SPUNTI 144 - 145 - 146 - 147 - 148 - 149 - 150 - 151 - 152 - 153 - 154 - 155 - 156 - 157 - 158 - 159
Non c’è ordine di difficoltà nei miracoli. Uno non è “più difficile” o “più grande” di un altro. Sono tutti uguali. Tutte le espressioni d’amore sono massimali.
(T.1.I.1:1-4)
Il corso inizia con queste parole. E non è un caso: questo è il primo principio di miracoli, il principio che riassume non soltanto il processo del perdono, ma addirittura tutto il corso. Perché è proprio attraverso il processo del perdono che è possibile accedere al miracolo, ossia ad una diversa percezione di tutto e di tutti.
Questo principio è la risposta dello Spirito Santo alla prima legge del caos:
La prima legge del caos è che la verità è differente per ciascuno. Come tutti questi principi, questo sostiene che ognuno è separato e ha un diverso sistema di pensiero che lo taglia fuori dagli altri. Questo principio nasce dal credere che c’è una gerarchia nelle illusioni: alcune hanno maggior valore e quindi sono vere….
Pensa a come questo sembra interferire col primo principio dei miracoli. Perché stabilisce gradi di verità tra le illusioni, facendo sembrare alcune di loro più difficili da superare di altre. Se ci si rendesse conto che sono tutte la stessa cosa ed egualmente non vere, sarebbe facile, allora, capire che i miracoli si applicano a tutte.
(T.23.II.2:1-3, 3:1-3)
La prima legge del caos si basa sulla percezione delle differenze, proprio come il primo principio dei miracoli si basa sulla identicità delle espressioni d’amore.
Come si passa dal caos al miracolo? Dalla percezione sbagliata a quella corretta? Dall’angoscia alla miracolosa pace interiore?
Attraverso il perdono, basato su 3 passi, ossia su 3 esperienze interiori che possiamo apprendere gradualmente. Il primo passo, sul quale ci stiamo concentrando da più di un anno, consiste nel riconoscere - attraverso una costante e vigile osservazione dei nostri pensieri- che ”La proiezione fa la percezione. Il mondo che vedi è ciò che tu gli hai dato, niente di più” (T.21.In.1:1-2), ossia che la percezione del mondo esterno è tutt’altro che oggettiva. Ma consiste anche nel riconoscere che tutte le forme che la proiezione sembra assumere sono uguali fra di loro, perché condividono tutte il medesimo contenuto. Senza il riconoscimento di questa sostanziale identicità di tutte le forme di errore non è possibile accedere all’unica soluzione proposta dallo Spirito Santo, che impareremo a scegliere e sperimentare con il secondo ed il terzo passo del perdono.
Questi pensieri non significano nulla. Sono come le cose che vedo in questa stanza (in questa strada, da questa finestra, in questo luogo).
Questo è un esercizio fondamentale, e sarà ripetuto di tanto in tanto in forma in qualche modo diversa. Lo scopo qui è di allenarti nei primi passi…. E’ anche l’inizio nell’addestrare la tua mente a riconoscere ciò che è la stessa cosa e ciò che è diverso. (L.pI.4.titolo; 3:1-2, 4)
Il libro degli esercizi ci addestra gradualmente ad un nuovo discernimento, un nuovo modo di percepire basato sulla identicità invece che sulla differenza. Abbiamo visto negli spunti precedenti che il principio della differenza rappresenta la prima legge del caos, ossia del sistema di pensiero dell’ego, mentre il principio di identicità, l’unicità di contenuto all’interno della molteplicità di forme, è la risposta che lo Spirito Santo dà alla prima legge dell’ego.
La lezione numero 4 (un “esercizio fondamentale”!) rappresenta il primo passo in questa direzione. E’ l’inizio dell’addestramento a percepire in termini di identicità invece che di differenza, imparando a riconoscere ciò che è la stessa cosa e ciò che è diverso.
Che cosa è “la stessa cosa”? Tutte le forme. Tutte le forme sono uguali perché hanno un unico contenuto. E questo si applica sia alla mente sbagliata che a quella corretta: tutte le forme di errore sono un unico errore, e tutte le soluzioni o risposte proposte dallo Spirito Santo sono un’unica risposta o soluzione.
E che cosa è “diverso”? Il sistema di pensiero dell’ego e il sistema di pensiero dello Spirito Santo. La minuscola folle idea e l’Espiazione. L’attacco ed il perdono. Sono diversi, diametralmente opposti ed incompatibili.
