Spunti
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-101-
Nessuno in realtà vede qualcosa.
Ognuno vede solo i propri pensieri proiettati all’esterno.
(L.pI.8.1:2-3)
Queste affermazioni apparentemente incredibili vogliono forse dire che non stiamo realmente vedendo il monitor che sembra stare davanti ai nostri occhi? In un certo senso, sì. Ma per amore di verità dovremmo precisare che anche gli occhi che “vedono” il computer sono solo dei “pensieri proiettati all’esterno” della mente. Abbiamo già visto (spunto 10…. Cliccare qui) che “non c’è alcun mondo”, e che la non esistenza del mondo è “il pensiero centrale che il corso tenta di insegnare (L.pI.132.6:2-3). Il mondo non c’è perché “le idee non lasciano la loro fonte” (L.pI.132.5:3), e quindi il mondo non ha lasciato la mente, che è la sua fonte.
Noi lo vediamo fuori dalla mente (e quindi vediamo fuori dalla mente sia il monitor che gli occhi che sembra che lo vedano) a causa del meccanismo della proiezione, che fa percepire le cose come se fossero esterne ed indipendenti dalla mente che le sta pensando.
Tuttavia il corso non ci chiede né di comprendere pienamente né di applicare le sue affermazioni in questo modo, ossia alla forma. Ci chiede invece di applicare le sue affermazioni al contenuto della nostra mente, ossia alla decisione basilare di ascoltare una delle due voci (ego o Spirito Santo) che parla costantemente dentro la nostra mente e che noi decidiamo di ascoltare in ogni singolo istante.
Come questa decisione conduca ai suoi effetti non è un problema tuo.
Ma devi scegliere ciò che vuoi vedere.
Questo è un corso che riguarda la causa e non gli effetti
(T.21.VII.7:6-8)
-102-
Nessuno in realtà vede qualcosa.
Ognuno vede solo i propri pensieri proiettati all’esterno.
(L.pI.8.1:2-3)
Come abbiamo visto la settimana scorsa queste due frasi, che dicono letteralmente che il mondo non è una realtà oggettiva ma un insieme di pensieri dentro la nostra mente che viene percepito come se fosse esterno alla mente stessa, non vanno applicate alla forma ma al contenuto. In altri termini non devono essere usate per mettere in discussione le cose che vediamo in sé, quanto il contenuto delle cose che vediamo, lo scopo che diamo alle cose che vediamo.
Nel corso esistono solo due possibili contenuti: il pensiero di separazione, la minuscola folle idea(T.27.VIII.6:2), o il ricordo dell’unità di Dio, ossia il pensiero di correzione o Espiazione (C.6.2:1).
Di conseguenza sono tali contenuti all’interno delle cose che vediamo ciò di cui dobbiamo diventare consapevoli e che dobbiamo imparare a scegliere. Così per esempio sarà pur vero che il monitor che stiamo vedendo in questo momento è puramente immaginario, ma che senso ha per noi- che lo crediamo reale, e che crediamo reali gli occhi ed il cervello che lo “vedono”- ragionare così? Se lo facessimo negheremmo la nostra esperienza, ed il corso non ci chiede di farlo perché confonderemmo il primo livello del corso (il livello metafisico, in base al quale tutto il mondo sensibile è inesistente) con il secondo livello (in cui il corso, pur sapendo che il mondo sensibile è inesistente, ma sapendo anche che per noi è invece assolutamente reale, considera due modi diversi di percepirlo). (spunto 10 e 11)
Per non cadere in questo errore non consideriamo minimamente l’inesistenza del monitor, ma ci concentriamo sullo scopo che diamo a questo monitor, sul contenuto che vediamo in esso, sulla percezione che ne abbiamo.
E a questo punto, ricordando che esistono solo due possibili modi di percepire qualunque cosa (uno sbagliato, pieno di paura, e uno corretto, pieno di amore), ci domandiamo: “qual è il contenuto che voglio vedere in questo monitor? Qual è lo scopo che gli do? Che cosa simboleggia nella mia esperienza? La paura o l’amore? La colpa o la pace? La separazione o il ricordo dell’unità?”
-103-
Nessuno in realtà vede qualcosa.
Ognuno vede solo i propri pensieri proiettati all’esterno.
(L.pI.8.1:2-3)
Nelle ultime settimane abbiamo visto che il corso sostiene letteralmente che non esiste alcun mondo al di fuori della nostra mente. E’ il meccanismo della proiezione quello che fa sembrare il mondo oggettivo ed esterno alla mente. Ma “le idee non lasciano la loro fonte”, cioè la mente (L.pI.132.5:3), e quindi il mondo non è altro che un pensiero che non ha lasciato la mente che lo pensa.
Tuttavia questa affermazione di primo livello, perfettamente coerente con la visione non dualistica del corso, non ha molto senso per degli esseri che, come noi, sono totalmente identificati con il mondo e credono di vivere in esso. Quindi possiamo solo postularla a livello intellettuale, ma per ora ben difficilmente riusciremo a farne esperienza. Ché anzi il credervi ciecamente e dogmaticamente ci porterebbe a negare la nostra esperienza sensibile e potrebbe tradursi in vere e proprie aberrazioni, come il non prenderci cura del nostro corpo o dei nostri cari o dei luoghi in cui viviamo.
Il corpo è semplicemente parte della tua esperienza nel mondo fisico.
Tuttavia, è quasi impossibile negarne l’esistenza in questo mondo.
Coloro che lo fanno sono impegnati in una forma di negazione particolarmente indegna. Il termine "indegna" qui implica solo che non è necessario proteggere la mente negando ciò che non è mente. Se si nega questo sfortunato aspetto del potere della mente, si sta anche negando il potere stesso”
(T.2.IV.3:8,10-13)
-104-
La tua domanda non dovrebbe essere:
“Come posso vedere mio fratello senza il corpo?”
Chiedi solo: “Voglio veramente vederlo senza peccato?”
E mentre chiedi, non dimenticare che la sua assenza di peccato è la tua via di fuga dalla paura.
(T.20.VII.9:1-3)
Con queste frasi riassumo gli spunti iniziati con il numero 86, dedicati agli aspetti fondamentali del meccanismo della proiezione (per rileggerli, cliccare qui). Abbiamo visto che tale meccanismo – condiviso da tutti noi- consiste nel vedere al di fuori della mente un mondo apparentemente oggettivo ma totalmente illusorio, un mondo di pensieri da noi percepito come immagini.
E abbiamo anche visto che la comprensione di tale meccanismo non deve portarci al tentativo di negare le nostre esperienze fisiche e psicologiche quotidiane, perché il farlo ci porterebbe a negare proprio il potere della mente (spunti 101- 103), facendoci cadere nel ben noto errore della “confusione di livelli”.
La frase su cui ci concentriamo oggi definisce chiaramente tale confusione e delinea ancor più chiaramente il modo per uscirne. Ci spiega che l’affascinante teoria del corso non deve essere usata per negare l’esistenza oggettiva delle cose o delle persone ma per metterne in dubbio la percezione colpevole, basata sul giudizio. E’ questa la proiezione che dobbiamo imparare a guardare e a mettere in discussione. Questa è la nostra via di fuga dalla paura, ossia dal sistema di pensiero dell’ego.
-105-
Questa è la “legge fondamentale della percezione”:
“…….Vedi ciò che credi ci sia, e credi che ci sia perché vuoi che ci sia.
La percezione non ha altra legge che questa.
Il resto non fa che derivare da ciò, per puntellarlo e offrirgli sostegno”
(T.25.III.1:3-5)
Questo paragrafo aggiunge un punto essenziale a tutti gli aspetti che abbiamo preso in considerazione negli spunti precedenti: ne chiarisce lo scopo. Non solo siamo noi a proiettare ciò che percepiamo, e quindi la percezione non è affatto oggettiva, ma proiettiamo contenuti inesistenti proprio perché vogliamo vederli. Non siamo dunque vittime dei nostri meccanismi mentali. Siamo noi a sceglierli e metterli in atto perché vogliamo vedere ciò che non c’è.
Questo è il significato delle due frasi “Io non sono la vittima del mondo che vedo." "Ho inventato io il mondo che vedo”(L.pI.31-32): Non siamo vittime del mondo che vediamo perché siamo noi a proiettare sul mondo il contenuto che vogliamo vedere in esso. Crediamo che ci sia perché vogliamo che ci sia.
Non ingannarti ulteriormente pensando di essere inerme di fronte a ciò che ti viene fatto.
Riconosci solo che ti sei sbagliato, e tutti gli effetti dei tuoi errori scompariranno.
(T.21.II.2:6-7)
-106-
“Questa è la nota dominante della salvezza:
ciò che vedo riflette un processo nella mia mente, che inizia con la mia idea di ciò che voglio. Da questo punto la mente forma un’immagine della cosa che desidera, la giudica di valore e quindi cerca di trovarla. Queste immagini sono poi proiettate all’esterno, prese in considerazione, stimate reali e custodite come proprie”.
(L.pII.325.1:1-3)
Questo brano, su cui ci siamo già soffermati qualche settimana fa (spunti 97-99), evidenzia un aspetto fondamentale del meccanismo di proiezione: prima di formare l’immagine della cosa desiderata la mente deve formulare l’idea di ciò che vuole. In altri termini il nostro DM, la parte della nostra mente che prende la decisione, stabilisce prima di tutto l’obiettivo che vuole raggiungere: rendere reale la paura o la pace, ascoltare le urla dell’ego o la correzione gentile dello Spirito Santo?
Questo è espresso molto chiaramente anche in un altro brano:
…. devi guardare dentro prima di guardare fuori. Mentre guardi dentro, scegli la guida per vedere. E poi guardi fuori e ne vedi le testimonianze. Questo è il motivo per cui trovi ciò che cerchi. Renderai manifesto ciò che vuoi dentro di te, e lo accetterai dal mondo perché, volendolo, ve lo hai messo.
(T.12.VII.7:1-5)
La chiave per comprendere il meccanismo della proiezione è comprenderne lo scopo.
“Lo scopo è il significato” (L.pI.25.1:1).
Questo è quanto cercheremo di studiare nei prossimi spunti.
-107-
La verifica per tutto ciò che c’è sulla terra è semplicemente questa: “A cosa serve?”. La risposta lo rende ciò che è per te.
Non ha significato in sé, tuttavia tu puoi dargli realtà, secondo lo scopo che servi.
(T.24.VII.6:1-3)
In altri termini, la chiave per comprendere le nostre esperienze interiori è domandarci “qual è lo scopo? “. Se la percezione è determinata dalla proiezione, se vedo ciò che voglio vedere e non ciò che è oggettivamente “là fuori”, perché voglio vederlo e –vedendolo- renderlo reale?
Tu vedi il mondo a cui dai valore
(T.16.VI.5:1)
-108-
Tu vedi il mondo a cui dai valore
(T.16.VI.5:1)
Questa è la motivazione che sta alla base dei nostri meccanismi di proiezione. Non vediamo ciò che c’è, ma ciò che vogliamo vedere. E vogliamo vederlo perché gli diamo valore.
E perché gli diamo valore? Perché definisce la nostra identità:
La percezione è una scelta di ciò che vuoi essere: il mondo in cui vuoi vivere e lo stato in cui pensi che la tua mente sarà appagata e soddisfatta. Sceglie, in base alla tua decisione, dove pensi di trovarti al sicuro. Ti rivela quel te stesso che vuoi essere.
Ed è sempre fedele al tuo scopo, dal quale non si separa mai, né dà la minima testimonianza di qualsiasi cosa che non sia sostenuta dallo scopo che hai in mente. (T.25.I.3:1-4)
Quel “te stesso che vuoi essere”, è la vittima innocente dei soprusi altrui. Questo è lo stato mentale in cui ci sembra di trovare sollievo dal devastante senso di colpa conseguente alla “piccola folle idea” (T.27.VIII.6:2).
Se gli altri sono colpevoli (e quindi noi ne siamo vittime), allora crediamo di ridiventare “innocenti”, spostando all’esterno di noi quella colpa interiore che proviamo a causa della piccola folle idea di esserci separati da Dio. E in questo modo pensiamo di trovarci al sicuro e al riparo dalla presunta collera divina.
