Spunti 177 - 178 - 179 - 180 - 181 - 182 - 183 - 184 - 185 - 186 - 187 - 188 - 189 - 190
Riprendiamo ora le nostre riflessioni sul perdono. Dedicheremo i prossimi spunti ad un approfondimento del primo passo, che ho già trattato dallo spunto 73 al 159 (per leggerli cliccare qui), prima di avventurarci nel secondo passo che consiste nell’essere determinati a scegliere un diverso modo di percepire, e quindi un diverso Insegnante di percezione, all’interno della nostra mente.
Come sostengono le parole conclusive del capitolo 15:
C’è molto da fare, ed abbiamo procrastinato parecchio.
(T.15.XI.10:9)
Tuttavia, seguendo l’invito delle lezioni 21 e 28 possiamo iniziare l’anno con la gioia e la libertà di chi è determinato a vedere le cose in modo diverso.
Con questa felice intenzione nel nostro cuore permettetemi, cari compagni di viaggio, di porgere a tutti i miei migliori auguri perché a partire da questo 2015 il nostro viaggio sia lieve e gioioso, costellato di miracoli e illuminato dalla pace del perdono.
Potrai chiederti come puoi essere in pace quando, mentre sei nel tempo, c’è così tanto da fare prima che la via della pace sia aperta. Forse questo ti sembra impossibile. Ma chiediti se è possibile che Dio abbia un piano per la tua salvezza che non funzioni. Una volta che avrai accettato il Suo piano come l’unica funzione che vuoi adempiere, non ci sarà nient’altro che lo Spirito Santo non predisporrà per te senza sforzo da parte tua. Egli procederà davanti a te rendendo diritto il tuo sentiero, e lasciando il cammino senza pietre su cui inciampare e senza ostacoli a sbarrarti la via. Niente di cui hai bisogno ti sarà negato. Nessuna apparente difficoltà farà altro che svanire prima che tu la raggiunga. Non hai bisogno di darti pensiero di niente, senza curarti di alcuna cosa eccetto del solo scopo che vuoi raggiungere. Come ti è stato dato, così lo sarà anche il suo raggiungimento. La garanzia di Dio terrà contro tutti gli ostacoli, perché si basa sulla certezza e non sulla contingenza. Si fonda su di te. E che cosa può essere più certo di un Figlio di Dio?
(T.20.IV.8)
Riprendiamo ora l’argomento del perdono, di cui ho già trattato alcuni aspetti chiave (dal n 129 al 159). Mentre li ripassiamo cercherò di affrontare un argomento nuovo: il ruolo che il passato svolge nel meccanismo di proiezione.
Come abbiamo visto più e più volte noi non siamo mai turbati per la ragione che pensiamo (lezione 5), ossia per quanto ci capita nel mondo, ma per l’interpretazione che ne diamo.
Forse sarà utile ricordare che nessuno può arrabbiarsi nei confronti di un fatto. E’ sempre un’interpretazione che suscita emozioni negative, indipendentemente dalla loro apparente giustificazione da parte di ciò che si presenta come un fatto. Indipendentemente, anche, dall’intensità della rabbia che viene suscitata.
(M.17.4:1-3)
E perché vogliamo dare un’interpretazione degli eventi tale da precipitarci in uno stato di turbamento? Per fare un esempio, perché vogliamo scegliere di arrabbiarci per il comportamento di un altro, quando potremmo benissimo scegliere di non farlo? Per una ragione molto semplice: perché abbiamo vogliamo proiettare su quanto consideriamo esterno alla nostra mente il nostro senso di colpa di natura metafisica (cioè derivato dalla cosiddetta “minuscola folle idea”, T.27.VIII.6:2) allo scopo di liberarcene. Proiettando sugli altri la responsabilità per la nostra rabbia potremo continuare a mantenere l’esperienza della separazione senza sentirci in colpa.
Purtroppo - e questo l’ego non ce lo dice affatto - il senso di colpa proiettato all’esterno non si allontana da noi, ma permane dentro la nostra mente e si radica sempre di più al suo interno, perché l’idea della colpa non lascia la mente che l’ha prodotta.
Le idee non lasciano la loro fonte e sembra solamente che i loro effetti siano separati da esse. Le idee appartengono alla mente. Ciò che è proiettato al di fuori, e sembra essere esterno alla mente, non è affatto al di fuori, ma è un effetto di ciò che è dentro e non ha lasciato la sua fonte.