A partire dai prossimi spunti vedremo come l’addestramento ad un nuovo discernimento basato sul comprendere che cosa è veramente diverso e che cosa è veramente uguale, venga sottolineato fin dall’introduzione del libro degli esercizi.
Il trasferimento dell’apprendimento nella percezione vera non procede allo stesso modo del trasferimento dell’apprendimento nel mondo. Se si raggiunge la vera percezione in relazione ad una persona, situazione o evento, è certo il trasferimento totale a tutto e a tutti.
(L.pI.In.5:1-2)
Mentre l’apprendimento della mente sbagliata ha lo scopo di separare e dividere, quello della mente corretta ha lo scopo di unificare, per insegnarci a percepire l’inerente uguaglianza di contenuto che sottende qualunque esperienza noi facciamo e che riflette l’Unità della conoscenza della Mente Una. Dunque i due apprendimenti non procedono nello stesso modo: uno separa, divide, analizza, specializza, fa eccezioni. L’altro, accettando la nostra intrinseca Unità, la riflette nell’’identicità di contenuto che viene sperimentata nella mente corretta, e che viene estesa attraverso il processo di generalizzazione
L’ego analizza, lo Spirito Santo accetta.
(T.11.V.13:1)
Ricordiamo: l’ego è l’impulso a separare. Lo Spirito Santo corregge tale separazione ricordandoci di accettare che la nostra vera natura è l’unione, non la separazione.
Il tentativo di comprendere la totalità frantumandola è chiaramente l’approccio caratteristicamente contradditorio che l’ego ha verso ogni cosa. L’ego crede che il potere, la comprensione e la verità risiedano nella separazione, e per instaurare questa credenza deve attaccare. Inconsapevole del fatto che non è possibile instaurare la credenza, ed ossessionato dalla convinzione che la separazione sia la salvezza, l’ego attacca ogni cosa che percepisce frantumandola in piccole parti scollegate tra loro, senza rapporti significativi e pertanto senza significato.
(T.11.V.13:3-5)
L’ego è la parte della mente che crede nella divisione
(T.5.V.3:1)
L’ego non è un potere esterno a noi, ma una nostra credenza incredibile (T.7.VIII). Avendolo accettato dentro la nostra mente, esso è diventato il nostro “naturale” modo di pensare. Eppure il corso chiarisce che tale modo naturale è di fatto totalmente innaturale, perché naturalmente – cioè nella Mente Una - noi pensiamo con Dio.
Ho detto prima che devi imparare a pensare con Dio. Pensare con Lui è pensare come Lui. Questo genera gioia, non colpa, perché è naturale. La colpa è un chiaro segno che ciò che pensi è innaturale. Il pensiero innaturale sarà sempre seguito dalla colpa, perché è credere nel peccato.
(T.5.V.4:5-9)
Ciò significa che in conseguenza della credenza nella “minuscola folle idea” (T.27.VIII.6:2) dentro la nostra mente, abbiamo disimparato a pensare naturalmente, e dobbiamo imparare nuovamente a farlo. Il libro degli esercizi ci fornisce un manuale di addestramento della mente per disimparare il modo di pensare del mondo, basato sulla separazione e sulla divisione, e imparare il modo di imparare spirituale, che riflette la conoscenza di Dio, allo scopo di ritornare a pensare con Lui nella Mente Una. La prima parte del libro degli esercizi serve dunque a disfare quello che finora avevamo considerato il modo “naturale” di pensare, e la seconda parte ci aiuta ad imparare un modo spirituale, che riflette quello autenticamente naturale.
Questo libro di esercizi è suddiviso in due sezioni principali: la prima si occupa di disfare il tuo attuale modo di vedere, la seconda riguarda l’acquisizione della vera percezione.
(L.pI.3:1)
Nell’introduzione al libro degli esercizi vengono indicate due regole (“le uniche regole”) che lo studente dovrebbe “osservare sempre” nella sua pratica del libro degli esercizi. Questa è la prima delle due regole:
Allora le uniche regole generali da osservare sempre sono: primo, che gli esercizi siano messi in pratica nei minimi dettagli, come sarà indicato. Questo ti aiuterà a generalizzare le idee implicate in ogni situazione in cui ti trovi e ad ogni persona e cosa che sono parte di questa situazione.
