D #1295: La psicoterapia tradizionale e Un corso in miracoli sembrano definire il termine ego in modi diversi. Da circa due anni seguo un percorso di counseling e la mia terapeuta sta lavorando con me per costruire un ego. Mi dice che devo avere un ego prima di potervi rinunciare. Sembrerebbe che ciò che lei definisce come ego e ciò di cui parla Gesù siano due cose diverse, ma non so bene come distinguerli.
R: I counselor e i terapeuti usano il termine ego grazie a Sigmund Freud, il quale ha suddiviso la personalità umana in tre parti: es, io (ego) e super io. Secondo la sua teoria, l’es funziona sul principio del piacere, cercando immediata gratificazione per i nostri impulsi istintuali. Il super io è il nostro censore morale interno che reprime l’es. E l’io media tra l’es, il super io e il mondo esterno, cercando di trovare dei mezzi affinché noi esprimiamo noi stessi in modi socialmente accettabili. L’io è la parte cosciente della psiche, fondamentalmente la personalità con cui ci identifichiamo.
Oggi i counselor che parlano di ego non vedono la psiche necessariamente da una prospettiva freudiana, ma hanno adottato in gran parte il termine ego come scorciatoia per indicare la nostra personalità ed identità in quanto individui. L’obiettivo della maggior parte dei counselor è di assistere gli altri nel diventare individui più sani, aiutandoli ad essere maggiormente a proprio agio e funzionali in questo mondo. Così potremmo dire che aiutano i loro clienti o pazienti a sviluppare degli ego sani.
Quando Gesù parla dell’ego nel Corso, parla fondamentalmente dell’intera psiche umana, conscia ed inconscia. Ci dice che la persona che pensiamo di essere è un sé falso, nato dalla nostra errata credenza di aver potuto creare un sostituto della nostra vera identità di amato Figlio di Dio. Così Un corso in miracoli ha interamente a che fare con il riconoscere che saremmo più felici se lasciassimo andare la nostra presa sull’ego ed abbracciassimo invece lo Spirito Santo. Pertanto, per molti studenti del Corso, il termine ego ha assunto un tono sinistro, facendo sembrare contraddittoria, per non dire totalmente spaventosa, l’idea di svilupparne uno sano. Tuttavia questo è il risultato di una incomprensione. Il Corso ci incoraggia a vivere in questo mondo, ma sapendo che non vi apparteniamo. E il farlo richiede forza egoica. Non sviluppare un ego sano rappresenta paura, che deve essere disimparata se dobbiamo mai andare al di là della paura verso l’accettazione dell’Amore di Dio.
Così, ben lungi dal fare dell’ego un nemico, Gesù vuole che lo perdoniamo (e che così ci perdoniamo) come primo passo per andare al di là di esso. Anche se alla fine ci porterà a lasciar andare l’ego, Gesù sarebbe il primo a concordare che non possiamo andare al di là dell’ego fino a che non lo vediamo per quello che è e non facciamo pace con esso. Così, come un grande terapeuta, egli ci chiede semplicemente di guardarlo, trasformando la nostra esperienza di essere un ego (che, all’interno di questo sogno, sembra essere l’interezza di chi siamo) in un’aula scolastica nella quale imparare a conoscere noi stessi sempre di più ogni giorno.
Il Corso, e la maggior parte delle forme di counseling, procedono su strade diverse nel senso che nel counseling fare pace con se stessi in questo mondo è normalmente l’obiettivo finale, mentre nel Corso è solo un passo verso il risveglio. Tuttavia, nonostante questa differenza fondamentale e le differenze nell’uso del linguaggio, di certo non c’è alcun conflitto intrinseco tra il Corso e il processo della terapia. È semplicemente importante che gli studenti del Corso considerino la terapia come uno mezzo verso un fine e non come il fine stesso.