(T.26.VII.4:7-9)
Questo è il “piano di salvezza dell’ego”, basato proprio sul serbare dei rancori (lezione 72): in questo modo il nostro ego mantiene sempre più saldamente la sua presa su di noi.
Quando ascoltiamo l’ego dentro la nostra mente siamo inclini a cadere in vari stati di turbamento (rabbia, paura, colpa, vittimismo, tristezza, depressione, senso di perdita, esaltazione, senso di importanza personale, ecc) allo scopo di attribuire a fattori esterni a noi la responsabilità di tali turbamenti. Questo è lo scopo del meccanismo di proiezione.
La proiezione fa la percezione. Il mondo che vedi è ciò che tu gli hai dato, niente di più. Ma nonostante non sia niente di più, non è niente di meno. Quindi, per te è importante. E’ il testimone del tuo stato mentale, l’immagine esterna di una condizione interna. Come un uomo pensa così percepisce.
(T.21.In.1:1-5)
In sostanza: la percezione è un’interpretazione, non un fatto. La nostra mente - guidata dall’ego - compie un continuo lavoro di interpretazione dei fatti esterni per poter vedere in essi la causa dei suoi turbamenti.
La percezione è un continuo processo di accettare e rifiutare, organizzare e riorganizzare, mutare e cambiare. La valutazione è una parte essenziale della percezione, perché per selezionare sono necessari i giudizi.
(T.3.V.7:7-8)
Questo le permette di attribuire a fattori esterni (persone, situazioni, oggetti) la causa del proprio sentire, e così facendo crede erroneamente di potersi liberare del senso di colpa metafisico dovuto all’errata convinzione di essersi separata da Dio.
La percezione è un continuo processo di accettare e rifiutare, organizzare e riorganizzare, mutare e cambiare. La valutazione è una parte essenziale della percezione, perché per selezionare sono necessari i giudizi.
(T.3.V.7:7-8)
Il costante lavoro di selezione dei dati sensoriali, organizzandoli cognitivamente allo scopo di esprimere dei giudizi, permette all’ego dentro la nostra mente di costruire un mondo inesistente, soggettivo e alienato, che non ci separa soltanto dalla immutevole Realtà di Dio, ma ci separa anche gli uni dagli altri in quanto le percezioni soggettive sono basate sul passato individuale.
Ciascuno popola il proprio mondo di figure del proprio passato individuale ed è per questo che i mondi privati differiscono tra loro. Ma le figure che vede non sono mai state reali, perché nascono solo dalle sue reazioni ai suoi fratelli e non includono le loro reazioni nei suoi confronti. Perciò non si accorge di averle fatte lui, né si rende conto che non sono intere. Perché queste figure non hanno testimoni in quanto sono percepite soltanto in una mente separata.
(T.13.V.2)
Quando ascoltiamo l’insegnamento dell’ego dentro la nostra mente cerchiamo costantemente di liberarci del nostro dolorosissimo senso di colpa metafisico (causato dalla presunta separazione da Dio, la cosiddetta “minuscola folle idea” (T.27.VIII.6:2) e lo facciamo attraverso il meccanismo della proiezione, che ci permette di vedere all’esterno di noi quanto invece continua a permanere dentro la nostra mente, perché
“le idee non lasciano la loro fonte... Le idee appartengono alla mente. Ciò che è proiettato al di fuori e sembra essere esterno alla mente, non è affatto al di fuori, ma è un effetto di ciò che è dentro e non ha lasciato la sua fonte”
(T.26.VII.4:7-9)
La proiezione determina quindi la percezione di un mondo totalmente illusorio ed inesistente, che costruiamo individualmente dentro la nostra mente, ma che a questo punto sembrerà oggettivo ed esterno a noi.
La costruzione di questo mondo alienato che ci separa sia dalla Realtà immutevole di Dio che dalle percezioni altrui si basa sulle cosiddette “ombre del passato”, ossia le figure del passato individuale che ognuno di noi mantiene volutamente all’interno della sua mente per poter attuare indisturbato questo costante gioco di proiezione.
Nessuna relazione speciale viene vissuta nel presente.
Ombre del passato l’avvolgono, e la rendono ciò che è.
(T.16.VII.2:3-4)
Richiamando continuamente alla memoria queste ombre del passato le proietteremo sul mondo esterno, percependo in esso proprio quei fattori di disturbo che ci sembreranno oggettivi, e che ci precipiteranno in vari stati di turbamento.