(L.pI.In.6:1-2)
La prima regola, la regola della specificità, ci aiuta a fronteggiare quello che forse è il più comune tra gli errori degli studenti: la confusione di livelli. Imparando ad applicare in modo molto specifico gli esercizi proposti nella lezione del giorno alle specifiche situazioni della nostra vita, impariamo a guardare attentamente i nostri pensieri. E questa è la condizione indispensabile per poter attuare correttamente il processo di generalizzazione, che consiste nell’individuare “ciò che è lo stesso” all’interno delle apparenti diversità.
Solo riconoscendo tale identicità di contenuto all’interno delle apparenti differenze formali potremo ricondurre la molteplicità delle nostre esperienze sensibili a quella basilare dicotomia dualistica (mente sbagliata/ mente corretta) che sta alla base del processo di discernimento così come lo insegna il corso. E solo tale riconoscimento ci permette di perdonare, allenandoci ad esercitare il libero arbitrio, ossia a scegliere la percezione corretta dello Spirito Santo invece della percezione sbagliata dell’ego.
Nell’ultima newsletter abbiamo visto la prima delle due uniche regole indicate nell’introduzione al libro degli esercizi. Rileggiamola:
Allora le uniche regole generali da osservare sempre sono: primo, che gli esercizi siano messi in pratica nei minimi dettagli, come sarà indicato. Questo ti aiuterà a generalizzare le idee implicate in ogni situazione in cui ti trovi e ad ogni persona e cosa che sono parte di questa situazione.
(L.pI.In.6:1-2)
Il processo di generalizzazione sta alla base dell’insegnamento del corso. E’ proprio attraverso la generalizzazione che possiamo fare esperienza del riflesso dell’unità anche all’interno del mondo della separazione. La nostra mente dualistica infatti ci impedisce di conoscere l’Uno. Ma possiamo fare esperienza del riflesso dell’Uno nella nostra mente corretta, accedendo alla percezione corretta o unificata che è proposta dallo Spirito Santo. Per farlo dobbiamo prima renderci conto del fatto che le nostre percezioni sono sbagliate, perché solo in questo modo possiamo accettarne la correzione. Questo è proprio quel primo passo del perdono sul quale ci stiamo concentrando da più di un anno (spunto 73. Cliccare qui)
Ma non basta. Dobbiamo anche vedere che tutte le nostre percezioni sbagliate hanno lo stesso contenuto. Senza questo riconoscimento, ossia senza il processo di generalizzazione, il primo passo del perdono non può essere completato. E quindi è impossibile accedere correttamente alla correzione proposta dallo Spirito Santo, ossia al secondo e al terzo passo del perdono. (per rileggere la sintesi dei tre passi del perdono compiuta da Kenneth Wapnick, cliccare qui)
La prima delle due regole proposte nell’introduzione al libro degli esercizi ci chiede di guardare in modo estremamente specifico i nostri pensieri, allo scopo di imparare a generalizzare le idee che apprendiamo ogni giorno.
Allora le uniche regole generali da osservare sempre sono: primo, che gli esercizi siano messi in pratica nei minimi dettagli, come sarà indicato. Questo ti aiuterà a generalizzare le idee implicate in ogni situazione in cui ti trovi e ad ogni persona e cosa che sono parte di questa situazione.
(L.pI.In.6:1-2)
La difficoltà di questo processo di generalizzazione – che è così importante da essere addirittura definito “lo scopo generale del libro degli esercizi”- non ci deve preoccupare. Infatti gli esercizi sono stati pianificati in modo tale da permettere il trasferimento della percezione senza alcuno sforzo da parte nostra. A noi viene richiesto di seguire due sole regole. La prima - come ho sottolineato negli ultimi spunti - è la regola della specificità.
Lo scopo generale del libro degli esercizi è di aumentare la tua capacità di estendere a tutto le idee che metterai in pratica. Questo non richiederà alcuno sforzo da parte tua. Gli esercizi stessi soddisfano le condizioni necessarie perché questo tipo di trasferimento possa avvenire
(L.pI.In.7)
Tu non puoi fare le leggi che governano la scelta, come non puoi fare le alternative tra cui scegliere…..
Abbiamo già ribadito che ce ne sono solo due, anche se sembrano essercene molte. La gamma di possibilità è definita, e questo non possiamo cambiarlo.