Proiettiamo all’esterno la nostra colpa interna illudendoci così di trovare un po’ di pace. E in questo modo le colpe altrui diventano per noi estremamente attraenti. Questo è il mondo inesistente che rendiamo reale con le nostre proiezioni e a cui diamo così tanto valore.
-109-
La chiave che ci permette di comprendere il meccanismo che sta alla base dei nostri processi mentali di proiezione è individuarne lo scopo. Questo è un punto fondamentale, perché secondo il corso:
La verifica per tutto ciò che c’è sulla terra è semplicemente questa:
A cosa serve? La risposta lo rende ciò che è per te
(T.24.VII.6:1-2)
Dunque è basilare individuare la ragione per la quale il nostro DM attua tutto il processo proiettivo che abbiamo studiato negli ultimi mesi. Una frase del capitolo 13 ci svela il mistero:
Il fine ultimo della proiezione è sempre di liberarsi della colpa
(T.13.II.1:1)
Questa è la motivazione segreta che sta alla base del processo mentale di formazione delle immagini e del processo percettivo in base al quale vediamo tali immagini come se fossero esterne alla mente che le pensa: per liberarci di quel profondo e terribile senso di colpa che sperimentiamo a causa dell’errata e sciocca credenza di esserci separati da Dio, un errore che il corso definisce “piccola folle idea” (T.27.VIII.6:2)
Potrai forse essere sorpreso nello scoprire come sia ben diversa la realtà da quello che vedi. Non ti rendi conto dell’enormità di quel solo errore.
E’ stato così vasto e così assolutamente incredibile che da esso ha dovuto emergere un mondo di totale irrealtà.
(T.18.I.5:1-3)
-110-
Il fine ultimo della proiezione è sempre di liberarsi della colpa
(T.13.II.1:1)
Da mesi approfondiamo un argomento chiave del corso: non vediamo ciò che c’è oggettivamente “là fuori”, ma ciò che vogliamo vedere. E di recente abbiamo anche visto che la ragione per cui attuiamo le nostre proiezioni è per liberarci dal senso di colpa.
Secondo il corso questo è vero sia sul piano metafisico collettivo (tutto il mondo non è altro che la proiezione della colpa derivata dalla “piccola folle idea”, la presunta credenza di esserci separati da Dio), che nello specifico delle nostre esperienze quotidiane individuali: ogni volta che la nostra percezione è guidata dall’ego, e quindi ci troviamo nella cosiddetta “mente sbagliata” e sperimentiamo una qualche forma di turbamento al posto della pace interiore, cercheremo di liberarci dalla morsa della colpa vedendola al di fuori di noi.
E allora ci sentiremo vittime di qualche cosa esterna a noi che sembra influire negativamente sul nostro stato mentale: potrebbe essere il tempo che rovina una passeggiata o una malattia fisica che ci spaventa; un problema economico che ci deprime o un partner che ci fa arrabbiare; un progetto che non si conclude felicemente o un luogo di vacanza che ci delude. In tutti questi casi sembra che ci sia qualcosa al di fuori della nostra mente che ci impedisce di essere felici e gioiosamente in pace.
E’ proprio così, o siamo noi che stiamo proiettando su tali eventi un nostro disagio interiore preesistente - disagio che il corso identifica chiaramente definendolo “piccola folle idea” (T.27.VIII.6:2)- in modo da poterlo scaricare all’esterno senza assumercene la responsabilità? Ricordiamoci che il corso precisa che
Non sono mai turbato per la ragione che penso io
(L.pI.5)
Solo diventando vigili osservatori dei nostri pensieri possiamo rispondere a questa domanda con la nostra esperienza. E questo ci permetterà di non cadere nella trappola che il nostro ego ci tende in continuazione, facendoci credere nell’esistenza oggettiva della colpa.
E capirai che i miracoli riflettono la semplice affermazione:
Io ho fatto questa cosa, ed è questa che voglio disfare.
(T.27.VIII.11:6)
-111-
Un fratello separato da te, un antico nemico, un assassino che ti si avvicina di soppiatto nella notte e trama la tua morte, ma vuole che sia lenta e centellinata: questo è il tuo sogno.
Tuttavia sotto questo sogno ce n’è un altro ancora, nel quale tu diventi l’assassino, il nemico segreto, il predatore e il distruttore di tuo fratello e del mondo allo stesso modo.
Questa è la causa della sofferenza, lo spazio tra i tuoi piccoli sogni e la realtà.
(T.27.VII.12:1-3)
Questa è la cruda descrizione del meccanismo di proiezione che attuiamo costantemente quando siamo sotto il dominio dell’ego e sperimentiamo la colpa che deriva dall’errata credenza nella separazione: devastati dalla sofferenza perché crediamo di aver ucciso l’Amore, proiettiamo tale insopportabile sofferenza al di fuori di noi, vedendo negli altri lo stesso intento assassino di cui ci accusiamo.
Tuttavia, ci conforta il corso, queste due percezioni dolorose sono due sogni sovrapposti, non due realtà. E’ stato un sogno (o meglio un incubo) la credenza nella separazione, ed è un altro sogno il credere di vedere tale colpa negli altri. Un sogno dentro un sogno. Un incubo che nasconde un altro incubo.
Solo assumendoci la responsabilità di tali proiezioni potremo uscire dalla morsa dell’ego, che ci imprigiona in esse come in un labirinto senza via d’uscita. Ma per assumercene la responsabilità dobbiamo guardarle, osservando con attenzione i nostri pensieri ogni volta che stiamo accusando qualcuno, o siamo tentati di farlo. Riusciamo ad individuare, prima che parta l’accusa, un pensiero di paura, di colpa, di disagio, qualcosa che riguarda solo noi e che non ha nulla a che fare con la situazione che stiamo vivendo? Se non diventiamo osservatori della nostra mente, “sognatori del sogno”(T.27.VII) per usare l’espressione del corso, sarà assolutamente impossibile accorgercene.
Ma per fortuna le lezioni del libro degli esercizi ci allenano a questa pratica basilare, senza la quale è impossibile praticare correttamente il perdono nei termini del corso.
-112-
Il desiderio di essere trattato ingiustamente è un tentativo di compromesso
che vuole combinare attacco ed innocenza
(T.27.I.1:1)
Quando proiettiamo sul mondo esterno il nostro problema di base, la “piccola folle idea” con tutte le sue implicazioni di peccato e di colpa, vediamo tale colpa come se fosse all’esterno della nostra mente. La vediamo proiettata sugli altri o sul nostro corpo. La vediamo come colpa altrui o come nostra malattia. Come abbiamo visto negli ultimi spunti di riflessione lo facciamo per alleviare il nostro profondo senso di colpa inconscio, ossia per conquistare nuovamente l’innocenza che credevamo di avere perduto. “Il fine ultimo della proiezione è sempre liberarsi dalla colpa” (T.13.II.1:1)
Ma tale compromesso che ”vuole combinare” insieme la nostra innocenza e l’attacco al mondo esterno ci porta ad un risultato veramente autodistruttivo, il desiderio di essere trattati ingiustamente. In altri termini allo scopo di liberarci del nostro senso di colpa barattiamo il nostro sé colpevole con un altro sé apparentemente migliore: la vittima innocente dei soprusi altrui. Questo è il meccanismo che sta alla base di tutte le nostre proiezioni.
Tuttavia l’affascinante logica del corso non ci servirà a nulla se non impareremo ad osservare tali meccanismi mentre sono in azione all’interno della nostra mente, e per farlo dobbiamo imparare a guardare i nostri pensieri, ossia quel “mondo interiore” che siamo invitati ad esplorare accuratamente nelle prime lezioni. Solo così riusciremo, arrivati alla lezione 134, a porre una domanda fondamentale:
Mi accuserei forse per questo?
(L.pI.134.17:4)
Al di sotto all’accusa che rivolgo agli altri, non è forse celata una più profonda accusa che sto rivolgendo a me stesso?
-113-
Questo è l’ultimo spunto di riflessione prima della pausa estiva. Per alcuni mesi abbiamo cercato di comprendere la teoria del corso relativa al meccanismo e allo scopo della proiezione. Abbiamo visto come lo scopo delle nostre proiezioni è sempre quello di liberarci dal nostro devastante senso di colpa, conseguente all’errata credenza di esserci separati da Dio, Fonte di ogni Amore e Completezza. E abbiamo visto che la proiezione porta ognuno di noi verso un insano desiderio, ossia quello di essere trattato ingiustamente, di essere “la vittima di un attacco che non ha scelto” (T.27.VII.4:8).
In autunno continueremo ad approfondire queste tematiche, ma prima di partire per le vacanze leggiamo ancora le meravigliose parole di conforto del corso, volte a rasserenare la nostra “mente malata e torturata” (L.pI.192.6:2):
Adesso ti viene mostrato che puoi fuggire. Tutto ciò di cui c’è bisogno è che tu veda il problema per quello che è, non per come lo hai impostato tu. Come potrebbe esserci un altro modo di risolvere un problema che è molto semplice, ma che è stato oscurato da pesanti nubi di complicazioni, che sono state fatte per mantenere irrisolto il problema?
(T.27.VII.2:1-3)
Possiamo dunque sfuggire al sistema di pensiero dell’ego che devasta le nostre menti stritolandole in una morsa di ossessioni e paure. Per farlo dobbiamo guardare la “piccola folle idea” ed i nostri tentativi di negarla proiettandola fuori dalla mente (“il problema per quello che è”), senza farci sviare dall’ego che vuole farci credere nell’apparenza oggettiva delle nostre proiezioni (il problema “per come lo hai impostato tu”). In questo modo riusciremo a passare oltre le “pesanti nubi di complicazioni” delle nostre proiezioni, “fatte per mantenere irrisolto il problema” della “piccola folle idea”, la credenza di esserci separati da Dio (T.27.VIII.6:2). Le lezioni ci condurranno verso questa meta a piccoli passi, insegnandoci giorno dopo giorno a diventare spettatori della nostra mente, “sognatori del sogno” che stiamo sognando. E allora:
Senza le nubi il problema emergerà nella sua semplicità primitiva. La scelta non sarà difficile, perché il problema è assurdo quando viene visto chiaramente. Nessuno ha difficoltà nel decidere di permettere ad un problema di venire risolto, se esso viene visto come nocivo e anche molto facile da eliminare”
(T.27.VII.2:4-6)
- 114 -
Riprendiamo i nostri spunti dove li avevamo interrotti. Ma prima facciamo un rapido riassunto di quanto abbiamo cercato di studiare da inizio anno: il primo passo del perdono.
Rileggendo ancora una volta la bellissima sintesi compiuta da Kenneth Wapnick (cliccare qui) abbiamo visto che il primo passo consiste nell’assumerci la responsabilità delle nostre percezioni, ossia dell’uso che facciamo della nostra mente.
Partendo dalla celebre descrizione che si trova in L.pI.23.5, abbiamo cercato di identificare la causa del mondo che vediamo, affinché possa essere cambiata. Abbiamo visto che tale causa è rappresentata dai nostri meccanismi mentali di proiezione, che ci fanno percepire come oggettivo quanto sta all’interno della nostra mente e “non ha mai lasciato la sua fonte” (L.pI.132.5:3-4), ossia continua a rimanere dentro di essa.(spunti 86-104)
Abbiamo cercato di individuare lo scopo di tale meccanismo di proiezione e abbiamo visto che consiste nel cercare di liberarci dal senso di colpa che sperimentiamo a causa dell’errata credenza di esserci separati da Dio, la cosiddetta “piccola folle idea”. (spunti 105-110)
E infine abbiamo cominciato a vedere che questo ci porta alla costante necessità di accusare ed incolpare il mondo esterno a noi, che riteniamo colpevole delle nostre angosce, e “causa” di quanto sta avvenendo nella nostra mente. In questo modo abbiamo capovolto la causa e l’effetto: il mondo sembra essere divenuto la causa di quanto ci avviene, e la nostra mente sembra esserne divenuta l’effetto. (spunti 111-112)
Il “ragionamento” che ha dato origine al mondo, sul quale si basa e dal quale è mantenuto, è semplicemente questo: “Tu sei la causa di quello che faccio. La tua presenza giustifica la mia collera, tu esisti e pensi separatamente da me. Finché tu attacchi, io non posso che essere innocente. E ciò per cui soffro è il tuo attacco” (T.27.VII.3:1-4)
La chiave che ci permette di uscire da tali trappole è l’osservazione attenta dei nostri pensieri, guardandoli “senza giudizio né colpa”, ossia senza la guida del nostro ego.
