D # 917 Il mito della separazione del Corso porta enfasi sull’aver fatto il mondo come un meccanismo di difesa contro la colpa e la paura che Dio porti via l’esistenza separata che il Figlio ha desiderato (e il risultato è miliardi di frammenti). Io non vedo come questo si relazioni a ciò che io penso sia la paura più fondamentale: la paura della morte. E mi chiedo perché questo senso di separazione non producesse individui che potessero vivere per sempre.
R: Dalla nostra prospettiva come corpi separati nel mondo non sembra che la paura della morte sia una delle nostre paure peggiori. E tuttavia, dalla prospettiva di Gesù, il nostro problema non è la paura della morte ma la nostra attrazione ad essa, come discusso in gran dettaglio nel terzo ostacolo alla pace (T.19.IV.C). Perché il credere nella morte è la pietra miliare del sistema di pensiero dell’ego: la nostra vita apparentemente separata è arrivata a spese di Dio, richiedendo, secondo il mito dell’ego, la Sua morte e la distruzione dell’Unità. E il credere che Dio finirà con il riprendersi indietro la vita che Gli abbiamo rubato, culminante nella nostra morte e con la fine della nostra esistenza individuale, è semplicemente una ulteriore prova che la separazione è reale, un peccato punibile da Dio.
L’ironia di tutte le difese dell’ego, inclusa la frammentazione della mente e l’apparente proiezione di quei frammenti in un mondo di forma, è che niente di essi funziona, nei termini dello scopo per il quale aveva promesso sarebbero serviti. Finché restiamo identificati con l’ego, niente può renderci sicuri, niente può proteggerci dalla vendetta di Dio, salvo temporaneamente, perché alla fine la morte è inevitabile ed è questo di cui crediamo di avere paura.
Ma ciò che le difese dell’ego realizzano effettivamente, cosa che noi non ci diamo il permesso di vedere o di accettare, è mantenere la nostra attenzione al di fuori di noi stessi, sul mondo, sul corpo e sulla morte, cosicché non vediamo che abbiamo inventato noi l’intera situazione, dall’inizio alla fine nella morte, e niente di tutto questo è vero. Sembra che i corpi muoiano, ma noi siamo mente, creata eterna da Dio, e la morte del corpo non ha nulla a che fare con noi, a meno che noi non si voglia credere che ne abbia. E noi vogliamo soltanto credere che ne abbia se vogliamo che il pensiero di separazione e morte sia reale e vogliamo restare identificati con l’ego, cosa che facciamo! E così questo è il motivo per cui Gesù parla della nostra attrazione per la morte, nascosta convenientemente dalla nostra apparente paura della morte.
Il nostro modo di pensare cosciente è quasi interamente capovolto e invertito, e le nostre conclusioni sembrano piuttosto giustificabili perché sembrano essere tutto quello che sappiamo. E così Gesù, attraverso Un corso in miracoli, sta cercando molto gentilmente di togliere gli strati di difesa che abbiamo abbracciato per mantenere fuori dalla nostra consapevolezza la nostra reale attrazione per la morte, così che noi si possa vedere cosa realmente crediamo e stiamo scegliendo. Man mano che ci diventa più chiaro che in realtà stiamo scegliendo di credere nella morte, Gesù sa che saremo disposti a fare una scelta differente: in favore della vita che non ha opposti nella morte (L.pI.167.1) e che non ha niente a che fare con i corpi.
In merito alla tua domanda finale, sebbene ci siano molte diverse forme e storie che l’ego può aver prodotto, quella di individui che vivono in eterno non è tra esse. Perché la separazione è stata fatta in modo da essere l’opposto di Dio e del Cielo, che sono i soli ad essere eterni, e così l’ego può solo tentare di mimare l’infinità e l’eternità (es.: T.4.I.11; T.4.V.6:1,2). Persino gli scienziati moderni ne vedono la realizzazione apparentemente più impressionante, l’universo spazio-temporale in espansione, come qualcosa che alla fine collassa su se stesso.