Secondo gli insegnamenti di Kenneth Wapnick

Spunti 160 - 161 - 162 - 163 - 164 - 165 - 166

 

- 160 -

Le parole “imparare” ed “insegnare” hanno nel Corso un significato molto diverso dall’accezione corrente del termine.

Questo è uno dei problemi maggiori che lo studente si trova a dover affrontare: studiare ed applicare il corso significa – soprattutto nella fase iniziale di discernimento- svolgere una sorta di “traduzione interna” di ciò che si legge, man mano che lo si legge, in modo da allenarsi a dare alle parole un significato diverso, se non diametralmente opposto, rispetto a quello che affiora immediatamente alla consapevolezza. Tale atteggiamento mentale, basato sull’osservazione attenta e priva di giudizio dei propri pensieri, allena lo studente alla pratica basilare del perdono, che - nel significato che il corso dà a questo termine- consiste nel percepire diversamente le relazioni in cui ci sperimentiamo coinvolti (in questo caso la relazione con le parole), lasciando andare completamente il giudizio ed il significato basati sull’attacco che avevamo già conferito loro precedentemente.

Le parole possono essere utili, particolarmente per il principiante, nell’aiutare la concentrazione e facilitare l’esclusione, o almeno il controllo, dei pensieri estranei. Non dimentichiamo, però, che le parole non sono altro che simboli di simboli. E quindi sono doppiamente lontane dalla realtà.
(M.21.1:8-10)

Quindi gli studenti spesso fraintendono il significato delle parole “imparare” ed “insegnare”, proprio come fanno con i principali termini usati nel Corso, credendo che insegnare significhi svolgere un’attività specifica per non dire speciale. E- partendo da tale errore- giungono poi alla credenza distorta che il Manuale degli insegnanti sia una sorta di testo avanzato, adatto specificatamente (ma anche qui sarebbe meglio dire “specialmente”) a coloro che- superata la fase dell’apprendimento- arrivano alla fase di insegnamento, e che questa fase coincida con l’insegnare in varia forma il corso. Nulla di più sbagliato: non c’è nessuna indicazione nel Corso sullo svolgere una qualsivoglia attività, mentre ci sono molte indicazioni sul fatto che lo studente debba diventare Insegnante di Dio.

Nelle prossime settimane cercheremo di studiare questi temi. Cominciamo ora a riflettere sul seguente paragrafo:

Il ruolo dell’insegnamento e dell’apprendimento, nel modo di pensare del mondo, è di fatto rovesciato. Il rovesciamento ne è un aspetto tipico. Sembra che insegnante e studente siano separati, con l’insegnante che dà qualcosa allo studente piuttosto che a se stesso. Inoltre, l’atto di insegnare è considerato un’attività speciale nella quale si impegna soltanto una parte relativamente piccola del proprio tempo.
(M.In.1:1-4)

 

- 161 -

Nell’Introduzione al Manuale degli Insegnanti troviamo la più chiara definizione del significato che il corso attribuisce ai concetti di insegnare ed imparare. Leggiamola insieme:

Il ruolo dell’insegnamento e dell’apprendimento, nel modo di pensare del mondo, è di fatto rovesciato. Il rovesciamento ne è un aspetto tipico. Sembra che insegnante e studente siano separati, con l’insegnante che dà qualcosa allo studente piuttosto che a se stesso. Inoltre, l’atto di insegnare è considerato un’attività speciale nella quale si impegna soltanto una parte relativamente piccola del proprio tempo. Il corso, d’altro canto, sottolinea che insegnare è imparare cosicché insegnante e studente sono la stessa cosa. Esso sottolinea anche che l’insegnamento è un processo costante: procede in ogni momento del giorno e continua persino nei pensieri del sonno.
(M.In.1)

E’ un’esposizione molto chiara: per il corso l’insegnamento non viene espletato attraverso lo svolgimento di un’attività, e quindi non implica l’impiego di una parte limitata del proprio tempo. E’ un processo costante, che avviene in continuazione, addirittura nel corso del sonno, perché la mente “non dorme mai” (T.2.VI.9:6).