E’ quanto cercheremo di fare nelle prossime settimane. Ma prima cercheremo di delineare brevemente alcuni aspetti del principio di causa-effetto.
-115 -
Il “ragionamento” che ha dato origine al mondo, sul quale si basa e dal quale è mantenuto, è semplicemente questo: “Tu sei la causa di quello che faccio.
La tua presenza giustifica la mia collera, tu esisti e pensi separatamente da me.
Finché attacchi, io non posso che essere innocente. E ciò per cui soffro è il tuo attacco”
(T.27.VII.3:1-4)
La nostra percezione sbagliata si basa interamente sul meccanismo della proiezione, che consiste nel vedere al di fuori della nostra mente il profondo e devastante senso di colpa che sperimentiamo a causa dell’errata “credenza incredibile” (T.7.VIII) di essere separati da Dio. Per l’ego è imperativo che noi crediamo una tale “credenza incredibile” ma non ne diventiamo consapevoli, perché se la vedessimo vorremmo sicuramente metterla in discussione e liberarcene.
Per impedirci dunque di prendere contatto con essa l’ego la nasconde proiettandola all’esterno della mente, su cose, persone e situazioni che sembrano esserne diventate la causa. In questo modo non saremo più consapevoli di ospitare tale devastante senso di colpa, ma lo sperimenteremo in tante forme diverse: per esempio come rabbia nei confronti di quanto ci viene fatto da altri, o come paura del futuro, o come dolore per una malattia. A questo punto un’altra persona sembrerà essere diventata la causa della nostra rabbia, il futuro la causa della nostra paura, e la malattia la causa del nostro dolore. E’ una sorta di allucinazione che ci fa vedere fuori di noi – ed in forma distorta - quanto invece sta avvenendo dentro la nostra mente.
Questa è la motivazione che dà così tanto valore alla percezione di noi stessi come vittime di un mondo ostile: il fatto che se siamo delle vittime vuol dire che c’è un carnefice esterno a noi, e se c’è un carnefice esterno a noi vuol dire che la sua colpa diventa il punto focale della nostra percezione e la colpa che sperimentiamo dentro di noi viene messa in secondo piano e non viene più guardata, ossia percepita e consapevolizzata. E se non viene più consapevolizzata, non può più essere messa in discussione.
Il capovolgimento di causa-effetto è dunque una precisa strategia dell’ego per impedirci di risolvere l’unico problema che abbiamo: l’angoscia derivante dalla presunta credenza nella separazione da Dio.
Ed in questo modo l’ego mantiene la sua presa su di noi.
-116 -
E’ essenziale tenere a mente che ogni percezione è ancora capovolta finché non ne sia stato compreso lo scopo.
La percezione non sembra essere un mezzo. Ed è questo che rende difficile afferrare completamente fino a che punto essa debba dipendere dallo scopo per cui la vedi.
La percezione sembra insegnarti ciò che vedi. Tuttavia essa non fa che rendere testimonianza di ciò che hai insegnato.
E’ l’immagine esterna di un desiderio: un’immagine che volevi fosse vera (T.24.VII.8:5-10)
La percezione capovolta è credere di essere l’effetto di quanto il mondo fa alla nostra mente: per esempio credere di essere arrabbiati a causa di un’offesa ricevuta, o tristi a causa di una perdita subita, o vergognosi a causa di un’azione sbagliata che abbiamo compiuto.
Non potremo “raddrizzarla”, ossia rimettere nella loro giusta prospettiva causa ed effetto, in base al principio che la mente è causa ed il mondo è effetto, fino a che non comprenderemo qual è lo scopo per cui vogliamo percepire le cose in modo distorto.
Dunque, la vera domanda che dovremmo chiederci è: qual è lo scopo per cui scelgo di sperimentare la rabbia invece della comprensione, quando mi viene fatta un’offesa? Qual è lo scopo per cui metto l’enfasi sulla voce dell’ego, che mi parla di tristezza, invece che sulla Voce dello Spirito Santo, che mi parla della mancanza di valore del mondo, quando subisco una perdita? Qual è lo scopo per cui decido di rimanere nella mente sbagliata, dove si trova la vergogna, invece che nella mente corretta, dove si trova l’assenza di condanna, quando ho compiuto un errore?
La risposta è semplice: per poter trovare qualcuno o qualcosa da accusare all’esterno di me (una persona che mi offende, una situazione che mi depriva di qualcosa, il mio cervello che continua a fare errori), ed in questo modo liberarmi dalla devastante e colpevole “credenza incredibile” (T.7.VIII) che è sepolta nei meandri più oscuri della mia mente!
“Il fine ultimo della proiezione è sempre di liberarsi della colpa”
(T.13.II.1:1)
-117 -
Il miracolo stabilisce che stai facendo un sogno e che il suo contenuto non è vero. Questo è un passo cruciale nel rapportarsi con le illusioni.
Nessuno ne ha paura quando percepisce di averle fatte lui.
(T.28.II.7:1-3)
Questo brano è tratto da una sezione molto importante che si focalizza sulla necessità di invertire effetto e causa. L’effetto è il mondo, mentre la causa è la nostra mente che lo sta sognando. Sembra essere l’esatto contrario: sembra che il mondo sia la causa e noi siamo l’effetto del mondo. Eppure -come il corso ci ripete in continuazione- il mondo è solo il prodotto dei nostri pensieri: la proiezione fa la percezione (T.21.In.1:1).
Il miracolo è il primo passo nel restituire alla causa, e non all’effetto, la funzione causativa. Perché questo ha prodotto il sogno e, finché questo perdura, si avrà paura del risveglio.
(T.28.II.3-5)
Il miracolo è quel cambio di percezione che ci permette -come il primo passo del perdono- di riconoscere che la mente è la causa ed il mondo è l’effetto. Restituisce dunque alla causa (la mente) la sua funzione causativa. Il credere che la mente sia effetto ha prodotto il sogno, cioè lo stato di allucinazione nel quale siamo immersi quando seguiamo la stridente voce dell’ego. E finché manterremo tale allucinazione avremo paura di udire l’amorevole Voce dello Spirito Santo che ci invita al risveglio.
In pratica, che cosa significa tutto questo? Significa che il miracolo ci insegna che la causa dei nostri problemi è nella nostra mente, e non nel mondo. Potrei pensare di non essere felice perché qualcuno mi ha maltrattato, o perché c’è qualcosa di sbagliato nel mio carattere, o perché lo spread continua ad oscillare, o perché è successo qualcosa di terribile ad una persona a me cara, o per qualunque ragione esterna a me. Il miracolo ripristina il giusto rapporto causa-effetto, dicendo che la causa della mia infelicità è nella mia mente, ossia nel fatto che io (cioè il DM che ha il potere di scegliere la percezione) ho scelto di ascoltare la voce dell’ego, l’insegnante dell’infelicità, invece della Voce dello Spirito Santo, l’Insegnante della felicità.
Questa è la vera causa della mia infelicità. Non quello che il mondo fa o non fa
Il miracolo stabilisce che stai facendo un sogno e che il suo contenuto non è vero. Questo è un passo cruciale nel rapportarsi con le illusioni.
Nessuno ne ha paura quando percepisce di averle fatte lui.
(T.28.II.7:1-3)
Questo brano è tratto da una sezione molto importante che si focalizza sulla necessità di invertire effetto e causa. L’effetto è il mondo, mentre la causa è la nostra mente che lo sta sognando. Sembra essere l’esatto contrario: sembra che il mondo sia la causa e noi siamo l’effetto del mondo. Eppure -come il corso ci ripete in continuazione- il mondo è solo il prodotto dei nostri pensieri: la proiezione fa la percezione (T.21.In.1:1).
Il miracolo è il primo passo nel restituire alla causa, e non all’effetto, la funzione causativa. Perché questo ha prodotto il sogno e, finché questo perdura, si avrà paura del risveglio.
(T.28.II.3-5)
Il miracolo è quel cambio di percezione che ci permette -come il primo passo del perdono- di riconoscere che la mente è la causa ed il mondo è l’effetto. Restituisce dunque alla causa (la mente) la sua funzione causativa. Il credere che la mente sia effetto ha prodotto il sogno, cioè lo stato di allucinazione nel quale siamo immersi quando seguiamo la stridente voce dell’ego. E finché manterremo tale allucinazione avremo paura di udire l’amorevole Voce dello Spirito Santo che ci invita al risveglio.
In pratica, che cosa significa tutto questo? Significa che il miracolo ci insegna che la causa dei nostri problemi è nella nostra mente, e non nel mondo. Potrei pensare di non essere felice perché qualcuno mi ha maltrattato, o perché c’è qualcosa di sbagliato nel mio carattere, o perché lo spread continua ad oscillare, o perché è successo qualcosa di terribile ad una persona a me cara, o per qualunque ragione esterna a me. Il miracolo ripristina il giusto rapporto causa-effetto, dicendo che la causa della mia infelicità è nella mia mente, ossia nel fatto che io (cioè il DM che ha il potere di scegliere la percezione) ho scelto di ascoltare la voce dell’ego, l’insegnante dell’infelicità, invece della Voce dello Spirito Santo, l’Insegnante della felicità.
Questa è la vera causa della mia infelicità. Non quello che il mondo fa o non fa
-118-
“Le difese fanno ciò da cui vogliono difendere”
(T.17.IV.7:6)
Abbiamo visto vari passaggi che descrivono lo scopo della proiezione: liberarci dal nostro divorante senso di colpa vedendolo nel mondo esterno, per recuperare quell’innocenza che credevamo di avere perduta.
Ma c’è una cosa che l’ego tiene accuratamente nascosta: i nostri giudizi di condanna, le nostre accuse e colpevolizzazioni non fanno altro che rafforzare quel profondo senso di colpa del quale stavamo cercando di liberarci proprio mediante il meccanismo della proiezione.
Questo è il significato della frase “Le difese fanno ciò da cui vogliono difendere”.
Cosa sono le difese? Andiamo a leggere la definizione che si trova nel Glossario di Kenneth Wapnick: (cliccare qui).
"Le difese sono le dinamiche che usiamo per “proteggerci” dalla nostra colpa, dalla paura e dall’apparente attacco degli altri, le più importanti difese sono la negazione e la proiezione."
In altri termini: se “le difese fanno ciò da cui vogliono difendere”, la negazione (del nostro profondo senso di colpa derivante dalla errata credenza di esserci separati da Dio) e la proiezione (cioè il percepire tale colpa all’esterno della nostra mente in una miriade di forme diverse) determinano dentro la nostra mente proprio quel senso di colpa dal quale cercavano di difenderci. .
Adesso ti viene mostrato che puoi fuggire.
Tutto ciò di cui c’è bisogno è che tu veda il problema per quello che è, non per come lo hai impostato tu.
(T.27.VII.2:1-2)
Tutto ciò di cui c’è bisogno è che noi impariamo a guardare senza giudizio né colpa cosa avviene realmente dentro la nostra mente!
-119-
“Le difese fanno ciò da cui vogliono difendere”
(T.17.IV.7:6)
Continuando la nostra indagine dentro le “cripte nascoste” (T.31.V.6:6) del sistema di pensiero dell’ego, stiamo vedendo che “l’innocuo” meccanismo della proiezione, volto a difenderci dalla presunta colpa presente nella nostra mente, non ci difende affatto da essa, ma la determina. In sostanza se la colpa non c’è, perché noi non ci siamo mai veramente separati da Dio, è proprio difendendoci da essa che la determiniamo, o – per usare la terminologia del corso - la rendiamo reale.
Le idee non lasciano la loro fonte e sembra solamente che i loro effetti siano separati da esse. Le idee appartengono alla mente.
Ciò che è proiettato al di fuori e sembra essere esterno alla mente, non è affatto al di fuori, ma è un effetto di ciò che è dentro e non ha lasciato la sua fonte.