Le figure indistinte del passato sono precisamente ciò a cui devi sfuggire. Non sono reali e non hanno presa su di te a meno che tu non le porti con te. Esse portano nella tua mente i segni del dolore, e ti incitano ad attaccare nel presente come rivalsa per un passato che non è più. E questa è una decisione che porta ad un dolore futuro. A meno che non impari che il dolore passato è un’illusione, scegli un futuro di illusioni e perdi le molte opportunità che potresti trovare per liberarti nel presente. L’ego vuole preservare i tuoi incubi ed impedirti di risvegliarti e comprendere che sono passati.
(T.13.IV.6:1-6)
Tuttavia c’è un metodo, il perdono, che ci permette di liberarci da queste proiezioni compulsive. Ed il corso ce lo insegna. Ma per metterlo in pratica dobbiamo imparare prima di tutto a guardare senza giudizio né colpa il nostro bisogno costante di attuarle. Questo è il primo passo del perdono. (L.pI.23.5:1-2)
La mia mente è preoccupata da pensieri del passato
(L.pI.8)
Come abbiamo visto negli spunti precedenti, manteniamo nella nostra mente le cosiddette “ombre del passato”, ossia il ricordo doloroso del passato, allo scopo di proiettare tali ombre sul mondo che ci sembra di vivere in tempo presente. Il dolore può essere rappresentato sia da quanto riteniamo che ci abbia fatto soffrire, che da quanto consideriamo migliore rispetto al presente. In questo modo manteniamo in vita l’idea di essere vittime degli abusi altrui, del destino, degli eventi, ecc, e questo ci permette di proiettare indisturbati sul mondo esterno il nostro senso di colpa metafisico (derivato dalla cosiddetta “minuscola folle idea”, T.27.VIII.6:2) ossia l’errata credenza di esserci separati da Dio). Ma questo meccanismo ci precipita anche in un mondo totalmente alienato e isolato, uno vero e proprio stato di malattia mentale, in cui vediamo ciò che non c’è, e lo riteniamo causa del nostro malessere.
..la relazione speciale è un tentativo di inscenare nuovamente il passato e cambiarlo. Affronti immaginati, dolori ricordati, delusioni passate, ingiustizie e privazioni percepite, tutte entrano nella relazione speciale, che diventa un modo in cui cerchi di ripristinare la tua autostima ferita. Che base avresti per scegliere un compagno speciale senza il passato? Ogni scelta di questo genere viene fatta a causa di qualcosa di “male” accaduto in passato al quale ti attacchi, e per il quale qualcun altro deve espiare.
(T.16.VII.1:2-5)
Tuttavia c’è un’alternativa a questo meccanismo di proiezione apparentemente ineluttabile. Consiste nello scegliere un diverso Insegnante dentro la nostra mente, un Insegnante che ci aiuti a ricordare che la soluzione dei nostri problemi non sta nel continuare ad inscenare il passato proiettandolo nel presente, ma nel decidere di mantenere la nostra mente in un presente santo, ossia privo di colpa.
Il passato se ne è andato: non cercare di preservarlo nella relazione speciale che ti lega ad esso, e che vuole insegnarti che la salvezza è nel passato e che quindi devi tornare al passato per trovare la salvezza. Non c’è fantasia che non contenga il sogno di vendetta per il passato. Preferisci inscenare il sogno o lasciarlo andare?
(T.16.VII.4)
Il passato non è niente. Non cercare di incolparlo per ciò di cui ti ha privato, perché il passato se ne è andato. In realtà non puoi non lasciare andare ciò che se ne è già andato. Deve essere, quindi, che mantieni l’illusione che non se ne sia andato perché pensi che serva a qualche scopo che vuoi sia soddisfatto. E deve anche essere che questo scopo non possa essere soddisfatto nel presente ma solo nel passato
(T.16.VII.2:8-12)
Queste frasi evidenziano che dietro al nostro bisogno di rimanere legati al passato c’è uno scopo deliberato. In sostanza non è vero che non riusciamo a liberarci dai nostri ricordi dolorosi, per esempio dai nostri rimpianti per qualcosa di bello che è ineluttabilmente svanito, o dai nostri rimorsi per quello che non abbiamo fatto, o dalla rabbia per gli affronti che abbiamo subito. Il nostro attaccamento al passato è deliberato. E’ una strategia che l’ego dentro la nostra mente vuole mantenere in atto per attuare due importanti meccanismi di difesa congiunti: negare l’esperienza dolorosissima della nostra presunta separazione da Dio (la minuscola folle idea, T.27.VIII.6:2) e proiettarla su qualcosa che viene percepito come esterno a noi, in modo da attribuirgliene la causa. Questi due meccanismi sono contemporanei e si alimentano a vicenda: la negazione si attua mediante la proiezione, e la proiezione mantiene la negazione. In questo modo il nostro ego ottiene il suo scopo: mantenere l’illusione della separazione senza sperimentarne la colpa relativa, che viene attribuita a qualcosa percepito come esterno alla nostra mente. Questo è lo scopo per cui vogliamo mantenere dentro la nostra mente l’illusione che il passato non sia svanito e continui a tormentarci.