In sostanza tutti insegniamo tutto il tempo. Ma allora che cosa significa “insegnare”? La spiegazione si trova nelle prime frasi del secondo paragrafo:

Insegnare è dimostrare. Ci sono solo due sistemi di pensiero, e tu dimostri in ogni momento di credere che sia vero l’uno o l’altro. Gli altri imparano dalla tua dimostrazione, e anche tu. La questione non è se tu insegnerai, poiché in questo non c’è scelta
(M.In.2:1-4)

In pratica l’insegnamento non è un’attività formale, ma si riferisce al contenuto che sottende qualunque tipo di attività formale. Come il Corso ripete in continuazione, e come viene ribadito anche in queste poche righe, esistono solo due contenuti: i due sistemi di pensiero dell’ego e dello Spirito Santo, basati sulla errata credenza nella separazione o sulla correzione di tale errata credenza (definita nel corso “Espiazione”). Non possiamo NON insegnare l’uno o l’altro dei due sistemi di pensiero -e questo non ha nulla a che fare con l’attività che svolgiamo in quel momento, qualunque essa sia (per esempio lavorare, giocare, parlare con qualcuno o addirittura dormire) - perché questa è una proprietà della mente:

I pensieri cominciano nella mente di colui che pensa, e dalla mente si protraggano all’esterno
(T.6.II.9:1).

Questo significa che i pensieri, che cominciano all’interno del sistema di pensiero che li origina, vengono inevitabilmente applicati dentro la mente a qualunque cosa la mente creda far parte del mondo esterno.

 

- 162 -

I pensieri cominciano nella mente di colui che pensa, e dalla mente si protraggano all’esterno
(T.6.II.9:1)

La modalità con cui i pensieri si protraggono all’esterno è diversa, a seconda della voce che parla dentro la nostra mente: lo Spirito Santo estende, mentre l’ego proietta. (T.6.II.4:3).
In altri termini i pensieri che pensiamo nella mente sbagliata, e che quindi sono guidati dall’ego, sono proiezioni del nostro senso di colpa e di scarsità, e si traducono in pensieri di attacco, giudizi, condanne, vendette e ritorsioni, rancori e rivendicazioni, esaltazioni idolatre e presunzioni di autonomia, illusioni di bisogni e sogni malati di completamenti speciali.
Invece i pensieri che pensiamo nella mente corretta, e che quindi sono guidati dallo Spirito Santo, saranno dolci correzioni di tutti questi pensieri egoici, e saranno basate su un diverso tipo di giudizio che è totalmente scevro di condanna; saranno osservazioni gentili della propria mente con quell’atteggiamento di lievità che ne toglie il pesante investimento di separazione ed attacco; saranno estensioni della scintilla di luce presente nella nostra mente, che riflette lo splendore dei Grandi Raggi.

Nella scorsa newsletter abbiamo visto che:

Insegnare è dimostrare. Ci sono solo due sistemi di pensiero, e tu dimostri in ogni momento di credere che sia vero l’uno o l’altro. Gli altri imparano dalla tua dimostrazione, e anche tu. La questione non è se tu insegnerai, poiché in questo non c’è scelta
(M.In.2:1-4)

Dunque, se siamo nella mente sbagliata insegniamo il sistema di pensiero dell’ego, mentre se siamo nella mente corretta insegniamo il sistema di pensiero dello Spirito Santo. E la mente con cui ci saremo identificati dimostrerà qual è l’insegnante interiore che abbiamo scelto di seguire, dimostrando proprio il sistema di pensiero in cui crediamo nel preciso momento in cui lo pensiamo.
E questo non ha nulla a che fare con quanto il corpo -con il quale siamo identificati- sembra fare in quel preciso momento.

 

- 163 -

Nelle scorse newsletter abbiamo visto i seguenti aspetti del processo di insegnamento:

……….l’insegnamento è un processo costante: procede in ogni momento del giorno e continua persino nei pensieri del sonno.
(M.In.1)
Insegnare è dimostrare. Ci sono solo due sistemi di pensiero, e tu dimostri in ogni momento di credere che sia vero l’uno o l’altro.
(M.In.2:1-2)

Ma chi sono gli “allievi” ai quali insegniamo? Leggiamo ancora:

Si potrebbe dire che lo scopo del corso è di fornirti il mezzo per scegliere ciò che vuoi insegnare sulla base di ciò che vuoi imparare. Non puoi dare a qualcun altro, ma solo a te stesso, ed impari ciò attraverso l’insegnamento.
(M.In.2:5-6)

Indipendentemente dunque da quanto diamo o non diamo agli altri, daremo sempre e comunque a noi stessi, cioè saremo gli allievi di noi stessi, perché impareremo proprio quel contenuto che - dimostrandolo - stiamo insegnando.