(T.26.VII.4:7-9)
Ecco perché “le difese (cioè la negazione e la proiezione) fanno ciò da cui vogliono difendere” (T.17.IV.7:6). Perché ci fanno sembrare reale ed oggettiva un’idea di colpa che non esiste, ma che noi pensiamo essere vera. E credendola vera, tale idea si rafforza dentro la nostra mente. Ogni proiezione/percezione di colpa rafforza un’idea che non c’è, ma che noi crediamo di pensare……sempre di più…. Fino a che non penseremo più di metterla in discussione. .
E’ a causa del fatto che i pensieri che pensi di pensare appaiono come immagini che non li riconosci come nulla. Tu pensi di pensarli, dunque pensi di vederli. Questo è il modo in cui è stato fatto il tuo “modo di vedere”. Questa è la funzione che hai dato agli occhi del tuo corpo. E’ un fare immagini.
Prende il posto del vedere, sostituendo la visione con le illusioni.
(L.pI.15.1)
-120-
La tua mente è piena di schemi che salvano la faccia del tuo ego e non cerchi il volto di Cristo. Lo specchio in cui l’ego cerca di vedere la propria faccia è davvero scuro. Come può sostenere il trucco della sua esistenza se non con specchi?
(T.4.IV.1:5-7)
Da un paio di settimane stiamo vedendo che l’ego, che sembrava essere il nostro paladino, ad una indagine più accurata si sta rivelando un vero e proprio carnefice!
Attraverso le difese (la negazione del nostro presunto senso di colpa) e la proiezione (il vedere tale colpa nel mondo esterno in una miriade di forme diverse che la rendano irriconoscibile) l’ego raggiunge il suo scopo più segreto: quello di determinare e rafforzare dentro di noi proprio un senso di colpa che non ha ragione d’essere perché deriva da una menzogna basilare, la presunta credenza di esserci separati da Dio.
Lo specchio di cui parla il paragrafo iniziale è il meccanismo di proiezione che ci fa vedere nel mondo esterno una colpa che crediamo si trovi all’interno di noi, anche se non c’è, e che proiettiamo fuori proprio per difenderci da essa. Ma vedendola all’esterno in uno specchio scuro (così non ci accorgiamo che non specchia nulla), sembra che sia diventata vera. E quindi, pur essendo inesistente, la sua presenza si rafforza dentro di noi.
L’ego riesce così - attraverso il meccanismo della proiezion - a rendere reale ciò che non esiste.
Il corso in miracoli ci offre una possibile alternativa, ma……
Ma dove guardare per trovare te stesso dipende da te
(T.4.IV.1:8)
-121-
La mente è ora confusa e non sa dove girarsi per trovare una via di fuga dalle sue fantasie.
E’ come se la tenesse stretta un cerchio, all’interno del quale un altro cerchio la incatenasse e un altro cerchio ancora all’interno di questo, finché non è più possibile riuscire a fuggire, né sperare di poterlo fare.
Attacco, difesa, diesa, attacco diventano i circoli viziosi delle ore e dei giorni che incatenano la mente con pesanti fasce di ferro rivestito d’acciaio, che ritornano solo per incominciare di nuovo.
Non sembra esserci alcuna pausa, né termine alla morsa sempre più attanagliante dell’imprigionamento della mente
(L.pI.153.2:6-3:1-3)
Questa è la cruda descrizione del circolo vizioso attacco-difesa, la brillante strategia dell’ego per rafforzare la colpa proprio quando cerca di farci credere che ci sta aiutando a liberarci di essa. Ogni volta che attacchiamo (cioè proiettiamo la colpa all’esterno, selezionando la percezione del mondo a tale scopo) crediamo di difenderci da una presunta e devastante colpa interna, che deriva dalla “credenza incredibile” (T.7.VIII) di aver realmente potuto compiere l’impossibile, ossia esserci separati da Dio. Ma di fatto – come abbiamo visto nelle precedenti settimane - attraverso l’attacco determiniamo la realtà di tale colpa inesistente e la rafforziamo sempre di più. E’ questo il modo di percepire di chi segue l’insegnamento del proprio ego e pensa in modo sbagliato.
Questo diventa un circolo sempre più vizioso, finché egli è disposto a cambiare il proprio modo di vedere. Altrimenti saranno pensieri di attacco e contrattacco ad occupare la sua mente e a popolare tutto il suo mondo.
Quale pace mentale gli sarà quindi possibile avere?
(L.pI.22.1:4-5)
Tuttavia il corso ci offre un altro modo di pensare……………….
-122-
I miei pensieri d’attacco attaccano la mia invulnerabilità
(L.pI.26.titolo)
Abbiamo imparato che le nostre proiezioni (che ci portano a percepire un mondo ostile di cui siamo vittime innocenti, in base alla premessa “la proiezione fa la percezione”) sembrano finalizzati a difenderci dal devastante senso di colpa che deriva dalla presunta credenza di esserci separati da Dio.
Ma nelle ultime settimane abbiamo cercato di vedere che in realtà obbediscono ad un ben preciso piano dell’ego volto a determinare la presenza di una colpa immotivata, e a rafforzarla sempre di più attraverso dei veri e propri circoli viziosi attacco-difesa, in cui ci sentiamo spinti a difenderci da attacchi presunti che siamo proprio stati noi a rendere reali attraverso la nostra percezione.
La lezione 26 introduce ora un altro effetto di questo piano distruttivo dell’ego: renderci vulnerabili ed in balia di un mondo crudele nei confronti del quale abbiamo ben poco potere.
E’ quindi nella tua mente, e cioè dove essi si trovano, che i pensieri di attacco ti rendono vulnerabile. I pensieri di attacco e l’invulnerabilità non possono essere accettati insieme. Si contraddicono a vicenda.
….. il loro effetto è di indebolirti ai tuoi stessi occhi. Quindi essi hanno attaccato la percezione che tu hai di te stesso. E siccome credi in essi, non puoi più credere in te stesso.
Una falsa immagine di te stesso ha preso il posto di ciò che sei veramente.
(L.pI.26.2:3-5-3:2-5)
Il corso ci insegna un’altra percezione di noi stessi. Ma tale modifica di percezione implica una decisione basilare:
Io sono determinato a vedere le cose in modo diverso
(L.pI.21.titolo)
-123-
(T.11.V.1:1-3)
Nei prossimi spunti cercheremo di concentrarci sull’applicazione pratica di tutta la teoria - relativa ad alcune componenti del primo passo del perdono - che abbiamo visto da inizio anno.
Il corso ribadisce costantemente la necessità di guardare i nostri pensieri, perché è proprio non guardandoli che continuiamo a proteggere il sistema di pensiero dell’ego, negando l’impatto distruttivo e autodistruttivo della sua proiezione sul mondo esterno. In questo modo passiamo il nostro tempo a cercare di risolvere i problemi esterni, non affrontando mai il problema là dove esso si trova veramente: dentro la nostra mente.
Dunque è solo attraverso l’osservazione accurata dei nostri pensieri che riusciremo a stanare i tentativi dell’ego di mantenere la sua presa su di noi.
Le prime lezioni del libro degli esercizi (in particolare la 10 e la 31) servono ad insegnarci il metodo preliminare di osservare i nostri pensieri con una modalità particolare: senza giudizio né colpa. Che cosa vuol dire questa espressione? Vuol dire che li guardiamo in modo spassionato, senza caricarli di giudizio, senza sentirci in colpa -o dare ad altri la colpa- per il fatto di pensarli. Vuol dire che ci esercitiamo a diventare osservatori di quello che avviene nella nostra mente, ossia “sognatori del sogno” invece che “eroi del sogno” (T.27.VII-VIII) . Così facendo iniziamo praticamente ad allentare la nostra identificazione con il corpo ( la nostra identità fisica, psicologica e sociale) e a prendere contatto con la nostra vera identità all’interno dell’illusione: il DM, ossia una mente che ha il potere di scegliere il contenuto che vuole pensare, le menzogne dell’ego o la correzione dello Spirito Santo.
Noi siamo pronti…. Dice il brano che abbiamo appena letto. Ma siamo veramente pronti? Vogliamo veramente mettere in discussione il sistema di pensiero dell’ego?
Essere pronto è solo il prerequisito per ottenere il risultato
(T.2.VII:2)
Cominciamo proprio da qui il nostro esercizio di guardare…… Vogliamo veramente farlo? ……. Vogliamo veramente essere consapevoli di cosa ci passa in mente, senza attribuire ad altri la colpa di quanto stiamo pensando? Vogliamo veramente diventare osservatori dei nostri processi mentali senza giudicarli? Vogliamo veramente smettere di identificarci con gli eroi del sogno, e con tutte le loro sofferenze e passioni?
Solo se guardiamo senza giudizio né colpa i nostri pensieri riusciremo a scoprirlo!
-124-
La percezione ha un punto focale. E’ questo che dà coerenza a ciò che vedi. (L.pI.181.2:1-2)
Il punto focale della percezione è lo scopo che le diamo. E questo scopo dà coerenza a quanto vediamo, ossia lo rende logico e credibile.
Se scegliamo lo scopo di liberarci della colpa, allora vedremo tale colpa all’esterno di noi (nei nostri fratelli e sorelle, nel mondo esterno a noi, nel corpo con il quale ci siamo identificati) e ci sentiremo spinti ad accusarli. Non importa se queste accuse siano sensate o meno. Sembreranno tali, perché selezioneremo la percezione allo scopo di rendere credibili e coerenti le nostre proiezioni. Potremmo giungere a delle vere e proprie aberrazioni, come il brano seguente evidenzia:
Un pensiero che non perdona fa molte cose. Persegue il suo obiettivo con un’azione frenetica, distorcendo e rovesciando ciò che vede interferire col cammino che ha scelto. Il suo scopo è la distorsione, che è anche il mezzo con cui la vuole ottenere. Si fissa sui suoi tentativi furiosi di frantumare la realtà, senza tener conto di ciò che sembra contraddire il suo punto di vista
(L.pII.1.3)
Se il primo passo del perdono consiste nell’invertire la nostra proiezione, ossia nel restituire alla causa (=la mente) la sua funzione causativa, un pensiero che non perdona è molto semplicemente il meccanismo di proiezione di cui stiamo parlando da inizio anno. Potremmo allora riformulare così la frase appena letta: le nostre proiezioni perseguono l’obiettivo di proiettare la colpa fuori della mente con un’azione frenetica, distorcendo e rovesciando ciò che vedono interferire col cammino che hanno scelto…….
Questa settimana potremmo proprio concentrarci su questo, guardando le nostre proiezioni- percezioni senza giudizio né colpa, ossia senza la condanna dell’ego. Stiamo accusando qualcuno di qualcosa? Stiamo accuratamente selezionando le nostre percezioni in modo da raggiungere l’obiettivo frenetico e furioso di vedere la colpa in qualcun altro, magari accusandolo di cose che non ha fatto? Stiamo addirittura distorcendo le cose in modo che confermino le nostre supposizioni? Cerchiamo di non tenere conto di ciò che sembra contraddire il nostro punto di vista?
E soprattutto, perché lo facciamo? Riusciamo a vedere -come suggerisce il corso- che lo facciamo per liberarci del nostro atavico senso di colpa, da quel sordo malessere interiore che deriva dall’errata convinzione di esserci separati da Dio? Forse non riusciremo a collegare il nostro malessere interiore alla colpa derivata dalla “minuscola folle idea”, ma quel malessere interiore…. quel male di vivere che ci attanaglia…. quella disperazione di fondo…. forse…. riusciremo a contattarli…..
Il fine ultimo della proiezione è sempre di liberarsi della colpa
(T.13.II.1:1)
-125-
Quest’anno cominciamo presto a prepararci alla gioia del Natale seguendo le indicazioni che il corso dà nella bellissima sezione dedicata appunto al Natale:
Questo Natale dai allo Spirito Santo tutto ciò che ti ferisce. Permettiti di essere completamente guarito così che ti possa unire a Lui nella guarigione, e celebriamo insieme la nostra liberazione liberando tutti con noi.