Perché vorresti attaccarti ad essa (la colpa) con il ricordo se non ne desiderassi gli effetti? Ricordare è selettivo come la percezione, essendo il suo tempo passato. E’ la percezione del passato come se stesse accadendo ora e fosse ancora lì da vedere.
(T.28.I.2:4-6)
E’ per mezzo di queste strane ed indistinte figure che i folli si relazionano al loro mondo folle. Perché vedono soltanto coloro che ricordano loro queste immagini ed è con esse che si relazionano. Così essi comunicano con coloro che non ci sono e sono questi che rispondono loro. E nessuno ode la loro risposta salvo colui che li ha invocati, e solo lui crede che gli abbiano risposto. La percezione nasce dalla proiezione, e tu non puoi vedere al di là di essa. Hai attaccato tuo fratello in continuazione perché hai visto in lui una figura indistinta nel tuo modo privato. E ne deriva che devi attaccare te stesso per primo, poiché ciò che attacchi non è negli altri. La sua sola realtà è nella tua mente e, attaccando gli altri, stai letteralmente attaccando ciò che non esiste.
(T.13.V.3)
Il corso ci dà un’immagine veramente desolante dello stato di alienazione- una vera e propria follia- nella quale ci troviamo tutte le volte che diamo retta all’ego dentro la nostra mente.
Ma perché vogliamo continuare a vedere ciò che non c’è, e vogliamo credere di relazionarci con esso?
Perché questo ci permette di mantenere l’illusione della separazione senza sperimentarne la colpa – ed il cocente dolore ad essa collegato- all’interno della nostra mente, perché la responsabilità verrà attribuita a qualcosa o qualcuno che verrà percepito come esterno alla mente stessa.
La dinamica è la seguente: l’ego ci convince dapprima di esserci separati da Dio (questa è la credenza nella cosiddetta “minuscola folle idea” T.27.VIII.6:2) e poi – di fronte al terribile dolore che ne consegue, il senso di colpa - ci spinge ad attribuire la responsabilità di tale dolore a qualcosa di esterno a noi. A questo punto il nostro dolore sembrerà causato dagli altri, e non dalla nostra scelta di crederci separati da Dio.
Questo è il meccanismo della proiezione, che ci porterà ad un vero e proprio stato di allucinazione: percepire gli altri come causa dei nostri turbamenti.
Questo meccanismo viene costantemente ripetuto, finché si instaura un vero e proprio circolo vizioso in cui i presunti affronti passati (presunti perché a loro volta sono stati generati dal medesimo meccanismo di proiezione) vengono proiettati su qualche evento esterno, che viene pertanto considerato la causa del nostro dolore presente. In questo modo l’ego mantiene sia l’illusione della sua continuità che la sua presa su di noi.
Fin dalle sue prime lezioni il libro degli esercizi ci invita a portare la nostra attenzione all’uso che facciamo del tempo. Ci propone una serie di 5 lezioni (dalla quinta alla nona) in cui ci aiuta a guardare i nostri pensieri in modo da renderci conto del fatto che la nostra percezione, quando ascoltiamo l’ego dentro la nostra mente, è unicamente basata sul passato, e che questa è la vera causa del nostro dolore, e quindi dei nostri turbamenti.
La serie inizia con la frase “Non sono mai turbato per la ragione che penso”, che ci invita a mettere in discussione il rapporto di causa-effetto che noi normalmente consideriamo oggettivo: siamo arrabbiati perché qualcuno ci ha fatto arrabbiare, o siamo tristi perché è successo qualcosa che ci rattrista, e così via.
