D #1344: Dalla prospettiva di Un corso in miracoli, come si fa ad affrontare una situazione di cattiva salute cronica dove c’è esperienza di continuo disagio fisico e scombussolamento nella propria vita quotidiana? Diciamo che uno è in grado di vedere la malattia come risultato delle proprie scelte sbagliate nella mente ed è seriamente disposto a scegliere di nuovo e a cercare di perdonarsi per quella scelta sbagliata. Come procede se non ha a disposizione un trattamento medico conosciuto che dia sollievo? Quale sarebbe il modo più dolce e gentile per perdonarsi in questo scenario, e come si può anche solo guardare oltre il continuo disagio fisico e/o il dolore per trovare pace quando non c’è nemmeno una soluzione “magica” per dare l’illusione di un sollievo momentaneo?
R: La situazione che descrivi mette estremamente alla prova e speriamo certamente che presto salti fuori una qualche forma di terapia che ti aiuti. È terribilmente difficile essere in uno stato di pace quando il corpo è devastato dal dolore per tutto il tempo, giorno dopo giorno. Perdonarti in questo contesto significa essere gentile verso te stesso e non indugiare sulla “scelta sbagliata” che dal tuo punto di vista è responsabile della tua malattia. È un dato di fatto che la scelta di vedersi come giustificatamente colpevole è la causa di tutti i disturbi fisici, sia che si tratti di un polso slogato o di un tumore al cervello inoperabile – non c’è gerarchia di illusioni. Ma in pratica nessuno è direttamente in contatto con quella scelta così da poterla valutare e cambiare con una scelta della mente corretta. È anche totalmente possibile che uno abbia scelto una malattia fisica per ragioni della mente corretta: ad esempio per dimostrare l’irrilevanza del corpo nello sperimentare l’Amore e la pace di Dio, o che la propria identità trascende le limitazioni del corpo. Inoltre, dal momento che non siamo in grado di vedere il pieno percorso di Espiazione nostro o di chiunque altro, in realtà non possiamo sapere perché esiste una malattia specifica – se è il risultato di una scelta della mente sbagliata o della mente corretta – e così faremmo meglio a non cercare di giudicarla.
Ciò che il Corso ci insegna è chiedere aiuto nell’imparare che la nostra sofferenza non può influenzare la pace di Dio dentro di noi. Persino se siamo solo in grado di dire le parole, questo è sufficiente per iniziare il processo di guarigione (vedi L.pII.284). La maggior parte delle persone non sperimenta immediatamente qualche cambiamento nei sintomi, ma è necessario che noi si resista alla tentazione di concludere che allora questo “non funziona!” La disponibilità funziona sempre, perché la reale malattia (separazione) è solo nelle nostre menti e pertanto la guarigione avviene solo a quel livello. La richiesta di aiuto che sta sotto alla malattia ha sempre risposta dal riflesso dell’amore del Cielo nelle nostre menti e così basta soltanto, con un atto di gentilezza verso noi stessi, riconoscerne la verità e poi riposare nella fiducia che quando saremo pronti l’accetteremo nella nostra consapevolezza cosciente. Giudicarci perché ci sembra di non essere pronti è sostenere lo scopo egoico di mantenere reale la colpa nelle nostre menti. Quando la nostra mente fosse libera dalla colpa la malattia del corpo non sarebbe più il punto focale della nostra attenzione. Ma questo è un processo che richiede pratica quotidiana, solitamente per un periodo di tempo esteso: “La resistenza a riconoscere questo fatto è enorme, perché l’esistenza del mondo così come lo percepisci tu dipende dal credere che il corpo sia colui che decide” (M.5.II.1:7). Non possiamo non riuscire ad arrivare a questo livello, tuttavia, perché è lo stato naturale delle nostre menti, come Gesù ci ricorda: “L’amore è la tua sicurezza. La paura non esiste. Identificati con l’amore e sarai al sicuro. Identificati con l’amore e sarai a casa. Identificati con l’amore e troverai il tuo Sé” (L.pII.5.5:4,5,6,7,8).
Incoraggianti discussioni sui temi di malattia e guarigione si possono trovare nelle Domande #1045 e #1111.