(T.15.XI.3:1-2)
E cosa significa questo, se non continuare a guardare nella nostra mente i nostri tentativi di proiettare sugli altri la nostra colpa? Questo è quanto il corso ci invita a dare allo Spirito Santo, ossia alla Voce che corregge i nostri errori dentro la nostra mente. “Tutto ciò che ci ferisce” non sono le cose che gli altri ci hanno fatto, ma l’interpretazione che ne diamo in termini di attacco. Pertanto dare le nostre sofferenze allo Spirito Santo significa guardare senza giudizio né colpa i nostri giudizi, in modo da poterli portare alla Sua Luce di correzione.
Come abbiamo già fatto la scorsa settimana, continuiamo dunque a guardare senza giudizio né colpa i nostri tentativi di accusare gli altri allo scopo di liberarci del nostro senso di colpa. Ricordiamoci che individuare lo scopo delle nostre proiezioni è la chiave per riuscire ad identificarne l’impatto sia distruttivo che – come conseguenza dei circoli viziosi attacco difesa- autodistruttivo.
Un pensiero che non perdona è quello che formula un giudizio che non darà adito a dubbi, anche se non è vero. La mente è chiusa e non sarà liberata. Il pensiero protegge la proiezione, stringendone le catene, cosicché le distorsioni sono più velate ed oscure, meno facilmente accessibili al dubbio e ulteriormente tenute lontane dalla ragione. Cosa può intervenire tra una proiezione fissa e lo scopo che essa si è scelta come l’obiettivo che voleva?
(L.pII.1:2))
Stiamo dunque formulando dei giudizi, magari per “stare dalla parte giusta”, incuranti del fatto che tali giudizi non siano veri? Stiamo chiudendo la nostra mente a interpretazioni diverse? Stiamo proteggendo le nostre proiezioni in modo che il nostro intento accusatorio venga tenuto all’oscuro e appaia sotto forma di giustizia, di onestà, di correttezza, di amorevolezza, di buon senso?
Se lo scopo è liberarci del nostro senso di colpa e noi non siamo disposti a prenderne atto, come sarà possibile mettere in dubbio la fissità della nostra proiezione? Come, se non guardando i nostri pensieri con un atteggiamento veramente spassionato, privo di giudizio e di colpa?
Tutti questi pensieri rappresentano “tutto ciò che ti ferisce”. E questa settimana vogliamo finalmente darli allo Spirito Santo, ossia guardarli senza il giudizio dell’ego, perché nella nostra mente avvenga la correzione che ci libera dai nostri tormenti interiori e che libera gli altri delle proiezione ingiuste che abbiamo fatto su di loro!
-126-
Anche questa settimana continuiamo a prepararci alla gioia del Natale seguendo le indicazioni che il corso dà nella bellissima sezione dedicata appunto al Natale:
Questo Natale dai allo Spirito Santo tutto ciò che ti ferisce. Permettiti di essere completamente guarito così che ti possa unire a Lui nella guarigione, e celebriamo insieme la nostra liberazione liberando tutti con noi.
(T.15.XI.3:1-2)
E cosa significa questo, se non continuare a guardare nella nostra mente i nostri tentativi di proiettare sugli altri la nostra colpa? Questo è quanto il corso ci invita a dare allo Spirito Santo, ossia alla Voce che corregge i nostri errori dentro la nostra mente. “Tutto ciò che ci ferisce” non sono le cose che gli altri ci hanno fatto, ma l’interpretazione che ne diamo in termini di attacco. Pertanto dare le nostre sofferenze allo Spirito Santo significa guardare senza giudizio né colpa i nostri giudizi, in modo da poterli portare alla Sua Luce di correzione.
La scorsa settimana abbiamo cercato di stanare i nostri tentativi di accusare ingiustamente qualcuno che non ci aveva fatto nulla. Ma che dire delle accuse rivolte a qualcuno che - in base al giudizio del mondo - ci ha fatto qualcosa? Un amico che ha veramente tradito la nostra fiducia, un ladro che ci ha veramente rubato qualcosa, un estraneo che ha abusato in qualche modo di noi? Beh… anche in questo caso dovremmo perdonare, ossia - usando il termine così come lo usa il corso - dovremmo guardare accuratamente (ma senza giudizio né colpa) i nostri pensieri e vedere se non stiamo approfittando degli errori altrui per proiettare su di loro il nostro malessere interiore e sentirci vittime.
Ricordiamoci che nella nostra mente ci sono sempre e solo due insegnanti: l’ego - che ci consiglierà sempre di proiettare su qualcosa di esterno la colpa che proviamo per la “minuscola folle idea” (T.27.VIII.6:2) -, e lo Spirito Santo Che ci ricorda che non abbiamo commesso l’atroce misfatto di cui segretamente ci autoaccusiamo, la separazione da Dio, quindi non siamo colpevoli e non abbiamo nessuna colpa da proiettare all’esterno. Dunque possiamo essere in pace, indipendentemente da quanto gli altri ci abbiano fatto.
Il perdono riconosce che ciò che pensavi tuo fratello ti avesse fatto non è accaduto (L.pII.1.1:1)
Ciò che pensavamo che nostro fratello ci avesse fatto è toglierci la pace interiore. Ebbene…questo non è mai accaduto. Siamo stati noi a scegliere di perdere la pace interiore perché abbiamo scelto di ascoltare la voce dell’ego invece della Voce dello Spirito Santo. E la voce dell’ego ci ha consigliato di usare quanto è effettivamente accaduto per sentirci vittime.
Ricordiamoci cosa dice il corso:
Tu non sei la vittima del mondo che vedi perché sei tu che lo hai inventato (L.pI.32.1:2)
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Anche questa settimana continuiamo a prepararci alla gioia del Natale seguendo le indicazioni che il corso dà nella bellissima sezione dedicata appunto al Natale:
Questo Natale dai allo Spirito Santo tutto ciò che ti ferisce. Permettiti di essere completamente guarito così che ti possa unire a Lui nella guarigione, e celebriamo insieme la nostra liberazione liberando tutti con noi.
(T.15.XI.3:1-2)
Continuiamo dunque anche questa settimana a guardare i nostri pensieri d’attacco e a darli allo Spirito Santo. Ricordiamoci che “la proiezione fa la percezione”, e che quindi “quello che ci ferisce” non sono le cose che gli altri ci hanno fatto, ma l’interpretazione che ne diamo in termini di attacco. Ed è un’interpretazione che “ci ferisce” perché aumenta la colpa dentro la nostra mente. Pertanto dare le nostre sofferenze allo Spirito Santo significa guardare senza giudizio né colpa le accuse che formuliamo, in modo da poterle portare alla Sua Luce di correzione.
Nella sezione del capitolo 19 “Gli ostacoli alla pace” c’è una descrizione cruenta del meccanismo della proiezione:
I messaggeri della paura sono addestrati col terrore e tremano quando la loro padrona li chiama a servirla. Perché la paura è spietata persino con i suoi amici.
I suoi messaggeri avanzano furtivamente con aria colpevole all’affamata ricerca della colpa, perché sono tenuti al freddo ed affamati e sono stati resi molto feroci dalla loro padrona, che permette loro di banchettare solo con ciò che le restituiscono. Nessun frammento di colpa sfugge ai loro occhi affamati. E nella loro ricerca selvaggia del peccato, si scagliano su ogni cosa vivente che vedono e la portano urlando alla loro padrona perché sia divorata.
(T.19.IV.A.12:3-7)
Ed è così che, affamati ed infreddoliti perché ci sentiamo privi d’amore, e sotto la dittatura feroce dell’ego , cioè della paura che imperversa nella nostra mente, lanciamo questi messaggeri (i nostri pensieri) alla ricerca delle colpe altrui per recuperare la nostra innocenza.
Non inviare nel mondo questi messaggeri selvaggi a banchettare con esso e a predare sulla realtà
(T.19.IV.A.13:1)
Ma come faremo a non inviare questi messaggeri, questi pensieri d’odio alla ricerca delle colpe altrui, se non sappiamo nemmeno di pensarli? Come assumercene la responsabilità se non divenendo osservatori della nostra mente e della nostra devastante paura negata?
Anche questa settimana cerchiamo dunque di guardare senza giudizio né colpa i nostri tentativi di “avanzare furtivamente alla ricerca della colpa”. Stiamo cercando accuratamente di vedere l’aspetto malvagio, le colpe nascoste, le intenzioni cattive di qualcuno? Stiamo scavando furtivamente nelle motivazioni degli altri, per trovare qualche brandello di colpa da portare vittoriosamente al nostro ego, perché ci permetta di “banchettare” con esso, in modo da sentirci “pieni” e “soddisfatti”? Siamo sul piede di guerra alla ricerca del peccato degli altri, che testimonia - agli occhi dell’ego - la nostra buona fede? Siamo segretamente compiaciuti delle presunte colpe altrui, perché questo ci rende “migliori” e “più innocenti” di loro? E soprattutto, siamo consapevoli di come tali tentativi spietati nascano da una nostra profonda ed inconfessata paura?
-128-
Eccoci arrivati alla vigilia di Natale. Quest’anno abbiamo cercato di seguire le indicazioni che il corso dà nella bellissima sezione dedicata appunto al Natale:
Questo Natale dai allo Spirito Santo tutto ciò che ti ferisce. Permettiti di essere completamente guarito così che ti possa unire a Lui nella guarigione, e celebriamo insieme la nostra liberazione liberando tutti con noi.
(T.15.XI.3:1-2)
Nelle scorse settimane abbiamo dunque provato a guardare i nostri pensieri d’attacco e a darli allo Spirito Santo, ricordando che “la proiezione fa la percezione”, e che quindi “quello che ci ferisce” non sono le cose che gli altri ci hanno fatto, ma l’interpretazione che ne diamo in termini di attacco. Pertanto dare le nostre sofferenze allo Spirito Santo significa guardare senza giudizio né colpa le nostre accuse, in modo da poterle portare alla Sua Luce di correzione.
E’ quello che continuiamo a fare anche in queste ultime ore, nella certezza che questo è il modo migliore per fare nascere nel nostro cuore il Bambino di Betlemme.
La mia nascita in te è il tuo risveglio alla grandezza.
Non darmi il benvenuto in una mangiatoia, ma nell’altare della santità, dove la santità dimora in pace perfetta”
(T.15.III.9:5-6)
Dunque con la profonda intenzione di pace che si sperimenta nell’altare della santità (ossia nella mente corretta) diciamo la bellissima preghiera del Natale:
Ti do allo Spirito Santo come parte di me stesso.
So che sarai liberato, a meno che io non voglia usarti per imprigionare me stesso.
Nel nome della mia libertà scelgo la tua liberazione, perché riconosco che saremo liberati insieme.
(T.15.XI.10:5-7)
-128.1-
Questo è il tempo in cui un nuovo anno nascerà presto dal tempo di Cristo. Ho fede assoluta nel fatto che farai tutto ciò che vorrai compiere. Niente mancherà, e tu renderai completo e non distruggerai. Dì quindi a tuo fratello:
Ti do allo Spirito Santo come parte di me stesso.
So che sarai liberato, a meno che io non voglia usarti per imprigionare me stesso.
Nel nome della mia libertà scelgo la tua liberazione,
perché riconosco che saremo liberati insieme.
(T.15.XI.10:5-7)
Così l’anno inizierà con gioia e libertà. C’è molto da fare, ed abbiamo procrastinato parecchio. Accetta l’istante santo mentre nasce quest’anno, e prendi il tuo posto, lasciato vacante così a lungo, nel Grande Risveglio. Fa’ che quest’anno sia differente rendendolo tutto uguale. E permetti a tutte le tue relazioni di essere fatte sante per te. Questa è la nostra volontà.
Amen
(T.15.XI.10)
-129-
Carissimi studenti del corso,
Negli auguri di Buon Anno che sono contenuti alla fine del capitolo 15 del testo compare una frase apparentemente sibillina:
Fa’ che quest’anno sia differente rendendolo tutto uguale.
(T.15.XI.10:11)
E’ un invito a vivere diversamente dal solito l’anno che sta cominciando, cercando di pensare in modo differente. Un modo che ci permetta di applicare a tutti gli eventi dell’anno, e quindi a tutti i pensieri, quel criterio di unificazione o generalizzazione che il libro degli esercizi ci insegna fin dall’inizio.