Quale sia la vera causa del turbamento viene spiegato nella lezione successiva “Io sono turbato perché vedo qualcosa che non c’è”. In altri termini sto vedendo una cosa che non esiste, ma che io voglio vedere allo scopo di attribuire ad essa la causa del mio turbamento. E cos’è questa cosa che non esiste ma che io voglio vedere? Ce lo svela la lezione 7: “Io vedo solo il passato”.
Seguendo la logica di queste 3 lezioni, il corso ci porta a considerare i nostri turbamenti in modo nuovo. Non siamo turbati per un qualche fatto oggettivo avvenuto, ma perché vogliamo attribuire a tale fatto oggettivo una funzione di causalità e questo ci porta a distorcere le cose, vedendo in esse qualcosa che non c’è e che deriva dalle ombre del passato che portiamo dentro la nostra mente e che non vogliamo lasciare andare.
Per esempio noi crediamo di essere arrabbiati per il tradimento di un amico. Il corso ci propone una diversa interpretazione: non siamo arrabbiati per la ragione che pensiamo, ossia per il tradimento -vero o presunto- dell’amico (lezione 5), ma perché vogliamo vedere nel suo comportamento qualcosa che non c’è, ossia il passato (lezioni 6 e 7). E cos’è questo passato che non c’è? Forse un qualche tradimento di cui abbiamo sofferto in passato, ma a monte di esso l’errata credenza di esserci separati da Dio, e quindi di averLo tradito.
In sostanza accusiamo il nostro amico proprio di quello stesso tradimento di cui ci accusiamo. E attraverso il dolore che crederemo provenga da lui, ci dimenticheremo del dolore che proviene solo e soltanto dalla nostra mente e che solo noi stiamo causando a noi stessi.
Questa è la vera ragione, secondo il corso, per cui vogliamo soffrire per il tradimento di quell’amico: non per quello che lui ci ha effettivamente fatto, ma per non sperimentare (e quindi negare) il dolore di un tradimento ben più grave e doloroso di cui ci accusiamo: il tradimento nei confronti di Dio.
In questo modo manteniamo la credenza nella separazione da Dio dandogli un altro nome, e non ce ne rendiamo più conto.
Questo è il piano dell’ego per mantenerci incatenati all’illusione e al dolore.
Non sono mai turbato per la ragione che penso io.
Io sono turbato perché vedo qualcosa che non c’è.
Io vedo solo il passato.
(L.pI.5-7)
Le lezioni 5-8 del libro degli esercizi ci propongono un diverso modo di percepire la causa dei nostri turbamenti e l’uso che facciamo del tempo.
Come abbiamo visto nello spunto della settimana scorsa non siamo mai turbati per la ragione che pensiamo (lezione 5), ma perché vediamo qualcosa che non c’è (lezione 6), ossia il passato (lezione 7).
Così per esempio noi crediamo di essere tristi perché qualcuno ci ha abbandonati. Il corso ci propone invece un flusso di pensieri che ci porta a delle conclusioni completamente diverse: non siamo tristi per l’abbandono (vero o presunto) di un altro, ma perché in questo abbandono vogliamo vedere qualcosa che non c’è, ossia un passato metafisico: l’errata credenza di esserci separati da Dio e quindi di averLo abbandonato.
Quindi accusiamo un altro proprio di quell’abbandono di cui segretamente ci autoaccusiamo. E il dolore che crediamo derivi dall’abbandono dell’altro ci servirà a non sperimentare proprio quel dolore terribile determinato dall’idea di aver abbandonato Dio, che proviene solo e soltanto dalla nostra mente e di cui solo noi siamo la causa.
Il meccanismo di proiezione ci serve proprio a questo scopo, a non percepire la nostra angoscia metafisica, credendo invece che tutto il nostro dolore sia causato da fatti contingenti ed indipendenti dalla nostra volontà. In altri termini il meccanismo di proiezione serve a mantenere in atto il meccanismo di negazione. A questo punto cadiamo totalmente nella trappola che l’ego ci ha teso e crederemo veramente di essere turbati per questi fatti contingenti ed esterni a noi.
