo molto più in pace se lo facessimo. Queste premesse stanno semplicemente ri-orientando il nostro modo di pensare: ci aiutano a distanziarci da ciò che siamo così convinti sia la realtà, così da poter acquisire una prospettiva diversa riguardo alla nostra vita e a tutti i nostri apparenti problemi.

Se facessimo un passo indietro con Gesù, come lui ci chiede di fare, vedremmo insieme a lui che tutti i nostri problemi sono inventati: il loro scopo è quello di servirci come difese contro l’eventualità di ritornare alla verità nascosta nella nostra mente. Una volta che siamo disposti a vedere i nostri problemi in quel modo ci accosteremo a loro in maniera completamente diversa. Ma fintanto che pensiamo di conoscere il significato di qualsiasi cosa ed agiamo automaticamente su quella base, saremo per sempre bloccati in un ciclo senza fine di problemi che non sono mai completamente risolti, oppure vengono risolti per poi essere immediatamente sostituiti da altri problemi. La strategia dell’ego di tenerci senza mente avrà funzionato.

Così Gesù ci addestra a riconoscere che abbiamo già scelto una serie di premesse sulle quali fondare la nostra vita, cosa che ha comportato infelicità, frustrazione e morte. Egli ci insegna perciò che abbiamo a disposizione un’altra scelta nella nostra mente, una scelta che ci riporta a casa, alla vita eterna e alla pace di Dio. Il punto di partenza in questo capovolgimento è il nostro umile riconoscimento che ci siamo sbagliati su tutto e che sarebbe nei nostri migliori interessi non fare nulla di testa nostra e chiedere aiuto per vedere ogni cosa come la vede lui. Se questo viene fatto correttamente, con dolcezza e con fiducia, possiamo continuare a portare avanti le nostre responsabilità ed i nostri obblighi nei ruoli che abbiamo scelto, in modo tale che nessuno noti in noi alcuna differenza,  salvo che siamo maggiormente in pace e sorridiamo più frequentemente.