D #1381: La mia domanda riguarda la relazione tra causa ed effetto, nello specifico il principio che se si può dimostrare – tramite il perdono – che l’effetto non ha alcun effetto su nessuno, allora la causa scompare come scompare l’effetto. L’esempio spesso dato è quello di Gesù che risorge dalla morte per dimostrare che la morte non è reale. Tuttavia, non è questo un uso del perdono al livello del corpo invece che al livello della mente? Se desidera liberarsi di un effetto uno dovrebbe, tramite il perdono, perdonare la causa al livello della mente e poi sia la causa che l’effetto scompaiono. Inoltre quando si perdona la causa di un effetto è necessario conoscere la causa esatta o l’esatto pensiero che ha prodotto l’effetto? Questo ha delle implicazioni psichiatriche: uno può aver bisogno di aiuto professionale per identificare quella particolare causa.
R: Comprendere la relazione causa-effetto è essenziale per il proprio lavoro con Un corso in miracoli, sia nei termini di coglierne la teoria che nella pratica dei suoi insegnamenti di perdono. Nella nostra discussione qui dobbiamo essere brevi, ma in seguito rimandiamo ad alcune nostre pubblicazioni per una presentazione più globale su questo tema. La nostra risposta è largamente basata su Introduzione a “Un corso in miracoli”, Capitolo 5, “Gesù: lo scopo della sua vita”.
Ciò che alla fine Gesù ha dimostrato è che il peccato non è reale, che a sua volta significa che la separazione non è reale. “Ora, se l’effetto più grande del peccato in questo mondo è la morte, dimostrare che la morte è un’illusione dimostra contemporaneamente che il peccato non c’è. Questo dice anche che la separazione non è mai avvenuta” (pag. 99). Questo è uno dei messaggi più importanti di Un corso in miracoli, e corregge ciò che le Chiese hanno tradizionalmente insegnato sulla sua vita e sul suo messaggio. “… Gesù prese il più convincente testimone della realtà di questo mondo e dimostrò che non aveva alcuna presa su di lui. Questo è stato l’intero significato della sua vita, la sua missione e la sua funzione. Vincere la morte è mostrare che la morte non è reale, che anche la sua causa apparente [il peccato] non è reale e che quindi in realtà noi non ci siamo mai separati da nostro Padre” (pag. 100). Questo era l’obiettivo dell’insegnamento di Gesù: dimostrarci che non ci siamo mai veramente separati da Dio. Ha scelto un modo che sarebbe stato estremamente significativo per che facciamo molta fatica a credere di non essere dei corpi! Il suo insegnamento è deliberatamente – e amorevolmente – volto a venirci incontro dove siamo. Si focalizza dapprima sul corpo così da poterci condurre al di là di esso.
Applicati alla pratica del perdono nelle nostre vite quotidiane, questi principi significano che dovremmo batterci per dimostrare agli altri che i loro apparenti peccati (attacchi) contro di noi non hanno avuto alcun effetto, che qualsiasi cosa abbiano fatto non ha avuto alcun effetto sulla nostra pace interiore. Se il loro peccato non ha avuto alcun effetto è senza causa, e se è senza causa non esiste. Così perdoniamo gli altri per ciò che non ci hanno fatto. E’ questo l’approccio unico del Corso al perdono. Nel processo impariamo anche che anche noi siamo perdonati: il nostro apparente peccato di separazione da Dio non ha avuto alcun effetto e pertanto non abbiamo bisogno di difese per proteggerci dalle conseguenze del peccato che ci accusiamo di aver commesso. Ci eravamo semplicemente sbagliati nel credere di aver peccato.
In questo Gesù è il nostro modello e insegnante primario. Gli attacchi degli altri sembravano causargli sofferenza, ma non attaccando di rimando e continuando invece ad amare e perdonare gli “attaccanti” egli dimostrò che il loro peccato contro di lui non aveva avuto alcun effetto, il che significava che non avevano peccato: si erano semplicemente sbagliati e stavano chiedendo aiuto. (Vedi “Il messaggio della crocifissione”, nel Capitolo 6 del testo.) Questo è il modo in cui Gesù perdona anche noi. E ci chiede di essere come lui: accostarci allo stesso modo a tutti i nostri apparenti rancori ed esperienze di essere trattati ingiustamente. Non facile, certo! Ma questo è il motivo per cui egli resta dentro di noi, per aiutarci ad imparare questo e a praticarlo.
Talvolta c’è bisogno dell’aiuto di un professionista per scoprire le dinamiche che sono alla base del modo in cui sperimentiamo le nostre vite e le nostre interazioni. Esperienze traumatiche possono avere come risultato blocchi psicologici che inibiscono o persino bloccano l’ulteriore crescita e la terapia può essere utile nell’identificare e superare questi blocchi. Alla fine, tuttavia, sono sempre la colpa nelle nostre menti e la paura di lasciarla andare ad essere il nucleo centrale dei nostri problemi, siano essi fisici o psicologiciE così, in tal senso, per fare un progresso spirituale non è sempre necessario distinguere le cause specifiche ad altri livelli. È sufficiente avere la disponibilità a perdonare: voler scegliere il giusto insegnante e voler guardare il proprio ego senza giudizio. (Vedi l’opuscolo sulla Psicoterapia: P.2.VI.5.) Di nuovo, tuttavia, non è mai sbagliato né ritarda spiritualmente cercare assistenza professionale.
Infine, gli effetti di cui ti vuoi “liberare” sono tutte le percezioni e le esperienze di separazione, i risultati della scelta continua di restare separati da Dio come individui speciali. È normale volersi liberare di “effetti” quali il dolore, le inadeguatezze fisico/emozionali, i problemi finanziari e altre condizioni e circostanze corporee – e si dovrebbe fare qualsiasi cosa possibile a quel livello – ma questo non dovrebbe essere il focus del proprio lavoro con questo corso, come tu sembri puntualizzare. Il nostro focus dovrebbe essere rivolto all’interno, verso la scelta che stiamo facendo nelle nostre menti nell’interpretare come stiamo facendo ciò che avviene nel corpo e nel mondo. Quando alla fine ci sposteremo dall’interpretazione dell’ego a quella dello Spirito Santo, le condizioni e le circostanze delle nostre vite non saranno più un problema, anche se possono non esserci stati dei cambiamenti esterni. Ci accosteremo a tutto da quel “quieto centro” (T-18.VII.8:3), assicurati una volta per tutte che nulla può disturbare la pace interiore che è la nostra eredità come unico Figlio di Dio.
Per ulteriore studio del tema causa-effetto, vedi i CD, MP3di Kenneth “Cause and Effect” e “Cause and Effect” nel Capitolo 2 di Forgiveness and Jesus.