(L.pI.133.3:3; 4:1-2)
Nella lezione 133 il corso distingue chiaramente le due fondamentali categorie di pensiero in cui lo studente del corso deve imparare a raggruppare tutti i suoi pensieri attraverso la pratica dell’osservazione accurata della propria mente. Questo processo di generalizzazione viene insegnato molto praticamente nel libro degli esercizi, e nell’introduzione viene posta grande enfasi sulla sua importanza.
Il trasferimento dell’apprendimento nella percezione vera non procede allo stesso modo del trasferimento dell’apprendimento nel mondo. Se si raggiunge la vera percezione in relazione ad una persona, situazione o evento, è certo il trasferimento totale a tutto e a tutti.
(L.pI.In.5:1-2)
Una piccola ma importante precisazione, contenuta sempre nella lezione 133, evidenzia la didattica del corso a tale proposito:
Sarebbe molto ingeneroso per te lasciare che le alternative siano illimitate e così ritardare la tua scelta finale, fino a che non le avrai considerate tutte nel tempo; e non essere così chiaramente portato nel luogo dove non c’è che una sola scelta da dover fare.
(L.pI.133.4:3)
Dover perdonare specificamente ogni singolo pensiero della nostra mente sarebbe “ingeneroso”, perché implicherebbe un lavoro lunghissimo. E la scelta finale, l’accettazione completa dell’Espiazione per sé stessi che dà accesso al Mondo Reale, verrebbe enormemente ritardata.
Il processo di generalizzazione, grazie al quale apprendiamo l’identicità di contenuto nella molteplicità delle forme, accelera enormemente il percorso. Grazie ad esso veniamo portati “nel luogo” (lo spazio mentale dove il DM sceglie) dove non c’è che una sola scelta da dover fare”: accettare l’Espiazione per noi stessi (T.2.V.5:1).
Negli ultimi due spunti abbiamo visto la prima delle due regole da tenere a mente nella pratica del libro degli esercizi:
Allora le uniche regole generali da osservare sempre sono: primo, che gli esercizi siano messi in pratica nei minimi dettagli, come sarà indicato. Questo ti aiuterà a generalizzare le idee implicate in ogni situazione in cui ti trovi e ad ogni persona e cosa che sono parte di questa situazione.
(L.pI.In.6:1-2)
Troviamo nella lezione 8 un esempio di questa prima regola. L’esercizio proposto consiste nel completare una frase, identificando specificatamente ogni pensiero ad essa relativo. (L.pI.8.5:1-2) Questo esercizio ci allena all’abitudine di osservare in modo molto specifico i nostri pensieri, allo scopo di osservarne l’apparente diversità formale. Questa è la premessa indispensabile per poter poi ricondurre tale apparente differenza formale alla sostanziale identicità di contenuto, che è espressa nella frase conclusiva (#5:3).
Se non riconosciamo che tutte le differenze percettive sono uguali nel loro contenuto, in altri termini se non riconosciamo praticamente che tutti i problemi sono manifestazioni di quell’unico problema che il corso chiama “minuscola folle idea”, non potremo arrivare a far pratica di quel pensiero di correzione unificata che il corso definisce “Espiazione”.
Nell’introduzione al libro degli esercizi vengono indicate due regole (“le uniche regole”) che lo studente dovrebbe “osservare sempre” nel suo percorso di studio del libro degli esercizi. Nelle ultime settimane abbiamo visto la prima delle due regole. Ecco ora la seconda:
Secondo, accertati di non decidere che ci sono, per te, alcune persone, situazioni o cose a cui queste idee non siano applicabili. Questo interferirebbe con il trasferimento dell’apprendimento. L’essenza della vera percezione è che essa non ha limiti. E’ l’opposto del modo in cui vedi adesso.
(L.pI.In.6:3-6)
Mentre la prima delle due regole -aiutandoci a non cadere nella confusione di livelli- prepara il processo di generalizzazione, questa seconda regola ci insegna a non interferire con tale processo, ossia con il trasferimento dell’apprendimento.
Se noi facciamo delle eccezioni stiamo implicitamente sostenendo che la lezione del giorno non può essere unificata, ossia che il contenuto di qualcosa è diverso dal contenuto di qualcos’altro. Questo impedisce un autentico perdono, che si basa sul criterio spirituale di identicità in opposizione al criterio egoico di separazione o differenza.