“E’ l’insegnamento che sta dietro a ciò che dici che ti insegna”
(M.In.3:6).

In altri termini: è il contenuto che sottende le nostre parole l’insegnamento che insegniamo prima di tutto a noi stessi.

Imparare ed insegnare sono una cosa sola proprio come “dare e ricevere sono una cosa sola” (lezione 108).
Questo significa che rafforzeremo nella nostra mente il sistema di pensiero in cui in quel momento crediamo, come viene chiarito fin dai primi capitoli del Testo:

“I pensieri si accrescono donandoli” .
(T.5.I.2:2)

 

- 164 -

Abbiamo visto nelle scorse newsletter che insegniamo (cioè dimostriamo) tutto il tempo il contenuto della nostra mente, ossia il sistema di pensiero nel quale crediamo. Ed esistono solo due contenuti: il sistema di pensiero dell’ego, basato sulla separazione, e quello dello Spirito Santo, basato sulla correzione della separazione.

Inoltre abbiamo visto che possiamo insegnare solo a noi stessi, in quanto in ogni singolo istante rafforziamo dentro la nostra mente proprio il sistema di pensiero nel quale crediamo in quel preciso momento.

“Si potrebbe dire che lo scopo del corso è di fornirti il mezzo per scegliere ciò che vuoi insegnare sulla base di ciò che vuoi imparare. Non puoi dare a qualcun altro, ma solo a te stesso, ed impari ciò attraverso l’insegnamento”.
(M.In.2:5-6)

Questo sembra contraddire quanto era espresso in una frase che compare nella stesso paragrafo, poche righe prima:

“Gli altri imparano dalla tua dimostrazione” .
(M.In.2:3)

La verità è che noi diamo il contenuto del nostro insegnamento solo a noi stessi, in quanto gli altri avranno sempre il libero arbitrio di scegliere qual è l’interpretazione -ossia il contenuto- da dare alla nostra dimostrazione. Inoltre abbiamo visto che possiamo insegnare solo a noi stessi, in quanto in ogni singolo istante rafforziamo dentro la nostra mente proprio il sistema di pensiero nel quale crediamo in quel preciso momento.
Proprio come noi anche essi, se sono nella mente sbagliata, seguiranno l’interpretazione basata sull’attacco fornita dal loro ego e proietteranno tale attacco su quanto noi avremo dimostrato, mentre se sono nella mente corretta seguiranno l’interpretazione amorevole dello Spirito Santo, che estenderà la sua visione amorevole sulla nostra dimostrazione. E quanto impareranno sarà determinato da quanto avranno insegnato, ossia dal contenuto –vero o falso- a cui avranno dato retta dentro la loro mente.

 

- 165 -

Negli ultimi spunti abbiamo visto alcuni aspetti fondamentali della teoria del corso relativa al concetto di insegnamento (per rileggerli, cliccare qui). Continuando la lettura dell’introduzione del Manuale degli Insegnanti, i concetti si chiariscono ulteriormente:

“Il programma di studi che stabilisci viene, quindi, determinato esclusivamente da quello che pensi di essere e da quello che credi che sia la relazione degli altri nei tuoi confronti”
(M.In.3:1)

Questa frase aggiunge un elemento molto importante al concetto di insegnamento-apprendimento che abbiamo visto nei numeri scorsi: il concetto del sé, ciò che crediamo di essere.

Se ci sperimentiamo come un corpo (e questa è la credenza di chiunque ascolti la voce dell’ego dentro la sua mente), allora crederemo di essere in relazione con altri corpi e crederemo che le relazioni siano delle interazioni fra persone. Se invece ci sperimentiamo come l’osservatore che prende la decisione (e questa è la correzione che viene gradualmente accettata da chiunque ascolti la Voce dello Spirito Santo dentro la propria mente), allora non crederemo più di relazionarci con altri corpi, e quindi comprenderemo che le relazioni sono essenzialmente dei processi che avvengono solo e soltanto dentro la nostra mente, là dove si trovano anche gli altri, perché la mente è una.

Non a caso nella terza sezione del Manuale degli insegnanti, in cui vengono descritte le tre principali relazioni in cui può trovarsi l’insegnante, tali relazioni vengono definite con un’espressione totalmente nuova: situazioni di insegnamento-apprendimento. Come a ribadire che in realtà noi siamo essenzialmente in relazione con i nostri processi mentali, ossia le relazioni che abbiamo con gli altri sono semplicemente delle opportunità per guardare i pensieri che pensiamo e che rafforziamo dentro la nostra mente (cioè impariamo) man mano che li dimostriamo attraverso la proiezione dell’ego o l’estensione dello Spirito Santo (cioè man mano che li insegniamo).