Per farlo dobbiamo imparare le basi del processo di discernimento così come viene insegnato nel corso (M.4.A.4:1), individuando chiaramente il pensare in termini di differenza ed il pensare in termini di identicità, e imparando poi a scegliere il pensiero unificato in ogni circostanza.
Senza questo apprendimento è impossibile praticare correttamente il primo passo del perdono, così come viene insegnato nel corso (per leggere la sintesi di Kenneth Wapnick su “I tre passi del perdono”, cliccare qui). Per completare dunque la trattazione del primo passo, nei prossimi spunti ci concentreremo su questo argomento.
-130-
Ogni cosa è una lezione che Dio vuole che io impari
(L.pI.193)
Questo è il titolo della lezione 193, una delle ultime lezioni della prima parte del libro degli esercizi che è finalizzata al disfacimento della percezione sbagliata, ossia del modo di pensare dell’ego basato sulla divisione, la separazione e le differenze.
Nonostante la frase sia apparentemente di facile comprensione ed applicazione, essa rappresenta la sintesi di un raffinato processo di apprendimento iniziato fin dalle prime lezioni del libro degli esercizi, e portato avanti in modo sistematico lezione dopo lezione.
E’ un processo di disfacimento che ci chiede di mettere in discussione quello che finora avevamo considerato il “naturale” modo di pensare, allo scopo di apprenderne un altro più funzionale, capace di favorire in noi uno stato di gioia e di pace interiore.
Ci insegna un nuovo criterio di discernimento, basato su due fondamentali categorie di pensiero che il corso definisce “mente sbagliata” e “mente corretta”, imparando a riconoscere sia la sostanziale differenza di queste due categorie che la uguaglianza intrinseca di tutte le forme che ognuna delle due categorie assume. Vedremo nei prossimi spunti le basi teoriche e metodologiche di tale processo di discernimento.
-131-
Gli occhi del corpo continueranno a vedere differenze.
Ma la mente che si è lasciata guarire non le riconoscerà più.
Ci saranno quelli che sembreranno essere “più malati” di altri, e gli occhi del corpo riporteranno, come prima, le loro apparenze cambiate.
Ma la mente guarita le metterà tutte in una categoria: sono tutte irreali. Questo è il dono del suo Insegnante: la comprensione che soltanto due categorie sono significative nel vagliare i messaggi che la mente riceve da ciò che sembra essere il mondo esterno
(M.8.6:1-5)
Il corso è un sistema spirituale basato sul raggruppamento di ogni specifico pensiero pensato in una di due categorie - e solo due!- definite “mente sbagliata” e “mente corretta” (o “guarita”, come nel paragrafo citato qui sopra).
Le due categorie sono incompatibili. Il contenuto dei pensieri appartenenti ad una categoria non può, per definizione, equivalere al contenuto dei pensieri appartenenti all’altra categoria. Ma tutti i pensieri contenuti in una categoria, anche se formalmente molti diversi fra di loro, sono identici perché hanno lo stesso contenuto.
-132-
La prima legge del caos è che la verità è differente per ciascuno.
Come tutti questi principi, questo sostiene che ognuno è separato e ha un differente sistema di pensiero che lo taglia fuori dagli altri.
Questo principio nasce dal credere che c’è una gerarchia nelle illusioni: alcune hanno maggior valore e quindi sono vere.
(T.23.II.2:1-3)
Il corso ci dice che il sistema di pensiero dell’ego si basa su 5 leggi del caos, strettamente collegate fra di loro. Esse rappresentano i 5 pilastri su cui l’ego struttura tutto il suo sistema di pensiero. La prima è la legge della differenza, in base alla quale ognuno di noi è diverso da ogni altro essere, e ha un suo modo di pensare autonomo e privato. Ed effettivamente sembra proprio che sia così. Ma questo dipende solo dal fatto che noi mettiamo l’enfasi sulla forma invece che sul contenuto. Se ci limitiamo a guardare l’aspetto esteriore delle cose esse sembreranno tutte diverse. Se cerchiamo di imparare a guardarne il contenuto, invece, ci accorgeremo che al di là di tutte le forme esistono due soli contenuti: o l’errore primordiale, la cosiddetta “minuscola folle idea” di separazione (T.27.VIII.6:2), o la sua correzione, la cosiddetta “Espiazione” (T.5.II.3:1-6).
E’ l‘enfasi che noi poniamo sulla forma ciò che ci impedisce di scorgere il contenuto che sta al di là di essa.
E tuttavia com’è possibile che leggi come queste possano essere credute? C’è uno strano meccanismo che lo rende possibile. ….Nessuna legge del caos potrebbe costringere a credere se non fosse per l’enfasi sulla forma e nel trascurare il contenuto… Alcune forme che assume sembrano avere significato, e questo è tutto. (T.23.II.16:1-2, 5, 7)
-133-
La prima legge del caos è che la verità è differente per ciascuno.
Come tutti questi principi, questo sostiene che ognuno è separato e ha un differente sistema di pensiero che lo taglia fuori dagli altri.
Questo principio nasce dal credere che c’è una gerarchia nelle illusioni: alcune hanno maggior valore e quindi sono vere.
(T.23.II.2:1-3)
Come abbiamo visto la scorsa settimana il sistema di pensiero dell’ego è basato sul percepire delle differenze formali tra le cose, e sul basare la propria scala di valori e di comportamenti proprio su tali differenze percepite. Così una certa cosa sembra essere “vera” per me, e “sbagliata” per te. Oppure una certa situazione sembra dare gioia ad una persona e portare dolore ad un’altra. Oppure un evento sembra che rappresenti una perdita per qualcuno ed un guadagno per qualcun altro, e così via.
Il libro degli esercizi ci insegna molto praticamente fin dall’inizio a ragionare in modo completamente diverso, addestrando la nostra mente “…in modo sistematico perché giunga ad una percezione diversa di ogni persona e di ogni cosa nel mondo” (L.pI.In.4:1).
Questa differente percezione funziona così:
Gli occhi del corpo continueranno a vedere differenze.
Ma la mente che si è lasciata guarire non le riconoscerà più.
La mente guarita le metterà tutte in una categoria: sono tutte irreali. Questo è il dono del suo Insegnante: la comprensione che soltanto due categorie sono significative nel vagliare i messaggi che la mente riceve da ciò che sembra essere il mondo esterno. (M.8.6:1-2, 4-5)
Questo è il nuovo discernimento che lo studente del corso dovrebbe apprendere attraverso la pratica del libro degli esercizi.
-134-
Abbiamo visto nelle ultime settimane che:
…….soltanto due categorie sono significative nel vagliare i messaggi che la mente riceve da ciò che sembra essere il mondo esterno
(M.8.6:5).
Il corso ci insegna a guardare al di là delle apparenti differenze formali percepite dai nostri sensi, cercando di cogliere il contenuto che ne sta alla base. In altri termini, ci insegna a raggruppare tutte le nostre percezioni in due categorie di pensiero, che definisce “mente sbagliata” e “mente corretta”. Questo è il processo di discernimento, l’addestramento della mente che viene teorizzato nel testo e insegnato praticamente nel libro degli esercizi.
Una base teorica come quella fornita dal testo è una struttura necessaria per rendere significativi gli esercizi di questo volume. Tuttavia è il fare gli esercizi che renderà possibile raggiungere l’obiettivo del corso. Una mente non addestrata non può realizzare nulla. Lo scopo di questo libro di esercizi è di addestrare la tua mente a pensare secondo le linee del testo.
(L.pI.In.1)
-135-
…….soltanto due categorie sono significative nel vagliare i messaggi che la mente riceve da ciò che sembra essere il mondo esterno
(M.8.6:5).
Il corso ci insegna a raggruppare tutti i nostri pensieri in due categorie di pensiero, la cosiddetta “mente sbagliata” e la cosiddetta” mente corretta”. Secondo il corso soltanto questo raggruppamento è in grado di dare una qualche significato a quell’attività che noi definiamo “pensare”. Le categorie sono soltanto due e sono incompatibili fra di loro. Mentre le differenze formali sono molteplici e possono sembrare addirittura infinite, Il contenuto che le sottende è sempre uguale e rientra invariabilmente in una delle due categorie: o il pensiero contiene al suo interno “la minuscola folle idea” di separazione da Dio e tutti i conseguenti pensieri di colpa, collera, malattia e morte (e in questo caso la categoria di pensiero è sbagliata), o contiene al suo interno l’idea di correzione o “Espiazione” o perdono (ed in questo caso è corretta). In base al linguaggio simbolico del corso, quando adottiamo il pensiero sbagliato stiamo “seguendo la voce dell’ego”, e quando scegliamo il pensiero corretto, stiamo “seguendo la voce dello Spirito Santo”.
La mente può essere corretta o sbagliata, a seconda della voce che ascolta. La mente corretta ascolta lo Spirito Santo, perdona il mondo e attraverso la visione di Cristo vede al suo posto il mondo reale…..
La mente sbagliata ascolta l’ego e fa le illusioni: percepisce il peccato, giustifica la collera e vede che la colpa, la malattia e la morte sono reali.
(C.1.5:1-2, 6:1)
-136-
…….soltanto due categorie sono significative nel vagliare i messaggi che la mente riceve da ciò che sembra essere il mondo esterno
(M.8.6:5).
Il libro degli esercizi ci addestra molto praticamente ad individuare, all’interno dei molteplici ed apparentemente infiniti pensieri che pensiamo nell’arco della nostra vita, le due sole categorie di pensiero significative, la mente sbagliata e quella corretta. Ci aiuta in modo estremamente specifico a riconoscere queste due categorie e a comprendere quando stiamo pensando in modo sbagliato e quando invece pensiamo in modo corretto. Ma ripete continuamente che la scelta è nostra. Siamo noi a decidere quali pensieri vogliamo effettivamente ospitare nella nostra mente.
Tu non puoi fare le leggi che governano la scelta,
come non puoi fare le alternative fra cui scegliere.
Puoi fare la scelta, anzi devi
(L.pI.133.3:3-4)
-137-
Tu non puoi fare le leggi che governano la scelta, come non puoi fare le alternative fra cui scegliere. Puoi fare la scelta, anzi devi.
(L.pI.133.3:3-4)
In tutti i molteplici pensieri che crediamo di pensare nell’arco della nostra vita sono contenuti due soli pensieri di base: la “minuscola folle idea” di separazione da Dio (T.27.VIII.6:2) e il pensiero di correzione o “Espiazione” (T.5.II.3:1-6). E sta a noi guardare al di là della forma del pensiero che pensiamo per individuarne il contenuto, allo scopo di scegliere ciò che vogliamo veramente pensare, la voce che vogliamo veramente udire dentro di noi.
Questo è l’addestramento della mente, spiegato nel testo e insegnato molto praticamente nel libro degli esercizi, volto a raggruppare tutti i nostri pensieri in due -e solo due- categorie di pensiero. La lezione 133 afferma in modo inequivocabile non solo che ci sono solo due categorie di pensiero, ma che esse sono incompatibili e fra di loro non può essere fatto nessun compromesso.
Ma è saggio imparare le leggi che metti in moto quando scegli, e tra quali alternative scegli.
Abbiamo già ribadito che ce ne sono solo due, anche se sembrano essercene molte. La gamma di possibilità è definita, e questo non possiamo cambiarlo. Sarebbe molto ingeneroso per te lasciare che le alternative siano illimitate e così ritardare la tua scelta finale, fino a che non le avrai considerate tutte nel tempo; e non essere così chiaramente portato nel luogo dove non c’è che una sola scelta da dover fare.
Un’altra legge benevola e correlata è che non c’è compromesso in ciò che comporterà la tua scelta. Non può darti soltanto in parte, perché non c’è una via di mezzo.
Ogni scelta che fai ti porta tutto o niente.
(L.pI.133.3:5 4:1-3 5:1-3)
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…….soltanto due categorie sono significative nel vagliare i messaggi che la mente riceve da ciò che sembra essere il mondo esterno.
(M.8.6:5)
Perché le uniche due categorie di pensiero in cui dobbiamo imparare a collocare tutti i nostri pensieri, apprendendo un nuovo discernimento, sono le uniche “significative”?