La verità è sempre uguale e l’infelicità è sempre uguale, ma sono diverse l’una dall’altra sotto ogni aspetto, in ogni caso e senza eccezioni. Credere che possa esserci un’eccezione è confondere ciò che è uguale con ciò che è diverso.
(T.22.II.4:2-3)
In queste righe vengono definite chiaramente le basi del processo di discernimento, così come viene insegnato nel corso: imparare a distinguere ciò che è lo stesso da ciò che è diverso.
L’ego ci insegna che le forme sono tutte diverse, e che questa è una percezione corretta: la verità è oggettivamente diversa per ognuno di noi (T.23.II.2:1).
Secondo il corso questa è invece una percezione falsa, basata sul caos, ossia sull’ego. Ci spiega che esiste un altro modo di percepire, grazie al quale impariamo a vedere che le differenze sono solo apparenti, in quanto al loro interno tutte queste forme diverse condividono lo stesso identico contenuto. Pertanto ci aiuta a riconoscere che le varie forme di verità (cioè il nostro essere ancora Uno con Dio), così come le varie forme di infelicità (cioè la credenza incredibile di esserci separati da Lui), sono sempre uguali fra di loro, qualunque forma assumano.
Peraltro esiste un’importante differenza, ed è quella fra i due contenuti: la verità è totalmente diversa dall’infelicità, l’ego dallo Spirito, l’amore dalla paura. E non ci sono eccezioni a questo principio di base, che è la premessa metodologica per poter sperimentare il fatto che “non c’è ordine di difficoltà nei miracoli”(T.1.I.1:1).
Gli esercizi iniziano ad addestrarci proprio da qui: ci insegnano molto, molto praticamente a distinguere ciò che è lo stesso da ciò che è diverso.
Questo è un esercizio fondamentale, e sarà ripetuto di tanto in tanto in forma in qualche modo diversa… E’ anche l’inizio nell’addestrare la tua mente a riconoscere ciò che è la stessa cosa e ciò che è diverso
(L.pI.4:3:1,4)
La verità è sempre uguale e l’infelicità è sempre uguale, ma sono diverse l’una dall’altra sotto ogni aspetto, in ogni caso e senza eccezioni. Credere che possa esserci un’eccezione è confondere ciò che è uguale con ciò che è diverso.
(T.22.II.4:2-3)
Il corso ci propone un modo di pensare diametralmente opposto al modo di pensare dell’ego. E’ un modo di pensare basato su un diverso processo di discernimento, attuabile solo se si è disponibili ad osservare accuratamente e con vigilanza crescente i propri pensieri.
Le premesse metodologiche di tale discernimento, che sono spiegate dettagliatamente nel testo, prevedono un modo diverso di catalogare le informazioni, in base a due categorie di pensiero: la mente sbagliata e la mente corretta. E gli esercizi ci spiegano fin dall’inizio come si fa a discernere ciò che è lo stesso (le varie forme di percezione sbagliata -l’infelicità- o le varie forme di percezione corretta- la verità-) da ciò che è diverso (il contenuto della percezione sbagliata ed il contenuto della percezione corretta).
Ma insistono su un punto fondamentale: non bisogna fare eccezioni in tale processo di catalogazione. Anche una sola eccezione (cioè credere che una qualunque forma di infelicità possa essere vera o una qualunque verità possa renderci infelici) significa confondere ciò che è uguale con ciò che è diverso.
La seconda regola contenuta nell’Introduzione al libro degli esercizi mette in guardia lo studente contro un rischio del genere:
Secondo, accertati di non decidere che ci sono, per te, alcune persone, situazioni o cose a cui queste idee non siano applicabili. Questo interferirebbe con il trasferimento dell’apprendimento. L’essenza della vera percezione è che essa non ha limiti. E’ l’opposto del modo in cui vedi adesso.
(L.pI.In.6:3-6)
La seconda delle due “uniche regole” da osservare nella pratica del libro degli esercizi dice:
Secondo, accertati di non decidere che ci sono, per te, alcune persone, situazioni o cose a cui queste idee non siano applicabili. Questo interferirebbe con il trasferimento dell’apprendimento. L’essenza della vera percezione è che essa non ha limiti. E’ l’opposto del modo in cui vedi adesso.