L’ego ci spingerà a ripetere continuamente questo duplice meccanismo di proiezione/negazione, allo scopo di liberarci del nostro dolore metafisico, e la nostra mente si popolerà di ombre del passato, ossia di figure che noi crederemo essere causa del nostro dolore e che ci serviranno ad attuare successivi giochi di proiezione e negazione sempre più raffinati. Questo è quanto viene sintetizzato nella lezione 8 :
La mia mente è preoccupata da pensieri del passato
(L.pI.8)
Avendo proiettato la propria rabbia sul mondo, (chiunque serbi nella propria mente pensieri di attacco) vede che la vendetta sta per colpirlo. Il suo stesso attacco è così percepito come autodifesa. Questo diventa un circolo sempre più vizioso, finché egli è disposto a cambiare il proprio modo di vedere. Altrimenti saranno pensieri di attacco e contrattacco a preoccupare la sua mente e a popolare tutto il suo mondo. Quale pace mentale gli sarà quindi possibile avere?
(L.pI.22.1:2-6)
Sotto la guida dell’ego dentro la nostra mente cerchiamo costantemente di proiettare sul mondo esterno la nostra rabbia di matrice metafisica, che deriva dalla credenza errata di esserci separati da Dio. E lo facciamo per non sperimentare il dolore cocente che deriva del senso di colpa per tale presunta separazione, tentando di attribuirne la causa a fattori contingenti ed esterni a noi. In sostanza il meccanismo di proiezione serve a mantenere la negazione dentro la nostra mente.
Questo meccanismo di proiezione/negazione diviene un circolo vizioso sempre più pressante, in cui la nostra mente è popolata da pensieri di attacco e contrattacco, e non riusciamo più a pensare ad altro. Questo è un piano deliberato che l’ego attua dentro la nostra mente per preservare sé stesso, ossia per mantenere immutata la credenza di esserci separati da Dio. Se noi non ci rendiamo conto del fatto che tutto il nostro dolore è causato da essa (negazione), e crederemo invece che sia causato da fatti esterni e contingenti (proiezione), non potremo mai assumercene la responsabilità e lasciarla andare.
Quindi l’ego ci spinge in una vera e propria catena di relazioni speciali che vivono solo dentro la nostra mente, formate dai nostri meccanismi di negazione e proiezione e basate sulle ombre del passato che serbiamo accuratamente in memoria affinché occupino incessantemente il nostro spazio mentale.
Il suo consiglio, quindi, è che se lo ospiti ti metterà in grado di dirigere la tua rabbia all’esterno e così sarai protetto. E così si imbarca in una catena infinita ed insoddisfacente di relazioni speciali, forgiate dalla rabbia e dedite ad un’unica folle credenza che più rabbia investi al di fuori di te, più sarai al sicuro. E’ questa catena che lega il Figlio di Dio alla colpa....
(T.15.VII.4:5-6,5:1)
Come abbiamo visto molte volte il corso non è scritto a noi in quanto persone, ma al Decision Maker, ossia al nostro libero arbitrio, alla nostra capacità decisionale di scegliere quale delle due voci (ce ne sono solo due) vogliamo ascoltare dentro la nostra mente: l’ego o lo Spirito Santo. (cliccare qui per leggere gli spunti 54-72 sul DM). Pertanto, quando il corso parla di difesa ed autodifesa non allude mai ad alcunché di fisico o comportamentale. Si riferisce invece ai meccanismi mentali di negazione e di proiezione -i meccanismi difensivi dell’ego- che permettono all’ego di mantenersi indisturbato dentro la nostra mente.
Grazie a questi meccanismi non solo non siamo più consapevoli del fatto che il nostro solo ed unico problema è l’errata credenza di esserci separati da Dio (questa è la negazione); ma attribuiremo il dolore conseguente a tale presunta separazione ad una miriade di cause esterne alla nostra mente (e questa è la proiezione) invece che all’unica causa effettiva: la nostra volontà.
Tuttavia queste difese, che sono talmente radicate nella nostra mente da essere diventate una vera e propria abitudine, di difensivo hanno solo il nome. In realtà sono delle vere e proprie armi a doppio taglio, che ognuno di noi brandisce scioccamente proprio contro sé stesso. Infatti ci mantengono in uno stato di allucinazione costante, abbrutendoci e trasformando la nostra mente in un campo di battaglia in cui si agitano costanti pensieri di attacco e contrattacco.