Perché, secondo il corso, ci insegnano un modo utile e sano di pensare, volto a disfare l’insano sistema di pensiero dell’ego che ci pone in uno stato mentale di malattia e morte, di paura e colpa, di collera e angoscia. Solo un modo di pensare corretto può dare un qualche significato alla nostra vita, preparandoci a sperimentare quello stato di pace interiore, la mente corretta, che riflette l’infinita pace o conoscenza della Mente Una. Non c’è altro significato, perché non c’è altro scopo, in quell’esperienza mentale che noi definiamo vita.
Lo scopo è il significato
(L.pI.25.1:1)
-139-
Che io riconosca il problema, affinché possa essere risolto
(L.pI.79)
Nella lezione 79 viene compiuta una delle sintesi più chiare sulla differenza fra forma e contenuto. Sembra che la vita ci presenti una miriade di problemi diversi, eppure il corso sostiene che ne abbiamo uno solo, quella “minuscola folle idea” di essere separati da Dio (T.27.VIII.6:2), quella “credenza incredibile” (T.7.VIII), che ci pone in uno stato mentale di angoscia perenne. Un’angoscia quasi costantemente negata - quindi sperimentata raramente a livello conscio - e nello stesso tempo proiettata fuori dalla mente proprio in quella miriade di problemi diversi che a questo punto sembrano rappresentare i veri problemi della nostra vita.
Dunque c’è un solo contenuto, un solo problema, anche se le forme o proiezioni che tale problema di fondo sembra assumere possono essere moltissime.
Sembri trovarti a confronto con una lunga serie di problemi diversi, e quando ne viene risolto uno, ne sorge un altro, e poi un altro ancora.
Sembra che non finiscano mai. Non c’è momento in cui tu ti senta completamente libero da problemi ed in pace…..
Se riuscissi a riconoscere che il tuo solo problema è la separazione, indipendentemente dalla forma che assume, potresti accettare la risposta perché vedresti che è pertinente. Percependo la costante che sta alla base di tutti i problemi con cui sembri trovarti a confronto, capiresti che hai il mezzo per risolverli tutti.
E useresti il mezzo, perché riconosci il problema.
(L.pI.79.3:3-5; 6:2-4)
-140-
Se riuscissi a riconoscere che il tuo solo problema è la separazione, indipendentemente dalla forma che assume, potresti accettare la risposta perché vedresti che è pertinente. Percependo la costante che sta alla base di tutti i problemi con cui sembri trovarti a confronto, capiresti che hai il mezzo per risolverli tutti. E useresti il mezzo, perché riconosci il problema.
(L.pI.79.6:2-4)
Per un anno (spunti 86-129) ci siamo concentrati sul primo passo del perdono, che consiste nel riconoscere che “la proiezione fa la percezione” (T.21.In.1:1-2). Abbiamo visto da varie angolazioni come l’oggettività del mondo che vediamo all’esterno è alquanto illusoria, perché si basa sulla proiezione del nostro mondo interiore.
E’ stata la premessa indispensabile per poter prendere la decisione che ci viene proposta nella lezione 79. La decisione consiste nel voler riconoscere che tutti i problemi che abbiamo sono rappresentati da un unico problema, che tutte le forme hanno un solo contenuto.
Dunque non basta riconoscere che la percezione di tutti i problemi che vediamo è una nostra proiezione. Bisogna anche riconoscere che tutti i problemi sono un unico problema. Senza questo processo di generalizzazione, senza riconoscere l’identicità di tutte le forme, non è possibile completare il primo passo del perdono, e quindi non è possibile aprirci al secondo passo, che consiste nell’essere determinati a scegliere la soluzione.
Tutti a questo mondo sembrano avere dei particolari problemi personali.
Eppure sono tutti la stessa cosa, e dovranno essere riconosciuti come uno solo,
se si vuole accettare la sola soluzione che li risolve tutti.
(L.pI.79.2:1-2)
-141-
Molte forme: una correzione.
Non è difficile comprendere le ragioni per cui non chiedi allo Spirito Santo di risolvere tutti i tuoi problemi per te. Egli non ha maggiore difficoltà nel risolverne alcuni piuttosto che altri. Per Lui ogni problema è uguale, perché ciascuno si risolve proprio nello stesso modo e per mezzo dello stesso approccio.
(T.26.II. 1:1-3)
Come abbiamo visto negli spunti precedenti il mondo sembra presentarci una miriade di problemi, ma il corso ci insegna un metodo di discernimento che ci permette di raggruppare tutti questi problemi apparenti, tutte queste forme illusorie, in un’unica categoria, un unico contenuto: la cosiddetta mente sbagliata. E’ nella mente sbagliata che l’ego imperversa, (e noi gli diamo il potere di farlo!) ossessionandoci con la credenza nella “minuscola folle idea” (T.27.VIII.6:2).
Il corso ci insegna a vedere che ogni problema ha un uguale contenuto. Questa – dopo averne riconosciuto l’illusorietà - è la premessa indispensabile per poterne accettare l’unica soluzione risolutiva.
Lo Spirito Santo non risolve i nostri problemi specifici. Egli ha già risolto l’unico contenuto che sta alla base di tutti i nostri problemi specifici. Ma noi potremo accedere a questa soluzione solo se porteremo a Lui i nostri problemi, ossia se - decodificando il linguaggio simbolico del corso - impareremo a vedere che tutti i nostri problemi sono rappresentati da un solo, unico problema.
Questo è il primo passo del perdono: riconoscere non soltanto che tutti i nostri problemi percepiti sono proiettati da noi, in base all’assunto che “la proiezione fa la percezione”-T.21.In.1:1-2 -, ma anche che tutti i problemi sono forme di un unico problema -L.pI.79-. (Per leggere la sintesi del primo passo del perdono compiuta da Kenneth Wapnick, cliccare qui)
Gli aspetti che devono essere risolti non cambiano, qualunque forma sembri assumere il problema. Un problema può presentarsi in molte forme, e lo farà finché il problema perdura. Non ha alcuna utilità cercare di risolverlo in una forma speciale. Si ripresenterà e continuerà a presentarsi ripetutamente finché sarà risolto una volta per tutte e non sorgerà più in alcuna forma. E solo allora te ne sarai liberato.
Lo Spirito Santo ti offre la liberazione da ogni problema che pensi di avere. Essi sono uguali per Lui……
(T.26.II.1:4-2:2)
-142-
E’ quasi Pasqua, il tempo della resurrezione. Diamoci reciprocamente la redenzione e condividiamola, affinché possiamo risorgere come una cosa sola nella resurrezione, non separati dalla morte.
(T.19.IV.D.17:4-5)
Interrompiamo per un paio di settimane l’argomento che stiamo studiando da inizio anno per soffermarci brevemente su alcuni aspetti del significato che il corso attribuisce alla Pasqua.
Iniziamo leggendo la definizione del termine nel Glossario di Kenneth Wapnick (cliccare qui)
PASQUA
Festività che commemora la resurrezione di Gesù; poiché la resurrezione sta a simboleggiare la trascendenza dell’ego nel suo superamento della morte, la Pasqua viene usata come simbolo dell’offerta e dell’accettazione della redenzione (o trascendenza dell’ego) del Figlio di Dio attraverso il perdono.
La Pasqua viene dunque usata nel corso come simbolo del perdono. Rappresenta il momento in cui offriamo agli altri il dono del perdono, accettandolo a nostra volta. In questo modo l’ego viene trasceso nella nostra mente e noi – grazie alla nostra scelta di non voler più pensare in modo sbagliato- sperimentiamo la percezione corretta, un nuovo modo di pensare libero dalla colpa e dall’ansia, dal dolore e dalla paura, dalla tristezza e dalla specialezza: libero in sostanza da tutto ciò che il corso definisce semplicemente “morte”. (L.pI.163.1)
Dandoci reciprocamente la redenzione, ossia perdonando gli altri in modo da ricevere a nostra volta il perdono, possiamo uscire dalla morsa del sistema di pensiero dell’ego, l’angoscia mortale che ci crocifigge costantemente, e possiamo accedere a quella pace profonda che ci permette di risorgere ad una nuova vita interiore dentro la nostra mente corretta, che è “il luogo santo della resurrezione”.
La redenzione ti è stata data perché tu la dia a tuo fratello e così la riceva. Colui che perdoni è libero e ciò che dai lo condividi. Perdona i peccati che tuo fratello pensa di aver commesso e tutta la colpa che pensi di vedere in lui.
Ecco il luogo santo della resurrezione al quale giungiamo di nuovo: al quale ritorneremo fintanto che la redenzione sarà compiuta e ricevuta. Pensa chi è tuo fratello prima di condannarlo. E rendi grazie a Dio per il fatto che egli è santo e che gli è stato dato il dono della santità per te. Unisciti lietamente a lui ed elimina ogni traccia di colpa dalla sua mente disturbata e torturata. Aiutalo a sollevare il pesante fardello del peccato che hai posto su di lui e che egli ha accettato come suo, e gettalo lontano da lui allegramente e con una felice risata. Non premerlo come se fossero spine contro la sua fronte, e non inchiodarlo ad esso, irredento e senza speranza.
(T.19.IV.D.15:8-16:6)
-143-
Una settimana è breve e tuttavia questa settimana santa è il simbolo dell’intero viaggio che il Figlio di Dio ha intrapreso. Egli ha incominciato col segno della vittoria, la promessa della resurrezione, che gli era già stata data.
Che Egli non si perda nella tentazione della crocifissione e che non si attardi lì.
(T.20.I.3:1-3)
Il corso usa i grandi eventi della tradizione giudeo-cristiana in modo simbolico, come metafore della pratica del perdono, che è il suo principale obiettivo didattico. Così ci propone di vedere la settimana santa come il simbolo dell’intero viaggio interiore che dobbiamo compiere per ritornare a quella consapevolezza interiore di completa Unità che definisce “Cielo” (T.18.VI.1:5-6). E’ un viaggio iniziato con il segno della vittoria, ossia con l’Espiazione o correzione dello Spirito Santo (T.5.II.3:1-2), che ha disfatto completamente la “minuscola folle idea” di separazione da Dio (T.27.VIII.6:2), e ha posto così nella nostra mente separata la promessa della resurrezione. La Domenica delle Palme simboleggia secondo il corso tale promessa di vittoria.
Ora dobbiamo accettare questa promessa, e per farlo dobbiamo praticare giorno dopo giorno il perdono, così come ce lo insegna il corso, imparando a mettere in discussione la minuscola folle idea - il contenuto di colpa che sottende tutte le forme pensate nella mente sbagliata - scegliendo al suo posto il contenuto di correzione, che sottende tutte le forme pensate nella mente corretta. Questo, secondo il corso, è il viaggio che dobbiamo compiere per tornare al Cielo: accettare l’Espiazione per noi stessi (T.2.V.5:1).
Il corso ci invita dunque a trascorrere questa settimana santa cercando di perdonare. In questo modo smetteremo di crocifiggere la nostra mente sbagliata, e sperimenteremo la gioia della resurrezione dentro la nostra mente corretta.
Nel tuo perdono di questo straniero, che ti è estraneo e tuttavia è il tuo vecchio Amico, risiede la sua liberazione e la tua redenzione con lui. Il periodo della Pasqua è un periodo di gioia, non di dolore. Guarda il tuo Amico resuscitato e celebra la sua santità con me. Perché la Pasqua è il momento della tua salvezza insieme alla mia.
(T.20.I.4:5-8)
Questi sono i principi dell’identicità e della differenza.
La fase di apprendimento iniziale dello studente (la cosiddetta fase di discernimento) prevede che lo studente impari a riconoscere chiaramente queste due categorie guardando senza giudizio né colpa i propri pensieri. Questo è l’addestramento della mente che viene insegnato fin dalle prime lezioni del libro degli esercizi.
E’ nelle attività di discernimento e categorizzazione della mente che entrano gli errori di percezione. Ed è qui che deve essere fatta la correzione.
(M.8.4:1-2)
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Non c’è ordine di difficoltà nei miracoli. Uno non è “più difficile” o “più grande” di un altro. Sono tutti uguali. Tutte le espressioni d’amore sono massimali.
