Secondo gli insegnamenti di Kenneth Wapnick

D 733 Le illusioni del nostro ego sono un tentativo per allontanare la colpa?

 

D #733: Sento spesso Ken narrare il racconto mitologico di peccato, colpa e paura, che l’ego racconta al Figlio di Dio (il decision maker). Ken descrive l’ego come se fosse un’entità separata. Mi rendo conto che lo fa  per motivazioni pedagogiche. Ciò che comprendo è che una volta scelto l’ego, tuttavia, noi diventiamo l’ego.  Ma a quel punto non stiamo in realtà raccontandoci la storia nel tentativo di 1) sottrarci alla colpa schiacciante e  2) preservare la specialezza che abbiamo scelto?

 

R: Sì. Non diventiamo solo l’ego, diventiamo la “storia”. Tuttavia invece di evitare la colpa in realtà la ricerchiamo per usarla come carburante per difendere la credenza nel peccato e giustificare la paura: “L’attrattiva della colpa si trova nel peccato, non nell’errore. Il peccato sarà ripetuto a causa di questa attrattiva … Come parte essenziale di ciò che l’ego pensa che tu sia, lo vorrai sempre” (T.19.III.1:1,2,7). Pertanto la storia è questa: “Non ricordo il peccato, ma siccome mi sento in colpa devo aver peccato e pertanto merito la punizione di un Dio adirato. La mia paura, quindi, è chiaramente giustificata”. Nella follia della “logica” dell’ego, la colpa viene poi proiettata all’esterno nel tentativo di esserne liberi, mentre allo stesso tempo essa invece viene preservata quale fondamento dell’ego.

A peggiorare le cose, oltre l’attrattiva della colpa e l’apparente paura della punizione troviamo la paura dell’amore: “L’attrattiva della colpa produce la paura dell’amore, perché l’amore non vede affatto la colpa … Come l’amore non può che guardare oltre la paura, allo stesso modo la paura non può vedere l’amore. Perché l’amore contiene la fine della colpa, proprio come la paura dipende da essa … La paura guarda la colpa proprio con la stessa devozione con cui l’amore guarda se stesso” (T.19.IV.A.10:1,3,4,9). Quindi la colpa è attraente e deve essere preservata, mentre l’amore fa paura e ci si deve difendere da esso. Ciò che rende spaventoso l’amore è il rendersi conto che alla presenza dell’amore la specialezza scompare, mentre invece, come tu puntualizzi, noi ci dedichiamo a preservare la specialezza. L’obiettivo di questo adattamento psicotico è rendere reale il peccato, il che mantiene reale nella nostra esperienza il mondo illusorio della separazione. Pertanto l’intera storia, che trova origine nella scelta in favore della separazione, viene giustificata, difesa e tenuta cara.

La difficile situazione dell’ego è ulteriormente aggravata dai pesanti strati di negazione che camuffano la storia. Il miglior travestimento/difesa è la proiezione di queste dinamiche egoiche su Dio, così da farLo diventare Colui Che scaglia la Sua condanna irata su di noi perché ci tagliamo fuori da Lui. Allora sembra che non abbiamo altra scelta se non proteggerci attraverso una grande varietà di relazioni speciali, designate a proiettare sul mondo dei corpi ogni responsabilità per il nostro dilemma. La “storia” così si attorciglia su se stessa in un labirinto dal quale non sembra possibile sfuggire. Come corpi, non abbiamo vita senza questa nenia funebre. La fuga è possibile solo disfacendo questo pensiero di separazione/ego, che è l’obiettivo di Un Corso in Miracoli. Esso si raggiunge perdonandoci per la nostra follia, iniziando col vedere questa “storia” in azione nella nostra vita. Ogni riconoscimento della scelta della mente in favore della follia dell’ego è un’attestazione del potere di scelta della mente e riduce la credenza nell’identità di corpo/ego, anche se solo di poco e per un breve momento.

La disponibilità ad essere vigili nel riconoscere la storia dell’ego senza giustificarla, giudicarla o difenderla è ciò che alla fine ci condurrà al di là di esso. È, dopo tutto, una bugia e in questo giace la speranza che Gesù ci offre nel Corso. Il perdono districa la storia e ci conduce fuori da essa: “Guarda le menzogne, ma non ne è ingannato. Non bada agli strilli di autoaccusa dei peccatori pazzi di colpa. Li guarda con occhi tranquilli e semplicemente dice loro: “Fratello mio, ciò che pensi non è la verità(L.p.I.134.7:3,4,5). Sebbene non sia facile vedere che crediamo di essere “peccatori pazzi di colpa” che strillano autoaccuse, dobbiamo guardare questa follia, come ci dice Gesù in questo passaggio. Solo allora impareremo ad accettare che questa non è la nostra verità e la bugia sarà disfatta.