Avendo proiettato la propria rabbia sul mondo, (chiunque serbi nella propria mente pensieri di attacco) vede che la vendetta sta per colpirlo. Il suo stesso attacco è così percepito come autodifesa. Questo diventa un circolo sempre più vizioso, finché egli è disposto a cambiare il proprio modo di vedere. Altrimenti saranno pensieri di attacco e contrattacco a preoccupare la sua mente e a popolare tutto il suo mondo. Quale pace mentale gli sarà quindi possibile avere?
(L.pI.22.1:2-6)
Molte delle lezioni del libro degli esercizi espongono la natura autodistruttiva di queste difese, ma è soprattutto nella lezione 135, dove siamo invitati con grande forza a metterle in discussione, che tutta la loro natura paurosa viene descritta in dettaglio.
La difesa fa paura. Deriva dalla paura, e la aumenta man mano che ciascuna difesa viene fatta. Tu pensi che offra sicurezza. Eppure parla di paura resa reale e di terrore giustificato. Man mano che elabori i tuoi piani, rendi più spessa la tua armatura e chiudi più ermeticamente le tue serrature, non è strano che non ti soffermi a chiederti cosa difendi, come, e contro che cosa?
(L.pI.135.3)
..questo è il tempo della Pasqua della tua salvezza. E tu risorgi da ciò che sembrava morte e disperazione. Ora la luce della speranza è rinata in te, perché ora vieni senza difese, per imparare la parte riservata a te nel piano di Dio. Quali piccoli piani o credenze magiche potranno ancora avere valore, quando avrai ricevuto la tua funzione dalla Voce che parla per Dio stesso?
(L.135.25:3-6)
Per comprendere questo paragrafo, che unisce il tema della follia delle difese (ricordiamoci che la parola “difese” nel corso si riferisce ai meccanismi mentali della negazione e della proiezione) a quello della Pasqua, dobbiamo ricordare che il corso usa parole di uso corrente dandogli un suo significato particolare. (per leggere dal Glossario di Kenneth il significato delle parole Pasqua e Resurrezione cliccare qui)
La Pasqua nel corso simboleggia il perdono completo, il momento in cui l’ego viene integralmente trasceso nella nostra mente e noi – grazie alla nostra scelta definitiva di guardare senza giudizio al nostro modo sbagliato di pensare - sperimentiamo il mondo reale, un modo di pensare totalmente libero dalla colpa e dall’ansia, dal dolore e dalla paura, dalla tristezza e dalla specialezza: libero in sostanza da tutto ciò che il corso definisce semplicemente “morte”. (L.pI.163.1). La Pasqua in sostanza è il risveglio definitivo dal sogno della morte, risveglio che ci consente di identificarci completamente con il nostro vero Sé.
Con il bel paragrafo della lezione 135 citato all’inizio, che è stato trascritto da Helen Schucman proprio durante un periodo pasquale, il corso sembra dunque usare la Pasqua per invitarci a compiere una volta per tutte la decisione di mettere in discussione il nostro ego, risvegliandoci dallo stato di abbrutimento in cui esso ci imprigiona, e risorgendo quindi da quella morte dormiente che noi chiamiamo solitamente vita.
Tocca a te scegliere tra una morte dormiente e sogni di malvagità,
o un lieto risveglio e gioia nella vita.
(T.27.VII.9:4)
E qual è il consiglio che ci dà per risorgere “da ciò che sembrava morte e disperazione” (L.pII.135.25:4)? Ci suggerisce di abbandonare le nostre difese, ossia - come ho cercato di sottolineare nelle riflessioni delle ultime settimane (spunti 187- 188, cliccare qui) - di consapevolizzare i nostri meccanismi di negazione e proiezione cominciando a metterli in discussione.
Forse in questa Pasqua non saremo ancora in grado di “risorgere” completamente – come Gesù- dal sogno di morte al quale l’ego ci ha incatenati dentro la nostra mente. Ma se proviamo a guardare senza giudizio né colpa le nostre proiezioni, se cominciamo a mettere in discussione la nostra abitudine costante di ricorrere alle difese per proteggerci da una paura inesistente, se ci apriamo alla possibilità che le cose stiano diversamente da come noi le percepiamo, se- in una parola- siamo disposti a perdonare gli altri per quello che NON è accaduto (L.pII.1.1:1), allora faremo sicuramente un “passo gigantesco” lungo la strada della libertà e della pace interiore. E tutto il mondo lo farà con noi, perché la mente è una.