Rafforzando tali pensieri rafforzeremo anche il nostro concetto del sé, ossia la credenza di essere l’eroe del sogno o il sognatore del sogno, un corpo o una mente, una persona che agisce nel mondo o un osservatore che osserva i propri pensieri:

“L’insegnamento non fa che rafforzare ciò che credi riguardo a te stesso”.
(M.In.3:7)

Ed i nostri “allievi” non sono altro che gli altri personaggi di quello stesso sogno che il nostro corpo sta “vivendo” in quel preciso momento, che ci offrono l’opportunità di compiere nella nostra mente quel processo del perdono che ci permetterà di imparare a risvegliarci gradualmente dal sogno.

 

- 166 -

Riassumo ora i punti che abbiamo visto nelle ultime newsletter, relativi all’insegnamento del corso:

• Insegnare è dimostrare. Insegniamo in continuazione il sistema di pensiero (ne esistono solo due) nel quale crediamo in ogni singolo istante.
• Non possiamo non insegnare.
• Insegniamo prima di tutto a noi stessi, rafforzando nella nostra mente proprio il sistema di pensiero nel quale crediamo in quel momento.
• Il sistema di pensiero nel quale crediamo, e che quindi insegniamo, cioè dimostriamo, rafforza il nostro concetto del sé, ossia quanto crediamo riguardo a noi stessi.
• E infine l’insegnamento non si riferisce alla forma - ossia ad un’attività che si svolge - quanto al contenuto- ossia alla voce o Voce che si ascolta dentro la nostra mente.

Leggiamo insieme alcune righe tratte dal commento di Kenneth Wapnick all’Introduzione del Manuale per gli insegnanti, (Wapnick, Journey through the Manual of ACIM, pag 4) che sintetizzano chiaramente quest’ultimo punto:

Prima di imbarcarci nel nostro viaggio attraverso il manuale, c’è un punto finale che speriamo aiuti gli studenti ad evitare una comune trappola dell’ego. Ricordate che una delle varianti importanti del nostro tema di interessi condivisi è forma e contenuto. La forma divide e separa come, ad esempio, vediamo nei corpi, che chiaramente demarcano dove un sé finisce e ne inizia un altro. Ecco perché Gesù afferma nel testo “ Nulla è così accecante come la percezione della forma” (T-22.III.6:7). La forma ci rende ciechi alla verità che siamo uno. Di nuovo non c’è bisogno che comprendiamo il vero contenuto dell’Unità – “l’Unità unita come Una cosa sola” – ma possiamo comprendere il riflesso di quella Unità: siamo la stessa cosa perché siamo sullo stesso viaggio. Condividiamo lo stesso sistema di pensiero dell’ego: odio, crudeltà, colpa, sofferenza, dolore, specialezza e morte; condividiamo la stessa correzione nella nostra mente corretta: perdono, guarigione e pace; e condividiamo la stessa capacità della mente di scegliere tra il sistema di pensiero della mente sbagliata dell’ego e quello della mente corretta dello Spirito Santo. In altre parole abbiamo la stessa mente separata e lo stesso bisogno: risvegliarci dal sogno di morte alla vita eterna che non abbiamo mai perduto. La forma ci confonde riguardo questo risveglio perché ci mantiene nel sogno di separazione. Quindi, quando Gesù parla di insegnanti ed insegnamento, egli non parla della forma – un corpo che insegna ad un altro, sia che si tratti di aritmetica, storia, scienze o Un corso in miracoli. Nell’introduzione al manuale egli discute in maniera specifica che insegnare significa dimostrare e in un bellissimo passaggio del testo afferma:

Non insegnare che sono morto invano. Insegna piuttosto che non sono morto dimostrando che vivo in te.
(T-11.VI.7:3-4)

Così, l’insegnamento di cui parla Gesù non riguarda il parlare ad un gruppo, per esempio, ma di un insegnamento che avviene tramite la dimostrazione.

Ma a questo punto emerge una nuova domanda: se l’insegnamento non si riferisce alla forma, chi è l’insegnante di Dio?
Cercheremo nei prossimi spunti di comprendere che cosa dice il corso a questo proposito.