(L.pI.In.6:3-6)
Questa seconda regola, la regola dell’indiscriminatezza, viene ricordata frequentemente nelle prime lezioni. La troviamo per esempio nella lezione 5 e nella lezione 9:
In questi esercizi, più che nei precedenti, puoi incontrare difficoltà nell’essere indiscriminato ed evitare di dare maggior peso ad alcuni soggetti piuttosto che ad altri
(L.pI.5.4:1)
Va sottolineato ancora che, pur non dovendo tentare di includere tutto, bisogna evitare di escludere specificatamente qualcosa. Assicurati di essere onesto con te stesso nel fare questa distinzione. Potresti essere tentato di offuscarla.
(L.pI.9.5)
E’ interessante notare infine quanto viene detto nella lezione 19:
Ormai dovrebbe esserti abbastanza familiare l’importanza di essere il più indiscriminato possibile nel selezionare i soggetti per i periodi di pratica, per cui non sarà più ribadita ogni giorno, anche se sarà occasionalmente inclusa come promemoria. Non dimenticare, comunque, che la selezione casuale dei soggetti per tutti i periodi di pratica rimane sempre essenziale.
(L.pI.19.4:1-2)
Dunque: l’invito all’indiscriminatezza non verrà più ripetuto, ma dovrà sempre essere tenuto a mente. Il corso si aspetta in sostanza che a partire dalla lezione 19 noi abbiamo appreso tale regola, e che d’ora in poi ci eserciteremo ad applicarla a tutti i nostri pensieri, per il resto della nostra vita!
Perché il libro degli esercizi attribuisce tanta importanza alla regola della indiscriminatezza, al punto di sostenere che - insieme alla regola della assoluta specificità - queste sono le uniche regole da seguire nella pratica?
Troviamo la spiegazione nella lezione 19:
Non dimenticare, comunque, che la selezione casuale dei soggetti per tutti i periodi di pratica rimane sempre essenziale. La mancanza di ordine in questo contesto darà infine significato alla mancanza di ordine dei miracoli.
(L.pI.19.4:2-3)
La regola dell’indiscriminatezza ci prepara all’applicazione del primo principio dei miracoli, che sostiene che “non c’è ordine di difficoltà nei miracoli” (T.1.I.1:1)
In altri termini, per poter sperimentare quotidianamente nella nostra vita i miracoli del perdono, dobbiamo imparare molto praticamente e specificatamente a riconoscere all’interno dei nostri pensieri la sostanziale identicità di contenuto nonostante le apparenti differenze di forma.
E’ proprio questo l’addestramento della mente che tutte le prime lezioni del libro degli esercizi ci insegnano a fare e che viene annunciato nell’introduzione del libro degli esercizi:
Lo scopo di questo libro di esercizi è di addestrare la tua mente in modo sistematico perché giunga ad una percezione diversa di ogni persona e di ogni cosa nel mondo. Gli esercizi sono pianificati per aiutarti a generalizzare le lezioni, affinché tu capisca che ciascuna di esse è ugualmente applicabile a tutto ciò che vedi e a tutti.
(L.pI.In.4)
Lo scopo di questo libro di esercizi è di addestrare la tua mente in modo sistematico perché giunga ad una percezione diversa di ogni persona e di ogni cosa nel mondo. Gli esercizi sono pianificati per aiutarti a generalizzare le lezioni, affinché tu capisca che ciascuna di esse è ugualmente applicabile a tutto ciò che vedi e a tutti.
(L.pI.In.4)
Che cosa è questa “percezione diversa di ogni persona e di ogni cosa nel mondo”? E’ la percezione unificata proposta dallo Spirito Santo, ossia dal Pensiero di correzione che si trova all’interno della nostra mente e che ognuno di noi- il DM, ossia la parte della mente che ha il potere di decidere- è libero di scegliere in ogni singolo istante della sua vita. Questa percezione unificata ci permette di vedere che siamo sostanzialmente tutti uguali, e condividiamo tutti un medesimo interesse comune: ritornare all’Uno.