Cerca di non modellare questo giorno nel modo in cui credi ti beneficerebbe maggiormente. Perché non puoi immaginare tutta la felicità che ti verrà senza la tua pianificazione. Oggi impara. E tutto il mondo farà questo passo gigantesco, e celebrerà con te la tua Pasqua. Per tutto il giorno, quando piccole sciocchezze si presenteranno per provocare in te un atteggiamento di difesa e ti tenteranno ad impegnarti in piani tortuosi, ricordati che questo è un giorno speciale per imparare, e riconoscilo con questo: Questa è la mia Pasqua. E voglio mantenerla santa. Non mi difenderò, perché il Figlio di Dio non ha bisogno di difese contro la verità della sua realtà.
(L.pI.135.26)
Non sono mai turbato per la ragione che penso io.
Io sono turbato perché vedo qualcosa che non c’è.
Io vedo solo il passato.
La mia mente è preoccupata da pensieri del passato.
Io non vedo nulla com’è adesso.
(L.pI.5-9)
Dopo la breve parentesi pasquale, riprendiamo il tema delle ombre del passato su cui ci stiamo concentrando da inizio anno (gli spunti relativi, dal 178 al 185). Rileggiamo ancora una volta tutta la serie di cinque lezioni che per la prima volta all’interno del libro degli esercizi ci fa riflettere sulla vera natura dei nostri turbamenti, e ci propone un diverso modo di percepirli. Queste lezioni sostengono che il nostro abituale modo di pensare, in base al quale pensiamo di essere turbati per qualcosa che succede a noi o alle persone con cui in un modo o nell’altro ci identifichiamo, è errato.
Al contrario, la causa del nostro turbamento proviene solo e solamente da noi, ossia dal fatto che proiettiamo sugli eventi qualcosa che non esiste e che deriva da un passato molto, molto lontano, che abbiamo totalmente dimenticato: l’errata credenza di esserci separati da Dio (la cosiddetta “minuscola folle idea” T.27.VIII.6:2-3). Così, per esempio, non siamo tristi per una perdita subita, ma per il bisogno di percepire l’evento che ci è capitato come una perdita, allo scopo di sentirci vittime e quindi di “scontare” almeno in parte la terribile (ma inesistente) colpa commessa separandoci da Dio. E non abbiamo paura a causa di una diagnosi medica negativa, ma a causa del fatto che proiettiamo su tale diagnosi l’aspettativa della punizione per la medesima – ma solamente presunta - colpa commessa. E infine non siamo arrabbiati per un torto che ci è stato fatto, ma perché abbiamo bisogno di percepire quanto ci è stato fatto come torto, perché questo ci permette di sentirci oltraggiati e quindi vittime e di sperimentare la colpa come esterna a noi.
Questo ci porta ad intasare la nostra mente di pensieri concatenati fra di loro in una serie interminabile ed insoddisfacente di relazioni che proietteremo costantemente al di fuori della nostra mente, credendole oggettive. Crederemo in sostanza di essere in relazione con delle persone o degli eventi, mentre saremo sempre e soltanto in relazione con delle catene di pensieri che sono correlati fra di loro in circoli viziosi, che si trovano soltanto dentro la nostra mente, e che sono tutti riconducibili ad un unico problema totalmente negato: la credenza nella separazione da Dio.
Tutta questa complessità non è che un disperato tentativo di non riconoscere il problema, e quindi di non permettere che sia risolto.
Se riuscissi a riconoscere che il tuo solo problema è la separazione, indipendentemente dalla forma che assume,
potresti accettare la risposta perché vedresti che è pertinente.
Percependo la costante che sta alla base di tutti i problemi con cui sembri trovarti a confronto, capiresti che hai il mezzo per risolverli tutti. E useresti il mezzo, perché riconosci il problema.
(L.pI.79.6)
Tutti questi problemi non sono altro che pensieri del passato collegati fra di loro, tutti uguali nel contenuto (la costante che sta alla base di tutti i problemi) ma diversi nella forma. E tutti questi pensieri intasano la nostra mente al punto di non riuscire più a vedere ciò che realmente c’è nel momento presente.
Questo è il piano dell’ego per mantenersi al sicuro dentro la nostra mente, e per mantenerci in uno stato di vera e propria follia.
Ci si può ben chiedere se questo possa mai essere chiamato vedere. Non è forse più adatta la parola fantasia per questo processo, ed allucinazione un termine più appropriato per il suo risultato?
(L.pI.23.3:3-4)