(T.1.I.1:1-4)
Il corso inizia con queste parole. E non è un caso: questo è il primo principio di miracoli, il principio che riassume non soltanto il processo del perdono, ma addirittura tutto il corso. Perché è proprio attraverso il processo del perdono che è possibile accedere al miracolo, ossia ad una diversa percezione di tutto e di tutti.
Questo principio è la risposta dello Spirito Santo alla prima legge del caos:
La prima legge del caos è che la verità è differente per ciascuno. Come tutti questi principi, questo sostiene che ognuno è separato e ha un diverso sistema di pensiero che lo taglia fuori dagli altri. Questo principio nasce dal credere che c’è una gerarchia nelle illusioni: alcune hanno maggior valore e quindi sono vere….
Pensa a come questo sembra interferire col primo principio dei miracoli. Perché stabilisce gradi di verità tra le illusioni, facendo sembrare alcune di loro più difficili da superare di altre. Se ci si rendesse conto che sono tutte la stessa cosa ed egualmente non vere, sarebbe facile, allora, capire che i miracoli si applicano a tutte.
(T.23.II.2:1-3, 3:1-3)
La prima legge del caos si basa sulla percezione delle differenze, proprio come il primo principio dei miracoli si basa sulla identicità delle espressioni d’amore.
Come si passa dal caos al miracolo? Dalla percezione sbagliata a quella corretta? Dall’angoscia alla miracolosa pace interiore?
Attraverso il perdono, basato su 3 passi, ossia su 3 esperienze interiori che possiamo apprendere gradualmente. Il primo passo, sul quale ci stiamo concentrando da più di un anno, consiste nel riconoscere - attraverso una costante e vigile osservazione dei nostri pensieri- che ”La proiezione fa la percezione. Il mondo che vedi è ciò che tu gli hai dato, niente di più” (T.21.In.1:1-2), ossia che la percezione del mondo esterno è tutt’altro che oggettiva. Ma consiste anche nel riconoscere che tutte le forme che la proiezione sembra assumere sono uguali fra di loro, perché condividono tutte il medesimo contenuto. Senza il riconoscimento di questa sostanziale identicità di tutte le forme di errore non è possibile accedere all’unica soluzione proposta dallo Spirito Santo, che impareremo a scegliere e sperimentare con il secondo ed il terzo passo del perdono.
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Questi pensieri non significano nulla. Sono come le cose che vedo in questa stanza (in questa strada, da questa finestra, in questo luogo).
Questo è un esercizio fondamentale, e sarà ripetuto di tanto in tanto in forma in qualche modo diversa. Lo scopo qui è di allenarti nei primi passi…. E’ anche l’inizio nell’addestrare la tua mente a riconoscere ciò che è la stessa cosa e ciò che è diverso. (L.pI.4.titolo; 3:1-2, 4)
Il libro degli esercizi ci addestra gradualmente ad un nuovo discernimento, un nuovo modo di percepire basato sulla identicità invece che sulla differenza. Abbiamo visto negli spunti precedenti che il principio della differenza rappresenta la prima legge del caos, ossia del sistema di pensiero dell’ego, mentre il principio di identicità, l’unicità di contenuto all’interno della molteplicità di forme, è la risposta che lo Spirito Santo dà alla prima legge dell’ego.
La lezione numero 4 (un “esercizio fondamentale”!) rappresenta il primo passo in questa direzione. E’ l’inizio dell’addestramento a percepire in termini di identicità invece che di differenza, imparando a riconoscere ciò che è la stessa cosa e ciò che è diverso.
Che cosa è “la stessa cosa”? Tutte le forme. Tutte le forme sono uguali perché hanno un unico contenuto. E questo si applica sia alla mente sbagliata che a quella corretta: tutte le forme di errore sono un unico errore, e tutte le soluzioni o risposte proposte dallo Spirito Santo sono un’unica risposta o soluzione.
E che cosa è “diverso”? Il sistema di pensiero dell’ego e il sistema di pensiero dello Spirito Santo. La minuscola folle idea e l’Espiazione. L’attacco ed il perdono. Sono diversi, diametralmente opposti ed incompatibili.
A partire dai prossimi spunti vedremo come l’addestramento ad un nuovo discernimento basato sul comprendere che cosa è veramente diverso e che cosa è veramente uguale, venga sottolineato fin dall’introduzione del libro degli esercizi.
-146-
Il trasferimento dell’apprendimento nella percezione vera non procede allo stesso modo del trasferimento dell’apprendimento nel mondo. Se si raggiunge la vera percezione in relazione ad una persona, situazione o evento, è certo il trasferimento totale a tutto e a tutti.
(L.pI.In.5:1-2)
Mentre l’apprendimento della mente sbagliata ha lo scopo di separare e dividere, quello della mente corretta ha lo scopo di unificare, per insegnarci a percepire l’inerente uguaglianza di contenuto che sottende qualunque esperienza noi facciamo e che riflette l’Unità della conoscenza della Mente Una. Dunque i due apprendimenti non procedono nello stesso modo: uno separa, divide, analizza, specializza, fa eccezioni. L’altro, accettando la nostra intrinseca Unità, la riflette nell’’identicità di contenuto che viene sperimentata nella mente corretta, e che viene estesa attraverso il processo di generalizzazione
L’ego analizza, lo Spirito Santo accetta.
(T.11.V.13:1)
Ricordiamo: l’ego è l’impulso a separare. Lo Spirito Santo corregge tale separazione ricordandoci di accettare che la nostra vera natura è l’unione, non la separazione.
Il tentativo di comprendere la totalità frantumandola è chiaramente l’approccio caratteristicamente contradditorio che l’ego ha verso ogni cosa. L’ego crede che il potere, la comprensione e la verità risiedano nella separazione, e per instaurare questa credenza deve attaccare. Inconsapevole del fatto che non è possibile instaurare la credenza, ed ossessionato dalla convinzione che la separazione sia la salvezza, l’ego attacca ogni cosa che percepisce frantumandola in piccole parti scollegate tra loro, senza rapporti significativi e pertanto senza significato.
(T.11.V.13:3-5)
-147-
L’ego è la parte della mente che crede nella divisione
(T.5.V.3:1)
L’ego non è un potere esterno a noi, ma una nostra credenza incredibile (T.7.VIII). Avendolo accettato dentro la nostra mente, esso è diventato il nostro “naturale” modo di pensare. Eppure il corso chiarisce che tale modo naturale è di fatto totalmente innaturale, perché naturalmente – cioè nella Mente Una - noi pensiamo con Dio.
Ho detto prima che devi imparare a pensare con Dio. Pensare con Lui è pensare come Lui. Questo genera gioia, non colpa, perché è naturale. La colpa è un chiaro segno che ciò che pensi è innaturale. Il pensiero innaturale sarà sempre seguito dalla colpa, perché è credere nel peccato.
(T.5.V.4:5-9)
Ciò significa che in conseguenza della credenza nella “minuscola folle idea” (T.27.VIII.6:2) dentro la nostra mente, abbiamo disimparato a pensare naturalmente, e dobbiamo imparare nuovamente a farlo. Il libro degli esercizi ci fornisce un manuale di addestramento della mente per disimparare il modo di pensare del mondo, basato sulla separazione e sulla divisione, e imparare il modo di imparare spirituale, che riflette la conoscenza di Dio, allo scopo di ritornare a pensare con Lui nella Mente Una. La prima parte del libro degli esercizi serve dunque a disfare quello che finora avevamo considerato il modo “naturale” di pensare, e la seconda parte ci aiuta ad imparare un modo spirituale, che riflette quello autenticamente naturale.
Questo libro di esercizi è suddiviso in due sezioni principali: la prima si occupa di disfare il tuo attuale modo di vedere, la seconda riguarda l’acquisizione della vera percezione.
(L.pI.3:1)
-148-
Nell’introduzione al libro degli esercizi vengono indicate due regole (“le uniche regole”) che lo studente dovrebbe “osservare sempre” nella sua pratica del libro degli esercizi. Questa è la prima delle due regole:
Allora le uniche regole generali da osservare sempre sono: primo, che gli esercizi siano messi in pratica nei minimi dettagli, come sarà indicato. Questo ti aiuterà a generalizzare le idee implicate in ogni situazione in cui ti trovi e ad ogni persona e cosa che sono parte di questa situazione.
(L.pI.In.6:1-2)
La prima regola, la regola della specificità, ci aiuta a fronteggiare quello che forse è il più comune tra gli errori degli studenti: la confusione di livelli. Imparando ad applicare in modo molto specifico gli esercizi proposti nella lezione del giorno alle specifiche situazioni della nostra vita, impariamo a guardare attentamente i nostri pensieri. E questa è la condizione indispensabile per poter attuare correttamente il processo di generalizzazione, che consiste nell’individuare “ciò che è lo stesso” all’interno delle apparenti diversità.
Solo riconoscendo tale identicità di contenuto all’interno delle apparenti differenze formali potremo ricondurre la molteplicità delle nostre esperienze sensibili a quella basilare dicotomia dualistica (mente sbagliata/ mente corretta) che sta alla base del processo di discernimento così come lo insegna il corso. E solo tale riconoscimento ci permette di perdonare, allenandoci ad esercitare il libero arbitrio, ossia a scegliere la percezione corretta dello Spirito Santo invece della percezione sbagliata dell’ego.
-149-
Nell’ultima newsletter abbiamo visto la prima delle due uniche regole indicate nell’introduzione al libro degli esercizi. Rileggiamola:
Allora le uniche regole generali da osservare sempre sono: primo, che gli esercizi siano messi in pratica nei minimi dettagli, come sarà indicato. Questo ti aiuterà a generalizzare le idee implicate in ogni situazione in cui ti trovi e ad ogni persona e cosa che sono parte di questa situazione.
(L.pI.In.6:1-2)
Il processo di generalizzazione sta alla base dell’insegnamento del corso. E’ proprio attraverso la generalizzazione che possiamo fare esperienza del riflesso dell’unità anche all’interno del mondo della separazione. La nostra mente dualistica infatti ci impedisce di conoscere l’Uno. Ma possiamo fare esperienza del riflesso dell’Uno nella nostra mente corretta, accedendo alla percezione corretta o unificata che è proposta dallo Spirito Santo. Per farlo dobbiamo prima renderci conto del fatto che le nostre percezioni sono sbagliate, perché solo in questo modo possiamo accettarne la correzione. Questo è proprio quel primo passo del perdono sul quale ci stiamo concentrando da più di un anno (spunto 73. Cliccare qui)
Ma non basta. Dobbiamo anche vedere che tutte le nostre percezioni sbagliate hanno lo stesso contenuto. Senza questo riconoscimento, ossia senza il processo di generalizzazione, il primo passo del perdono non può essere completato. E quindi è impossibile accedere correttamente alla correzione proposta dallo Spirito Santo, ossia al secondo e al terzo passo del perdono. (per rileggere la sintesi dei tre passi del perdono compiuta da Kenneth Wapnick, cliccare qui)
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La prima delle due regole proposte nell’introduzione al libro degli esercizi ci chiede di guardare in modo estremamente specifico i nostri pensieri, allo scopo di imparare a generalizzare le idee che apprendiamo ogni giorno.
Allora le uniche regole generali da osservare sempre sono: primo, che gli esercizi siano messi in pratica nei minimi dettagli, come sarà indicato. Questo ti aiuterà a generalizzare le idee implicate in ogni situazione in cui ti trovi e ad ogni persona e cosa che sono parte di questa situazione.
(L.pI.In.6:1-2)
La difficoltà di questo processo di generalizzazione – che è così importante da essere addirittura definito “lo scopo generale del libro degli esercizi”- non ci deve preoccupare. Infatti gli esercizi sono stati pianificati in modo tale da permettere il trasferimento della percezione senza alcuno sforzo da parte nostra. A noi viene richiesto di seguire due sole regole. La prima - come ho sottolineato negli ultimi spunti - è la regola della specificità.
Lo scopo generale del libro degli esercizi è di aumentare la tua capacità di estendere a tutto le idee che metterai in pratica. Questo non richiederà alcuno sforzo da parte tua. Gli esercizi stessi soddisfano le condizioni necessarie perché questo tipo di trasferimento possa avvenire
(L.pI.In.7)