Ma per esercitare tale diritto di scelta dobbiamo prima esserci resi conto di come il nostro pensiero sia errato. Ed è questo ciò che il primo passo del perdono ci insegna a fare. Guardando senza giudizio né colpa le nostre proiezioni sul mondo esterno, come abbiamo visto dallo spunto 86 allo spunto 104 (cliccare qui) , possiamo renderci conto del fatto che le nostre sofferenze non sono determinate da problemi esterni a noi, ma dai nostri pensieri. E tutti questi pensieri, che sembrano essere così diversi, hanno di fatto un unico contenuto, in quanto sono di fatto riconducibili ad un unico pensiero, che il corso definisce “minuscola folle idea” (T.27.VIII.6:2)
Il libro degli esercizi ci insegna praticamente a fare esperienza di questa teoria, aiutandoci a vedere molto specificatamente i nostri pensieri in modo indiscriminato, in modo da favorire quel processo di generalizzazione che ci aiuterà a percepire in ognuno di essi lo stesso contenuto errato e lo stesso potenziale di correzione.
Ma bisogna seguire attentamente due regole, che sono preannunciate nell’introduzione al libro degli esercizi. Due regole molto, molto importanti, su cui ci siamo concentrati a partire dallo spunto 148.(clicca qui)
Allora le uniche regole generali da osservare sempre sono: primo, che gli esercizi siano messi in pratica nei minimi dettagli, come sarà indicato. Questo ti aiuterà a generalizzare le idee implicate in ogni situazione. Secondo, accertati di non decidere che ci sono, per te, alcune persone, situazioni o cose a cui queste idee non siano applicabili. Questo interferirebbe con il trasferimento dell’apprendimento. L’essenza della vera percezione è che essa non ha limiti. E’ l’opposto del modo in cui vedi adesso. (L.pI.In.6)
Facendo dunque tesoro di questi insegnamenti fondamentali, ed applicandoli al nostro esercizio quotidiano di osservazione dei nostri pensieri, sospendiamo i nostri spunti per la pausa estiva. Con le meravigliose parole conclusive del libro degli esercizi, vi giungano i nostri migliori auguri.
Tu non cammini da solo. Gli angeli di Dio si librano vicino a te e tutt’intorno. Il Suo Amore ti circonda, e di questo sii certo: io non ti lascerò mai privo di conforto. (L.pII.ep.6:6-8)
mi auguro che il periodo delle vacanze sia stato per tutti l’occasione per recuperare le forze all’insegna della pace e del perdono, e che ora siamo tutti pronti a riprendere il nostro cammino con rinnovata energia.
A fine luglio ho completato gli spunti di riflessione relativi agli aspetti fondamentali del primo passo del perdono, che avevo iniziato nell’ottobre 2012 con lo spunto n. 73 (se desiderate rileggerli, cliccate qui). Dopo questa pausa estiva mi ero ripromessa di iniziare le riflessioni sul secondo passo, ma poi ho pensato che fosse meglio affrontare prima un altro tema importante della teoria del corso, perché negli ultimi mesi ho ricevuto molte lettere e telefonate da studenti che desiderano dei chiarimenti sull’insegnamento del corso.
Dato che mi sembra che ci sia molta confusione a riguardo, nel corso dell’estate ho deciso di scrivere un saggio sull’argomento, cercando di esporre in dettaglio cosa intende esattamente il corso con i termini “insegnare” ed “imparare”, e con l’espressione “’insegnante di Dio” a cui viene dedicato un intero volume, il Manuale degli Insegnanti.
Considerando il fatto che il corso presume che noi studiamo questi argomenti, che sono parte integrante della sua teoria, ho dunque pensato di dedicare i prossimi spunti ad una indagine su questi temi. Al termine, verrà pubblicato sul sito l’intero saggio che ho scritto nel corso dell’estate e sul quale avremo riflettuto insieme per un po’.
Come sempre vi invito a scrivermi, se lo desiderate, per approfondire la discussione.
Rinnovo i miei migliori auguri di buon cammino a tutti i lettori di questa newsletter, che seguono con tanto affetto e partecipazione il nostro forte impegno nella diffusione dell’insegnamento di Kenneth, rileggendo insieme a voi uno dei paragrafi più toccanti della Chiarificazione dei Termini:
Non dimenticare che una volta cominciato questo viaggio, la fine è certa. I dubbi lungo il cammino verranno per tornare nuovamente. Tuttavia la fine è sicura. Nessuno può non riuscire a fare ciò che Dio gli ha assegnato. Quando ti dimentichi, ricordati che cammini con Lui e con la Sua Parola nel tuo cuore. Chi può disperarsi quando ha una Speranza come questa? Illusioni di disperazione sembreranno assalirti, ma impara a non lasciarti ingannare da esse.
Dietro ognuna di esse c’è la realtà e c’è Dio.
(C.ep.1:1-9)