Secondo gli insegnamenti di Kenneth Wapnick

D 1320 Mi sento così pronto a "risvegliarmi," così perché non lo faccio?

 

D #1320: Parecchi anni fa ho fatto esperienza di un attacco di depressione fondamentalmente a causa della mia lotta con l’idea che “deve esserci qualcos’altro” e ci sono state parecchie occasioni in cui mi è capitato di pensare che forse questa vita è tutto un sogno. Ho letto molte delle domande riguardanti la riluttanza delle persone a risvegliarsi. Voglio più di ogni altra cosa svegliarmi da questo sogno, così nella mia mente ho più di una “piccola disponibilità”. Se questo è anche ciò che Gesù e lo Spirito Santo vogliono per noi, perché non riesco a risvegliarmi, dal momento che lo voglio così tanto? Di certo non c’è nulla a questo mondo che possa disfare il Cielo e l’Unità. Sono pronto a risvegliami, perché non riesco?

 

R: Dalla tua domanda non possiamo determinare se questo sia il tuo caso oppure no, ma molte volte un intenso desiderio di ritornare a casa è accompagnato da un’avversione o paura del mondo, anche se questo può non essere evidente. Voler tornare a casa così tanto, in altre parole, può riflettere una soggiacente sensazione che il mondo sia un luogo molto terribile e che essere qui sia un fardello talmente doloroso che daremmo qualunque cosa per esserne liberati. Questa può effettivamente essere un’interferenza al risveglio, poiché indicherebbe che il mondo è ancora considerato reale: non possiamo detestare o temere ciò che sappiamo essere irreale. Deve esserci, quindi, un senso di peccaminosità e colpa ancora nascosto nella mente e che viene proiettato sul mondo. Ecco perché molto del nostro lavoro con Un corso in miracoli è centrato sul riconoscere come stiamo “rendendo reale l’errore”, vale a dire come le nostre reazioni e percezioni rivelano una credenza soggiacente di essere separati da Dio e di sentirci in colpa per questo.  Una volta che facciamo questa connessione, possiamo chiedere aiuto per scegliere di vedere tutto in maniera diversa.

La reale liberazione dal mondo arriva con il riconoscimento che il mondo non è la fonte né della sofferenza né della felicità, ma è semplicemente la proiezione della mente catturata nella credenza illusoria di essere separata da Dio (L.pI.132; L.pII.226). Arriviamo a quello stadio diventando dapprima consapevoli di quanto vediamo il mondo come causa sia della sofferenza che della felicità. Questo è il motivo per cui Gesù ci insegna che “Il perdono è la chiave della felicità” e “Il perdono mi offre tutto ciò che voglio” (L.pI.121, 122). Questa è la “reale alternativa” che Gesù discute nel capitolo finale del testo (T.31.IV), dove parla dello stato della mente conosciuto come mondo reale, che precede il nostro risveglio totale dal sogno.

Man mano che continuiamo lungo il percorso del perdono con Gesù come nostro insegnante, ci identifichiamo sempre meno con la vita nel mondo, e questo effettivamente rende più facile il nostro vivere qui, nel senso che allevia la pressione che la maggior parte di noi prova prendendo così seriamente ciò che accade nelle nostre vite.

Scegliendo meno spesso l’ego, l’amore nella nostra mente corretta incomincia a orientare ogni nostro pensiero ed azione, e il nostro investimento nell’essere un sé individuale speciale diminuisce grandemente. Continuiamo a portare avanti i nostri ruoli responsabilmente, ma senza pressione e conflitto. In questo stato non ci sarebbe alcun senso di urgenza a risvegliarci il più rapidamente possibile perché non ci si sperimenterebbe separati dall’amore. Essere presente verso ogni cosa e ogni persona con Gesù sarebbe una fonte di sicurezza e quieta gioia e pace. E’ la pace, in realtà, l’obiettivo del nostro lavoro con il Corso, non la conoscenza (Cielo) (T.8.I.1; T.24.in.1:1). E la pace ci viene assicurata con la scelta sempre più frequente dell’insegnante della pace, il quale ci aiuterà a sperimentare la nostra unità con tutti. La pazienza e la dolcezza con te stesso ti aiuteranno in questo processo e ti daranno fiducia nel processo del perdono.